Costruita negli stabilimenti brasiliani di Belo Horizonte assieme alla sua progenitrice brasiliana, la "Premio", era considerata una vettura di classe media, destinata a dar man forte alla “Ritmo” nel segmento "C", un mercato che se in Europa all’epoca valeva circa 2 milioni di pezzi l’anno, pari al 28% del totale, in Italia, nel 1986 aveva fatto registrare 325.000 unità vendute, pari al 18% delle immatricolazioni. Un mercato quindi importante e non stupiva il fatto che gli obbiettivi della "Duna" erano ambiziosi...purtroppo anche troppo: 100.000 esemplari venduti nel corso del primo anno di produzione che avrebbero garantito alla nuova arrivata in casa Fiat, il terzo posto il terzo posto tra le best seller di allora nel nostro paese, dopo "Uno" e "Panda". Ma le cose non andarono proprio così…anzi, nel giro di pochi giorni la Duna si rivelò un vero e proprio fallimento, tanto da far dimenticare l’altro simbolo delle "lemon car" italiane, la trapezoidale "Arna" (esimio capolavoro della collaborazione italo-giapponese), l’auto che anche i vigili urbani si rifiutarono di guidare e che ancora oggi non si è capito come l'Alfa Romeo possa averla concepita. Lo spot, recitava "Arna…e sei subito alfista", mah…Differentemente dalla "Duna", l’ "Arna", sicuramente più brutta, almeno a nostro modesto parere (forse una delle più brutte automobili mai fabbricate da un costruttore italiano), non è mai riuscita a diventare un mito come la prima. Si perché oggi la Duna può considerarsi veramente un mito (quale è diventata “grazie” a tutti suoi difetti) con i suoi numerosi club sparsi in tutta la penisola che ogni anno organizzano dei simpatici raduni, un bellissimo sito internet dedicato tutto a lei, e, come se non bastasse, un inno. Poteva dunque non meritare uno spazio in questo sito?


"Premio": la progenitrice brasiliana della "Duna"

Dedichiamoci ora ad un’analisi accurata delle caratteristiche della "Duna 1987"

(1987 perchè oggi la "duna è ancora incredibilmete prodotta in Argentina, ma ha caratteristiche differenti e per questo gli abbiamo dedicato una sezione a parte).
(N.B. Nei riferimenti con la "Uno" si intende sempre la prima serie di questo modello).



La Duna berlina

La Duna Weekend


La linea, soprattutto nella parte anteriore, tradisce la stretta parentela con la "Uno", da cui riprende la calandra, il paraurti e i gruppi ottici rettangolari. A distinguerla dalla due volumi torinese sono, invece, la forma del cofano motore, a coperchio, ovvero avvolgente sui fianchi, (come sulla "Regata" o sulla "Premio", la vettura che ha rappresentato il punto di partenza dell’operazione "Duna"; il cofano a coperchio sarà poi successivamente utilizzato anche per la "Uno" CS), la presa d’aria anteriore di maggiori dimensioni, nonché la scalmanatura che corre lungo tutta la fiancata all’altezza delle maniglie. Le portiere sono avvolgenti e nascondono i gocciolatoi dietro la battuta superiore, a vantaggio dell’aerodinamica. E fin qui tutto bene. Ma veniamo alla zona posteriore.La “Duna” che è lunga 40 cm più della "Uno" (ma ne conserva lo stesso passo) adotta una soluzione stilistica molto in voga già all'epoca del suo debutto: la coda alta. Ma proprio la coda alta è stata una delle principali cause dell'insuccesso della "Duna"; quel secondo cofano incastonato nel corpo della "Uno" agli italiani proprio non è andato giù e la "Duna" è rimasta nei concessionari a far "brutta" mostra di se. Le cose andarono meglio, si fa per dire, alla "Weekend", ovvero la versione station wagon, che i pochi sfortunati acquirenti preferirono di gran lunga alla berlina. La giardinetta risulta, infatti, sicuramente più equilibrata, più gradevole da vedere, meno squadrata. L’abitacolo della Duna risulta spazioso per la categoria, anche se i passeggeri più alti sfiorano il tetto con la testa. I sedili anteriori scorrono in senso longitudinale con un movimento a pantografo che fa alzare il piano d’appoggio man mano che si avvicina alla plancia. Il malcapitato conducente ha però il suo da fare nel ricercare il miglior assetto del posto guida, ricerca un po’ ostacolata dal volante fisso (a quattro razze e di buon diametro) posizionato troppo in basso e quindi adatto a persone di taglia media (d'altronde il proprietario della Duna è destinato a soffrire dal primo all’ultimo istante in cui sarà in possesso di tale vettura). Il divanetto posteriore, con schienale fisso, ospita comodamente due passeggeri. Grazie all’ampio angolo di apertura delle quattro porte, risulta buona l’accessibilità; forse una delle poche qualità assieme alla (udite e udite!) tenuta di strada e alla capienza del vano bagagli, vero cavallo di battaglia della “Duna” (503 dm3 per la berlina, 490 dm3 a filo di schienale per la “Weekend” che diventano 1430 al padiglione. La giardinetta ha una portata di 460 kg).




Non si può invece parlare altrettanto bene della finitura dell’abitacolo, plancia e comandi compresi. Il livello qualitativo è scadente, per non dire pressoché nullo e rappresenta una delle peggiori pecche della “Duna”, uno di quei fattori che hanno contribuito ha renderla un "flop" (vi rimandiamo al riguardo alla sezione “Duna problems”). Da dimenticare anche la disposizione di alcuni comandi, in primis quella irrazionale dei pulsanti dei vetri elettrici (opzionali): per azionarli il braccio assume una posizione innaturale. E poi il posacenere, che davanti alla leva del cambio può essere facilmente urtato se aperto. Buona la strumentazione anche se pure qui c’è un piccola dimenticanza da segnalare: manca infatti la regolazione dell’illuminazione del quadro.



Anche per quanto riguarda l'impianto di climatizzazione non ci sono buone parole da spendere: quest'ultimo tradisce l'origine brasiliana della "Duna". I suoi comandi, molto economici e, neanche a dirlo, scomodo da azionare, non consentono di chiudere completamente il flusso di aria esterna non climatizzata e gli spifferi, poco piacevoli durante l'inverno europeo, la fanno da padroni; il riscaldamento è difficile da regolare sempre per via della poca funzionalità dei comandi. Visibilità nella norma, molto simile a quella della "Uno". In marcia non ci sono problemi grazie ai montanti sufficientemente sottili. Qualche limitazione quando piove (c'era da aspettarselo), perché il tergicristallo monospazzola non è tra più efficienti anche se si va piano. In manovra non ci sono problemi.La dotazione di serie, limitata, deve essere opportunamente integrata con gli optional disponibili, alcuni dei quali sono consigliabili, vedi i fari alogeni, altri, come il tergilunotto posteriore o il retrovisore esterno destro, sono indispensabili, in particolar modo per la "Weekend".