Indice

Introduzione
Monitor CRT
Il Tubo a Raggi Catodici
Riproduzione del colore : i fosfori
Dot pitch e risoluzione
La riproduzione delle immagini
Refresh rate
Regolazioni
Normative
Monitor LCD
Caratteristiche fisiche dei cristalli liquidi
Notizie storiche
Struttura e proprietà dei cristalli liquidi Twisted Nematics
Display a matrice passiva
Display a matrice attiva
Il colore
La struttura del display LCD
I parametri

 

Introduzione

Il monitor è il principale dispositivo di uscita di un computer, quello che visualizza immediatamente i risultati della sua elaborazione sia testuale  sia grafica. E' anche il dispositivo che può appesantire più di ogni altra cosa il nostro lavoro ed avere un buon monitor è dunque una priorità assoluta se si vuole lavorare senza affaticare la vista; un buon monitor è necessario anche per ottenere buona fluidità e definizione delle immagini di giochi e filmati. La scelta di un monitor è dunque importante.

Cominciamo col dire che esistono due tecnologie importanti di costruzione per i monitor dei PC che sono nettamente differenti: i monitor CRT  ed i monitor LCD. Esiste anche una terza tecnologia, quella dei monitor al plasma, ma per il momento i display di questo tipo sono di grandi dimensioni e molto costosi, per cui non ne esiste un uso comune nell'ambito dei PC.  

Monitor CRT 

Il Tubo a Raggi Catodici (CRT)

La sigla CRT significa Cathode Ray Tube (Tubo a Raggi Catodici) ed è riferita a quello che è il dispositivo di visualizzazione dei monitor di questo tipo. Si tratta in sostanza di una grossa ampolla di vetro, all'interno della quale è fatto il vuoto (è tolta tutta l'aria) per permettere ad uno (monitor Bianco Nero) o tre (monitor a colori) raggi di elettroni di percorrere lo spazio interno senza trovare ostacoli in particelle gassose. Si distinguono i seguenti elementi (vedi schema di fig.1):

un cannone elettronico, costituito da un catodo che emette per riscaldamento elettroni e da un sistema di griglie (anodi) che hanno il compito di accelerare gli elettroni e di focalizzarli in uno stretto fascio, detto anche pennello elettronico;

da una coppia di bobine deflettrici (horizzontal deflection e vertical deflection), che creando un opportuno campo magnetico variabile, riescono ad indirizzare il pennello elettronico su qualsiasi punto di uno schermo che costituisce la parte anteriore dell'ampolla, forzando il fascio a compiere una curva in senso verticale o orizzontale; infatti in assenza dei campi magnetici creati dalle bobine il fascio elettronico colpirebbe solo il centro dello schermo;

uno schermo, come si è già detto, ovvero una superficie più o meno piatta, che delimita l'ampolla dalla parte opposta al/ai cannone/i elettronico/i. Questa superficie è internamente ricoperta di sostanze fosforescenti (fosfori) ovvero di sostanze che quando sono colpite dal raggio di elettroni emettono luce ;

se il monitor è a colori è presente anche una maschera metallica, adiacente alla superficie dei fosfori, necessaria per indirizzare ciascuno dei tre raggi elettronici nel punto giusto, nel senso che descriveremo fra breve

   

Fig.1 - Rappresentazione schematica di un tubo a raggi catodici

Riproduzione del colore: i fosfori

Poichè ogni colore si può ottenere dalla combinazione di tre colori di base Rosso, Blu e Verde un monitor a colori fa uso di fosfori rossi, blu e verdi e di tre cannoni elettronici, ciascuno dei quali destinato ad uno dei tre colori (esistono tuttavia anche monitor a colori che usano un unico cannone elettronico). I fosfori sono distribuiti in vari modi a secondo della tecnica usata dal costruttore, che sono di base due: la superficie è ricoperta da terne di punti (dot) dei tre colori oppure la superficie è ricoperte da terne di linee verticali dei tre colori (vedi fig.2).

Fig.2 - Due possibili distribuzione dei fosfori

La differente distribuzione degli elementi luminosi è determinata dalla costituzione della maschera metallica già menzionata, che come si è detto, è posta a poca distanza dallo schermo con lo scopo di evitare che il raggio elettronico che deve colpire i fosfori rossi vada a colpire quelli blu, oppure che quello destinato ai fosfori verdi colpisca i fosfori rossi e così via. Questa maschera è una superficie metallica sostanzialmente forata nei punti giusti nel caso di triade di dot, mentre nel caso di triade di linee è costituita da un insieme di fili metallici tesi a formare una griglia, per la cui stabilità devono essere previsti anche due o tre fili orizzontali. Le due soluzioni (vedi fig.3) sono conosciute come Shadow dot mask (adottata da costruttori come Philips, ad esempio) e Aperture grille (adottata da Sony nei suoi Trinitron).

shadow dot mask

aperture grille

(immagini tratte di PCWorld, rielaborate) 

Fig.3 - Conformazione delle maschere per i diversi tipi di distribuzione dei fosfori

Per la sua stessa funzione la maschera intercetta un buon numero di elettroni destinati ai fosfori e si può capire che la Shadow dot mask per la sua natura di superficie forata ne intercetta di più dell'Aperture grille per cui questa seconda soluzione fornisce immagini più luminose ed anche meglio definite; l'unico difetto è di presentare delle deboli linee di ombra laddove sono posizionati i fili orizzontali. I fili orizzontali sono però necessari per evitare che la griglia entri in vibrazione a causa degli urti degli elettroni intercettati.

Esiste anche una terza soluzione, denominata shadow slotted mask, in cui i colori sono distribuiti su linee verticali, come nell'aperture grille, che tuttavia non sono continue ma costituite da piccoli segmenti staccati (fig.4). Si tratta di una soluzione intermedia (adottata da NEC),  poichè la disposizione dei fosfori permette una migliore copertura della superficie, ma la maschera intercetta una buona parte degli elettroni dei fasci. 

Fig.4 - Distribuzione dei fosfori nel caso di Slotted mask (immagine tratta da Display Technologies)

Dot Pitch e risoluzione

Qualunque sia la distribuzione dei fosfori, appare chiaro che tanto più piccoli si riescono a fare gli elementi, siano i punti o le linee, che devono poi con la loro illuminazione comporre l'immagine, tanto migliore sarà la definizione di questa. C'è un parametro che misura la bontà di un monitor da questo punto di vista, il dot pitch (nel caso di immagini ricostruite per punti) o lo  stripe pitch (nel caso di immagini ricostruite per linee): questo esprime in millimetri la distanza fra due punti (dot) dello stesso colore o quella fra due linee dello stesso colore. Più basso è il dot pitch, o lo stripe pitch (che comunque  spesso viene indicato sbrigativamente con dot pitch), migliore sarà la capacità del monitor di produrre immagini dettagliate; i dot pitch attuali si aggirano da 0,28 a 0,23 mm (in genere è misurato in orizzontale, ma può essere riferito anche alla diagonale). Qui faccio una digressione a mio avviso importante. Il dot pitch misura la distanza tra quelli che chiamerei i pixel fisici ovvero l'insieme dei tre dot (vedremo tra poco, che poichè lo schermo viene illuminato per righe, anche nel caso di linee sono tre i dot che costituiscono il pixel fisico) che con la loro combinazione di colori conferiscono ad un punto dell'immagine (picture element) il proprio colore. Pertanto è facile contare quanti pixel fisici misura lo schermo in orizzontale ed in verticale. Ricordiamo che il dato con cui si misura la grandezza di un monitor è la misura della sua diagonale in pollici (1 pollice = 25,4 mm) e che il rapporto fra base ed altezza di un monitor è fisso ed eguale a 4 : 3; pertanto, applicando il teorema di Pitagora si trova che, la base è 4/5 della diagonale e l'altezza 3/5 della diagonale. Ed ora facciamo un esempio: prendiamo un monitor (per l'esempio vecchiotto) 14 pollici con dot pitch di 0,28: la base misura allora 11,2 pollici = 284,48 mm e l'altezza 8,4 pollici = 213,36 mm; se dividiamo per il dot pitch troviamo quanti pixel ci sono in orizzontale ed in verticale, ovvero in orizzontale 284,48/0,28= 1016 pixel, mentre in verticale 213,36/0,28 = 762. Ricordando che la risoluzione è espressa dal numero di pixel utilizzati in orizzontale per quello dei pixel utilizzati in verticale nella composizione dell'immagine sullo schermo da parte della scheda grafica, si comprende che non ha alcun senso spingere la risoluzione  del monitor oltre questi limiti perchè non avrebbe abbastanza pixel per una risoluzione superiore; anzi è meglio tenersi ragguardevolmente sotto questi valori, visto che l'area utile dello schermo non occupa quasi mai tutta la diagonale, ma rimane 1 - 2 pollici sotto al dato nominale. Potrebbe anche succedere che la scheda grafica che avete supporti risoluzioni dello schermo che il vostro monitor non è grado di soddisfare; questo l'avevamo già detto nella sezione relativa alla Scheda grafica. Occorre pertanto esaminare con cura le caratteristiche tecniche del monitor, spesso la risoluzione massima che viene pubblicizzata è possibile abbassando il refresh rate, di cui parleremo tra poco, e può non essere una buona scelta. Al contrario un monitor può essere usato con una risoluzione inferiore a quella fisica; in tal caso ogni pixel elaborato dalla scheda grafica si accenderà utilizzando più di un pixel fisico. Affinchè cambiando risoluzione grafica non cambi la dimensione utile dello schermo, occorre che il monitor sia di tipo Multisync;  i monitor odierni lo sono tutti, ma quelli passati possono non esserlo. Per orientarsi senza tanti problemi, nella tabella sotto sono riportati i valori massimi di risoluzione consigliati in relazione all'ampiezza dello schermo.

Ampiezza

(pollici)

Risoluzione

(pixel)

14 640x480
15 800x600
17 1024x768
19 1280x1024
22 1920x1440

La riproduzione delle immagini

L'immagine di un monitor si forma dunque per punti o pixel, "accesi" dall'impatto degli elettroni del pennello elettronico sui fosfori. Ma come fa il pennello elettronico a incidere su tutti i pixel dello schermo? Mediante le bobine di deflessione, che agiscono sia in senso orizzontale che verticale, al raggio viene fatto compiere un percorso a zig-zag, detto raster,  nel quale, a partire dall'alto, vengono percorse tutta una serie di righe una sotto l'altra (vedi fig. 5); il numero di righe dipende dalla risoluzione verticale, cioè sono tante quanti sono i pixel impostati sul verticale; durante il percorso di, diciamo, "ritorno a capo" (più correttamente si chiama ritraccia) il fascio è in realtà spento, ma le bobine variano il proprio campo magnetico in modo da ripartire dalla riga sottostante all'estremo sinistro.

Fig.5 - Raster di formazione delle immagini

Per riprendere un attimo quanto già detto, evidentemente anche se lo schermo ha fosfori disposti su linee verticali (aperture grille), sono accesi solo i punti nell'area colpita dagli elettroni, quindi ha senso parlare di pixel anche in questo caso. 

Per descrivere l'immagine con l'insieme di righe detto occorre un po' di tempo, ma come nel cinema ed in modo perfettamente analogo alla televisione, l'occhio non è in grado di avvertire il movimento del fascio illuminante e percepisce la scena nel suo insieme; e la scena, come nel cinema, appare in movimento quando le immagini complete, detti quadri o frame, che si formano via via sul raster sono fra loro differenti. Il movimento appare tanto più continuo, quanto meno differiscono tra loro le immagini che si succedono. 

Refresh rate

Il numero di immagini o quadri o frame (che dir si voglia) che vengono completati in 1 secondo prende il nome di refresh rate o frequenza di scansione verticale (vertical frequency). Il refresh rate è parametro molto importante per due ragioni. La prima è relativa alla fisiologia dell'occhio: se il refresh rate è inferiore ai 60 Hz, diventa evidente l'effetto di flicker, sfarfallio, dell'immagine, che affatica la vista, fra i 60 e 75 Hz l'effetto può essere notato o meno a secondo dell'individuo che osserva, sopra i 75 Hz il flicker è difficilmente notabile ed ad 85 Hz possiamo considerarlo scomparso; comunque la risposta dipende da soggetto a soggetto. Secondo norme emanate per proteggere chi  lavora a lungo con i computer sono necessari 80 Hz per non affaticare la vista. Tanto per la cronaca, ricordiamo per un confronto che la televisione utilizza per la composizione delle immagini 625 righe con refresh rate di 50 Hz, ricostruendo l'immagine col metodo dell'interlacciamento (vedi in seguito).  La seconda ragione è relativa all'impostazione della risoluzione del monitor: è abbastanza evidente che con risoluzioni maggiori occorre più tempo per completare un quadro, pertanto quello che si verifica nelle caratteristiche di un monitor è che aumentando la risoluzione occorre abbassare il refresh rate. Se lavorate con immagini ferme potete impostare il monitor alla risoluzione più alta consentita (ma tenete presente quanto detto prima); se invece guardate delle scene in movimento dovrete scegliere il compromesso migliore. 

Vale ancora la pena di ricordare che l'impostazione della risoluzione del monitor dipende dal monitor che avete e dalla scheda grafica che montate ed i due fattori sono indipendenti; potreste avere un vecchio monitor che al massimo supporta un 800x600 pixel ed una nuova scheda grafica con un 1200x900 pixel, dovrete accontentarvi dell'800x600; oppure può accadere il contrario, dovrete optare per l'impostazione massima della vostra scheda. Se dovete comprare un computer nuovo scegliete monitor e scheda grafica che vadano d'accordo (succede normalmente, ma non si sa mai). Nella tabella sottostante sono riportate ad esempio le caratteristiche di risoluzione e refresh rate di un monitor attuale.

Tubo CRT: 22" nominali, effettivi 20", Flat Screen
Tecnologia Trinitron con Aperture grille e Dot pitch 0,25 al centro, 0,27 negli angoli
Risoluzione Refresh rate
600x480 180
800x600 148
832x624 143
1024x768 132
1152x870 104
1280x1024 101
1600x1200 87
horizzontal frequency 30 - 110 KHz
passing band 235 Mhz

Volendo approfondire tecnicamente altri dati importanti sono:

la frequenza di scansione orizzontale (horizzontal frequency) o frequenza di riga, ovvero il numero di righe tracciate in un secondo, che è il prodotto della vertical frequency x risoluzione verticale;

la banda passante (passing band) che indica la massima frequenza del segnale di ingresso che il monitor può accettare ed in sostanza esprime il massimo numero di pixel che il monitor è in grado di disegnare in un secondo; di norma è un valore (espresso in Hz) superiore al prodotto della refresh rate x n° pixel orizzontali x n° pixel verticali 

Infine accenniamo alla modalità interlacciata, che tuttavia era una caratteristica dei vecchi monitor. Con questa modalità un monitor ricostruisce l'immagine completa in due fasi, nella prima traccia tutte le linee di ordine dispari, poi tutte le righe di ordine pari; si può allora adoperare per la scansione verticale una frequenza superiore a quella che si avrebbe nel modo non interlacciato, poichè le righe da tracciare sono la metà. In realtà un quadro completo si realizza con una frequenza che è la metà di quella di effettiva scansione verticale, ma con un effetto migliore rispetto alla modalità non interlacciata di pari frequenza, poichè l'occhio umano percependo già subito nel primo mezzo quadro la figura di insieme, che si definisce poi completamente col secondo mezzo quadro, avverte di meno lo sfarfallio dell'immagine dovuta alla bassa frequenza di ripetizione di quadro.

Regolazioni

Una caratteristica utile dei monitor è la possibilità di avere dei comandi per la regolazione dello schermo (centratura ed ampiezza dell'area di visualizzazione) e della sua luminosità. Nei computer (non tutti) di qualche anno fa, questo aggiustamenti erano possibili tramite trimmer (rotelline) posti frontalmente, attualmente si possono regolare con l'aiuto di un menu che appare sullo schermo denominato OSD (On Screen Display).

Normative

Per la presenza di campi elettrici ad alta tensione e di campi magnetici, il computer è potenzialmente un dispositivo pericoloso alla salute. In ambito europeo sono state stabilite delle norme a cui devono soddisfare i computer per essere commercializzati; queste norme riguardano soprattutto l'intensità che devono avere i campi elettrici e magnetici alla distanza usuale di utilizzo del computer. Sulla scorta delle norme svedesi MPR sono state definite poi le norme TCO con lo scopo appunto di tutelare la salute di chi lavora al computer. Negli anni si sono succedute le norme MPR, MPR II, TCO 92, TCO 95, TCO 99 che via via, anche in virtù dei progressi tecnologici, hanno imposto limiti sempre più forti alle emissioni dei campi elettrici e magnetici. Oltre alle norme sulle emissioni, le TCO contemplano anche disposizioni sui materiali da utilizzare per la costruzione, sul risparmio energetico ed altro.   

Monitor LCD

Una tecnologia emergente per i display dei computer è quella dei cristalli liquidi (Liquid Crystal Display). La struttura di un display di questo tipo è piuttosto complessa e per comprenderne la costituzione è necessario esaminare molte caratteristiche dei cristalli liquidi.

Caratteristiche fisiche dei cristalli liquidi

I cristalli liquidi sono materiali con caratteristiche fisiche intermedie  fra quelle dei solidi e quelle dei liquidi e, per comprenderle a fondo, è bene ricordare cosa distingue un solido da un liquido a livello microscopico. 

In un solido le molecole (o gli atomi) che costituiscono il materiale sono tenute insieme da forze molto intense in modo tale che le posizioni reciproche delle molecole sono stabilite in una struttura geometrica che prende il nome di cristallo. In molte sostanze la struttura cristallina si realizza solo a livello microscopico per piccole porzioni di materiali ed è quindi non visibile da una osservazione ad occhio nudo; solo circostanze eccezionali  nella formazione del solido danno luogo a cristalli macroscopici che sono l'evidente risultato della struttura molecolare ordinata (in fig.1 un bel cristallo di quarzo mostra forme geometriche ben definite).

Nei liquidi le forze di legame intermolecolare sono deboli e le molecole sono libere di assumere posizioni reciproche variabili: per questo un liquido non ha una forma propria ed assume quella del recipiente che lo contiene.

 

fig. 1

Lo stato di solido, liquido o di gassoso (terzo possibile stato di una sostanza) dipende dalla temperatura; in genere siamo abituati a classificare una sostanza come solida, liquida o gassosa in dipendenza dello stato che assume a temperatura ambiente, ma è a tutti noto che l'acqua è liquida a temperatura ambiente, ma solida al di sotto degli zero gradi e gassosa al di sopra dei 100°. Tutti i materiali possiedono questi tre soli stati e solo pochi ne possiedono anche un quarto, quello appunto di cristallo liquido: un cristallo liquido è una sostanza fluida come un liquido, le cui molecole tuttavia tendono ad assumere posizioni reciproche ben definite. Queste proprietà ed altre che esamineremo possono essere sfruttate per la costruzione di display per calcolatrici, orologi e computer.

Notizie storiche

Le prime notizie sui materiali che possiedono proprietà di cristalli liquidi risalgono alla metà del 1800, ma solo nel 1888 Reinitzer comprese che le "strane proprietà" di quei liquidi osservate in precedenza dovevano imputarsi ad un quarto stato della materia. Nel 1890 fu prodotto il primo cristallo liquido sintetico, il p-azoxyanisole. George Freidel nel 1892 propose una classificazione dei cristalli liquidi in base al differente ordine che le molecole del materiale potevano assumere. Nonostante questa lunga conoscenza dei cristalli liquidi, solo nel 1968 la RCA costruì il primo diplay a cristalli liquidi.

Struttura e proprietà dei cristalli liquidi Twisted Nematics

Come accennato esistono molti tipi di cristalli liquidi, che si distinguono per il modo in cui le loro molecole tendono ad ordinarsi; qui prenderemo in esame quelli classificati come chlorestic oppure chiral nematics od ancora twisted nematics. Una strana proprietà di questi cristalli liquidi è la seguente: se si mette la sostanza a contatto con una superficie su cui siano stati tracciati microscopici solchi, le molecole del cristallo, la cui forma è allungata, vi si "adagiano", per così dire, assumendo l'orientamento definito dai solchi. 

Allora, se si racchiude il cristallo liquido, fra due superfici (vetri) con solchi, chiamati "direttori", disposti a 90°, le molecole della sostanza tendono a posizionarsi l'una sopra l'altra con una piccola rotazione fra l'una e l'altra in modo tale che le due molecole estreme siano allineate con i solchi (vedi lo schema di fig.2); in pratica le molecole formano una spirale che ruota di 90°. Poichè le molecole hanno anche la caratteristica di dipoli elettrici, si possono cioè rappresentare con una distribuzione di carica positiva ad un estremo e negativa all'altra, sono in grado di trasmettere le radiazioni elettromagnetiche ed in particolare la luce; così se un raggio di luce polarizzato nella direzione dei solchi colpisce una delle due facce della struttura descritta, attraversa il cristallo liquido passando di molecola in molecola, subisce una rotazione di 90° del suo piano polarizzazione e si ritrova sulla seconda faccia con detto piano allineato con i solchi della seconda faccia (chi non conoscesse il significato di luce polarizzata puo trovarne una breve descrizione qui). 

fig. 2 (immagine tratta da Liquid Crystals rielaborata)

Una sorgente di luce qualsiasi emette della luce non polarizzata, ma chi è appassionato di fotografia, ad esempio, sa che esistono vetri in grado di far passare solo luce polarizzata in una certa direzione. Possiamo allora proseguire la costruzione del nostro display racchiudendo i tre precedenti strati fra due vetri polarizzatori che lasciano filtrare solo la luce con asse di polarizzazione concorde con i solchi "direttori" delle facce che racchiudono il cristallo liquido. Per quanto detto, se il cristallo liquido è lasciato indisturbato, la luce che passa attraverso il primo polarizzatore lo attraversa ruotando il suo asse di polarizzazione di 90° e si trova perfettamente in linea per poter uscire dal secondo polarizzatore. Qualcuno osserverà: "beh e con questo cosa abbiamo ottenuto?". Per il momento niente, ma ora possiamo far entrare in gioco un'altra proprietà dei cristalli liquidi. Se si sottopone il cristallo liquido ad un campo elettrico, il suo ordinamento naturale (le sue spirali) può essere perturbato. Un campo elettrico perpendicolare ai due piani di contenimento del cristallo forza le molecole, che sono ricordiamo dei dipoli, ad allinearsi lungo la direzione del campo e quindi distrugge in modo proporzionale all'intensità del campo la struttura a spirale del cristallo; ne consegue che la luce che attraversa il primo polarizzatore non subisce più una rotazione di 90° del suo asse di polarizzazione e quando incide sul polarizzatore di uscita viene bloccata parzialmente o totalmente. In pratica tramite un campo elettrico si può controllare la quantità di luce che attraversa il cristallo liquido.  

Display a matrice passiva 

Un primo modo per creare un campo elettrico localizzato, così da realizzare un pixel fisico, è quello di inserire il cristallo liquido in mezzo a due griglie di conduttori paralleli, poste ai lati opposti del cristallo e con direzione dei conduttori di una griglia ortogonali a quelli dell'altra. L'intersezione fra un conduttore della prima ed un conduttore della seconda realizza un pixel fisico in quanto applicando una massa al primo ed una tensione al secondo si può regolare il passaggio della luce nell'area (il pixel) del cristallo liquido sottostante all'intersezione. I display LCD costruiti con questa tecnica sono conosciuti come diplay a matrice passiva. L'insieme di pixel individuato dai conduttori "in riga" e dai conduttori "in colonna" della griglia vengono attivati con un processo di scansione simile a quello visto per i monitor CRT; si mette ad esempio a massa un conduttore di riga e si alimentano uno dopo l'altro i conduttori di colonna, creando un campo elettrico che si sposta in orizzontale pixel per pixel attivandoli in successione; si passa poi alla riga successiva e così via. Tutto il processo è governato da un circuito di comando. Perchè questo processo consegua gli effetti desiderati occorre che le molecole del cristallo liquido abbiano una certa inerzia a ritornare nello stato di riposo dopo aver subito l'influenza del campo elettrico generato dai conduttori. Occorre un certo tempo perchè la molecola ritorni nella condizione di normale ordinamento e questo tempo è detto tempo di risposta;  nei display a matrice passiva il tempo di risposta è piuttosto lungo di circa 300 ms e questo comporta il formarsi di scie a seguito di un'immagine che sia in movimento veloce sullo schermo. Un altro difetto di questi display è dovuto al fatto che il campo elettrico generato per un pixel influenza in misura minore anche i pixel vicini; l'immagine risulta allora meno nitida. In conclusione questo tipo di display è adatto per display statici, dove le immagini non si muovono rapidamente, ad esempio per calcolatrici e videogiochi tascabili.

Display a matrice attiva

La tecnologia più recente utilizza una cosiddetta matrice attiva; in questo caso da un lato del cristallo attivo viene applicato un sottile strato su cui è realizzato una matrice di transistor (del tipo FET) con la funzione di interruttori (switching transistor) per la carica di altrettanti condensatori; per ogni coppia di transistor e condensatore viene realizzato un pixel nell'area sottostante del cristallo liquido.

fig.3 - immagine tratta da Display Technologies

 Una volta caricato, è la tensione ai capi del condensatore, che ha una armatura a massa dal lato opposto del cristallo, a mantenere un campo elettrico costante attraverso il cristallo tra una scansione e l'altra del pixel; in questo modo si possono utilizzare materiali con tempo di risposta più breve, inferiori ai 50 ms, in quanto il pixel viene tenuto acceso/spento o in stato intermedio di trasmissione della luce dalla carica del condensatore e non per effetto della sua inerzia.  

Un segnale di scansione inviato su una gate line mette in condizione i transistor della corrispondente riga di condurre ed il segnale applicato ad una drain line determina la quantità di carica che affluirà sul condensatore accoppiato; il campo elettrico di questo condensatore, conseguente alla sua carica, determina la maggiore o minore luminosità del pixel relativo ed il controllo è così fine da rendere possibile 256 livelli (corrispondenti ad 8 bit) di luminosità.

I display a matrice attiva  o TFT offrono rispetto ai precedenti, oltre che una migliore velocità di risposta di cui si è già detto, immagini più nitide, meglio definite nei colori e con un maggior contrasto.

Il colore

Entrambi i meccanismi della matrice passiva e della matrice attiva realizzano un controllo puro e semplice sulla luminosità o meglio, come preciseremo tra poco, sulla trasparenza dello strato di cristallo liquido. Per ottenere il colore si sfruttano le proprietà dei filtri di colore (vetri o sostanze trasparenti che lasciano passare solo la luce di un certo colore) ed occorre disporre, sullo strato estremo dal lato di chi guarda, una griglia di filtri di colore (verde, rosso, blu) più o meno come nel caso dei fosfori dei monitor CRT.

La struttura del display LCD

 A questo punto sono state esaminate tutte le parti che compongono un display LCD e per avere l’idea dell’insieme, che concluda il nostro esame, possiamo dare del display a cristalli liquidi la rappresentazione schematica di fig.4

fig.4 Struttura di un display LCD 

Per completare il nostro display infatti serve soltanto una sorgente di luce che conferisca luminosità, dal momento che i cristalli liquidi non sono di per se stessi luminosi. La cosiddetta backlight o retroilluminazione si ottiene con una o due lampade fluorescenti (e quindi fredde come il neon) ed un vetro diffusore che distribuisce uniformemente la luce su tutto il piano del display.

I parametri

Volendo fare una valutazione dettagliata di un display LCD si devono prendere in considerazione i seguenti parametri:

1.      tempo di risposta: per i display TFT si aggira tra i 25 ed i 50 ms;

2.      dot pitch: da circa 0,29 a circa 0,24 mm;

3.      risoluzione: è legata alla misura in pollici del display secondo la seguente     tabella:

                    15’’ 1024 x 768;

                    17’’ 1280 x 1024;

                    19’’ 1600 x 1200;

         Vanno precisate due cose. L’ampiezza in pollici dichiarata di un display LCD è  in pratica quella reale e non qualcosa in meno come succede nei monitor CRT. Impostare per il monitor  risoluzioni diverse da quelle specificate non dà buoni risultati.

4.      profondità di colore: fino a 24 bit (16 milioni di colori);

5.      illuminazione: si misura in candele/mq; i valori correnti sono oltre 200 cd/mq (fino a 250/260);

6.      contrasto: misura il rapporto fra la massima e minima illuminazione di un pixel; i valori comuni vanno da 250:1 fino a 400:1;

7.      angoli di visuale: di fronte a un display LCD la visione può cambiare sensibilmente se ci si sposta rispetto alla posizione centrale; diventa allora importante  definire l’angolo massimo in orizzontale ed in verticale in cui la visione risulta essere soddisfacente. I valori abituali vanno dai 120° ai 160° per l’angolo orizzontale, qualcosa di meno per l’angolo verticale;

8.      gli ingressi: presenti su tutti i display sono il VGA (analogico) ed il DVI (digitale) per adattarsi a qualsiasi tipo di scheda grafica: In quelli di dimensioni più grandi, che possono essere utilizzati anche come schermo televisivo è possibile trovare anche ingressi S-Video e video composito RCA;

9.      pixel difettosi: un display a matrice attiva con risoluzione 1024 x 768 richiede 2.359.296 (1024x768x3) driving transistor che devono tutti essere realizzati su una pellicola sottile (Thin Film). E’ possibile che durante il processo di fabbricazione alcuni di questi transistor risultino difettosi, visto l’elevato numero; questi transistor difettosi danno luogo a dei pixel sempre accesi/spenti. Questo inconveniente è uno dei fattori di costo dei display LCD, perchè costringe a scartare una certa percentuale della produzione. D’altro canto i costruttori per non alzare troppo  il prezzo di vendita mettono in commercio, considerandoli come buoni a tutti gli effetti, anche display con un numero limitato di pixel difettosi (in genere meno di 5).

 

In conclusione i display LCD hanno tre grossi vantaggi rispetto ai monitor CRT: consumano poco, non emettono radiazioni pericolose, hanno un ingombro molto più ridotto. Un solo difetto: costano più del doppio dei corrispondenti CRT. Inoltre un’utile caratteristica, che è possibile per il loro ingombro limitato, è la possibilità di essere ruotati di 90° rispetto all’usuale posizione; in questo modo può risultare più agevole la lettura di un documento, di un foglio elettronico, di una pagina web. Questa possibilità si ha con la funzione pivot, che si avvale di un apposito software per ruotare anche l’immagine da visualizzare.

Va tuttavia anche detto che per un uso professionale i migliori diplay LCD non offrono ancora le prestazioni dei monitor CRT di alto livello. Ma la tecnologia dei cristalli liquidi, come ogni altra tecnologia in campo elettronico, è  in rapido movimento e vengono sperimentati ed utilizzati sempre nuovi materiali oltre a quelli Twisted Nematics che abbiamo descritto in queste pagine. A titolo di cronaca citiamo i critalli liquidi STN (Super Twisted Nematics), DSTN (Double STN), FLC (Ferroelectric Liquid Crystals), SSFLC (Surface Stabilized FLC); i primi ad esempio formano eliche con un angolo di rotazione di 270°, con una migliore resa per il contrasto, mentre gli FLC hanno tempi di risposta notevolmente più bassi.

Ottobre 2002

Links utili

Liquid Crystals Howstuffworks (Monitor LCD) Howstuffworks (Monitor CRT) LCD Technologies
Whatis Epson Display Technologies HardwareUpgrade (Monitor CRT)
Monitor gamma