Le navi e la
navigazione dei greci nel mondo antico
I Greci
impararono l’arte navale dai Fenici .Nell’Egeo le prime imbarcazioni che
attraversarono il mare furono quelle dei popoli delle Cicladi.Le navi e le
tecniche di navigazione della marineria della Grecia arcaica, soprattutto di
quella micenea, della seconda metà del II millennio a.C. sono sostanzialmente
quelle descritte, con dovizia di particolari nei poemi omerici, in particolare
nell'Odissea.Essenzialmente per secoli quella marineria, che ha ereditato le
tecniche della marineria cicladica e minoica, non subisce alcuno
radicale cambiamento per assoluta mancanza di grandi innovazioni tecniche.
Scoperte recentissime, confermano che le descrizioni omeriche si avvicinano,
con buona approssimazione, a quella che doveva essere effettivamente la realtà
marinaresca della Grecia arcaica. Nella fig.1 è raffigurata una nave
greca tipica di tutti i secoli dell’antichità classica . Notiamo una
singola vela quadra ,che ha un bordame libero con scotta, i bracci per il
pennone,sartie, strallo e paterazzo per l’albero.Il timone è costituito da remi
a poppa.
Nave GRECA Fig.1 Fig. 2
La
grande vela quadra di tela per lo più bianca, è fissata alla lunga asta
dell'antenna con numerosi lacci taurini;l’antenna ,a sua volta, è legata
mediante legacci sempre di cuoio alla parte terminale dell'albero della nave.
L’albero, viene mantenuto fermo da due grosse “funi”, (sàrte o sàrtie)
che si dipartono rispettivamente da prua e da poppa, oltre che dal suo piede
posto in un apposito incastro. Per distendere la vela al vento vengono
utilizzate le”corde” (scotte) legate agli angoli inferiori della vela Le
scotte sono due, quella di destra e di sinistra, (“poggia" e
"orza") Budella taurine intrecciate ritorte costituivano il
materiale usato per le sàrtie e le scotte
Quando si presentava una
bonaccia di vento o quando infuriava una tempesta l'intera attrezzatura velica
veniva completamente smontata e si navigava ricorrendo alla sola forza dei
rematori. Ogni qualvolta lo scafo veniva tirato in secco, il che avveniva
frequentemente , l’attrezzatura velica veniva tolta, La manovra di
drizzare l'albero e spiegare la velatura avveniva in tempi rapidissimi e
rientrava nella quotidianità delle navi del tempo, incastrando il piede
dell'albero nell'apposito alloggio , stabilizzandolo con le due sàrtie già
descritte. (Odissea Libro II v 530-540)Capitava,con molta frequenza , che un vento impetuoso spezzasse
l'albero, qualche volta ,con conseguenze gravissime per il timoniere come
nell'episodio descritto da Omero in cui una improvvisa tempesta, sorprende la
nave di Odisseo spezzando di netto l'albero, rovinando in coperta.
Il poeta greco
Esiodo, vissuto nell'VIII secolo a.C., diceva che ogni cosa doveva essere fatta
a suo tempo, soprattutto il navigare.Citando testualmente da " Le opere
e i giorni" 678-684” : D'inverno "quando le Pleiadi fuggono
nel fosco mare l'assalto del possente Orione e si scatenano i soffi di tutti i
venti"occorre tirare la nave sulla spiaggia, ponendovi intorno le
pietre "che la terran salda al soffiar dei venti" e riponendo
tutti gli attrezzi in casa. "Cinquanta giorni dopo il solstizio, quando
arriva alla fine il tempo dell'estenuante estate", allora è il momento
per i naviganti di andar per mare: "Allora i venti soffian propizi e il
mare è calmo; sicuro allora fidando nei venti, poni sul mare la nave veloce e
metti in essa tutto quanto il carico. Ma affrettati quanto più puoi a tornare a
casa, non attender il tempo del vin novello, la pioggia autunnale, l'inverno
che arriva e il terribile infuriar di Noto che gonfia i marosi".
Si provvedeva quando le navi erano in secca, in attesa di riprendere il mare ,a
riparare le vele, a mettere la pece sugli scafi e ad effettuare tutte le
riparazioni necessarie,.La propulsione della nave da guerra della Grecia
arcaica era principalmente affidata alla forza dei rematori, che usufruivano
però anche dell'ausilio di una vela quadra. (Fig.2) Viceversa era essenzialmente
velica la propulsione della nave da carico, che, nei casi necessari di calma di
vento o di manovre in porto, ricorreva ai pochi rematori imbarcati.
Nell'Iliade e nell' Odissea le imbarcazioni preferite dai guerrieri-marinai greci erano , senza dubbio , quelle a venti rematori , dieci per lato, più il timoniere e il capitano, che venivano utilizzate per la loro estrema versatilità operativa indifferentemente per il trasporto di merci e passeggeri e per la guerra .Come descritto da Omero(IIiade, Odissea) una nave a venti remi era quella utilizzata da Agamennone per rimandare Criseide al padre, così a venti remi era la nave utilizzata da Telemaco per andare da Itaca a Pilo .
Come descritto nell'Iliade le navi che trasportarono, nella seconda metà del II mileennio A.C.,i 20.000 uomini sui lidi troiani per l'assedio alla citta' di Troia sicuramente erano scafi a venti remi. Nello stesso periodo sicuramente esistevano navi con un maggior numero di rematori
Le navi dei territori di Metone, Taumacia, Melibea e Olizone
(come riportato nel II
libro dell'Iliade
-catalogo delle navi-) erano a cinquanta vogatori, (25 per lato) ; si
tratta sicuramente di uno dei primissimi tipi di nave da guerra greca,il famoso pentecontero(
FIG. 3),che
permise ai Greci il dominio incontrastato dei mari fino all'avvento delle triremi.
Anche i Feaci
,migliori navigatori di quel tempo,che riportarono Ulisse a Itaca possedevano
navi da cinquanta remi come ben descrive Omero citando nei suoi versi dell'Odissea
il numero (cinquantadue )dei marinai dell'equipaggio completo di timoniere e
capitano.
.
Fig.3
Il Pentecontero era una nave che aveva 50 remi , 25 per lato, 48 remi di propulsione e 2 remi-timone ; la zona riservata ai vogatori ,ognuno dei quali maneggiava un remo singolo,era lunga dai 20 ai 25 metri ;longitudinalmente , in mezzo ai vogatori si trovava una corsia, larga un paio di metri , che serviva per passare da poppa a prua ,per manovrare la vela quadra e per sistemare i passeggieri , che erano seduti a gambe incrociate .Su questa corsia si poteva anche stivare l'albero e il pennone durante il combattimento. .Avevano due brevi tratti pontati alle estremità (un castello a prora per I combattenti e un cassero a poppa per i timonieri e il capitano )
Con questo tipo di nave i Greci poterono colonizzare il Mediterraneo occidentale.
GLOSSARIO :
Braccio: manovra per l'orientamento del pennone in modo tale che
esso tenga la posizione richiesta dall'andatura della nave.
Paterazzo: grossa fune (ora d'acciaio) che fa parte del sartiame e
che concorre a sostenere lateralmente e verso poppa l'albero. Strallo di poppa.
Pennone: lunga e robusta asta connessa alla sua metà a un albero
tramite uno snodo e destinata a sostenere superiormente le vele quadre.
Sartia: grossa fune (ora d'acciaio) che serve per sostenere e
impedire flessioni laterali dell'albero
Scotta: cima di manovra per tendere verso poppa qualsiasi vela;
Strallo: cavo di prua di sostegno per l'albero e luogo di inferitura
delle vele
Bibliografia:
Orazio Ferrara, I Signori del mare.
Appunti per una storia delle antiche marinerie, Sarno, Centro Studi I Dioscuri,
1998)
Mario Gianoli d'Artogna ,VENTURE DI MARE pag. 25, pag. 88, Nitri Lischi-Pisa