S. PIETRO AI MURICENTO
La
chiesa di San Pietro ad Muricentum o ad Centum Muros, come molte fonti la definiscono
per via delle grandiose strutture appartenenti ad un villa rustica di età
romana che la circondano, sorge poco al di fuori dell’abitato di Montebuono
su di un piccolo colle che, sovrastato dal preappennino sabino, domina la valle
della riva sinistra del Tevere, proprio con il monte Soratte di fronte.
Il tempio, pur fortemente rimaneggiato nel tempo, conserva tutta la linearità
della originaria struttura romanica che i recenti lavori di restauro hanno messo
nuovamente in evidenza eliminando molte delle sovrastrutture che mani inesperte
avevano collocato nel corso dei secoli. I lavori di rifacimento della pavimentazione
hanno consentito di riportare alla luce una serie di ambienti, in parte riutilizzati
nel tempo come ossari, che facevano parte della villa rustica romana normalmente
definita “Le Terme di Agrippa” per via del frammento di una epigrafe
marmorea ritrovato fra le rovine, che evidenziava il nome di Marco Vipsanio
Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e grande condottiero, morto a
soli 51 anni in Campania nel 12 a.C.
Con la costruzione della chiesa nella quale furono impiegati molti materiali
di età romana, i muri della villa furono rasi al suolo solo in parte
e sono riemersi nel corso dei vari restauri. Il rifacimento del pavimento è
stato eseguito con grande perizia e professionalità tanto che oggi lastre
di vetro infrangibile ed una opportuna illuminazione consentono di ammirare
pavimentazioni musive o in opus spicatum, lacerti di pareti affrescate dal classico
rosso pompeiano così come i resti di un cisterna completamente intonacata.
L’operazione ha restituito al visitatore uno spaccato di grande interesse
di alcuni ambienti pertinenti alla parte padronale della villa la cui estensione
era indubbiamente molto ampia. Nel quadro di grande effervescenza politica dei
primi anni del XII secolo sopra quella splendida realtà agrippiana vi
fu edificata, appunto, la chiesa di San Pietro della quale si hanno le prime
notizie nel registro dell’abbazia di Farfa datate luglio 1.105.
Nel Quattrocento San Pietro era ancora la chiesa madre di Montebuono come attestato
dai forti lasciti testamentari del periodo e come testimonia l’importante
ciclo pittorico realizzato da Iacopo da Roccantica, discepolo di Ottaviano Nelli,
che orna ancora oggi, anche se con porzioni andate perdute, il catino absidale,
con un rilevante giudizio finale, e parte della navata destra. Agli affreschi
del pittore sabino, appositamente commissionati, come si legge in una scritta,
dalle donne di Montebuono, se ne affiancano altri di vari maestri pittori tutt’oggi
rimasti anonimi, ma chiaramente di tipica scuola giottesca così come
avvenuto per altre chiese della Sabina. Qualche critico d’arte, non senza
un certo fondamento, ha voluto vedere in una splendida Annunciazione, ancora
oggi perfettamente conservata, addirittura la mano del Beato Angelico.
Non potevano mancare gli Arcangeli in questa chiesa di Montebuono, infatti,
proprio nell’ affresco dell’Annunciazione è l’elegante
figura di Gabriele mentre Michele è nel giudizio finale.
Di grande significato storico, artistico e religioso un affresco posto sulla
controfacciata del tempio rappresentante “La Madonna dell’Ulivo”.
Questa tipica iconografia prende spunto da una miracolosa apparizione avvenuta
in Assisi nel 1399 e si lega al movimento penitenziale dei Bianchi che per il
grande giubileo del 1400 percorsero l’Italia intonando laudi alla Vergine
Madre e invitando tutti alla pace ed al perdono reciproco. A sinistra in alto
dell’opera è la città di Assisi ed in basso i contadini,
padre e figlio; la Vergine domina il settore centrale. Essa è purtroppo
molto danneggiata e si indovina appena la dolcezza del volto. Alle sue spalle
è un grande albero di ulivo. La rappresentazione della città di
Assisi è standardizzata, quasi che l’anonimo pittore si sia ispirato
ad un modello che tutti utilizzavano in quel periodo. In alto sono due voli
di angeli e, in posizione centrale, due figure aureolate di difficile interpretazione,
una femminile ed una maschile.
La splendida chiesa di San Pietro a Montebuono, riportata agli antichi splendori
dalla intraprendente opera del Parroco Don Enzo Cerchi, è stata sempre
un punto di riferimento per la pietà popolare di quella zona specialmente
dopo averla utilizzata quale tempio cimiteriale. Il fatto che oggi ospiti anche
manifestazioni culturali di alto livello non fa passare in secondo piano che
essa resta il luogo di culto in cui sostare per un momento di raccoglimento
durante la quotidianità del lavoro e dove nutrire l’anima nel misticismo
delle opere pittoriche e nelle note del canto gregoriano che sottolinea a volte
la Santa Messa.
Appena
varcata la soglia di questo monumento subito si coglie la presenza sotto il
piano pavimentale di notevoli resti di una villa romana …pavimenti in
mosaico ..ambienti affrescati etc..
Sono i resti delle cosidette Terme di Agrippa, attribuzione derivante dal rinvenimento di un frammento di epigrafe nell’altare maggiore.
Se
ciò non bastasse si ricordano le epigrafi murate sulla parete della casa
parrocchiale nel centro storico di Montebuono: su di esse è ancora possibile
leggere il riferimento al quel Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’Imperatore
Augusto, vissuto nel primo secolo a.C. e morto in Campagna nel 12 a.C.
In
realtà, analizzando proprio il centro storico di Montebuono, anche oggi,
se ne individuano le origini tipicamente romane, esso infatti doveva essere
una fortificazione o un accampamento militare romano, la sua struttura urbanistica
ne richiama le caratteristiche primarie: pianta quadrata al centro della quale
corre da una porta all’altra il "decumanus maximus"
(l’odierna Via Garibaldi) parallelo ad esso corrono due vie: i "decumani
inferiori" (le odierne Via Galluzzi e Via Iugoli) queste vie vengono
attraversate perpendicolarmente da altre strade cosidette "kardi"
(Via Marco Agrippa, via Carlo Alberto).
Certo è che nel territorio di Montebuono sono tante le "spie"
di un passato di epoca romana …le cisterne ad esempio: due immediatamente
vicine S. Pietro, due sul colle sovrastante in zona Coste Adriane (che curiosa
denominazione…chissà da dove viene), poi le cosidette "grotte
di S. Donato" vicino S.Andrea …una tale quantità di acqua
conservata non può che far pensare ad un insediamento molto più
importante di una villa rustica isolata. Quà e là nel territorio
vari resti di opus reticolatum tipica muratura romana …le denominazioni
dei luoghi (colle agrippiano..coste adriane…la vecchia provinciale da
sempre detta "strada romana" che congiunge la zona di S.Pietro con
il centro storico). Nel terreno adiacente S.Pietro si vedono anche oggi i resti
delle imponenti murature e vari resti di opere murarie presumibilmente attribuibili
a quello che erano gli ambienti “termali” della villa… poi
i resti della “esedra” già descritta dal Guattani..
Tornando all’interno della Chiesa si evidenzia come essa sia stata costruita
direttamente sul piano pavimentale musivo della villa, intensa poi è
stata l’opera di “riciclaggio” dei materiali (le colonne,
i blocchi squadrati, varie tracce di cubilia (le pietre cubiche dell’opus
reticolatum) utilizzate nella muratura esterna, i materiali in laterizio usati
nelle arcate che si vedono nel lato esterno sinistro.
La Chiesa fu costruita presumibilmente intorno al 1100, la prima notizia scritta
che menziona la Chiesa di S. Pietro è del 1105.
In un ambiente di epoca romana si notano ancora ben conservati dei resti di
affresco in tutto simili ad analoghi affreschi presenti nella villa dei Vettii
di Pompei.
Al di sotto della cappella di destra si apre una grande cavità: questo
ambiente era stato usato come ossario ma, a differenza di altri ossari presenti
all’interno della Chiesa, questo ambiente è l’unico con un
intonaco ed un pavimento in cotto, fatto che autorizza ad ipotizzare ad un uso
precedente diverso …forse già di epoca romana …se così
fosse potrebbe anche essere uno di quegli ambienti denominati nevai: cavità
ove si accumulava la neve da utilizzare per conservare gli alimenti o per rinfrescare
in genere.
Nella zona dell’altare si nota una vasta zona pavimentata in opus
spicatum: questo tipo di pavimentazione non era abitualmente usata in ambienti
abitativi ma in zone o esterne oppure in vasche.
Sul lato sinistro della Chiesa era presente una navata …nel tempo la Chiesa
subì l’abbandono e molti materiali utilizzati in essa furono presi
e riutilizzati: le due colonne che sorreggono il palco dell’organo all’interno
della parrocchiale di S. Maria Assunta erano appunto provenienti da questa navata
poi definitivamente eliminata, anche il bel portale con timpano e montanti scolpiti
oggi visibile sul lato della parrocchiale proviene certamente dalla Villa di
Agrippa.
ABSIDE
Da sinistra: Giudizio Universale
L’Onnipotente in mandorla (sotto la quale s’intravedono tracce della
sinopia) domina la scena. Ai suoi piedi gli strumenti della Passione di Cristo:
i flagelli, la corona di spine, il martello, un lancia, la spugna di fiele.
Ai due lati sottostanti la mandorla gli Angeli suonano le trombe del Giudizio….
all’interno dei sepolcri le ossa dei defunti riprendono corpo….
si aprono i sepolcri e da essi escono le anime che si presentano al cospetto
dell’Onnipotente….sotto i sepolcri l’alveo dell’inferno.
Nell’inferno si vedono i dannati tormentati da spiriti evanescenti che
sprizzano fiamme e una gran quantità di serpenti che pizzicano e mordono
i dannati. Si leggono in volgare i nomi dei dannati: biastimanti, spriuri, lussuriusi,
invidiusi, vanagloria, avaru, miciaru, macellaru, usurari, cuntramatrimoniu…ed
altri. Il centro dell’alveo è dominato da un imponente “Satana”
che ghermisce in grembo tre personaggi: Erode, Giuda, Pilatu. Abbondante è
il ricorso alla “legge del contrapasso” nell’illustrare le
pene: all’avaru viene spalancata la bocca ed uno spirito gli fa inghiottire
a forza un liquido (oro fuso?), gli invidiusi sono costretti a tapparsi gli
occhi, la vanagloria si specchia in un oggetto…ma l’immagine riflessa
è cancellata (forse troppo brutta per poter essere lasciata …).
Nell’angolo in alto a sinistra dell’inferno si vede il Purgatorio…un’anima
si purifica tra le fiamme e le acque ed un angelo la prende con se per portarla
verso il Paradiso.
Del Paradiso s’intravede la porta aperta da S.Pietro e la processione
dei Santi che verso di esso si dirige. Nella mancanza del Paradiso, in uno strato
pittorico sottostante, si vede S. Leonardo.
Sopra la scena del Paradiso, Adamo ed Eva ed il peccato originale….il
serpente tentatore, dal volto sembiante un umano, si frappone fra Adamo ed Eva
e porge loro il frutto del peccato.
S.Pietro
Imponente immagine di S. Pietro in cattedra con le grandi chiavi del Paradiso.
In basso, ai piedi del Santo sulla sinistra, il committente.
Sotto questo affresco le immagini di S. Lucia con in mano il calice contenente
gli occhi, una Madonna in trono con Gesù Bambino, S. Benedetto.
Proseguendo verso destra, subito dopo S. Pietro un’altra grande immagine
della Madonna in trono con Gesù bambino in grembo ed il Battista che
lo indica.
La
Natività
A destra dell’abside la scena della natività. Una struggente immagine
di Maria allattante….intorno a se i pastori….immediatamente a destra
del volto della Madonna volano degli angeli….uno di essi ha una strana
“mano”….sembrano lampi di luce…..è forse la raffigurazione
della cometa che guiderà i Magi al cospetto del Salvatore. In basso,
sulla sinistra, due donne che con un bacile pieno d’acqua prestano aiuto
a Maria…..esse sono anche le committenti dell’affresco. Infatti
subito sotto l’affresco, in un cartiglio, si legge: Hoc opus fecit le
bone don(n)e de Monte Bonu ad honorem Magister Jacopus de Roccha Antiqua depincit
MCDLI (1451)
Per via di questo cartiglio tutti gli affreschi dell’abside sono attribuiti
al M.° Jacopo da Roccantica …..tutti tranne gli affreschi del catino
absidale….
Infatti il maestoso Cristo Pantocrator con gli Evangelisti che domina dall’alto
l’intera abside è attribuito a scuola giottesca, così come
gli evangelisti raffigurati nelle vele della volta a crociera della cappella
di destra.
L’Annunciazione
Sopra l’arco che immette nella cappella di destra si può ammirare
una grande scena dell’Annunciazione:
Maria, sulla destra, è intenta nella lettura…..a sinistra, dentro
un’edicola, l’Arcangelo Gabriele appare e porta a Maria la lieta
novella…..nel cielo si apre un nimbo ed al suo interno, circondato da
angeli che suonano, Dio spinge il corpo di Gesù Bambino verso Maria….è
una singolare rappresentazione dell’Annunciazione….spesso essa è
rappresentata da un raggio di luce che colpisce Maria oppure da una colomba…qui
invece il corpo in carne ed ossa viene porto a Maria.
Nel sottarco si possono ammirare una Crocifissione, S.Onofrio, S.Paolo
Cappella
di destra (non ancora restaurata)
Nella parete di sinistra si raccontano alcuni momenti della vita di S. Giovanni
Battista:
Il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano.
La decapitazione di S. Giovanni: sulla destra in basso il corpo riverso del
Santo con la testa distaccata dal collo che rotola in terra….un sicario
che riferisce il fatto….poi, al centro della scena, Salomè si presenta
al banchetto d’Erode con la testa del Santo su un piatto.
Sopra questa scena s’intravede un'altra “tortura”: il Santo
è legato e messo dentro un paiolo….alcuni sicari tengono acceso
il fuoco…
La
Madonna dell’Oliva
Nella controfacciata viene raccontata l’apparizione della Madonna dell’Oliva:
era l’agosto del 1399, un contadino è dedito ai lavori dei campi…con
lui il figlio…all’improvviso il bambino ha un sussulto…all’interno
di una pianta d’olivo appare una figura “…tutta di bianco
vestita” che dice al bambino di non spaventarsi ed anzi lo invita a recare
alla popolazione il suo messaggio…..era la Madonna….il padre del
bambino non vede nulla….egli non è anima pura….Alle loro
spalle una città….si possono riconoscerne gli elementi…in
alto la Rocca Maggiore….poco più in basso leggermente sulla destra
la Rocca Minore…..al centro una chiesa (S. Rufino?)…in basso una
porta a torre quadrata…è Assisi. Sopra…nel cielo due Santi
….uno di loro mostra le mani…ha le stimmate…è forse
S. Francesco…di fronte a lui in ginocchio, vestita di bianco forse S.Chiara.
Questa storia venne raccontata da una confraternita di pellegrini che si recava verso Roma per il Giubileo del 1400: la Confraternita dei Bianchi. Essa narrò, cantandola in una lauda, questa apparizione ...e del loro racconto e passaggio restano una serie di affreschi recanti questa iconografia.
L'Italia
sul finire del '300 è devastata continuamente: lotte fra le dinastie
dei Durazzo e degli Angiò per il regno di Napoli, con l'intervento dei
re di Francia e di Ungheria, contrasti fra l'imperatore e il papa, scorrerie
delle compagnie di ventura, infine l'avventura del duca Gian Galeazzo Visconti
di Milano che conquista buona parte dell'Italia prima di morire nel 1402.
Le discordie non risparmiano la Chiesa con due Papi contemporaneamente: lo spagnolo
Pietro de Luna, col nome di Benedetto XIII (1394-1423), eletto ad Avignone alla
morte dell'antipapa Clemente VII, e il napoletano Pietro Tomacelli, eletto a
Roma col nome di Bonifacio IX (1389-1404).
In questo quadro nasce nel 1399 un movimento che invoca la pace, quello dei
"Bianchi"
Alla
sua origine una apparizione miracolosa (la "Leggenda dei tre pani")
in Scozia o in Provenza, cui si aggiunge, il 2 luglio 1399, l'apparizione della
"Madonna dell’Oliva" ad Assisi: è la Vergine a mediare
fra Dio e gli uomini, i quali potranno evitare il castigo purché si rappacifichino.
Dal marzo 1399 uomini e donne di ogni età e condizione, coperti di bianche
tuniche e incappucciati, sul capo e sul petto una croce rossa, con i fianchi
cinti da corde, scendono in piazza pregando, flagellandosi e chiedendo perdono
per i peccati.
Si spostano di città in città, di paese in paese, dandosi il cambio
ogni nove giorni.
Scendono dalla pianura padana verso sud attraversano Toscana, Umbria, Abruzzo,
Lazio e raggiungono Roma, dove il movimento si scioglie nell'Anno Santo del
1400.
A
fianco alla Madonna dell'Oliva un affresco con il martirio di S. Lorenzo.
In basso il matrimonio mistico di S.Caterina.