Iniziamo con una domanda di rito... Come ti sei avvicinato all'hardcore?

Attraverso il punk specie quello californiano (Germs, DKs, Negative Trend) e certa new wave (Pere Ubu, Flipper...). Diciamo che non sono tanto io che all'epoca mi sono avvicinato all'hardcore, quanto piuttosto l'hardcore (che allora stava prendendo forma) che avvicinò un bel po' di gente in giro per il mondo. Non solo negli USA, ma anche nelle varie scene internazionali, Italia compresa.

Alle soglie della ristampa della loro discografia, siamo riusciti ad intervistare Stefano Bettini, il cantante degli I Refuse It! Synth e motoseghe campionate, ma su una base tirata e potente costituivano, insieme a una voce originale, ma coinvolgente e a testi stranianti, il marchio caratteristico di questa grande band. Stefano era anche molto attivo nella scena del Gran Ducato HardCore e una persona di ampie vedute, ma determinato nel seguire i propri principi, come noterete leggendo queste righe...

(Se avete delle foto di Stefano e degli I refuse It! più decenti di questa, mandatemele al solito e-mail MickG@libero.it)

Tu avevi un modo molto personale e suggestivo di cantare... E' stato il frutto della tua ricerca o sei stato influenzato da altri generi musicali?

Entrambe le cose. Chiaro che certe cose (Flipper, Meat Puppets, e svariati altri) hanno influito. Ma le mie influenze sono un gran calderone.


Mi avevi detto che gli I Refuse It erano hardcore come attitudine, ma non del tutto nel sound. Qual'era questa attitudine hardcore? Intendevi qualcosa dal punto di vista strettamente musicale o più dal lato del sociale o dell'ideologico?

Intendevo attitudine, modo di vivere, assenza di compromessi con un certo modo di stare al mondo e conseguentemente di fare musica. Intendevo autoproduzione e autogestione piuttosto radicale delle nostre vite. Allora eravamo abbastanza "rigorosi". Ora sono molto meno "ortodosso", ma continuo a non rimpiangere niente dell'atteggiamento di allora.

E' ancora valida adesso oppure l'HC è diventato solo un genere musicale?

Non saprei dire, perché seguo la scena solo indirettamente senza farne più parte attiva.


Il discorso che facevi sull'autoproduzione ha un sacco di vantaggi di libertà di scelta, però ha anche il grosso limite della bassa qualità di registrazione nei dischi e di acustica ai concerti... Questo si ripercuoteva molto su di voi (visto che eravate una delle band con più sperimentazione e che quindi doveva avere un sound molto curato)...

Si senz'altro la qualità avrebbe potuto essere migliore, ma di fatto era una scelta. Il problema non si poneva. Casomai l'intento era fare il meglio possibile con quel che si aveva. Per questo nacquero anche la fanzine Nuove dal Fronte e l'etichetta Belfagor.
Per i concerti poi, io discorso era anche più radicale. Tutto sommato direi anche un po' ghettizzante!

... non pensi che solo l'autoproduzione vi abbia permesso di andare fino in fondo con la vostra sperimentazione?

Boh, non saprei dire, visto che non si è mai posto il problema di un'alternativa in qualche modo limitante…

Nonostante la vostra musica fosse più ricercata, riuscivate lo stesso a coinvolgere il pubblico?

Insomma forse era "ricercata" (anche se non capisco bene se sia una definizione o un mezzo insulto), ma non mancava assolutamente di tiro o di adrenalina. Pochi concerti ma devastanti, chiedi pure a chi c'era.


Hai parlato di "Nuove dal Fronte"... Che cosa ti ha spinto a produrre una tua fanzine? Quanti numeri sono usciti? Pensi che anche all'interno dell'informazione indipendente (come sono le fanze) ci sia bisogno di una "contro-informazione"?

Uscirono due numeri di NdF che poi si trasformò in GDHC. Che dire allora volevamo fare una fanzine che esprimesse quello che il GDHC esprimeva e eravamo intenzionatissimi a farla più tosta possibile. Anche lasciando penetrare cose (come i graffiti o il reggae) che andavano al di là dell'hc.
Ti ripeto, per noi l'hc come attitudine significava libertà mentale e stare fuori da gabbie di pensiero precostituite. Una delle cose che più detestavamo erano i poseur, specie quelli che si vestivano troppo da punk, perché secondo noi erano più modaioli che altro. Io personalmente poi avevo un sacco di contatti in giro per il mondo, specie dopo essere stato in Usa per un po' e aver conosciuto quelli di Maximum R'n'R (che iniziava allora,1982, a pubblicare). Insomma, c'era TVOR e poi subito dopo metterei Ndf. Poi c'erano tante altre zine, ma quelle due erano le più corpose, mi sembra…


Mi sembra che tu avessi un background più intellettuale rispetto ad altri musicisti punk...

Forse sì, ma anche il Bernelli e altri non scherzano. Comunque probabilmente sì.

... non hai mai pensato che il punk fosse troppo ignorante o che l'hardcore troppo "inquadrato"?

La risposta alla prima domanda è no, proprio perché contava l'attitidine, sulla seconda in effetti c'erano tanti dibattiti e io ero fra quelli che lamentava di più l'inquadramento di alcuni. A parte questo c'erano più che altro individui che erano più "ignoranti" o "inquadrati" di altri, come spesso accade.

Come è nata la vostra canzone "Che cosa posso fare di erotico"? Pensi che il punk/hardcore più tradizionale abbia (o avesse) una visione piuttosto bacchettona dell'erotismo?

Insomma c'erano dei soggetti mica poi tanto bacchettoni, alcuni erano in effetti un po' ottusi nell'ortodossia anarchopunx, ma non mi sembra fossero tanti bacchettoni: c'era gente come Jumpy (ora Helena) e altri non da meno di lui... Cmq quel pezzo non è poi così erotico visto che parla di uno che si sente frustrato perchè di sesso ne fa poco e punto. Insomma, un pezzo come Josephine degli IRI oggi mi sembra francamente sessista ma allora non faceva incazzare nessuno eppure dice a una chiaramente di succhiarmelo, però era in un certo contesto. Certo quando i Nabat feecero un pezzo che mi sembra si chiamasse Troia sollevarono un po' di casino...

Vabeh, i cambi di sesso e canzoni come Slut e Bitch comunicano certo violenza e voglia di trasgredire, ma mi sembra che mancasse un certo tipo di erotismo che, non so, negli anni 60 era legato alla musica rock o a produzioni artistiche sottoculturali come i fumetti...

In effetti non c'era erotismo come Barbarella, Phoebe Zeit-Geist o magari anche le artiste della fuga, sulle nostre copertine o sui Ndf, ma molte immagini mostruose. Quel tipo dell'Ohio, Vince mi sembra si chiamasse, mi mandava tutti i suoi disegni e Pushead e tutti quei mostri come anche il logo degli IRI, il monsoc, che alcuni si tatuarono (altro segno dei tempi, penso che in Italia si cominciò proprio dall'hardcore - Beo dei Wardogs fa ancora oggi il tatuatore). Disperazione, angoscia piuttosto che curve sinuose, cattiveria da ributtare come adrenalina in faccia a chi osserva, trasgressione sì ma contro un modus vivendi! E forse anche un tantino di trash come il fumetto erotico italiano... Poi, se ben ti ricordi, venne un gruppo che si chiamava Ifix Tcen Tcen come il divo del pornoromanzo.


Quando è nato il GDHC, come associazione di gruppi e persone? Di chi è stata l'idea?

Non so chi abbia usato il nome per primo, comunque la cosa nacque piuttosto spontaneamente attorno all'84 (se non 83). La prima volta che fu usato "ufficialmente" fu probabilmente la compilation Senza Tregua, che fra l'altro è stata (o sta per essere) ristampata su cd in USA.

Pensavate solo a produrre musica o volevate anche lanciare un messaggio? In genere il GDHC era più ideologico o più nichilista?

Ridagli con queste distinzioni, come faccio a spiegarlo? Vediamo: non ci stava bene la troppa ideologia, ma nemmeno il troppo nichilismo. Per prima cosa l'importante era essere autentici e fare le cose in pratica.


Fra poco ristamperanno la vostra discografia... Ma qual'è il tuo preferito tra tutti i vostri lavori?

Probabilmente il primo tape (poi LP, Permanent Scar) a mezzo coi CCM. Di fatto quello era il suono che avevamo in cantina e dal vivo.


Prima di salutarci, parlaci di che musica fai oggi. Forse i nostri lettori conoscono quella tua canzone "non è un miraggio Roberto Baggio"! Come cerchi di recuperare il tuo "bagaglio hardcore"?

Domanda impegnativa. Per me (come per molti altri del GDHC, pensa solo che nella band che suona con me siamo 3 ex I Refuse It!) il reggae è stata una naturale prosecuzione. Già negli anni ottanta sentivamo molto reggae, specialmente Mikey Dread (che non a caso suonava coi Clash) e gente come Prince Far I o i toaster giamaicani dell'epoca. Per non dire poi dei Bad Brains. A Firenze gran parte della gente del GDHC è andata avanti facendo reggae [oltre me, Daddy Wally e Ludus (i tre ex IRI), anche Marco dei Juggernaut (e della seconda formazione IRI, quella di che cosa posso fare di erotico per intenderci)].
La differenza più sostanziale, secondo me, è che l'hardcore è una musica destinata a un pubblico giovane e comunque un po' chiuso in se stesso, mentre il reggae è più universale e trasversale per età. Anche per chi lo fa, magari più avanti con gli anni ti consente di esprimerti di più, senza però che uno rinneghi in alcun modo quello che ha fatto o tantomeno l'hardcore.
Comunque per sentire la musica che facciamo oggi, puoi scaricare qualcosa da www.ilgenerale.it


Allora, proprio in ultimo, stimoli la mia vena polemica! Tu dici che il nostro genere è dedicato ad un pubblico giovane e questo ci gasa tutti… Ma un affermazione del genere non può essere intesa come che i giovani sono quelli più soggetti alle mode o all'aggregazione in genere e meno attenti alla reale qualità dei prodotti che vengono offerti loro (discorso che per me si adatta bene al successo del punk americano attuale)?
Cioè che anche l'hardcore faccia parte della Grande Truffa del Rock'n'roll?

Il fatto è che da "giovani" (a una certa età, sebbene sia più una questione della vita che fai - ad esempio: essere alle prese con gli esami e avere molto tempo vuoto, piuttosto che la necessità di lavorare, i genitori anziani che stanno male, magari i figli; è una dimensione mentale diversa anche se si può, anzi si deve essere giovani per sempre) si ha più energia, si è più diretti per questo motivo, si predilige il muro contro muro per essenza, poi col tempo vedi le cose in modo diverso anche perché le affronti con un'energia diversa. Non è tanto che si ha, meno quanto che viene incanalata diversamente. Come nelle arti marziali dove all'inizio hai tanta energia giovanile e poca pratica e se vai avanti molto tempo, finisci con avere molta pratica e esperienza ma meno energia.
Vomitare in faccia la merda e riflettere sulla merda per farci nascere un fiore sono però due facce della stessa medaglia.

Altre Interviste - Indice