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Martinique

cap. 5

Warning!!!

 

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Si rannicchiò meglio contro il fusto dell’albero maestro, alla ricerca di una posizione che gli permettesse di mantenere al meglio il calore, nella postazione di vedetta. La notte era fresca e umida e, da quando aveva iniziato il suo turno di guardia, il rumore dei suoi denti che battevano faceva il paio con quello delle vele che frustavano il vento.

Era davvero il colmo quell’incarico. Per come ci vedeva, il raggio d’azione della sua vigilanza notturna era a dir poco insignificante.

Affondò la testa nelle braccia, sulle gambe ripiegate, lasciando che l’aria dell’oceano gli si insinuasse tra il colletto e la nuca, in un brivido.

 

Come hai fatto ad andartene, Oscar?

Come hai trovato la forza di prendere e andar via?

 

Parte del gelo che stava provando veniva da dentro; da quel senso di cupo abbandono e dalla mancanza di lei, da cui si era separato più di un mese prima.

… E se non l’avesse potuta più rivedere?

L’inseguitore non richiesto era diventato quasi cieco. Di giorno riusciva a dimenticare la sua condizione, ma al calar del sole, quando la luce veniva meno, l’evidenza era eclatante. Considerò l’ipotesi sconfortante di essersi anche ammalato, tra i brividi, sentendosi fiacco come mai nella vita, pieno di dolori vecchi e nuovi, logorato dalla loro insistenza.

Strinse i pugni con tanta rabbia da segnarsi con le unghie i palmi induriti dal lavoro.

 

Prima ancora di poter illudermi di meritarti, come potrò proteggerti, messo così male?

 

L’enorme stendardo col giglio reale schioccò più forte nel vento, a breve distanza dalla sua testa, risvegliandolo da quel momento di autocommiserazione. A cosa serviva? Sollevò insieme il viso e l’animo, pronto a sfidare la notte scura e i suoi fantasmi: no, lui non si sarebbe scoraggiato neanche questa volta.

Gli eroi sono dotati di quell’oncia di follia che fa credere loro nella vittoria anche quando tutto sembra perduto, sanno coltivare speranza su campi di macerie. André aveva dalla sua anche questa forza: la certezza che, per lui, l’unica strada percorribile era quella che portava ad Oscar.

Si concentrò sul pensiero di lei, non la lasciò scappare, non l’avrebbe mai fatto. Quante volte con un sorriso e una scrollata di spalle aveva liquidato ragionevoli ipotesi di una vita più facile? Quante volte aveva ricevuto quell’occhiata di pena mista a biasimo, da chi non riusciva a comprendere che era solo inseguendo quel sogno che poteva sentirsi realizzato? Probabilmente questo non l’avrebbe mai capito nessuno. Così come sarebbe stato impossibile spiegare ad altri l’intensità del loro quotidiano assieme, fatto più di silenzi che di parole (forse in questo era stato lui a viziarla; traducendo il linguaggio dei suoi occhi non le aveva mai reso necessario lo sforzo di spiegarsi), ma intessuto di fiducia, di quell’appartenenza reciproca che lui aveva battezzato tanto tempo fa come amore.

Non era nient’altro che amore e Oscar prima o poi sarebbe arrivata alla sua stessa conclusione.

E quando finalmente sarebbe successo, lui si sarebbe trovato al suo fianco.

Per questo non doveva arrendersi.

 

***

 

Aveva provato a dimenticare, ad ignorare la sua assenza.

E invece era rimasto lì; nascosto dietro ogni suo pensiero cosciente, appena più in là di una disattenzione.

La sua ombra.

 

 

Cap. 5

Correspondances

 

 

 

 

 

Ammettere che la mancanza di André costituiva il nucleo inesplorato del suo stato catatonico fu il primo passo di una persona poco avvezza a fare i conti con se stessa.

Una scenografia marina, una divisa diversa; questa era stata la mano di pittura che era riuscita a dare alla sua vita. Una routine nuova in cambio della vecchia.

E di André.

Si rigirò per l’ennesima volta sul letto intatto, seccata come non mai dalla camicia da notte che si ostinava a risalire, lasciandole scoperte le gambe affusolate.

Nella prigione della sua coerenza – detta, per alcuni, cocciutaggine – era rinchiusa una pazza che urlava con voce terribilmente simile alla sua di tornare indietro, anche a nuoto, se necessario, di farlo subito, anche. Provare ad ignorarla era diventato man mano più complicato, fino ad assorbire completamente le sue energie durante il viaggio, trasformandola nella creatura assente che avevano criticato Étienne e Camille, così socievoli, così disponibili… persino troppo. Li avrebbe preferiti meno gentili; più in sintonia con il suo bisogno latente di disapprovarsi.

Sapeva di non essere un tipo facile.

La sua condizione di donna che viveva come un uomo incuriosiva alcuni, divertiva altri, ma soprattutto metteva a disagio. E a lei finora era andato benissimo così, perché c’era André al suo fianco.

Cominciava a rendersi conto che una cosa era l’idea dell’assenza futura, che lei aveva accettato, prima di imbarcarsi; un’altra era continuare a vivere dopo essersi inflitta una simile mutilazione. Tra il dire e il fare c’era di mezzo l’oceano, nel suo caso.

Scacciò un’ondata di angoscia con un profondo sospiro.

Del libro che le aveva “prestato” non aveva letto neppure una pagina. La bugia rassicurante che aveva accompagnato quel dono, con il passare dei giorni si era trasformata in un’offesa ai suoi occhi: il contentino per una bimba che lei era stata troppo tempo fa, a dispetto di quanto lui la trovasse ancora infantile.

Si alzò dal letto e affrontò il romanzo, vagamente stizzita e incerta sul da farsi. Soppesò le pagine; tante, e le sue energie; ben poche. Un librone che neppure gli era piaciuto, invece di un po’ di sentimentalismo e di un addio come si deve. Che si aspettava eccome, da lui, diamine! Ricordava chiaramente di essere stata lei la più emozionata dei due alla partenza, di aver lottato per fermare le lacrime mentre lui non le aveva dispensato che teneri sorrisi. E dopo averla trattata come una infante, il ladro della sua effimera serenità se l’era filata (con una fretta che ne tradiva la colpevolezza) per andare incontro alla sua nuova vita, di cui lei non avrebbe fatto parte.

Come gli aveva detto di fare.

Represse la voglia di scagliare il romanzo nelle onde e si morse le labbra.

Ma come aveva potuto? E lui come aveva fatto ad ascoltarla? Era davvero solo lei da rimproverare per quello che stava provando? Non poteva prendersela qualche colpa anche lui? Una minima responsabilità per la sua sofferenza?

No, sono io la sola artefice di questo disastro. Non avevo capito niente. Non mi abituerò mai alla tua assenza, André.

Rimase immobile; schiantata dal peso specifico della realizzazione e priva del coraggio necessario per approfondirne il senso, come un carillon senza carica, per un tempo indefinito.

Poi, con la lentezza cauta di chi non vuol far increspare la superficie dei pensieri, mise il libro sulle coperte con lei e ne sfidò la mole ed il significato iniziando da dove cominciano tutti: dal principio. Con la segreta intenzione di ritrovare in quelle pagine le tracce del lettore che l’aveva preceduta. E fu leggendo l’introduzione da lui snobbata che le venne il sospetto, poi certezza, andando avanti, della presenza di più di un punto in comune tra loro due ed i protagonisti del romanzo. La bionda e nobile figlia del generale e il giovane borghese piombato nella sua vita, “dotato delle più belle qualità dell’anima, ma inferiore a lei socialmente”, che finiscono con l’innamorarsi…

Aveva pensato anche lui a quella somiglianza?

Oscar, il libro è già abbastanza lungo senza che tu aggiunga assurdità tra le righe, si disse.

Ma all’idea che lui le avesse consegnato il romanzo per suggerirle di osservare il loro più che ventennale rapporto sotto una nuova luce, il cuore prese una rincorsa che le fu difficile ignorare.

André è in Bretagna a dimenticarmi. Non c’è nessuna storia da riscrivere; bisogna che accetti la mia nuova vita, separata dalla sua. Il nuovo inizio che volevo. La libertà per lui. Che mi ha solo dato un libro in più da leggere, tutto qui.

Doveva essere davvero alla frutta per passare il tempo ad immaginare significati reconditi di un gesto come quello, osservò insistendo a divorare pagine.

Molte ore e molti capitoli dopo, la luce nell’aria andava aumentando e Oscar continuava a leggere imperterrita, senza sonno, pur sapendo che se ne sarebbe pentita, lottando con le proteste di questo e di quell’altro arto irrigidito (“Noi ci addormentiamo, perché tu no?” dicevano le gambe, già in crisi per l’inattività dovuta alla traversata).

Era ancora sveglissima mentre il sole sorgeva e l’idea del parallelismo tra lei e André e Julie e Saint-Preux, i protagonisti de “La Nouvelle Héloïse”, tramontava definitivamente: tutta quella retorica, la pomposità con cui i personaggi argomentavano le proprie opinioni, era impossibile da ricollegare a loro due.

Quello descritto nel romanzo non poteva essere chiamato amore: sfoggio di eloquenza, al massimo, avrebbe commentato con lui. Ma poi, chissà. Non era certo un’autorità sull’argomento. A conti fatti si sarebbe detta proprio “l’ultima arrivata” con il suo misero curriculum di una singola sbandata non ricambiata e dimenticabile di cui non rimaneva altro che un vago senso di delusione. Ma se le avessero chiesto un’opinione - eventualità molto improbabile, dato che in ventinove anni nessuno si era mai scomodato ad interrogarla in merito - avrebbe risposto che, tra gli infiniti modi esistenti di volersi bene, per sé, avrebbe scelto un rapporto basato sul rispetto, sulla fiducia, sulla complicità. Tutti valori rinnovabili, da accumulare giorno dopo giorno in una vita insieme. Niente bolle di aulica venerazione. Cose semplici: lui, lei e l’intesa in uno sguardo.

Le venne da pensare di aver evitato l’argomento con André perché, a descriverla, questa utopica relazione, sembrava la loro. Con pochi ovvi aggiustamenti. E lui invece aveva evitato di parlarne, perché? Per non metterla in imbarazzo, perché lei restava una donna e lui un uomo, perché nei lunghi periodi di silenzio lui aveva capito tutto senza che lei aggiungesse spiegazioni sul suo approccio intermittente e tormentato al tema dell’amore veicolato da conti svedesi erranti. 

Lei di lui conosceva la visione politica, la grafia, la maestria nel controllo della rabbia, il suo russare. Le venne in mente un elenco lunghissimo, intimo e prezioso, che la riscaldò; ma si rese conto che dell’aspetto sentimentale della vita di André non le erano arrivate che sparute confidenze anni prima, e anche queste indirettamente, a cui non aveva dato peso. Nel viaggio che aveva preceduto quello attuale si erano riavvicinati tanto e, ne era sicura, avrebbero affrontato anche questo argomento, se ne avessero avuto il tempo.

Ma il loro tempo era finito: l’avevano usato tutto.

No. No. NO.

Si lasciò schiacciare dalla morsa del dolore. Rimase solo la percezione del suo corpo: i bozzi del materasso sottile contro la schiena; la trama ruvida della trapunta sotto le dita; il sapore di pianto trattenuto per troppo tempo tra la lingua e il palato.

Serrò le palpebre per continuare a non esistere e liberò la prigioniera.

“Ma tu la senti la mia mancanza?” chiese, rauca, allo spazio vuoto che André avrebbe occupato; l’orbita mai cambiata prima, del sistema che aveva lei come sole e lui unico pianeta.

La camera non rispose.

 

 

***

 

Come poteva immaginare che avrebbe avuto di nuovo, a trent’anni, la paura del buio?

Gli si fermava sempre il respiro, quando, nei primi istanti di veglia, restava sospeso nella

coltre di tenebra che vedeva lui solo, nel caos mattutino del ponte affollato, mentre attorno a lui l’equipaggio si alzava e metteva via le amache.

Anche oggi, André stava fingendo di continuare a dormire, per prendere tempo, lasciar uscire gli altri, far finta che il problema fosse la pigrizia, non la cecità.

Quanto avrebbe voluto vederla. Sentire la sua voce. Pronunciò il suo nome in un sussurro, come una preghiera, come se la sua mancanza ingombrante e solida potesse fargli da sostegno in quell’oscurità innaturale. E stava aspettando, sognando letteralmente ad occhi aperti lei e la luce, confondendole, quando sentì ad un passo di distanza la voce di Alain, intrisa di preoccupazione.

“André, che hai??? André? Ci vedi, André???”

… E adesso?

In un soffio angosciato Alain gli afferrò le spalle e tornò a chiedergli: “Mi vedi?”

La malattia fa paura anche agli uomini grandi e grossi, pensò André; sembrava così spaventata quella voce, che in questo momento Alain avrebbe creduto anche alla più traballante delle bugie. Ma era arrivato il momento di fidarsi, e André gli negò una rassicurante finzione domandando a sua volta: “Sei solo?”

L’altro gli lasciò libere le spalle, impietrito dall’impatto con quella realtà. Simulò una calma che non possedeva, mentre provava a farsi inquadrare dall’occhio verde che lo attraversava senza vederlo: “… Non c’è nessuno nelle immediate vicinanze. Ma tu da quanto tempo sei in queste condizioni?” gli chiese inghiottendo un groppo di panico.

“Da mesi. Non sono completamente cieco; però il mio occhio fa molta fatica a funzionare in determinate situazioni: appena sveglio e quando mi sposto da un ambiente illuminato ad uno più buio sono i momenti peggiori.” Cominciava a rischiararsi, per fortuna. Stavolta era durato proprio tanto. “Ecco, adesso riesco a distinguerti. Ciao, Alain.” Gli sorrise, mettendolo a fuoco. Poi continuò: “Perché quella faccia preoccupata?”

L’altro lo fissò, in bilico tra lo sconsolato e l’incredulità.

“Tu devi essere completamente pazzo. Arruolarti… in questo stato…. Il medico di bordo ti ha visitato?”

“No. E non deve.” Netto. “E’ fondamentale che resti un segreto.”

Ma quante cosa ancora non gli aveva detto, questo qui?

“E se poi ci fosse una terapia, qualcosa…”

“Appena sbarcheremo cercherò un dottore che non sia dell’esercito. Te lo prometto. Ma tu promettimi di tenere la bocca chiusa.” Gli intimò, rimettendosi in piedi come se nulla fosse.

Risultò che la fiducia non poteva essere riposta in luogo migliore che sulle larghe spalle di Alain. Nei giorni seguenti non chiese, non indagò; fece solo in modo di esserci sempre e fu un aiuto prezioso in più di un’occasione.

André di amici non ne aveva mai avuti.

E non perché non ne desiderasse, anzi; però una persona come Alain, con cui c’era stata un’intesa immediata, ancora non l’aveva incontrata. Succede, talvolta, che, senza dirsi granché, due anime affini si avvicinino e si appoggino l’una a l’altra senza aspettarsi nulla in cambio che non sia la reciproca lealtà. E’ raro, ma accade. (1)

Col tempo, gli avrebbe parlato anche di Oscar. Una confessione per volta. Per ora, il suo stato di salute in decadenza era già abbastanza impegnativo da condividere: ai capricci dell’occhio si andavano aggiungendo sintomi vari e fluttuanti, alcuni in linea con quelli del resto dell’equipaggio; altri, come la riacutizzazione del dolore della cicatrice sull’occhio sinistro, un privilegio a lui solo riservato. Si sentiva debole, spossato. Da più di un mese ormai non beveva che grog, il dolciastro miscuglio di acqua e rum, che cominciava a nauseare già dal secondo giorno. Il cibo solido non era più invitante delle bevande, e le conserve, salatissime, aggravavano la sete costante, in un circolo vizioso di pasti deprimenti e ripetitivi oltre che malsani. Eppure le giornate trascorrevano nell’attesa della distribuzione del rancio. Era l’unico momento in cui venivano rispettati gli ordini nello stato anarchico della Destin, e neppure questo era merito del comandante Dagoût.

Sulla nave tutti facevano solo il minimo indispensabile, e André sfruttava questa libertà – limitata, negli spazi – dormendo tanto; sonnecchiava anche in piedi, conservava le energie come un felino. E pensava a lei.

Le distanze sono fatte per osservare meglio; i passi indietro per ammirare un quadro nella sua interezza. Ma anche a leghe di mare di lontananza, André non riusciva a capire dove si nascondessero i confini del sentimento che lo portava a lei.

Forse, semplicemente, non sono mai esistiti.

 

pubblicazione sul sito Little Corner ottobre 2012

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

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