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Martinique

cap. 12

Warning!!!

 

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Aggrappata all’uscio dell’infermeria, lo osservò immobile, con la gola serrata dall’emozione.

Cercò la calma e la forza di agire nel movimento lento e regolare del costato scarno del convalescente disteso sulla branda frugale, sincronizzò il respiro con quello dell’uomo nella penombra, provò a non fare altro rumore, stringendo lo stipite della porta che aveva pensato di varcare, forse, prima di sentirsi paralizzata. Ancora una volta colpevole.

L’investì l’orribile déjà vu di quella fasciatura ingombrante sugli occhi, da cui spuntava uno scorcio di viso affilato e smagrito, quasi perduto nel manto della barba e dei capelli incolti.

Bendato, malato e sfinito; eppure vivo. Vivo!

In quella stanzetta umida e semibuia, stringendo i denti fino a provare dolore per non lasciarsi andare al pianto, Oscar giurò a se stessa di non permettere mai più ad André di rischiare la propria vita per lei o per chiunque altro. Lo avrebbe protetto con tutte le sue forze da quella dannata vocazione al martirio e dall’incoscienza che l’aveva condotto fin lì.

 

Furono forse i sensi allenati, un sospiro più rumoroso della sua ospite, o il caso a svegliarlo. André puntò il braccio libero nel letto e con forza inaspettata si sollevò a sedere in un solo movimento. E si rivolse alla porta.

 

“Chi c’è?”

“Io.”

 

cap. 12

Il polso della situazione

 

Quando infine erano giunti sulla Destin, il sole era già basso e sbucava in fasci di luce taglienti dalle nuvole rapide ad ovest.

Dopo un’accoglienza insperatamente trionfale e un breve discorso di incoraggiamento per l’equipaggio, Étienne aveva annunciato la dura sentenza del primo sopralluogo dei carpentieri: sette giorni di riparazioni, almeno. Il suo pubblico aveva cominciato istantaneamente a sobbollire.

La conferma di non poter abbandonare la nave in rada nella baia di Saint Antoine per un’altra settimana, anche se per motivi sacrosanti, gettò in uno stato di sconforto quasi puerile i naviganti esasperati. L’isola verdissima, le coste scintillanti di pioggia lambite dalla curva gentile di un timido arcobaleno, il tutto a poche migliaia di piedi… sembrava la canonica beffa da sommare al danno.

Giovani e meno giovani bubbolarono imprecazioni a testa bassa, dando vita ad un unico brontolio ostile che riuscì a sovrastare la voce dell’ammiraglio. “In fin dei conti la stanno prendendo bene” sussurrò sollevato il dottore ad Oscar, che non aveva ascoltato una sola parola né ne aveva proferite, e Camille poteva bene indovinarne il motivo. “Mi aspettavo molto di peggio… La vispa Teresa ha fatto la spesa; centocinquanta la gallina canta; ambarabà ciccì coccò.”

“Eh?”

“Buongiorno, Oscar. E’ bello riavervi con noi.”

 

“MARMAGLIA SENZA SPINA DORSALE!” esplose Étienne a pochi passi da loro, riconquistando il silenzio. “Questa nave rappresenta la patria a cui avete giurato fedeltà arruolandovi, è il vostro pezzo di Francia da difendere, razza di pusillanimi! E non permetterò che marcisca sul fondo dell’oceano, o peggio, cada in mani nemiche perché degli smidollati come voi hanno voglia di andare a passeggio!” sottolineò la sua indignazione colpendo con il pugno un enorme ammasso di tele da vela in attesa di un rammendo.

Quando io ero allievo ufficiale… pensò, censurandosi, perché la sola idea di una simile dichiarazione gli procurava nuove rughe. C’era troppo da fare, troppo da organizzare quanto prima per sprecar tempo con simili digressioni. “Se collaboreremo…” continuò…

 

Camille afferrò il braccio di Oscar appena in tempo. “Dove pensate di andare? Non è questo il momento di allontanarsi.”

La donna si liberò velocemente e per tutta risposta affidò all’amico il proprio cappello, un ingombrante tricorno.

“Devo vederlo con i miei occhi. Tornerò subito.”

“Ma non capite che la situazione è delicata? Stasera vi accompagnerò in infermeria a trovarlo, adesso il nostro posto è qui, non… Oscar!”

 

Si ripromise di sgridarsi più tardi, mentre sfuggiva alla calca e si immergeva nelle profondità svuotate della nave sconosciuta. I segni provocati dalla tempesta continuavano anche ai ponti inferiori ma lei non poteva accorgersi di nulla, precipitandosi furiosamente verso la sua meta. Saltò quasi del tutto la prima rampa di scalette, urtò qualcosa con la spada che rovinò a terra in un fragore di latte sbattute a cui lei non fece caso. Le venne il dubbio che l’infermeria potesse trovarsi in un punto diverso rispetto alla Mistral, ma la logica suggeriva comunque di cominciare a cercare dal fondo e proseguì la sua discesa nel buio dell’ultimo livello, dove percorrendo gli ultimi gradini impattò con la stessa malagrazia della corsa in uno scontro frontale con un ostacolo umano, che arrestò quella che avrebbe potuto essere la caduta del secolo. Il malcapitato, ben saldo, non sembrava aver accusato granché il colpo che la faccia di Oscar lamentava, sbattuta contro un punto impreciso tra il petto dell’uomo e il collo taurino ornato da un fazzoletto rosso.

 

“Ti sembra questo il modo di scendere le scale, ragazzino?”

Indugiò un istante di troppo con le mani sulla schiena della valanga bionda, in un moto istintivo di protezione che non comprese sul momento. Il mingherlino in uniforme, un allievo ufficiale della Mistral con tutta probabilità, portò una mano al naso a controllare fosse ancora intero, rimettendosi in equilibrio nella penombra delle scale anguste.

“Tutto bene, mi sembra” constatò Alain, afferrando perentorio il mento liscio del suo giovane assalitore, ma in quei pochi secondi di contatto che l’altro gli concesse prima di provare a superarlo senza cerimonie, arrivò a diverse conclusioni di cui la più elementare era quella di trovarsi di fronte a una donna. Una donna che aveva fretta.

Le chiuse ancora la strada occupando il passaggio con la sua non trascurabile massa e un sorriso beffardo. La faccenda lo incuriosiva assai.

“Fammi passare.” disse lei, con voce abituata al comando.

“Da dove vengo io, dopo essere finiti addosso a qualcuno si domanda scusa e, nel caso, si ringrazia per l’aiuto ricevuto a non sfracellarsi.”

“Da dove vengo io già da un bel po’ è stata chiamata un’adunata sul ponte di coperta e tu non dovresti trovarti qui.” Il suo interlocutore sembrò apprezzare la risposta a tono, ma non si scompose. “E porta rispetto ad un tuo superiore!” intimò spazientita.

“Sta riposando, non alzerei così la voce.”

La sorpresa e il sollievo che vide nascere sul viso della donna lo convinsero di aver fatto centro. Senza perdere il sorriso sornione, le offrì il passo e un saluto militare, per poi dirigersi verso la superficie ancor prima che lei si fosse mossa. 

Un tenue chiarore filtrava soltanto dai graticci e dalle scale; riflessi rinchiusi e velati di pulviscolo,  luce di mare freddo e di pioggia a cui gli occhi impiegarono un po’ ad abituarsi.

Nonostante le assi scricchiolanti, misurò i passi fino all’infermeria per non produrre alcun suono, dimentica della fretta e del caos che l’attendeva più su. Lasciò che il legno dello stipite sostenesse il suo peso e la sua mente stremata dall’angoscia di quei giorni.

Accettò il suo onnipresente senso di colpa. Promise a se stessa di difenderlo da ogni ulteriore sofferenza. E impreparata lo vide svegliarsi, con il cuore che le martellava nel petto.

 

“Chi c’è?”

“Io.”

Rimasero entrambi in ascolto per qualche istante, come storditi dalle proprie parole.

L’uomo si ravviò i capelli un po’ intimidito, col gesto di guardarsi attorno, pur non potendo davvero. Schiarì la voce in quella che poteva sembrare una risatina.

“Sapevi già che ero qui?”

“Ho letto il tuo nome sulla lista degli arruolati.”

“E sai anche…” passò con la mano ad indicare se stesso, il bendaggio alla spalla e quello sulla testa.

“Sì. Camille mi ha scritto tutto.”

“Camille?”

“Il dottor D’Orsay” si corresse Oscar.

André non disse nulla.

Lei mosse due passi incerti verso la branda. L’altro sistemò meglio le gambe, come a volerle lasciare lo spazio per accomodarsi lì; ma l’invito non venne colto. Un profumo di lenzuola fresche di bucato confermava che il paziente stava ricevendo cure premurose, ma Oscar, perfezionista, pensò che nei giorni seguenti avrebbe saputo fare anche di meglio.

Era scortese non interrompere quel silenzio, adesso che lui poteva solo immaginare ciò che lo riempiva. Eppure non trovava le parole. Titubante, allungò la mano in una carezza per sistemargli i capelli appiattiti dal cuscino e dalle bende. Lui seguì quel contatto con un movimento gentile del capo, cercando le sue dita come un gatto che fa le fusa. Le sorrise.

“Possibile che tu debba sempre fare l’eroe, André?” buttò lì lei allontanandosi, in preda ad un furioso attacco di imbarazzo.

“Dai risultati devo dedurre che il ruolo non mi si addice” rispose lui poco convinto, risistemandosi affaticato nel giaciglio. “Oscar, dimmi, che sta succedendo di sopra? Negli ultimi giorni, da qui, non ho potuto farmi un’idea precisa della situazione, ma la tensione dell’equipaggio è alta, questo lo so. Adesso sento le loro voci arrabbiate… e la confusione non fa che aumentare; sono preoccupato.”

“Non devi, è tutto sotto controllo.” La finezza dell’udito dell’altro era sorprendente, lei non riusciva affatto a distinguere il mare dalle voci umane che lui percepiva. “Stanno discutendo per organizzare i lavori dei prossimi giorni, tutto qui.” lo rassicurò.

“Adesso torno su a vedere come procede, volevo solo salutarti.”

“Aspetta!”

“…”

“Stai attenta.”

“Certo.” Rispose lei con dolcezza. “Tornerò appena posso.”

 

***

 

“Oh, eccolo, dunque!”

Étienne la indicò, annunciandola a gran voce appena la vide sul ponte, senza darle il tempo di realizzare che la stavano aspettando. “Il vostro comandante: Oscar François De Jarjayes.”. Il cipiglio severo dell’ammiraglio prometteva rimproveri per non averla trovata quando e dove avrebbe dovuto.

La folla già ostile si aprì per lasciarle percorrere i pochi passi che la separavano dal cassero. Il nobile comandante che si faceva attendere. E non era finita.

Una voce senza volto gridò vigliaccamente dal mucchio: “MA E’ UNA DONNA!” e venne subito imitato.

La notizia percorse di bocca in bocca il branco in un copione già visto di insulti e commenti salaci. La rabbia repressa degli uomini si mascherò da indignazione all’idea di dover prendere ordini da una donna; lo spunto perfetto per la rivolta che covavano sin dall’inizio. L’ordine era perduto.

 

***

 

Lo trovò in piedi, traballante, che provava ad orientarsi con l’uso delle mani.

“Che cosa diamine pensi di fare, André?” afferrò le spalle dell’amico e lo costrinse nuovamente sul letto.

“Io… devo…”

“Non perdiamo tempo! Dimmelo: è lei?”

“Alain, vedi, anche se è…”

“Rispondimi! E’ LEI O NON E’ LEI???”

“Proteggila per me. Ti prego.”

 

Pubblicazione del sito Little corner novembre 2013

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