Mio
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Solo dieci lettere, per dire ciò per cui non trovavo parole. Sono bastate solo dieci lettere.
E se avessi il coraggio di dirlo a te, guardandoti negli occhi, ne servirebbero anche meno. La metà. Ti amo.
Sorrido, perché il medico ha detto che è andata bene, che sei forte, che ti riprenderai. E rivedrò il tuo sguardo e quelle tue espressioni che su un altro volto non so cogliere (*).
Ti guardo mentre riposi, adesso. Ti guardo il livido attorno agli occhi, il labbro che quegli animali ti hanno spaccato.
Che bel viso hai. Non posso vederlo così sciupato.
Sei bello. L'ho sempre saputo, ma non mi sono mai resa conto in questo modo. Eppure, ammetto, non ho mai dimenticato, quel giorno, nei giardini di Versailles, le sciocche dame al nostro passaggio commentare, tra risatine volgari, "Non piacerebbe anche a voi che M.lle Oscar vi permettesse una cavalcata col suo attendente?".
Allora ho scambiato la mia rabbia per insofferenza, della frivolezza viziosa, e per cameratismo, verso di te, che non meritavi d'essere oggetto di tali commenti; io sapevo che eri ben più che bello (e pure lo eri), eri intelligente, leale, forte, coraggioso. Eri il mio amico.
Ma, se lo rispecchio nei miei occhi aperti di oggi, c'era già allora un altro riflesso nel mio sguardo che le ha fulminate.
Era gelosia. Embrionale, inconscia. Il mio istinto sapeva già che eri mio.
Mi intenerisce ricordarti ragazzino, ora che ritrovo un segno fanciullesco, nel tuo aspetto di uomo, osservando il collo che la tua camicia allentata mi lascia intravedere, nella curva verso la nuca, che oggi coprono i tuoi capelli. (**)
Ripenso ancora a quegli anni... ricordi quando mi vegliasti dopo la caduta da cavallo per salvare la regina? Io sentivo che mi chiamavi con una voce così triste... e al risveglio incontrai i tuoi occhi lucidi, come due astri nel buio, e mi colpì vedere illuminarsi di gioia il tuo viso così segnato dall'ansia, tanto che mi facesti ridere.
Mi senti anche tu?
E' strano parlare con te in silenzio, con questi pensieri così forti che temo tu possa udirne l'eco. Ho in gola l'urgenza di dirteli, eppure avrei paura che tu mi scoprissi adesso. E adesso sento che siamo così vicini da toccarci dentro. Mi sento nuda a vederti così fragile e accorgermi che la mia serenità dipende dalla tua.
Io ho bisogno di te. Non per altro, ma perché ti amo. Tu mi manchi, non perché sia tutto, ma perché sei in me. Se tu non ci fossi, certo vivrei, ma dovrei convincermene.
Ma ho bisogno del momento giusto per dirtelo, non adesso. Non voglio che tu pensi che mi sento in colpa, come quando successe del Cavaliere Nero - una fitta: anche nel tuo pallore so perfettamente distinguere quella cicatrice.
Non ti amo perché mi senta in colpa a non farlo. Non è qualcosa che ti concedo. Sei tu che te lo sei preso, il mio cuore, in silenzio, in tutti questi anni. Oggi, quando ho temuto di non sentire più il tuo battito, ho sentito fermarsi anche il mio.
Se il tuo cuore cesserà di battere, io smetterò di respirare. Adesso che sono qui a trattenere il respiro per sentire il tuo, lo capisco.
Se una colpa sento, è di non aver ascoltato prima.
E aver pensato di poterne fare a meno.
E non aver pensato che cosa significasse fare a meno di te. Adesso, ho idea di che cosa significhi. E ne ho paura.
Ma tu?
Se tu adesso però pensassi di poter fare a meno di me?
Sei ancora lo stesso che mi sentiva sua? Posso pretendere di non aver cambiato nulla in te, col mio mutismo, la mia sordità, la mia cecità? Posso pretendere che esista qualcosa di più forte dell'orgoglio, dell'amor proprio? Pretendere che tu sia stato più forte?
Il tuo amore per me, dopo quanto ti ho ferito?
Eppure quanto è forte la tua dignità..... tu, a costo di soffrire, non mi vuoi a tutti i costi. Mi vuoi libera.
Anche quella volta... pensasti a me prima che a te stesso.... ascoltasti me prima di quello che volevano i tuoi sensi... perché più niente per te aveva senso se non lo volevo io.
Tu non mi hai mai voluto diversa. Ami quella che sono, come sono veramente. Perciò mi ami veramente.
E io sento che non ho veramente amato prima di te.
Prima di te... Mi pare impossibile che ci sia stato qualcosa nel mio cuore. Qualcuno. E Hans? Quel sentimento che per lui mi ha trafitto, come un dardo? Non c'è più traccia, sai? Come di una stella all'alba. Hans nel mio cuore è passato, ma senza mai raggiungerlo. L'ho capito, sai? Tu invece ci sei, lì dentro. Il sole nel mio cielo. Senza di te, la notte senza fine. Come una morte. E nessuna luce, per i miei occhi. L'ho visto, prima. Hans era lì, a prendersi cura di me, e io vedevo solo che non c'eri tu. E non mi importava di esserci, allora.
Mi rendo conto guardandoti che se l'amore è anche quel bacio, quel desiderio che tu mi hai dimostrato quel giorno, io per Fersen non l'ho mai provato. Per Girodel non lo proverei mai. Per te sì, anche adesso. Anche adesso che ti guardo. Ti guardo così. Sorprendendomi ad ammettere questo significato nel vederti bello. I tuoi lineamenti regolari, di kouros, la tua figura atletica, elegante. Pure questo è amore, e forse non lo sapevo (***). Non prima di te.
Un movimento nel sonno ti strappa un gemito, mi fa male sentirti soffrire.
In questo sei mio: che sei una parte di me come se il mio corpo proseguisse nel tuo. Sei mio perché ti appartengo. Pare assurdo, ed è semplicemente così.
Ti voglio con me. Non è solo che ti voglio bene... ti voglio addosso. Te e nessun altro.
Azzardo una carezza, mentre sei incosciente.
Non voglio farti male. La mia mano che ti sfiora la tempia è leggera come l'ombra sul sole (****). Il calore della tua pelle sul mio palmo mi arriva al cuore.
Non ho il coraggio di ripeterla. Se ti svegliassi in questo momento, che cosa potrei dirti? Non ho il coraggio di dirti quello che provo. Non ho il coraggio di ammettere la possibilità che per te non sia più così.
Ti sfioro la mano che giace abbandonata lungo il tuo fianco, sopra il lenzuolo. Vorrei che tu stringessi la mia, per fugare questa paura.
La paura di perderti.
Perché sarebbe una condanna adesso avere il mio amore da darti, e non avere più te. Ma non posso farmi sconti, sarebbe una pena che ho meritato io. Sarebbe perfino giusto.
Non voglio farti male. Mai più.
Tu non me ne hai mai fatto. Io non ho la tua capacità di custodirmi come un angelo. Tu invece hai sempre saputo trovare una spiegazione ragionevole e convincente con cui mascherare il tuo desiderio di proteggermi. Anche da me stessa. Col duca di Germaine, col Cavaliere Nero.
Fino all'ultima, al Comando: "Non esisti solo tu", mi hai detto.
Forse non lo intendevi, ma (ancora una volta) mi costringevi ad accorgermi di te.
O forse avevo già iniziato ad accorgermi che eri ben più di quanto io pensassi. Non solo André. Tu sei un uomo, che vive, pensa, soffre, ride, ama. E sei tutto questo per me. Il mio uomo. Sei il mio uomo.
Il mio Andrè.
Silvia Signorini, novembre
pubblicazione sul sito Little Corner novembre 2011
Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore
(*) ispirato da un verso di "Un'altra come te" di Eros Ramazzotti
(**) omaggio al Principe Andrej di Tolstoj in "Guerra e Pace", vol.2, Parte Terza, cap. XXXI, i.f., precisamente nella trad. di Erme Cadei, ed. Mondadori, 1941, rist. Oscar Biblioteca 1979, pag.437. Non nascondo che il Principe Andrej è stato il mio primo amore.
(***) omaggio a "Stranamore" di Roberto Vecchioni: "Forse non lo sai ma pure questo è amore"
(****) omaggio a Ivano Fossati: "Se vuoi sentimento io ho sentimento/e carne per la carne/ e tempo per il tempo/ho la mano leggera come l'ombra/che dà un ultima pettinata alla vita", da "La scala dei santi"
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