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13 juillet - Tutto questo futuro

 

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Il tempo cancella le intenzioni del cuore...

forse questo rimane per la gente come noi:

stare vicini, pensare più piano, capirsi con gli occhi e non perdersi.

Amore, mia speranza con gli occhi sinceri,

io non ho voluto perderti mai.

Eppure mi piace tutto questo futuro

e anche il tempo sprecato che non vedo già più.

Io e te, in mezzo al mondo,

siamo un pugno di fiori. Ora

passa la notte e, come senti, non piove più. (Ivano Fossati)

 

La serenità. Così leggera da essere indescrivibile, a meno di rubare la chiarezza dell'alba in un giorno di sole finalmente conquistato. O il silenzio dell'aria in una giornata di buon tempo. La serenità, come un abbraccio.

Oscar aprì gli occhi mentre anche il cielo mostrava la prima luce. Percepì immediatamente il contatto della sua pelle con quella, calda e morbida, di André sotto di lei. La sua guancia gli posava sul petto, di cui poteva sentire il leggero movimento nel respiro. Sollevò leggermente il capo per osservarlo: si era assopito, le ciglia scure e lunghe gli orlavano le palpebre chiuse. Oscar rimase un attimo ad ammirarlo in quell'abbandono sereno.

Era lui. Il suo corpo - Mai aveva pensato che potesse essere tanto bello, tanto suo.

Che voleva sentire tutto suo - Mai aveva pensato che così, semplicemente, tra le sue braccia potessero incarnarsi la tenerezza e la protezione di cui l'aveva sempre circondata: sincere, nude, forti, come lo stelo di una rosa, che perciò fioriva.

Se fossi davvero una rosa, adesso vorrei disfarmi in petali sopra di te, si scoprì pensare.

Gli sfiorò il bottone scuro del capezzolo, le piaceva quella carezza sotto il palmo della mano. Non smetterei più di accarezzarti, sorrise tra sé; e pensare che da sempre sono solita trattenermi nel mostrare le mie emozioni, specialmente con i gesti.

E invece, gesti di tenerezza ne aveva compiuti, quella notte, a cominciare da quando gli aveva tolto la camicia bianca e lo aveva sentito tremare mentre, timidamente, lo toccava, scoprendolo quasi indifeso coi capelli che gli cadevano sulle spalle;

si era lasciata spogliare piano anche lei, rassicurata d'aver colto nelle sue mani la stessa emozione che era la propria; la stessa trepidazione che era sua (1);

erano stati l'una dell'altro, completamente, quella notte. Era la prima volta per entrambi:  sapevano benissimo che cosa sarebbe accaduto, ma, come, lo conobbero insieme, ciò che erano l'uno per l'altra, in quel recesso del Bois divenuto un angolo terrestre di Eden (2). Una donna, un uomo. Si erano scoperti insieme, dopo essersi a lungo cercati. 

Come ho fatto, quasi si stupiva Oscar, pensando, a non capire di amarti prima...

Si lasciò ancora godere del calore di lui, passandogli la mano sul braccio che la cingeva e spostando le gambe attorno alle sue, così che i loro fianchi si toccassero. Benché non intendesse svegliarlo, desiderava essergli stretta di più, per rinnovare l'intensità con cui l'aveva sentito dentro di lei, e che continuava a sentire anche disgiunti da quell'amplesso.

Il mio paradiso oggi, prima, forse, dell'inferno, si disse Oscar scorgendo lontanare in linea d'aria i tetti di Parigi, tuttavia per il momento ancora cerulei. Per un attimo tornò una sottile inquietudine. Non aveva certo messo da parte i propri nervi saldi. Ma le divise potevano restare ancora qualche ora per terra. Si distolse da loro, decisa a non privarsi di un solo attimo di quella sua pace. Qualcosa tutto suo. Lei e André. Come sempre, e come mai prima.

Ti voglio bene, gli mormorò pensando, vorrei che tu sapessi quanto... potesse Dio darmi domani tutti i giorni in cui tu mi hai amato, per  contenerci tutto l'amore che voglio donarti, per aver cura di te.

La storia farà scempio di uomini e parole

gli uomini non saranno più frasi d'amore

ma nel continuo disperarci che c'è in noi

io so per sempre che tu ci sei (3)

L'aria si appoggiava su di loro con i colori leggeri del primissimo mattino. Oscar ascoltò il bosco dintorno svegliarsi, nel profumo di quel giorno d'estate. Le lucciole erano svanite nel lucore dell'aurora, ma il prato brillava di bruma. Poco lontano il fiume scorreva lento come una voce che passa cantando:

Dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. (4)

Oscar, improvvisamente triste, lasciò che il suono dell'acqua le passasse addosso, come il lavacro di quel pensiero opprimente che le restava nella gola contemplando quella bellezza che la circondava - loro insieme, e attorno schiudersi un giorno nuovo.

Perché il destino ci priva di questo...? Tra breve tu non potrai più vederlo, e neanche io...

Davvero il prezzo dell'infinita felicità provata è il dolore, il dolore lancinante di questo pensiero, André...

Istintivamente, come per ricevere conforto, Oscar appoggiò la fronte su di lui, gli baciò il petto cercando i battiti del suo cuore. Amore mio, pensò, quanto è bello sentirti esistere... tu che mi lasci vivere, non far sì che la mia mente si perda nell'angoscia, aiutami a proteggerti dal male che ho dentro per  vivere il tempo che arriva con te... (5)

Io con te sento di vivere... io voglio vivere, amore mio, con te...

André si mosse appena, si stava destando: Oscar incrociò il suo sorriso dolcissimo, luminoso della gioia di ritrovarla vera; e arrossì leggermente, quasi colpevole di averlo svegliato muovendoglisi addosso. Lui la vide bellissima.

- Non dormi? 

- No - rispose lei piano, sorridendogli - ascoltavo te... ma ora mi metto buona - scherzò - ti lascio dormire ancora un poco, e mi riaddormento anche io. E' presto, ancora. - Gli passò la mano sulla guancia, infilando  le dita tra i suoi capelli.

La mano di lui salì dalla vita, dove la aveva tenuta poggiata, a cercarle la nuca, sfiorandola teneramente. Stette un attimo in silenzio, come dietro un suo pensiero, poi la fissò negli occhi e le disse, dolce ma serio:

- Oscar, io ci sono... - pausa - ... Ci sono.

Lei sentì le lacrime salirle dal cuore alle ciglia, commossa da quanto sentiva di amarlo in quel momento. Davvero, pensò tra sé, i tuoi occhi sono lo specchio dell'anima, André. Quello sguardo verde, profondo, che quasi non aveva più lume, eppure vedeva in ogni oscurità del suo animo, la mise allo scoperto.  Tu hai capito, si disse, hai capito. Ma non gli disse questo, bensì:

- Lo so... perché me lo dici così?

- Perché tu non pensi di dovermi tacere alcuna cosa. - Le fece un mezzo sorriso, come solo lui riusciva, e continuò, prima che Oscar replicasse: - Tu non stai bene, Oscar. Me ne sono accorto, che non stai bene, che sei stanca, che stai sopportando un peso enorme, da sola. Oscar, essere forti, come tu sei e sei sempre stata, non significa dover rinunciare a un aiuto... e io ti amo, lo sai: farei tutto per te. Lasciami la possibilità di farlo...

Oscar si strinse a lui, affondando il viso nell'incavo della sua spalla, mormorandogli: - Dimmi che starò sempre con te... che non finirà mai... che domani saremo ancora insieme...

Andrè la abbracciò più forte, baciandola sulla fronte e poi sul viso, piano, fino alle labbra, dove il bacio divenne più intenso, rispondendo alla richiesta di lei; stettero quindi in silenzio, nello stesso sguardo, trovandosi l'un l'altra, abbandonando per quei lunghi istanti ogni domanda.

Fu Oscar infine a parlare:

- E' vero, André. Io non sto bene... e non ti ho detto tutto. Non è per il peso del comando o per la fatica e la tensione di questi giorni... io...

André, nonostante l'ansia gli stesse tagliando il respiro, non insisteva, se non a guardarla con tutta la tenerezza che stava provando; le accarezzava i capelli, pregando in cuor suo che non avesse paura di confidargli tutto.

- ... Io ho la tisi, André.

Un dolore sordo, come un colpo allo stomaco, lo raggelò. Si sentì mancare il sangue nelle vene.  Un pensiero come una frustata. No, Dio, non può essere questo, non lei, toglimi la vista ma non lei che è la mia vita. La guardò come se la dovesse vedere per l'ultima volta, i grandi occhi azzurri, le lunghe ciocche bionde scarmigliate sul viso, ovale e delicato, la pelle d'angelo.  La mia Oscar, la mia Oscar... come sei bella, amore mio. Ti amo così tanto... non è possibile che non possa fare niente per te, non è possibile.

Si rese conto che lei stava sperando una sua reazione, lesse nel suo sguardo quasi un senso di colpa per avergli confessato quel peso. Rimaneva in silenzio, gli sfiorava la spalla con la punta delle dita, e aspettava.

- Oscar... - la strinse a sé, come a volerle trasmettere tutta la sua forza, tutto il suo desiderio di non perderla, ricacciando in gola e negli occhi le lacrime che lo pungevano.

- Perdonami, André...

- Che dici... nulla devo perdonarti. Va tutto bene... Andrà tutto bene.

- Io non volevo tenertelo nascosto... ma non volevo che tu provassi pena per me, non potrei sopportarlo.

- Oscar... quello che provo per te - ribatté André con un sorriso - non è certo compassione, non ti pare?

Sorrise di nuovo anche lei, consapevole ma felice di sentirselo ripetere. - Sì, è vero... è quello che provo anche io per te... Ti amo tanto. E non avrei voluto.... - abbassò le ciglia, poi tornò a guardarlo, gli occhi lucidi - ...non avrei voluto dirtelo adesso, proprio la nostra prima volta, adesso che era tutto così bello.....

La interruppe, deciso: - E', tutto così bello, Oscar: "è".

André la abbracciò di nuovo e se la tenne stretta, coprendole con piccoli baci il collo mentre affondava il viso nei suoi capelli biondi, sui quali lasciò scivolare una lacrima, che lei non vedesse.  Non posso accettarlo, non è possibile, deve esserci un rimedio, pensò con una rabbia pari almeno a quanto la  amava, mentre la sentiva abbandonarsi sul suo corpo affidandoglisi teneramente, lasciandosi tenere nel suo respiro. Ebbe quasi timore di farle male, ma doveva chiederglielo:

- Il medico... L'hai visto? Oscar, che cosa ti ha detto?

Gli rispose piano, semplicemente, come era lei, diretta e sincera: - Se mi metto a riposo assoluto... se lascio l'esercito... ho ancora qualche speranza di guarire...

Quindi, pensò André, non tutto è perduto!

- Oscar, tu devi curarti, allora, devi seguire le prescrizioni del medico! Non puoi rinunciare a farlo. Nessun'altra cosa può essere più importante! Che senso ha lottare per un domani migliore, se abbandoni la speranza di viverlo?  Che significa adempiere ai tuoi doveri se abdichi a te stessa? Tu sei importante, sei più importante di tutto... e non lo dico perché ti amo quanto, o forse più, della mia vita... Dio sa come questo sia vero, ma lo dico per te, Oscar, per quello che sei... Io ti amo, è vero, e nessuno più di me, ma da questo devi capire quanto tu debba farlo per te... devi volerti bene anche tu,  te lo meriti, Oscar! E comunque... - inghiottì un singulto avvertendo la voce che gli si rompeva - fallo per me, per noi. Non posso perderti... non così, non senza lottare. Hai sempre lottato, Oscar, per essere così come sei... non arrenderti proprio quando si tratta di vivere. Proprio adesso che sai di non essere sola. Che ci amiamo. Fallo per me, Oscar. Non voglio perderti!

L'aveva scostata da sé tenendola per le spalle, per guardarla dentro gli occhi, e non aveva smesso di guardarla per un istante mentre le parole gli scorrevano accorate, e le sue dita la stringevano senza lasciarla.

Oscar aveva davanti quel bel viso, a lei caro più di ogni altra cosa al mondo, tanto da poter neanche per un attimo pensare di doverlo abbandonare, e soffrì per il tormento dimostrato dalla sua espressione;

rammentò il dolore che pochi giorni prima aveva incrinato, in modo del tutto inatteso, la voce del colonnello D'Agoût, che a sua insaputa aveva vissuto la stessa angoscia. In quella frase ("Mia moglie è morta di tisi...") aveva intuito una perdita incolmabile e un'inconsolabile impotenza. Rifiutava l'idea che  un'identica disperazione dovesse devastare il suo André, eppure sapeva bene che non ci sarebbe stata alternativa. Glielo leggeva negli occhi spalancati nei suoi, prima ancora che nel tono della voce. Lui non si sarebbe mai perdonato la propria inanità, benché assolutamente incolpevole. Poteva esserne certa, tanto quanto era certa che la amava, e in quale misura.

No, André, non posso dire di amarti, tanto quanto ti amo, se ti lascio solo e lascio che tu debba sopportare il peso di non aver potuto far niente per me, di non essere stato abbastanza... senza tentare ciò che unicamente io posso tentare.

Lo guardò ancora, provò il desiderio infinito di saperlo felice e di voler essere la ragione della sua felicità, per ricambiare la felicità che lui le donava amandola a tal punto.

- Non è tardi, Oscar.... - insistette lui, con ferma dolcezza.

André credeva veramente a quello che le stava dicendo; non era un modo per consolarla,un palliativo, ovvero pietà cristiana per un essere umano che non si sconfortasse, né affetto che rifiutasse di accettare l'inevitabile. André le stava parlando con la forza dell'amore, perché l'amore le desse ancora più forze. Lui aveva uno scopo, il loro futuro, e con lui vicino Oscar sentiva che il futuro era vicino, e poteva essere anche suo.

Questo futuro, pensò lei... non quel futuro indeterminato, ma "questo", che è vicino a noi che parliamo, che nasce ora con te... con te che mi parli qui del nostro amore, ora e domani...

Come potrei non darti ascolto, rifletteva rispecchiando il suo viso, a te che hai sempre pensato a me prima che a tutto, te compreso? Già, forse, il nostro amore non basterà per vincere... ma hai ragione, deve bastarmi per lottare, per cercare di non morire.

Fu lei allora a trarlo a sé, tenendo stretta la sua testa sul seno, e chinando il volto a sussurrargli, con la sua voce più tenera, volendo rassicurarlo come, immaginava, avesse fatto sua madre quando era fanciullo:

- Neanche io voglio perderti...

Queste sole parole disse, mentre lui soffocò un singhiozzo nel suo nome - Oscar... - e poi risollevò il viso verso di lei, incurante della lacrima che non era riuscito più a frenare, ascoltando quella dolcezza. Ed era quasi un sollievo, perché aveva inteso quelle sole parole come una promessa; che, tuttavia, pretese espressamente, sollevandosi sul fianco e prendendole le mani nelle sue, fissandola di nuovo nelle iridi chiare come fiordalisi (6):

- Promettimi che ti curerai. Esattamente come ha prescritto il medico. Da oggi stesso. Promettimelo, ti scongiuro.

Oscar ricambiò i suoi occhi, senza esitazione - i suoi occhi verdi come l'erba in cui i fiordalisi si perdono - e stringendole intrecciò le mani alle sue:

- Lo farò. Te lo giuro. Ma... - il volto di lui si scurì, senza però interromperla - lo farò da domani. Non posso abbandonare i miei uomini d'improvviso, senza una spiegazione. E in questo giorno. Sai che non lo farei mai.

- No - sorrise André a malincuore - non lo faresti e non lo farai. Né te lo chiederò. Mi basta che, dopo oggi, dopo l'intervento a Parigi, tu lo faccia davvero. Che dal 14 luglio tu lasci il comando e pensi alla tua salute.

- Te lo prometto. Farò tutto quello che devo fare...

- ... Per te.

- Sì... e per te. - gli asciugò la lacrima con una carezza e gli sorrise. Poi si stese sulla schiena e gli disse: - Vieni...

André si chinò sopra di lei, a baciarla, sentendo ancora il desiderio crescere sempre più intimo, come lei gli chiedeva facendo altrettanto; le scese lungo la gola, fino al seno, mentre sentiva le dita leggere di lei muoversi tra i suoi capelli e sulla schiena. Ascoltava i suoi sospiri farsi più profondi nel baciarle i capezzoli, toccava la sua pelle sempre più calda sotto le dita, che scivolavano lungo i fianchi snelli, carezzando ancora, come qualcosa di meraviglioso, quel corpo che sussultava sotto il suo. Eppure, frenava il proprio slancio quasi temendo di affaticarla: la pensava così fragile, adesso, come una rosa aperta tra le mani, da trattare con infinita cura. Nonostante che, pochissime ore prima, si fossero presi senza requie, dandosi tutta la passione che scoprivano nel donarsi.

Oscar si accorse della sua esitazione, nella diversa delicatezza con cui era sfiorata, e intuendone immediatamente il motivo cercò i suoi occhi: - André... per favore... dimentica quello che ti ho detto... non pensarci adesso, ti prego... non voglio sentirmi malata, voglio sentirmi viva... tu mi fai vivere, fammi sentire viva...

La sua frase era un respiro, il suo seno palpitava offrendosi a lui. André si lasciò andare al suo abbraccio, senza più trattenere la sua voglia di lei. E' vero, era viva, era meravigliosamente viva, nella carne che si univa alla sua, nel battito sempre più intenso del cuore all'unisono con il suo, nelle parole che gli sussurrava sospirandogli: - Ti amo...

La sentiva vivere, vivere una dimensione nuova della splendida donna che era sempre stata, nel vivere finalmente il loro amore... e voleva che anche lei si sentisse vivere, così pienamente. Anche attraverso di lui. Io sono la tua ombra, Oscar, il tuo riflesso. Guardati vivere, Oscar, ascoltati vivere, senti quanto sei viva, sentilo in quanto fai vivere me... Prenditi tutta la mia vita, per rafforzare la tua... Fa' che possa bastare la mia vita, perché tu viva... Sentiti viva, e non rinunciarci... sarà sempre così finché tu vivrai, amore mio... Finché vivrò, io voglio vivere per te, con te, in te... non lasciarmi....

- Sei... sei preziosa - le mormorò soltanto.

Le posò il capo sul petto; Oscar lasciò che si riprendesse il respiro, passandogli lenta le mani tra i capelli che gli cadevano scomposti sul volto e sulla linea agile del collo. Rimase anche lei a occhi chiusi indovinando col tatto i suoi lineamenti, piano come fai tu, pensò sentendoselo dentro al cuore. Come farebbe il vento, continuò tra sé; l'aria che respiri. Tu sei il mio respiro, André. E lo sarai fino all'ultimo.

Lo guardò intensamente, bello com'era, tenendolo tra le dita lievi.

André le rivolse lo stesso sguardo immenso che Oscar gli ricordava negli occhi pieni di sole quando, da ragazzo, guardava al suo fianco le onde in Normandia, volto a raccogliere tutto l'orizzonte possibile:

- Ti amo, Oscar... ti amerò per sempre. Come ti ho sempre amato.

Lei era il suo orizzonte, il domani veniva di conseguenza. E il domani era la sua promessa.

Tutto questo futuro.

 

Silvia Signorini 17/11 - 29/12/2011

 

Tema a parte, avevo già deciso di chiamarlo "13 luglio", per omaggio al "12" di Laura che è uno dei miei racconti preferiti. Mi sono "scritta" questo mio racconto tante volte, ma ho pensato di scriverlo veramente dopo aver letto "12", come proseguendolo. Poi, mentre lo scrivevo (c'è voluto oltre un mese), è uscito l'album di Ivano Fossati Decadancing, in cui è contenuto un brano che sembrava fatto apposta (come sempre, LOL); e quindi premessa - ed eccolo anteposto al testo - e conclusione. Titolo del brano e sottotitolo-chiave del racconto.

1 - Quest'immagine la devo a un ricordo mio privato ma, ancor prima, alla scena (in cella) tra Fabrizio e Clelia in "La Certosa di Parma" di Mauro Bolognini (dove lui era lo splendido Andrea Occhipinti - mamma quanto mi piaceva, considerando che erano pure gli anni di André e Oscar, lui mi pareva fatto apposta, LOL).

2 - Condivido ^_- l'identificazione del boschetto con il Bois de Boulogne, e anche la maggior verosimiglianza "storica" dell'ambientazione dell'anime, piuttosto che del manga, per la notte d'amore (cfr. E. Liberati in Lady Oscar, speciale Collana Manga Classic n. 14, Lo Vecchio, 2003).

3 - Da Canzoni e Cicogne di R. Vecchioni.

4 - Orazio, Carminum, I, 11, 8 (Parliamo, e intanto fugge l’astioso tempo. Afferra l’attimo, credi al domani quanto meno puoi. - trad. L. Canali).

5 - Pensiero su echi, voluti, di alcune mie canzoni preferite, di Mia Martini e Ivano Fossati.

6 - Omaggio alla descrizione di Oscar di M. Migliavacca nel Romanzo: "I suoi grandi, limpidi occhi d'un particolare punto d'azzurro fiordaliso" (ed. Gruppo Editoriale Fabbri, Milano, 1992, p.10).

 

pubblicazione sul sito Little Corner ottobre 2012

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

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