At my own Risk

part 3

 

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André è la certezza di un passato vissuto in ogni momento, fatto di gesti e parole, di complicità, di indifferenza e di pensieri inespressi e per questo preziosi nella loro segretezza.

 

Sul suo viso trova le risposte di certe domande che, per una neofita dell’amore, appaiono troppo esplicite e dirette.

 

Arrossisce un po’, consapevole del fatto che lui è totalmente, pienamente, beatamente addormentato, e che non può accorgersi dei suoi occhi attenti su di lui.

 

Chiude gli occhi e abbandona una guancia sul capo di André, ne aspira l’odore dei capelli e si sente invadere da una pace infinita.

Lui continua a dormire ed è sereno: deve essere perché ha raggiunto la maturità dei propri sentimenti e, a quel punto, si rende conto che il merito è anche suo.

Non può negare di avergli alleggerito – anche se di poco - il dubbio di non essere ricambiato, e si domanda in qualità di cosa quello scemo di André pensa di essere corrisposto.

Visualizza il volto di lui e sorride, pensando che, rispetto a lei, in quella circostanza, André è davvero un ingenuo.

 

Riapre gli occhi, i contorni svolazzanti di una nuvola lambiscono la superficie pallida della luna; Oscar si sofferma a guardarla e le sembra una faccia pacata e ferma che segue distante le sue mosse.

Di nuovo i suoi occhi cercano altrove qualcosa da ricordare e, tra i rami mossi dalla leggera brezza, scorge un mare di stelle brillanti e capricciose che si lasciano ammirare solo nel profondo blu della notte.

 

Ancora la notte, ampia e profonda, le regala un senso di tranquillità che, in tutto quel silenzio avvolto nel morbido torpore della natura, le fa desiderare di rimanere lì, in quel posto appartato, a godersi il respiro caldo e regolare di André che soffia lievemente sulla sua spalla destra.

 

Confessa di sentirsi ben disposta al romanticismo…

 

Sarà perché con lui non c’è pericolo di trascendere in certe smancerie, piuttosto, i loro parametri di romanticismo si aggirano sul tormentarsi a vicenda, fino a complicarsi l’esistenza per poi  farne una questione di vita o di morte.

E’ proprio questo che la fa stare bene, lo ammette con un pizzico di orgoglio e, sbirciando in direzione dell’oggetto delle sue elucubrazioni, conferma pienamente quella piacevole constatazione.

Le ultime settimane sono state davvero pesanti, ha dovuto tirare fuori il peggio di sé per apparire più fredda di quanto non sia e, allora, è venuta fuori la sua rabbia, quella che le ha permesso di andare avanti e non crollare di fronte alle domande degli altri.

Primo fra tutti quell’impiccione scassacazzi di Alain: però ammette che è davvero un caro amico e che si fa in quattro per cercare di aiutarli un poco.

 

In alcuni momenti si è accorta della sua presenza alle spalle quando l’ha colta  a guardare in direzione della finestra, nella speranza che André arrivasse da un momento all’altro:

“Il solito viziaccio di André…” la guardava tra lo sfottente e il ricattatorio “… se ne va senza dire dove  e noi, qui, ad avvelenarci il sangue!” Ammesso ci sia qualcosa per cui ricattarla, lui lo sa che lei vuole bene ad André, ma come si permette di prenderla per il culo così!?

Era rimasta in silenzio senza sapere da dove cominciare: se prenderlo per la collottola e fare a cazzotti oppure ascoltare le sue prediche.

“Lo sapete che c’è una che sta appiccicata a André come un’etichetta alla bottiglia, vero?”

 

Il mondo che crolla addosso ha un peso assurdo e fa male da morire, ammette Oscar tra sé, e sente le gambe tremare appena immagina André che sorride a un’altra.

 

Che si fotta!

 

Oscar ha tirato fuori la sua vena poetica; non passa giorno senza che non abbia composto una frase farcita da qualche aggettivo poco femminile appena si ritrova a fare considerazioni sul suo caro amico deficiente…

 

Alain è quasi tentato di tirarsi un pizzico, stenta a crederci che ancora Oscar non gli abbia recitato il verso: “fattiicazzituoi, Alain!” abbinato al suo sguardo terribilmente provocante quanto temibile…

Che donna! Medita ancora una volta Alain.

Le sorprese decisamente gli sono sempre piaciute - al contrario della coppia di amici cretini che frequenta da qualche tempo - e deglutisce quando Oscar si siede sul bordo della scrivania, le braccia incrociate sotto il seno, ed un sorriso triste che lo invita a dettagliare la confidenza fatta poco prima.

“Davanti a un buon bicchiere si parla meglio, che ne dite?” Alain si sofferma un attimo a riflettere se quelle saranno le sue ultime parole prima di lasciare il mondo terreno…

“La locanda di Antoine è tranquilla a quest’ora…” risponde quasi subito lei, mentre fa il giro della scrivania. Chiude una cartelletta straripante di fogli, sistema il calamaio “…Ti raggiungo fra un minuto sulla piazza d’armi, Alain” ha sollevato appena lo sguardo su di lui con un accenno di sorriso. Alain, adesso sa che anche gli uomini possono volare!

 

La locanda è quasi vuota, scelgono il tavolo vicino la vetrata che si affaccia sulla strada. Alain toglie il berretto e ravviva un po’ i capelli, dà un’occhiata intorno alla sala osservando con aria distratta gli altri avventori, poi intercetta l’oste e con un cenno della mano richiama la sua attenzione.

“Cosa vi porto?”  dice l’uomo fissando Oscar con una certa insistenza.

“Una bottiglia di Borgogna… va bene Comandante?” risponde Alain mentre fissa l’uomo e prega per lui che sia strabico…

“Sì, perfetto” Oscar dà risposta distogliendo lo sguardo dalla strada, un po’ ansiosa. Chissà, spera che lui sia nei paraggi?

L’oste esita un po’, incerto se attendere altre ordinazioni, più che altro, non riesce a fare a meno di ammirare quell’ufficiale, carino, molto carino. Alain lo toglie dall’imbarazzo dicendo che l’ordinazione va bene così per il momento, poi, con un sorriso furbo torna a guardare Oscar che, adesso, tamburella le dita sul tavolo fingendo noncuranza.

“Da quanto suonate il pianoforte?”

“Fin da bambina… ma preferisco il violino”. Ha uno sguardo dolcissimo.

“E, lui… lo preferite a tutti gli altri che vi ronzano intorno?” schietto come sempre Alain.

“Altrimenti non sarei qui…” lo guarda dritto negli occhi e Alain sente il cuore fare le capriole.

 

Ma tu guarda se quello stronzo di André mi doveva giocare ‘sto scherzetto… ma, insomma, io non ti garantisco che non riuscirò a corteggiare la tua donna, sappilo, coglione!

 

“Eh, già…”

Oscar guarda di nuovo verso la strada, perde un respiro mentre sorride. Qualcosa di André nella mente è l’unica spiegazione a quel dischiudersi imbarazzato delle labbra, al rossore accennato sul viso solitamente diafano e compatto.

 

Errata corrige: Alain, qui il coglione sei solo tu!

 

“Tu la conosci?”

“Chi?”

“L’ Etichetta…”

Alain scoppia a ridere.

“Un paio di volte li ho visti insieme… schifo di coppia: lei è troppo bassa per lui!” Alain la butta sul comico perché sa di aver fatto una cazzata, grossa. Oramai c’è dentro e quella è l’unica strada che conosce per smuovere un poco Oscar.

“Perché, camminavano sotto braccio?” Oscar tenta di reggere il tono di Alain, ma pensa che durerà poco quel gioco.

“Lui camminava, lei si arrampicava al suo braccio…”

“Alain!”

“E’ la verità!” Oscar ride, eppure lui sa che vorrebbe urlare e rompergli la faccia. Rischia, non può fare altro.

“Lui?”

“Rotto di cazzo ma sorridente… che voi sappiate, gli è venuta una paresi ultimamente?”

“…..”

 

So io dove dovrebbe venirgli una paresi… deficiente!

 

“Comunque, a lui non interessa, ma…” Alain si blocca di colpo, non può usare il suo linguaggio da caserma per dire certe cose, di cui, tra l’altro, non ha certezza. Beve poco per volta, studia l’espressione di Oscar e capisce che deve assolutamente togliere quel ‘ma’ e parlare chiaro con lei.

“… ma André non può darle ciò che lei desidera. Niente, non può darle niente…”

“Allora perché la vede?” Oscar è un poco alterata, non ha toccato il suo bicchiere, è totalmente lucida, perciò pericolosa.

“Credo dobbiate concentrarvi sul perché sia lei a volere lui…”

“E’ fin troppo chiaro…”

“Buon per voi, perché, io, mica l’ho capito!”

Oscar gli sorride e abbassa la guardia. Ha deciso che per una volta deve fidarsi di qualcuno che non sia André, qualcuno che la faccia sentire importante mentre mette a nudo certe verità, perché sa che con lui non ha mai avuto il coraggio di parlare di quelle cose. Sarebbe stato come tradirlo, eppure si era sempre chiesta perché poteva parlare di tutto con lui meno che di certe sensazioni. André non poteva definirsi il suo migliore amico, dunque? Che cos’era stato per lei? Tutto, meno che un amico cui confidare i pensieri più intimi, le sensazioni di  momenti passati pensare a qualcuno che avrebbe voluto amare, i brividi e il calore di uno sguardo mai messo a fuoco per uno che le aveva confessato di preferirla nei panni di uomo.

 

L’angoscia provata durante il corteggiamento di Girodelle, quella sì, gliel’aveva confessata, eppure sapeva che André aveva letto oltre i puntini di sospensione lasciati da lei, che André ne aveva compreso il motivo, ma perché adesso lui si allontanava?

 

“Comandante?” Alain è stranamente serio, adesso ha un’espressione composta sul viso; quello sguardo  non è rassicurante.

“Sì?” Oscar solleva il viso, raccoglie la mani e le poggia con timidezza sul grembo.

“Io rischio l’amicizia di André, ma voi siete la persona che lui ama ed è giusto che sappiate una cosa” Alain si ricompone sulla sedia, porta le mani sulle ginocchia, mentre si flette un poco in avanti verso il viso di Oscar.

“Che… che cosa, Alain?” ormai il cuore non ne vuole sapere di avere un ritmo regolare. Oscar si morde il labbro inferiore e stringe per un secondo gli occhi.

“André… ha perso quasi del tutto la vista… io gli ho giurato di non dire nulla, ma…” un altro ‘ma’ che stavolta sta bene nella frase.

“…..”

… non te l’aspettavi proprio… Oscar… non barare con te stessa: il groppo alla gola è assolutamente normale…

Molto femminile ma normale. Meglio ammetterlo e parlare in modo ragionevole, anche con le lacrime agli occhi, io ti ammirerò sempre, Oscar, anche se spesso mi domando perché sei tanto crudele con lui, perché non hai il coraggio di guardare in faccia la realtà... e’ solo perché tu sei aristocratica mentre lui non lo è? No, non credo sia questo. Tu hai paura di fargli male, ma se continui così lo ucciderai, Oscar e, a quel punto, non servirà a niente piangere, credimi.

 

“Scusa, scusami Alain, ma io…”

 

E’ terribile vederla piangere.

 

“E di che cosa? Oscar, voi potete farlo ragionare: vi prego, fate qualcosa, per tutti e due.”

 

 

Una reazione istintiva e lo stringe maggiormente però non è obnubilata dalla paura mentre gli accarezza i capelli con le labbra.

Se André non si fosse interessato a lei e lei se ne fosse fregata di lui, avrebbero trascorso la vita sbattendosi tra la noia e la rabbia, cercando il colpevole del loro destino.

In quel momento, certo, se lui fosse sveglio, non resisterebbe all’impulso di dire che gli vuole bene, però resiste, perché il fatto che lui sia lì, addormentato e tranquillo, le fa capire che le vuole bene e che sta bene così.

 

Sarebbe fin troppo semplice lasciarsi andare, fare scivolare le dita e le mani nei luoghi della pelle di lui che immagina sensibili.

 

E così, bacio dopo bacio, comincerei ad ingoiare i ricordi, perché il sapore dei primi baci non lo potrei più dimenticare.

 

Conoscersi è il momento più bello, è il momento in cui non ti fai più domande, abbassi appena di poco la guardia e lasci che sia l’altro a scervellarsi.

Avere davanti una persona che conosci da una vita e scoprire quanto sia fantastica è un’esperienza che ti pone, al mondo e a te stessa, in maniera differente. Non ti domandi se è sempre stato così o sei tu diversa e non te ne rendi conto, solo, vivi il momento e senti che la tua vita è cambiata.

E sei felice perché sei sempre tu e l’altro non è diverso, ma puoi dire che non sei così sbagliata.

 

La propria immutabilità le dà un senso di soffocamento, anche se le mani e gli occhi si muovono per fatti loro, in una libertà di gesti e di volontà sconosciuti. Si sente sdoppiata, l’accetterebbe pure questa ipotesi se non fosse per il fatto che lei, all’anima, davvero non ci crede.

 

Certe volte ha sentito il desiderio di fingersi pazza solo per poter allontanare tutto e tutti, forse, non proprio tutti visto che il suo folle piano prevede la presenza di André, complice di tale misfatto.

I matti possono permettersi di fare ciò che vogliono, senza sperare di ottenere l’approvazione di nessuno: agiscono solo per se stessi, mossi da un impulso di sopravvivenza o, per meglio dire, istinto di conservazione. L’autolesionismo allora?

Perché, nel suo lucido piano di follia non ha escluso André?

Chi più di lui potrebbe distoglierla dal mettere in atto tale scelleratezza?

Stranamente, durante la giornata è stata bene, nessun colpo di tosse né linee di febbre: le è bastato un giorno in piena forma per scacciare da sé la paura di essere ammalata?

Sulla distanza ammette che non vorrebbe mai più sentirsi stracciata come nei giorni in cui è stata male: ha sempre goduto di ottima salute quando, invece, desiderava di poter morire.

Adesso la sua salute è compromessa, adesso che, al contrario, desidera vivere.

 

E’ un gesto d’amore nascondere a lui quella che potrebbe essere la sua malattia oppure un gesto di stupidità estrema?

 

Opta per la seconda ipotesi, giacché sa che anche lui le sta nascondendo il suo problema; è bello sapere che sono due cretini, magari potrebbero scambiarsi consigli su come perfezionarsi sotto questo aspetto…

 

E’ stato accettare di amarlo a farla riflettere sull’enorme cazzata che stava compiendo rifiutandosi di consultare il medico, allo stesso modo, l’atteggiamento di André e la sua ostinazione a non volere ammettere che la vista naviga in acque oscure l’ha spinta ad assumere un atteggiamento “eroico” rispetto al proprio problema di salute, ma sa di essere una totale deficiente.

Spera di sperimentare la fase: morire d’amore?

Per favore!

E’ stato troppo doloroso stare lontana da lui: tutti quei mesi senza dirsi una parola, senza guardarsi in faccia…

Quando hanno litigato quella volta, aveva in mente di lasciarlo già da un po’… Ma non stavano mica assieme! Perché pensa e dice di aver desiderato di “lasciarlo”?

 

Non so se fu per guadagnare tempo quella mattina, ma prima di partire mi fermai sotto la sua finestra.

Era chiusa, forse era rimasto in piedi tutta la notte e, allora, pensai che stava ancora dormendo.

Ero nascosta dietro l’albero quando vidi spalancarsi la persiane e una figura senza la camicia poggiava per un momento le mani sul davanzale.

Perché aveva detto di amarmi? In mezzo alle cose che erano successe due sere prima tra di noi, quella era la realtà che mi feriva di più; non m’importava nemmeno che mi avesse baciato contro la mia volontà, ma dirmi ‘ti amo’ no, non riuscivo a sopportarlo.

Rimasi immobile a guardare la scena.

Non aveva nulla di particolare, solo che faceva parte di un pezzo della sua vita che non conoscevo, di un’abitudine naturale. L’avevo pensato anche un preciso giorno di qualche anno prima…

 

Era il giorno del suo trentesimo compleanno e lui, almeno da un paio di mesi, aveva cominciato a prenderla male… André depresso mi faceva ridere e allo stesso tempo mi suscitava tenerezza.

“Quando avrai la mia età capirai…” le aveva detto la mattina del suo compleanno, mentre tornavano da una cavalcata.

Tenevano le briglie dei cavalli tra le mani, mentre camminavano a piedi a passo lento. Erano vicini, quasi si sfioravano. Un paio di volte le loro braccia si erano toccate appena: lui non ci aveva fatto caso, lei era trasalita, tutte e due le volte.

Mah… eppure non mi sento suscettibile come al solito… aveva meditato Oscar, sentendosi colpevole tutte le volte che cercava di analizzare certe reazioni personali rispetto a lui che, invece, sembrava tranquillo come sempre.

“Ma dai, la butti sul tragico” gli aveva risposto divertita da quell’improvvisa serietà.

“La linea d’ombra…” aveva replicato lui con la testa voltata dalla parte opposta a guardare il paesaggio.

“Cosa?”

“Si chiama così…” era tornato a guardarla e stava sorridendo, malinconico “… il passaggio ai trent’anni. Linea d’ombra.”

Oscar aveva improvvisamente messo da parte la propria vena comica, sentiva che sarebbe stato utile starlo ad ascoltare.

il mio pozzo di saggezza, non proprio tascabile, ma sempre presente…

“Cosa temi di trovare?”

“Quando hai vent’ anni, pensi raramente al futuro… cazzo, hai vent’anni,  cosa ti può succedere di brutto?…” André era partito con uno suo raro – o, meglio, unico- momento di sfogo e Oscar si domandava se avrebbe saputo consolarlo in qualche modo. E, cosa più strana, non sapeva nemmeno perché, ma avrebbe desiderato essere capace di dire qualcosa di bello.

“… poi, un giorno, ti rendi conto di essere diverso, insoddisfatto, sotto certi aspetti, della tua vita e ti accorgi di aver consumato la tua giovinezza come una candela che brucia da tutti e due i lati…”

“…..” che cosa avrebbe potuto rispondergli Oscar, mentre sentiva che il suo cuore perdeva un battito?

Rimase in silenzio, di tanto in tanto lo guardava con la coda dell’occhio, era certa di non avere visto mai André così inquieto.

Aveva paura, quell’espressione distante era un presagio triste. André immediatamente si era reso conto di aver turbato Oscar con quei discorsi, più che altro aveva perfettamente intuito cosa lei avrebbe potuto pensare. Per un momento la guardò, gli occhi bassi e i capelli che si muovevano al ritmo della sua andatura, le parve bellissima, più del solito, e dovette farsi violenza piuttosto che dirle “guarda che il senso della mia vita sei tu, e trascorrerei altri trent’anni a questo modo se tu restassi vicino a me.

Oscar aveva sollevato appena il viso su di lui, mentre i suoi occhi gli dicevano la stessa cosa. Sorrisero entrambi, un poco imbarazzati anche se nessuno dei due ne capiva la ragione allora…

 

La sera di quel compleanno speciale, l’aveva letteralmente rapito dalle scuderie e si erano diretti sulla torre.

Sulle ultime scale gli aveva messo le mani sugli occhi “Non sbirciare!” aveva detto ridendo, mentre cercava di non inciampare tra i piedi di André, e non le importava nulla se il seno premeva, forse un po’ troppo, contro la sua schiena, ma quella sera si sentiva così vicina a lui che quasi le sembrava di impazzire… è perché gli voglio bene, e per lui sono solo Oscar, la sua rompipalle preferita… non c’è niente di male se lo stringo un po’, solo un pochino… e mi fido di lui… e lo conosco troppo bene per non capire che in me vede sempre Oscar, ed io mi sento al sicuro perché non lo sopporterei se mi guardasse in maniera diversa… André è il mio rifugio, lui terrà sempre la porta aperta per me, anche quando si sposerà…

“… e avrai dei figli” Oscar, il vento tra i capelli, non aveva controllato i pensieri. André aveva posato le mani sulle sue staccandosele dal viso. Un buon simulatore, non faceva una grinza.

“Devo fare gli scongiuri?” aveva subito bloccato l’espressione imbarazzata di lei che non sapeva dove guardare.

“Guarda che i figli non sono mica una malattia!” la prontezza di spirito di Oscar faceva faville.

“Eh, ma io non ci sono portato…” le braccia incrociate sul petto mentre si poggiava al muro con fare meditabondo.

“Tu sei un portatore sano!”

“Anche tu, mi sembra…” ecco, ci era riuscito! Oscar temette di vedere uscire del fumo dalle proprie orecchie, mentre si chinava a scoprire una cesta estraendone una bottiglia di vino e due bicchieri.

“Toh, bevi, nonnetto!” aveva rimediato alla meno peggio.

“Cin cin!”

“Aspetta!” quasi aveva urlato, mentre André boccheggiava, sorpreso dal suo tono.

“Che c’è?!” borbottò André.

“Non fare il tragico… Buon compleanno!!!” la sua abilità a cambiare registro l’aveva spiazzato come al solito, André si domandava se un giorno sarebbe stato capace di rimanere indifferente di fronte a lei.

“Grazie Oscar…” sei unica! Pensò, ma non lo disse.

 

Guardavo ancora la scena, sembrava tutto normale, come quel giorno di due anni prima, invece…

Sentii l’impulso di correre per le scale e andare da lui per salutarlo, prima della partenza, ma immediatamente quel pensiero dissennato fu schiacciato dalla ragione che ricordava cosa lui mi aveva detto…

Volevo punirlo con l’indifferenza, perché so bene che è l’unico atteggiamento che stende André.

Sì, lo uccide nello spirito e lo rende meno spontaneo.

Sapevo anche che non avrei mai potuto ammettere così facilmente di averlo perdonato, in fondo gliel’avevo anche detto, però continuavo a sentire il desiderio di fargliela pagare.

Forse, se gliel’avessi rinfacciato, mi sarei sentita meglio e non avrei provato il bisogno di punire quella sua, non so fino a che punto, logica, naturale, sincerità.

Ho dubitato di lui, l’ho odiato anche se l’ho tranquillizzato del contrario, perché non sarei stata capace di cogliere il risultato della mia vendetta sul suo volto, nel suo sguardo freddo, sulle labbra increspate da quel suo solito sorriso sottile.

Non sono mai stata capace di sopportare quel sorriso rivolto a me.

Tu mi ami, diamine se so che mi ami, ma ci divide la nostra interpretazione della vita: io aspetto la fine, invece tu la temi…

Al contrario tuo, mi aspetto che quest’amore finisca e, allora, per me varrebbe la pena morire piuttosto che aggiungerti alle presenze che hanno contornato la mia esistenza.

So che se ti raccontassi questi miei pensieri, mi guarderesti con la tua aria volutamente distratta, quella che tiri fuori per le occasioni speciali, e diresti che il mio solito vizio è quello di giungere a conclusioni affrettate, perché non amo i confronti e, peggio ancora, non sopporterei di sentirmi dire che il risultato di tali elucubrazioni è solo un mucchio di stronzate…

Allora cominceremmo a litigare e, prima o poi, quando non ne potessi più della mia pignoleria, diresti “… lasciamo stare!” ed io starei male, male da morire.

 

 

Infialarsi i guanti, procedere a passo spedito, riparare non di più gli occhi, chiudendoli,  appena i raggi di sole le hanno attraversato le pupille, allora, fa parte di un piano premeditato?

Lasciare scivolare con studiata lentezza le briglie tra le dita lunghe ma decise, montare a cavallo e fissarlo negli occhi per dirgli che è stato assolto dalla colpa, cos’è, la conclusione di un atteggiamento prestabilito, ha temuto di dover ammettere André, prima di lasciarla partire per la Normandia.

 

Gli incubi non mollano nemmeno quando hai la certezza di poter dire che, sì, hai superato la prova.

Cosa sarebbe l’inquietudine se non ci fosse l’uomo con la sua colpa ad alimentarla?

 

Il formicolio lungo il braccio l’ha svegliato. Mette a fuoco le immagini, lentamente, ha notato che al buio vede meglio e quella qualità felina gli torna utile appena si rende conto che sul suo braccio c’è Oscar, addormentata, mentre stringe tra le dita una ciocca dei suoi capelli. Si muove lentamente, per non svegliarla. Si stiracchia un po’ e cerca di concentrarsi su altro mentre ignora certi appelli disperati del suo organismo… Si spoglia, poco distante da lei, riparato da un albero. Si immerge nell’acqua fresca e sente che il corpo riacquista la giusta temperatura e, cosa primaria, il cervello ha ripreso a funzionare bene, secondo la propria media.

Nuota.

Nuotare lo fa sentire bene, scarica tutte le energie mal impiegate e non pensa a niente, nemmeno a lei.

Solo lui e l’acqua leggera del fiume illuminata dal bagliore della luna. Ha tracciato dei punti di riferimento per non perdersi lungo il corso d’acqua, si sente come un animale, ha tirato fuori sensi che non sapeva potessero appartenergli, vive d’istinto, si muove nel mondo del sole attraverso quello, cammina e conta i passi, fiuta i pericoli, li memorizza e prosegue.

Che cazzo; questo davvero non se lo meritava, lui.

Nuota fino a quando la ferita fresca, appena sotto il cuore, gli procura una fitta. I punti li ha tolti quella mattina e con la benedizione del dottore ha fatto un bagno profumato… che bellezza!

Nuotare ha teso la pelle più del necessario, deve tornare indietro.

Raggiunge la riva, ma rimane in acqua con la schiena poggiata contro la sponda del fiume.

L’acqua fresca e placida passa sotto di lui.

Chiude gli occhi e passa un brivido, credeva fosse un effetto della stanchezza  vedere il buio ad occhi aperti, ma sa bene che potrebbe riposare per giorni interi; ormai il suo occhio non ce la fa più.

Via, via, vorrebbe andare via e lasciarsi tutto alle spalle: che razza di vita potrebbe vivere d’ora in poi, che vita offrire a lei?

Con o senza di lei è uguale…

Gli vuole bene, ma durerà quando dovrà prendere coscienza di ciò che gli sta accadendo?

“Dimmi, Oscar, ce la faresti a starmi dietro senza odiarmi?” mormora, mentre passa una mano sulla ferita cicatrizzata del viso.

E, poi, per come stanno le cose, a lei potrebbe venire di in mente di continuare a vivere la loro storia così, da buoni, vecchi, cari amici…

No, no.

Per lui non va bene, non più: ha aspettato fin troppo, basta!

“A chi lo racconti, André… per te non è mai troppo quando si tratta di lei…” mormora ancora e incrocia le braccia sotto la testa “… proprio adesso che te ne stai in acqua, perché altrimenti andresti da lei e le domanderesti di fare l’amore con te, solo per una volta, in nome della vostra amicizia, rotta, sfinita, barcollante…” e la vorrebbe toccare per capire se, come quella volta, il suo corpo risponde alle carezze, al richiamo del sesso. All’inizio, quando si sono distesi sull’erba e tutti e due erano in vena di confessioni, ha pensato che, forse, Oscar era pronta per dirgli qualcosa di più. Poi, ha capito che lei aveva bisogno di una tregua, ha finto di dormire, ha pregato che gli rubasse un bacio a cui, giura, avrebbe lasciato carta bianca. “… il gioco sarebbe tuo, lo giuro, almeno fino a quando non mi chiederesti di lasciarti amare a modo mio e, allora…”

La pregherebbe di rimanere sempre con lui, per terminare i giorni, per sorprendersi al risveglio di ritrovarla al suo fianco.

 

Il blu della notte vira in oro infuocato, all’improvviso.

 

I suoi capelli bastano a rischiarare il manto della notte.

 

“Poi mi spieghi se sei impazzito oppure per te è normale” gli narra una voce che in un attimo si è fatta vicina al suo orecchio. Sta per rialzarsi, ma desiste perché mostrarsi nudo a lei supererebbe i limiti dell’amicizia.

“Cosa?” le risponde inclinando di poco la testa, sorride perché intenzionalmente le sta bagnando i pantaloni con i capelli gocciolanti.

“Con quella ferita…” lui la interrompe posandole un dito sulle labbra. Oscar trasale, crede di svenire mentre censura il pensiero che le suggerisce di baciargli il polpastrello: si prenderebbe a calci da sola, ma è diventata matta d’un colpo?

André  la vuole corteggiare; deve proporre argomentazioni adatte e non giustificazioni miste a pentimenti.

“E’ perfettamente rimarginata, vedi?” sta esagerando e ne è consapevole, ma non la vuole trattare da verginella impaurita.

Oscar si sporge per controllare, ma vede poco e niente. Glielo fa notare. Lui ride.

“Se mi passi la biancheria esco dall’acqua, così controlli, va bene?”

“Te lo puoi scordare che prendo la tua biancheria…” Oscar sa di essere diventata blu per l’imbarazzo. Cretino!

“Guarda che è fresca fresca di bucato…” ANCORA!!!

“Solo perché ti conosco da una vita e so che sei un maniaco dell’igiene!” allunga una mano e si rende conto che non è tanto difficile. Sorride, ma in qualche modo deve fargliela pagare, sennò non c’è gusto con lui.

“E perché mi vuoi bene…” dice mentre allunga la mano verso di lei prendendole l’indumento.

“E tu ne approfitti…” cadenza lei, mentre trattiene una risata.

Oscar si volta in fretta, è terribilmente imbarazzata.

“Che vuoi dire?” André sembra scocciato e lei lo nota immediatamente.

 

Quando decidi di rompere sei un maestro!

 

Sei lì e mi fissi con quell’espressione rassegnata… sbruffi un po’ e ti gratti il capo: non vuoi darmi la soddisfazione di litigare e, dopo aver fatto un cenno con la testa, ti allontani dalla riva.

Ma quanto sono scema!

Cosa mi costava scherzare sull’ultima frase, perché devo essere sempre così categorica nelle affermazioni?

Merda!!!

Lo raggiungo e ‘sto scemo fischietta come se nulla fosse!

“Ehi” gli faccio pronta a deporre l’ascia di guerra.

“Ehi” risponde lui senza degnarmi di uno sguardo.

“Dove vai?”

“A prendere i vestiti e a preparare i cavalli” odio quando fa così!

“Mi aspetti?”

“Però sbrigati, sento freddo!”

Gli rifaccio il verso e lui si volta a guardarmi con un’espressione assassina.

Ahia cazzo! Ma quant’è dura la corteccia degli alberi presa dritta sulla fronte?

 

Riflette per inerzia, riflette per non concentrarsi sulle sensazioni che sta provando mentre schiude le labbra per accogliere le sue.

Miseria, che bacio!

Le sue mani le accarezzano la schiena e lei rinasce in mezzo a quei brividi. Crede che il corpo, in certe circostanze, reagisca per conto suo. Che fortuna…

Le sue mani, impacciate ma curiose, gli accarezzano i fianchi. Ancora le mani, impazzite ma sicure, la avvicinano a sé.

Lui è caldo… caldo e… caldo che si sente sciogliere se pensa che tra un secondo lo guarderà negli occhi e vorrà morire perché crede che non riuscirebbe a sopravvivere se non dovesse guardarla come spera.

L’ ha fatto.

L’ ha guardata distendendo  il viso in un sorriso che vale una notte di sesso.

Ma lei cosa ne sa di quelle cose? Comincia a farsene un’idea. Lui è così penetrante.

Arrossisce e se la prende col proprio pudore. Poi, le pare di non averne molto, visto che, senza riflettere, gli sfiora la pelle con le unghie; le affonda nella carne dopo che le ha morso una spalla mentre ha spinto i fianchi verso i suoi. Sente come uno scroscio d’acqua sulla pelle bollente, ha emesso un suono scandaloso; sì, scandaloso perché lui ha fatto lo stesso e, sentirlo da lui è qualcosa di eccitante… quasi, quasi…

“Oscar?!”

“Sì?”

“Oscar, svegliati, porca miseria: hai battuto la testa e sei svenuta!”

“No…”

“Come, no?!”

“Aspetta, aspetta…”

Apre gli occhi e distingue appena i colori scuri della notte, mentre una luce fioca filtra tra i rami. L’aria è umida e fredda.

Volta un po’ la testa e lui è disteso su un fianco, una mano a reggere la testa e l’espressione attenta. Ha capito che sta bene, deve solo riprendersi dalla botta al capo. Non la infastidisce oltre e aspetta un suo cenno.

“André?”

“Mh?”

“Che fai?”

“Aspetto”

“Chi?”

“Te!”

“Perché?” e glielo domanda pure!

 

Si distende a pancia sotto, sconsolato. La voce rimbalza sul terreno e traccia un corridoio che le arriva dritto alle orecchie

“Cosa devo fare con te?” gli sente dire.

Oscar si riscuote dal torpore e lo fissa.

Ha una schiena larga e confortevole.

Si avvicina e vi poggia la testa.

André trattiene il respiro.

Gli scosta i capelli ancora umidi dalla nuca, i muscoli sono tesi al limite. Rimane fermo e lei che ha scoperto la propria vena degenerata, gli lascia un bacio - mica tanto casto - sulla pelle scoperta. André rabbrividisce, ma non si sposta, biascica qualcosa del tipo “Sei una scema…” però lei lo ignora e prosegue fino all’orecchio “Ti amo” gli dice.

Posa una guancia sull’erba.

Le accarezza le labbra con il pollice, poi, l’attira verso di sé.

Sono nella stessa posizione, tutti e due, con una guancia sull’erba fresca.

Prende la mie labbra tra le sue e questo bacio mi fa capire che sono pronta a dimenticare tutto ciò che non è mai stato amore. [1]

Ma cosa ne sa lei?

Eppure capisce che non c’è posto per le domande e gli carezza il viso perché sente che sulla pelle delle sue mani si diffonde un calore sconosciuto e le fa desiderare di rimanere così, per sempre.

 

1] è una frase dell’ultima canzone di Cocciante che adoro!

pubblicazione sul sito Little Corner del novembre 2005

Mail to mariassunta.paolillo@virgilio.it

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