At my own Risk
part 2
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A_ M_ O_ R
Sei pericolosa perché non sai quello che vuoi.
Sei pericolosa perché sei onesta.
Dopotutto siamo amici ed io posso assecondarti in questo gioco che, sinceramente, comincia a cambiare scenario.
Se mi sento bene?
Mi domandi come mi sento ed io mento, come sempre, ma tu hai imparato a leggere tra i miei silenzi e, adesso, sai come prendermi assegnando a me la parte del cattivo. Un amico non ha bisogno di domandare, è l’altro che da solo capisce e agisce di conseguenza.
Va bene Oscar, va bene…
Il tempo è impietoso, né poco né troppo, è amico e nemico. Sarebbe bello potersi alleare ad esso, ma ci sarebbe lo stesso un prezzo da pagare.
E allora?
Continua ad ingoiare i giorni, uno dopo l’altro, Oscar, come una belva con le fauci spalancate e avide.
Per poco non hanno rischiato di chiarire la loro situazione…
Dopo quella notte delirante, mentre la temperatura dolce dell’estate si fa strada tra le piogge di fine giugno, ognuno ha ripreso il proprio posto. Nelle situazioni di emergenza il sangue bolle, il sangue di un uomo e di una donna scorre più veloce, tutto è ampliato dalle circostanze e si sente il bisogno di stare insieme e assaporare l’altro. Ma, poi, quando il sapore è noto e tutto ritorna al suo posto, si prova l’inequivocabile sensazione di imbarazzo.
E’ stata l’emergenza di quella notte?
Eppure non riesce a capire per quale ragione lui non parli, non le domandi il perché.
Allora lei si porta dentro il suo segreto, rimane sola con i suoi pensieri e lascia che passi altro silenzio in mezzo a loro.
Dovrà essere lui a fare le domande questa volta…
In momenti particolarmente densi di pace tra loro preferisce non guardarlo, preferisce non alimentare la nostalgia che proverà in futuro. Sa che un giorno sentirà la sua mancanza e riflette sulla sensazione di tranquillità che le offre, anche silenzioso e concentrato, mentre stanno accanto, a cavallo.
Pensa ancora alla temperatura mite del sud, dove i gabbiani aspettano che lui vada a contemplare il loro volo?
Non guarda il suo profilo, le sue mani sicure, però aspira il suo profumo intenso e rassicurante.
… Perché lui deve sbarazzarsi di quel peso opprimente, deve scaricarle addosso le sue responsabilità, perché lei deve smetterla di guardarlo così e fare finta di niente.
La strada per tornare a casa è quasi deserta, di tanto in tanto incrociano qualche carro che trasporta i contadini dopo una giornata di lavoro nei campi. Volti esausti e occhi spenti: chissà se anche loro due danno un’impressione simile a chi guarda.
Ma no, quelle persone non hanno tempo da dedicare al paesaggio come fa lei che cerca di fuggire dall’ impulso forte e opprimente che le suggerisce di parlargli. Deve convincersi a farlo in fretta perché manca poco e saranno a casa: lasceranno i cavalli nella stalla, lei si avvierà verso l’uscita lui si soffermerà ancora un po’ a sistemare qualcosa. Appena fuori indugerà qualche istante nel tragicomico tentativo di inventare una scusa per poter stare ancora un momento con lui, farsi venire in mente un’idea brillante ma non folle per trascorrere il tempo da soli. Le mancherà il coraggio e si rinchiuderà in camera sua a tormentare il violino, sperando che la corda del sol ceda ancora… ma lui sarà già lontano. Appena in casa, dopo una rinfrescata e un battibecco con sua nonna, lui tornerà a prendere il cavallo e sparirà nell’orizzonte arancione che si adagia sul verde dell’erba tenera dell’estate.
Non lo capisce più, le sfugge di mano, le sfugge di mano…
Vuole rischiare, come quella notte.
Un rischio che corre sul filo dell'incoscienza, come tutti i rischi, del resto.
La notte è gelida e si respira aria di pioggia, tanto per cambiare.
"Dai, faccio io…" le dice nella camera di quell'ambulatorio mentre si offre di dargli una mano a rivestirsi. Le sfila la camicia di mano indossandola con una certa fretta. Una spalla ed il torace avvolti nelle bende, che coprono buona parte della sua pelle e la penombra della stanza aiuta a mascherare l'imbarazzo di entrambi.
Fissa il suo profilo accarezzato dai fasci di luce della luna; l'espressione che lui ha calato sul viso le lascia intuire un pensiero che non riesce a figurare e in cui spera di esserci.
Lei rimane ancora in silenzio, un po’ ferita da quel suo atteggiamento brusco, ma non riesce a biasimarlo. Adesso è distante mille leghe e si rende conto che deve sopportare ancora quel distacco.
Oscar sente di essere come un pezzo di vetro lasciato incustodito sul pavimento.
Oscar ha un dolore che non passa nemmeno ingerendo assieme oppio e alcool.
Lui cerca dei fiammiferi, accende un'altra candela e si guarda allo specchio. Fissa il taglio che ha sulla bocca e si passa una mano intorno alla mandibola ammaccata
"Magnifico: dovrò pure radermi…" biascica, mentre percorre con un dito il labbro tumefatto.
E' teso, non l'ha mai visto così.
Si volta in direzione sua e la fissa un momento sganciando un sorriso chiaramente stanco.
"Come sono arrivato qua?" una domanda a bruciapelo che si è imposto di non evitarle.
Oscar lo fissa a sua volta con un'espressione dolce: ha capito che usare la tattica inversa a quella di André porterà indubbiamente esiti migliori. Sa come prenderlo, è ovvio, per lo meno l'ha imparato dalla serie infinita di errori che ha commesso con lui. Sa bene che lo indispone se gli si rivolge in maniera nervosa, ottenendo come stato l'inevitabile giro di parole che porta dritti a litigare.
Sa che lui detesta che lei si comporti come richiede il vestito che indossa, è una donna in abiti maschili ma questo non l’autorizza ad essere stupida come gli uomini.
Vuol iniziare col piede giusto però una pausa di imbarazzo le rovina l’effetto.
"Oscar!"
"Ehi, non alzare la voce!" gli risponde indispettita mentre si accinge ad aprire la porta. Vuole uscire da lì, sa che non sopporterà a lungo quel suo modo di fare antipatico; più che altro è l'occasione giusta per non dovergli spiegare nulla.
"No, dai, scusami…" dice lui bloccando la porta col suo corpo, davanti a lei. Sostiene il suo sguardo e gli occhi le brillano di inquietudine, di una gioia che sta per nascere, lo sente, e aspetta, aspetta perché tutta quell'attesa la fa sentire bene.
"Si può sapere che ti prende?"dice con le braccia incrociate sul petto e le gambe leggermente divaricate.
"Forse è lo scazzo per questa situazione… mi sento in colpa, tutto qui."
André, la fissa ancora; studia la sua postura e capisce che sta per attaccare, ma non vuole evitarlo perché striscia qualcosa dentro lui che gli fa desiderare di inchiodarla al muro, lì, in quel preciso istante. La guarda e ripensa alle sue labbra morbide, al suo alito fresco ed irregolare sul viso quella notte, mentre gli parlava.
Possibile che lei l'abbia seguito?
Perché?
Adesso sa che può fare a meno di trattenersi, perché quando sta con lei non deve più mentire, può essere se stesso - e sa di essere un vero cretino quando vuole- e vuole prendersi le soddisfazioni di quella decantata amicizia. Si mette un poco in mostra, fa bella posa dei suoi aspetti peggiori che lei schiva come pallottole e, lui, colpo su colpo, sente di essere finito in trappola.
La schiena poggiata contro la porta è un ottimo punto d'appoggio, un pretesto per non spostarsi e commettere qualche sciocchezza: sa che, se rimane lì, Oscar non potrà uscire e l'idea di tenerla in ostaggio a quel modo lo fa sentire strano.
"Facciamo tutti delle cavolate" fa lei, seria.
Quasi sente di volerlo assolvere dalla sua imprudenza, ma non riuscirebbe a spiegarglielo, e, all'improvviso, si rende conto che André le domanderà come ha fatto a trovarlo.
Un vuoto nello stomaco e il cervello che gira al contrario; vorrebbe ordinargli di cancellare la sua leggerezza e di suggerirle qualche scusa plausibile e decente da fornire in quella situazione di piena emergenza.
Oscar non ha mai saputo accettare di trovarsi con le spalle al muro e André non è uno che molla facilmente: detesta essere preso in giro e questo Oscar lo sa, lo sa bene.
Prova imbarazzo.
Spera lui sia clemente e glissi su quella storia tra loro come ha fatto tante altre volte.
"Non mi devi consolare…" commenta lui con un mezzo sorriso.
"Certo che sei stronzo…" replica piena di energia.
Ha sempre avuto il pregio di smorzare certe preoccupazioni di André sul nascere, perché certe volte si sente uno spirito pratico rispetto a lui che rimugina su tutto. Le piace occuparsi di quell'aspetto del suo carattere, è l'unica occasione che ha per sentirsi al sicuro con lui.
Basterebbe la sua esegesi per metterla a tappeto, sventolandole certe verità che lei conosce bene e spera di tenergli nascoste. André la conosce nel profondo, tuttavia Oscar non sopporta essere analizzata e a lui bastano solo poche parole…
Gli mostra la sua totale amicizia, riprendendo un vecchio comportamento interrotto un anno prima.
Sa che André è bloccato da allora e nemmeno lei crede di aver superato quella fase, però è pronta ad aprire un nuovo capitolo della loro amicizia. Spera lui colga l'occasione senza sprecare quel momento di totale apertura con il suo senso di colpa, ma in fondo lei non può dirsi capace di fronteggiare i sentimenti di André. Li avverte nel corpo e nello spirito, ne assapora l’intensità e crede di non avere provato nulla del genere in tutta la sua vita. A conferma del suo pensiero, la solita sensazione: André è una presenza che riempie.
Sarebbe bello se potessero leccarsi le ferite a vicenda.
Abbassa improvvisamente il viso, ma lo sguardo indugia lentamente sulla sua figura asciutta e scattante poggiata contro quella porta e si ritrova a fare pensieri strani su di lui.
E dire che ci teneva a voler fare le cose per bene, ma, all'improvviso, si è resa conto che il coraggio di perdere André le è passato quando ha ammesso che stanno insieme da troppo tempo per lasciarsi e che, da troppo poco, hanno compreso di essersi scelti.
Una volta ha sentito per caso una conversazione tra lui e Alain, parlavano dell’esito di un’uscita a quattro.
"Sei bloccato ?" aveva domandato Alain, interessandosi ad una certa sfera personale.
“Sei scemo?!"
"Allora perché sei andato in bianco?"
"Ci risiamo con questa storia…" André, spazientito, aveva abbassato la testa sulle ginocchia.
"Preferisci le bionde, vero?"
"T’impicci degli affari tuoi?"
"E dai, André, devo pur dire qualcosa alla poveretta!"
"Dille che è una brava ragazza ma io non ho la testa per cose impegnative."
"E con questa fanno quattro!"
"Alain… sono ancora in grado di scegliermele da solo le donne, va bene?"
Era stata quell'affermazione a farle male: allora lui… ma infondo ne aveva il sospetto solo non immaginava il lato cinico del suo André.
Ma non era lei a voler ricominciare un sano rapporto di amicizia?
André è perplesso dal suo atteggiamento indeciso, non avrebbe mai immaginato di vedere i loro ruoli ribaltati a quella maniera e, soprattutto, non è uno stupido: ha intuito qualcosa che fa fatica ad ammettere vantaggiosa per se stesso, può ancora una volta rischiare il tutto per tutto? Male che vada si trova già in una specie di ospedale…
Sgancia se stesso dalla porta e, dalla mente, quel pensiero strano che sgambetta e non la smette di torturarlo.
La candela crepita in un crescendo di luce prima di estinguersi, alcune scintille brillano e svolazzano nell'aria indifferenti alla loro sorte.
"Scusa, ti ho fatto preoccupare" dice lui abbassando la testa per guardarla negli occhi.
"Mi stupirei del contrario…" risolve lei con le braccia conserte, mentre decide che la cosa migliore da fare è stare lontana da lui.
André si appoggia alla porta, lasciando cadere il suo sguardo sulla schiena di Oscar.
C'è qualcosa dentro di lui che non ha più controllo e sta per slegare la voce in parole strane che forse lei definirà oscene.
"Perché mi hai seguito?…"
Lo sguardo è acceso e lo fissa con un'aria di sfida mentre sente le ginocchia piegarsi sotto un peso troppo grande.
"… se mentirai, archivierò questo momento per sempre" aggiunge André, incrociando le braccia.
Si sente in dovere di dirglielo, perché sa a cosa porta quel modo di agire, perché scoprirà che è difficile venirne fuori.
Oscar, quasi si lascia tentare da quella ragionevole tregua, ma ha sentito freddo appena lui si è spostato, e sente sempre il sapore delle sue labbra perdurare sulle proprie.
Oscar sta giocando pesante, e sa che André è un abile giocatore.
"Sei stato tu a cominciare…" gli sibila all'orecchio.
"Come, scusa?” articola, stravolto dalla vicinanza improvvisa e per questo pericolosa di Oscar.
"Perché non mi hai parlato di lei?" immagina di serrargli i capelli tra le dita e, poi, lasciare che André la stringa come lei spera.
"Questa poi!"
"Non fare il finto tonto con me!"
"Per favore, Oscar!"
"Per favore un corno: tu devi dirmi perché!"
"Io non ti devo un bel niente Oscar, niente!"
E' andata da lui col chiaro intento di riportarlo a casa.
E' andata da lui perché sappia che non deve lasciarla sola.
E' andata da lui con la sua pericolosa onestà.
E, in mezzo a quel calore fatto di rimpianto e gratificazione, sa che lui è l'unico capace di annientarla se solo volesse.
Non sembra la sua voce mentre le parla, non sembra lui.
Lo guarda, stupita, e va cercare sul suo viso un'espressione nota, familiare, che le dimostri che lui è André.
La ricerca di un’oasi di pace, la certezza che con l’inganno si possa ottenere un attimo di felicità.
Ciò che è fatto non può essere disfatto, ma allora cosa cercare in un’oasi di pace?
Le parla di lei, in assoluta tranquillità, senza rivelazioni scabrose.
C’è stato qualcosa che li ha uniti per un po’, ma, lui, è stato pronto di spirito e ha dato un taglio alla storia che, per gusto personale e necessità, superava certi limiti.
Di tanto in tanto Oscar studia attentamente le espressioni del viso di André, perché sa bene che con le parole è un mago della dissimulazione...
Del vestito buono di Corinne, i fiori freschi tra i capelli e del battito del cuore, talmente forte da poter essere colto attraverso la generosa scollatura del vestito a lui dedicata, a Oscar non ne parlerà.
Era lusingato da quei particolari… la bocca di André, per un attimo, si distende in un sorriso malinconico che Oscar coglie all'istante; un momento troppo lungo da sopportare e troppo breve per reagire.
Di quel giorno, André ricorda il sorriso di Corinne che contemplava speranze che lui avrebbe reso vane.
Va bene bambola: io sono affetto da una malattia chiamata Oscar.
E, poi, sinceramente, lei ha un fondo schiena meglio del tuo… Ci conosciamo da tanto tempo e le voglio bene da morire.
Me la sto lavorando da un quarto di secolo e ci sono quasi… Tu me la daresti senza tanti sforzi, ma io sono stronzo e ho un debole per quelle che mi dicono sempre no! Tanti auguri, ci si vede.
Che sfumature…
La vicinanza di Alain e certi consigli che lui gli ha dato su come svicolare da certe storie senza lasciarsi prendere dal senso di colpa, l’hanno aiutato.
André non ha finto di ignorare i sentimenti di Corinne, le ha parlato in tutta sincerità, niente voli pindarici, né giustificazioni stupide : “Sono onorato, ma io amo un’altra”.
Omette pure questo mentre guarda Oscar e sente dentro un senso di pace infinita, perché, dopo che tutto è compiuto, lungo la strada di casa, ha pensato che sarebbe meglio morire giovane e senza speranze con lei, piuttosto che vecchio e pieno di rimorsi.
Erano passati i giorni, giorni in cui tirare le somme non era stato più piacevole di altri giorni.
Il cuore di André rimaneva dove era sempre stato, anche se i suoi pensieri si ritrovavano in mezzo a qualcosa di strano e quasi travolgente, perché c’era stata una donna che gli aveva domandato di essere suo.
A lei sarebbe importato?
L’avrebbe ferita?
Avrebbe lasciato che il suo cuore si riempisse di veleno, come quello di chi non ha mai ricevuto affetto?
Avrebbe desiderato che lui andasse via così, senza il suo amore?
La risposta non tarda ad arrivare.
E’ troppo tardi per domandarselo, ormai ha trascinato la sua vita in mezzo alla luce della realtà e, sebbene sente che sono ancora uniti, sa che non sono più gli stessi di un tempo, ma continuano a sostenersi, a trascinarsi tutti i giorni senza niente di nuovo.
Oscar ha imparato a guardarlo diversamente e, ogni volta che si avvicina, lui si interroga una volta di più, domandandosi se quella stretta intorno al cuore la sente anche lei.
Solo lei può sapere e, con lo sguardo nei suoi occhi, capisce che non sbaglia perché tutto quello che vede è tutto quello che già conosce.
La troveranno prima o poi una soluzione.
E, allora, André ingoia i suoi progetti romantici e si avvicina a lei, ancora una volta, col costume del buon amico.
Tu sei tu e non ti cambierei mai. Risentimento per qualcosa che io ho creato e tu subìto non ce n’è. Riesco a capire cosa provi quando vedi scorrere i giorni tutti uguali e, dentro te, senti solo crescere il vuoto. Lo colmi col senso del dovere e tenti di convincerti che, alla fine, tutto quello che succede te lo meriti. In tutta la vita trascorsa assieme ho visto solo un gesto di ribellione e non era per me. Per me hai fatto tanto, mi hai dimostrato affetto, amicizia e, anche se non è davvero così, qualche volta amore. Ti ho vista innamorata e timida e impacciata; hai cercato di andare avanti nel tuo intento cercando di dimenticare cosa sei veramente. E’ meglio mentire certe volte e, piuttosto che soffrire, è meglio negare a se stessi ciò che si desidera e andare avanti, fingendo che tutto vada bene.
Si sente un ipocrita, ma ha già esposto parecchio di sé. In un altro momento non si sarebbe risparmiato, tuttavia adesso gli peserebbe un rifiuto.
“Ti spiacerà sapere che è partita…” e, già, quella stilla di ripicca si fa largo nel suo cuore.
Perché mai informarsene?
E se le dicesse che ne è affranto, cosa farebbe?
Al momento desidera misurare la capacità dell’indifferenza che vorrebbe mostrargli, ma non sa mentire, è sempre stato il suo cruccio.
Ormai conosce il suo amore e lei è ubriaca di pericolo: non le importa di nessun altro, solo di lui. Ha cercato di farsi a pezzi l’anima per smettere di soffrire, ha pensato che probabilmente anche per lui sia stato così.
Che cosa possono fare?
“L’importante è che sia felice” aggiunge André con un’enfasi meditata per l’occasione, perché anche lui è in vena di valutazioni quantitative quella sera.
Oscar, delusa e furiosa, si sente sola.
André è sincero, tuttavia, non sta meglio di lei, ma ormai hanno aperto strane porte che non sanno richiudere.
Qualcosa l’ha colpito.
L’ha guardata e si è domandato se lei vede le cose nel suo stesso modo.
In un silenzio assordante lasciano l’ambulatorio fingendo di non essere importanti l’uno per l’altra.
Far finta di niente è odioso.
Tutto quel puntualizzare l’ovvietà delle rispettive esistenze fa male, si sono riaperte vecchie ferite e Oscar sa di non poter pretendere niente da lui, sa che deve accontentarsi di quel momento fatto di freddo e vuoto. Ciascuno di loro ha avuto la propria parte di delusioni, piuttosto, lei è stata abile a creargli situazioni impossibili, gettando buio sulla loro amicizia.
Oscar è fragile, e, nonostante tutto, si fida di André.
Ancora.
Sempre.
Attraversano la notte in sella allo stesso cavallo. Oscar siede dietro, è stranamente arrendevole, quasi esausta.
La sua priorità e quella di godersi il più possibile la vicinanza di lui. Da qualche giorno non si sente molto bene, forse un raffreddore, però non si spiega quella febbre insistente. Ha paura di consultare il medico, suppone che la diagnosi sia qualcosa per cui riconsiderare la propria posizione.
Non vuole pensarci perché anche lei ha cominciato a desiderare il tepore del sud.
La schiena di André è calda e confortevole, sente il suo respiro regolare, l’energia del suo corpo tra le mani e si stupisce ancora di quanto le sia caro. Ingoia un respiro e si lascia cullare dall’andatura docile del cavallo: in quel momento non desidera altro, ha tutto e decide una sospensione temporanea con il mondo. Scova la pace nella profondità dei suoi pensieri e il suo modo di fare, dolce e accattivante, riemerge senza ordine.
“Hai fatto del sesso con lei?” spinge una guancia contro la schiena di lui con l’intento di avere tutta la sua attenzione.
André si domanda come mai non è stato divorato dall’autodisprezzo e marcito nell’indifferenza.
La colpa è come una maledizione che si trascina addosso lasciando l’animo sporco.
“No” le risponde tranquillo e sente il suo viso marcarsi sul dorso.
“Se non con lei, con altre l’hai fatto…” lascia scivolare lo sguardo sopra la spalla di André fissando le pieghe della giacca.
“Saperlo, cambierebbe l’opinione che hai di me?” è ancora tranquillo, forse perché lei ha usato le stesse parole.
“No, non credo” si sente un poco inquieta e decide di non volergli fare altre domande.
Il tempo, la mera necessità, l’hanno costretto a bere dal calice dell’amore, sebbene sapesse che era avvelenato.
In certi casi è più comoda una bugia.
Ripete a se stessa mentre guarda fuori la finestra.
Lo sapeva che non sarebbe riuscita a fare le cose per bene con lui.
Quella notte, dopo che sono tornati a casa, si sono salutati in fondo alle scale e tutta la complicità di qualche ora prima è stata risucchiata dall’austerità del palazzo. Il sangue si raffredda in fretta, considera ancora una volta André, troppo in fretta e, trattandosi di Oscar, pare quasi inverosimile, poi, con lui, non fa molta fatica.
Ennesima considerazione al cianuro, ma non può evitarlo.[1]
Nei momenti disperati l’attrazione è molto forte, ma poi si raffredda: Oscar si è sentita così quando l’ha trovato in quel vicolo?
Potrebbe essere: lei è molto istintiva, specialmente in certe circostanze.
In quel momento era sincera, ma non avrebbe saputo affrontare il dopo.
Con la schiena sul materasso fissa il soffitto e pensa di aver sfinito poco cervello e fegato.
Le taverne sono rifugi sicuri per chi deve nascondersi dalla colpa, ammiccano da lontano e invitano i cuori deboli a cercare riparo…
E’ stato con altre donne ma non ne ricorda nessuna.
Sa solo che certi risvegli sono fatti di lenzuola umide e fredde.
Senza spostarsi allunga una mano sicura verso l’anta del comodino e trova la sua bottiglia di pronto soccorso: prima o poi la pianterà di fare sonni etilici.
*
Se ne sta seduta sul davanzale da un’ora ormai e di lui non c’è traccia.
Stasera non esce?
Dopo aver riflettuto, sa che non si tratta solo dell’istinto.
André non è una rivelazione, ma una promessa: vive in simbiosi con lei, e le può bastare per sentirsi felice.
Un’altra sera scende su di loro.
Fuori fa caldo, un’aria malinconica si mescola con il bisogno di tenere la mente occupata.
“André è inutile che prepari la carrozza, non andrò a quella festa”.
Oscar si proietta indietro nel tempo perché ha bisogno di ricordare il passato…
Si era sollevato e passandosi un avambraccio sugli occhi per forbire la vista, mi guardava serio.
Sapevo cosa significava quello sguardo, sapevo che avrei ceduto, ma non mi sarei privata per alcuna ragione di scaricare con lui un po’ di amarezza.
“… quale erede della famiglia Jarjayes… il tuo dovere…” ascoltavo le sue parole che scansavano il rumore della pioggia, così come aveva scansato da me quella pioggia insistente col suo mantello, quando, ferita e svuotata, correvo al galoppo e mi sentivo sola. Il suo sorriso, la sua bocca distesa nell’espressione di lui che più mi piace, mi aveva fatto sentire amata, protetta.
Mi raggiunse fuori dalle scuderie, si era poggiato contro la porta e aveva cominciato a farmi ridere.
A farmi ridere nel modo che conosce solo lui.
Senza scampo accettai la sua proposta, capitolando dinnanzi alla sua teoria.
Ci è sempre riuscito.
E’ stato un frangente che ha cambiato ogni cosa.
All’improvviso Oscar si è sentita come un proiettile che sbaglia traiettoria.
Ho capito di aver sbagliato qualcosa quel giorno: forse, quando con la testa bassa ho salito le scale che mi avrebbero consegnata al salone delle feste?
Forse, quando ho deciso che non gli avrei rivolto più uno sguardo, perché mi stordiva pensare a lui così intensamente, come non avevo fatto prima di quel momento?
Forse, quando ho creduto di essermi tolta il suo sorriso dalla mente e ho sorriso alla regina?
Era normale credere che tutto dipendesse dalla mia fragilità, dal mio desiderio di essere donna davanti a tutti, di essere come lui mi vede mentre gli altri mi compatiscono.
Si è sentita persa, vuota, inutile.
Semplicemente non l’ho visto più, era sparito dalla stanza.
“Io ho l’impressione che si senta in colpa per quello che sta accadendo…” ha detto André, riferendosi a Fersen.
E’ vero.
E’ così che si sente anche lei, in colpa, non solo per quello che è accaduto anni prima.
Guarda fuori dalla finestra e vede il giorno passare indifferente su tutti i suoi sbagli.
Alle mie spalle, quel giorno, mi parlava di Hans.
Non potevo negare che mi importasse, ma alla luce del presente era poco, troppo poco per chiamarlo amore.
Perché sento così forte la tua vicinanza?
Hans è partito… Buon viaggio, non morire!
Nei mesi successivi la partenza di Hans, ho pensato fosse naturale cercare di allontanarmi un po’… Una sera, sono andata a cercarlo, l’ho visto di spalle che sellava il cavallo e, quando si è girato, gli ho letto una strana espressione sul volto. Gli ho domandato dove era diretto, mi ha risposto che sarebbe andato a Parigi a trovare alcuni amici.
Da quando hai amici che non conosco?
Indossava una camicia che non gli avevo visto mai; il suo aspetto era diverso e, lui, tanto distante. Gli ho domandato se, per caso, avesse un incontro galante. “Può darsi…” ha risposto, strizzandomi l’occhio. L’avrei strozzato. Giuro! |
Dopo tutto quel tempo a che serve rimuginare?
Si domanda se fa parte dell’espiazione torturarsi col passato, interpretare la sua vita con una chiave di lettura nuova, creando nella sua mente immagini diverse da quelle che ha vissuto.
Scavare fino all’osso i ricordi serve ad invecchiare prima.
Pensa che cavalcare un po’ l’aiuterà a chiarirsi le idee.
Si avvia alle scuderie e non sa più cosa pensare
Ha notato che è diverso con lei, più sciolto e gli frega poco se lei è più o meno d’accordo su certi suoi atteggiamenti.
Agisce e basta.
Agisce per provocarla e, quando lei si ritrae e lo respinge, sembra che lui non possa fare a meno di cercarla e provocarla ancora.
“Ma… cazzo!”
“Bonsoir à la dame…"
"Sei tu, André!"
Solleva appena la testa e le prende una strana inquietudine. Ha urtato contro di lui mentre apriva il portone, gli rivolge uno sguardo imbarazzato. Pensa che ha sempre scrutato il suo cuore come si guarda un panorama dalla finestra, il rincorrersi delle stagioni, e lei lì a guardarle andare via, a contare gli anni finché ha provato il terrore di rimanere sola.
Adesso, scrutando ancora quel panorama, trova il suo vagabondo dall’aria distratta.
“Ti sei fatta male?” le domanda, mentre trattiene la porta per farla entrare.
“No, tu piuttosto, non dovresti essere a riposo?” tenta la risalita e si sente un po’ più tranquilla adesso che si è allontanato di qualche passo.
“Sento caldo e, poi, non ce la facevo davvero a sopportare i rimproveri della nonna…”aggiunge, mentre prende la sella del suo cavallo.
“Dai, è preoccupata: in fondo è passata solo una settimana.”
“Sì, ma che senso ha entrare e uscire dalla stanza per ripetermi che sono un incosciente?” Si volta e le sorride.
Oscar ha letto tra i suoi pensieri, sa cosa sta per proporle e lei fingerà di essere sorpresa, perché, in fondo, è straordinario che lui le chieda di fare qualcosa di usuale come se fosse un’avventura fantastica.
Sono andati al fiume e si sono seduti sulla riva.
Guardano l’acqua scorrere e chissà cosa aspettano di veder passare.
Crede di essere giunta alla conclusione più logica, in quel momento.
Tira un sasso nell’acqua e lo sente ridere.
“Mhh, non tirerai in ballo la solita storia…” gli dice sorridendo. “Sbagli a girare il polso” le risponde mentre si solleva e, tendendole una mano, l’aiuta a rialzarsi. Si è messo dietro di lei, sente il suo petto sfiorarle la schiena, il mento coperto da un leggero velo di barba le sfiora i capelli. Trattiene il respiro e le sembra di stare in apnea. “Vedi, devi piegare leggermente il braccio e lasciare andare il polso…” sente la sua voce nascergli da dentro e rimbalzarle dietro la schiena.
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Forse lui ha capito perché ripagasse la sua amicizia, il suo affetto con sempre più rari ringraziamenti, prima, poi, poco alla volta, sottraendosi alla sua presenza, così da non dover essere costretta a ringraziarlo, ed, infine, con il silenzio che ha decretato la loro separazione.
Lui conosceva il suo segreto e l’ha allontanato da lei.
Quando ha scacciato da sé la sofferenza, avrebbe voluto cancellare anche i ricordi tristi, non quelli legati a chi non l’aveva voluta, piuttosto quelli che hanno accumulato assieme nei giorni in cui sono stati sommersi dall’oblio fatto di parole mute e occhi indagatori.
Ancora una volta i suoi pensieri rimangono senza voce, perché non sa come chiedere il suo amore.
Lui è qualcuno in cui credere; possiede una forza d’animo straordinaria, oltre all’incredibile capacità di cacciarsi nei guai per lei. Non guarda mai indietro, cerca di proseguire nei suoi intenti perché ogni giorno per lui è prezioso, ogni giorno vale la pena di essere vissuto. Spesso si è domandata da dove attinga quella forza; c’è qualcosa che lo spinge ad essere sempre diverso e, allo stesso tempo, affidabile. Può contare su di lui anche nei momenti in cui si domanda se davvero vale la pena lasciarsi andare con un tipo simile. Ha parecchi lati oscuri, questo lo sa bene, ma riesce sempre a fidarsi di lui: non se ne spiega il motivo.
Amore?
Sì.
A volte le fa rabbia quel suo modo di fare, con la soluzione a portata di mano e l’ottimismo che lo spinge come una barca con il vento in poppa . Sempre la sua aura affascinante, l’unicità penetrante che emana tutto il suo essere.
Tutto sommato di lui conserva solo bei ricordi.
E’ pericoloso creare certe atmosfere quando sono soli.
E’ facile suggestionarsi.
Guardandolo, pensa che gli vorrà sempre bene.
“Posso farti una domanda indiscreta?” gli domanda Oscar sdraiata sull’erba mentre guarda il cielo che cambia i suoi colori per affrontare la notte. Immagina le metamorfosi della natura riflesse negli occhi di André, i suoi occhi intensi e penetranti.
“Spara” le risponde lui disteso a pancia sotto, accanto a lei
“Cosa si prova ad andare a letto con qualcuna di cui non ti frega niente?” lo dice con un’ espressione talmente seria che a lui scappa un mezzo sorriso.
“Non credevo fosse tanto indiscreta” replica, mentre si concentra sulla risposta giusta.
“Se non te lo chiedo ora non avrò più il coraggio di farlo” dice Oscar con gli occhi chiusi.
“Qualsiasi risposta apparirebbe come una giustificazione…”
“Tu non sei capace nemmeno di dare un bacio senza una ragione”si è messa su un fianco a fissarlo.
“Una serie di ragioni per fare ciò che dici tu, in questo momento, ce l’avrei…”risponde lui, mentre trattiene tra le labbra un filo d’erba.
“E chi baceresti: il cavallo?” fa lei ridendo, colpendogli una gamba col piede.
Certo, André ha uno strano fascino: emana calore e questi dettagli non passano inosservati da parecchio tempo ormai. Ci vuole una buona dose di coraggio per fare ciò che sta facendo lei, sa che ogni cosa scaturita da quel momento in poi sarà un suo rischio.
“…”
André fa una pausa: lui, quel mutismo sereno, come se cercasse di afferrare il centro del suo essere dentro cui vivono tutte le emozioni che vorrebbe vedere esplodere insieme a lei.
Virtuosismi della conoscenza reciproca.
E’ affascinante la sua noncuranza che, tuttavia, non nasconde un profondo orgoglio. E’ come se in lui vivessero due personalità, uguali e contrastanti che non lottano per sopravvivere, ma coesistono pacificamente.
E’ bello questo suo aspetto: la sua fisicità emana un senso di protezione e vigore che è, allo stesso tempo, avvolgente e disarmante.
“Tu… non sei tanto diversa da me…” esordisce André, mentre si accomoda meglio posandole la testa su una spalla.
Oscar è inaspettatamente tranquilla, lascia che le dita scivolino tra i capelli di lui, giocandoci un po’.
Quando erano bambini, si addormentavano in quella posizione all’ombra degli alberi nel parco.
“Se è così, nessuno di noi ha sbagliato?”
“No” le risponde con la voce assopita. Oscar sa bene che André impiegherà meno di un secondo per addormentarsi in quella posizione. Sorride perché le fa tenerezza. Si sente assolta e questo basta per regalarle un momento di vera felicità.
Piano il vento si leva e muove le fronde degli alberi e diffonde nell’aria profumo di erba e resina.
Piano il vento scende e si posa su di loro.
André dorme o, forse, tiene solamente gli occhi chiusi, ma ha un’aria serena. Gli aliti di vento soffiano asciutti e regolari muovendo in sincronia il colletto della camicia e qualche ciocca di capelli troppo lunga ed indisciplinata.
Lo guarda ancora e sente un calore crescerle dentro.
“Deve essere veramente stanco”, pensa.
Per quanto è sicura di poterlo comprendere, non è facile dividere il peso che lui si è trascinato per anni.
Sarà perché non le riesce di stargli lontano, perché, accanto a lui, sparisce la paura.
Le piace ascoltare il suo respiro regolare mentre dorme: una scoperta che ha fatto durante le veglie notturne in quell’ambulatorio dove fingeva di avergli detto tutto e potergli stare accanto e preoccuparsi per lui, come avrebbe fatto una qualsiasi donna innamorata.
Forse, André un giorno partirà davvero, e lei non sarà riuscita a dirgli quanto gli vuole bene.
Sembrano i pensieri di una bambina che sogna.
Chiude gli occhi ed immagina di stare con lui. E’ bellissima quella sensazione di tenerezza, le fa male il cuore e sente che, per quanto possa essere terribile prendere in giro se stessa in una maniera tanto meschina, non può farne a meno.
Lui è ancora appisolato, con la testa sulla sua spalla; basterebbe pochissimo perché le sue labbra gli sfiorassero la fronte.
[1] "Cianuro" dal greco "cyanos", "blu". È anche detto "acido prussico", in quanto fu isolato per la prima volta a Berlino nel 1704, dai prussiani Dippel e Diesbach.
pubblicazione sul sito Little Corner del luglio 2005
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