Il signore del mare

parte XIV

 

Warning!!!

 

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La nave fantasma

 

 

Che freddo...

Quel sole sgargiante sembra una patacca messa lì solo per prendermi in giro... Il vento asciuga l'acqua sulla mia pelle e mi strappa brividi e qualche lamento, ma io non mollo e mi tuffo di nuovo. Saresti fiero di me, se tu fossi qui.

L’accappatoio è lì dove l’avevo lasciato, metto a fuoco l'indispensabile ma il sale brucia negli occhi e non vedo granché. Therese ride sbracciandosi per farmi notare che è arrivata prima, oggi l’ultima paga pegno. Non mi scompongo anche se faccio una smorfia per quanto è buffa, ma mentre affondo nella sabbia bagnata incespico e istintivamente cerco il tuo viso.

Non riesco ad abituarmi ad essere qui sola, senza di te… non riesco ad abituarmi a niente, forse non voglio. A volte mi sembra che il mondo rallenti e allora resto anch'io sospesa, in attesa di qualcosa che mi sorprenda. Ma quella mattina in cui credevo di trovarti davanti al mio cancello, non è mai arrivata.

Tu non mi hai mai cercata, non mi vuoi più.

Forse semplicemente hai dimenticato.

Sono arrivata qui scappando e tu certo non approvi, lo so… sono fuggita dall’ospedale ed è stato facile, buttare quattro stracci in una borsa, piombare a casa mia come una pazza ed ordinare a mio padre di trovarmi un posto nel mondo in cui scomparire, mentre io mi scavavo la fossa. Nel giro di poche ore ero con gli occhi rossi davanti al custode della vecchia villa in Normandia, povero signor Sougan… come sempre non ha detto nulla di fronte alle mie intemperanze, anzi si è quasi scusato perché i camini erano spenti, il frigo vuoto… si scusava perché io non avevo avvertito e come un ciclone piombavo lì a sconvolgere tutto, anche lui e la sua famiglia.

“Stia tranquilla signorina, penserà a tutto mia moglie... Ma…”

E poi quella domanda che non ha avuto il coraggio di nascondere… “E' qui da sola, la raggiungeranno presto?”

Il cuore pesante ha fatto un salto bizzarro, e per lo sforzo, per non mettermi a piangere ho usato il peggior tono di mio padre, gelido e fin supponente… “Lei vede qualcun altro? Ovvio che sono qui da sola signor Sougan, non sono forse padrona in casa mia? Mi trasferisco, predisponga tutto”.

Si è scusato di nuovo maledetta me, io volevo solo che andasse via e non mi compatisse… Avevo voglia di piangere sulle mie miserie, piangere e disperarmi… Perché volevo che tu mi trovassi così, disperata e piangente, al tuo arrivo.

Non ho mai dubitato che saresti venuto a prendermi, nella mia testa era già così e mi immaginavo ogni volta una scena più dolce e struggente. Saresti arrivato prima dell’alba, silenzioso e discreto come sempre… rispettando i miei ritmi e i miei ovvi rifiuti iniziali, avresti ascoltato paziente le mie mille scuse e le mie frasi sconnesse di pentimento e dolore… avresti accolto i miei giuramenti e i miei “per sempre” e alla fine mi avresti abbracciata stretta, e forse baciata come non hai mai fatto. Ti avrei preso per mano ed avremmo passeggiato insieme sulla spiaggia fino al tramonto tenendoci stretti proprio come due innamorati. E poi a casa avrei suonato per te qualcosa di speciale bevendo quel vino rosso che mio padre serba per le grandi occasioni. E di notte avremmo fatto l’amore, come forse non abbiamo mai fatto.

Ho fatto di tutto perché accadesse, e accadesse in fretta… Se avessi voluto sparire davvero avrei messo il sale del mare tra noi, e non solo quello delle mie lacrime… Invece mi sono limitata a correre qui, lasciando sul mio cammino segni infiniti, e tra le mani di nonna Cleo il mio cuore e la promessa di non tornare condita da tanti indizi per guidare i tuoi passi… Non ho sussurrato, ma gridato ai quattro venti perché tu potessi sentirmi, trovarmi subito, correre a reclamarmi.

Ricordo di aver passato intere serate ad aspettarti seduta sulla sabbia ancora tiepida di sole, in compagnia dell'oceano e dei miei pensieri… per farmi coraggio, perché tra le onde prese a rincorrersi ho sempre scorto un pizzico d'eternità, la speranza di poter riavere il tempo perduto, ricominciare… La spiaggia vuota e desolata di fine settembre non ha fatto storie e si è messa ad attenderti, insieme a me.

Ore, giorni… mesi.

Non sei mai arrivato, ora so che non verrai mai. Non lo avevo previsto, nonostante tutto la mia boria resiste alle intemperie e la mia immaginazione è più fervida che mai, se si tratta di te… avevo pianificato tutto tranne la tua indifferenza e la mia solitudine, tranne questo.

E adesso come faccio, come vivrò? Ora che conosco  l'amore... Ora che conosco la sua forza, come posso vivere senza di te? Dovrò ricominciare da ieri, dall’altro ieri... andare a ritroso fino al primo giorno in cui il mio sguardo è annegato nel tuo, per tornare a stare bene... per stare meno male?

Potrei fare finta di niente, far finta che tu non sia mai stato qui con me. Perché non posso vivere, ma nemmeno morire… non posso permettermelo, sarebbe troppo facile e io non me lo merito. Così tiro avanti e mi ripeto ogni giorno “voglio andare a casa, voglio andare a casa… Voglio André…" Ma lo so bene che casa mia è questa, e tu non mi appartieni.

Come faccio, non ce la faccio a vivere senza di te.

Allora dovrò sopravvivere.

 

Lil le guarda passeggiare, schermandosi il viso con una mano... C'è il sole, eppure è fredda e strana questa estate, nessuno ne sentirà la mancanza quando finirà.

Le scappa un sorriso di fronte al quadretto che vede, rassicurante come ogni abitudine, come tutte le cose semplici che fanno la vita meno amara. Le scappa un pensiero, quelle là in fondo che caracollando chiacchierano sono le sue ragazze. Sua la figlia che il destino le ha affidato un giorno, e sua quella strana fanciulla che la risacca di un'altra vita ha allontanato sbattendola qui, come una nave fantasma alla deriva.

Lei ora sorride di nuovo qualche volta, una luce fugace le accende il viso spento e smagrito, e non accadeva da tanto. Ma non è abbastanza, dopo un attimo il dolore torna e sembra più forte e cattivo di prima, le mangia il cuore... lei lascia che accada, come si compiacesse di portare sul corpo i segni di quella sorte cattiva che rovinandole addosso l'ha spinta fin qui.

Parla così poco, Pierre stenta a crederci... "Che fine ha fatto quella ragazzina impertinente che quando stava in compagnia di André parlava persino più di Therese... e tu bambina dalle tregua o finirai per farla scappare!", ha detto una volta e Tess si è arruffata tutta gridando a bocca piena "io non parlo troppo, e poi a lei sto simpatica!"

E' vero… Lil torna a pulire il bancone ma il suo orgoglio di madre guarda lontano e chiede vendetta... Oscar la tiene spesso con sé, passeggiano insieme, a volte le accarezza i capelli sospirando "sei proprio cresciuta..."; Tess si prende quelle carezze come un cucciolo e intanto parla, parla, chissà che le racconta poi... parla, gesticola, la osserva orgogliosa annuire e quando si lasciano le schiocca due baci sulle guance abbracciandola forte.

"Ci vediamo domani?"

Therese la ammira, la adora fin da quando era piccola. Lil le mostrava le foto spedite per raccomandata dalla capitale e lei le afferrava con le manine, cinguettando al suo orsacchiotto che quelli erano Oscar e André, "loro sono la tua mamma e il tuo papà, lo sapevi?"

L'orsacchiotto lo regalarono André e Alain quando seppero di quella bimba in arrivo... Lil ci pensa spesso e si commuove, le avevano allungato il pacchetto dicendo "anche da parte di Oscar, naturalmente..."

Chissà dove sono, cosa fanno adesso? André perché l'hai lasciata sola, ma che vi è successo?

E' passato quasi un anno. Lil se lo ricorda, lei stava preparando il caffè a due pescatori infreddoliti e Therese sbuffava alle prese con i compiti delle vacanze, rosicchiando la penna in cerca di ispirazione. All'improvviso si era alzata di scatto gridando "Jack torna qui, non ti allontanare! Mamma il cane sta dando fastidio a quella ragazza laggiù, vado a riprenderlo!" Senza dar retta alle sue proteste aveva afferrato il guinzaglio e si era lanciata a perdifiato alle costole del buffo cane rosso, che puntava dritto verso una giovane senza volto agitando la coda come un pennacchio.

A Lil era sembrata una scusa, all'inizio. Ma uscendo aveva visto davvero Jack affaccendarsi vicino ad una donna che se ne stava seduta di fronte al mare, lo sguardo perso. Aveva il viso posato sulle ginocchia strette al petto, i capelli biondi scompigliati dal vento, di lei non avrebbe saputo dire altro perché il suo corpo spariva dentro un grosso scialle scuro.

Le era mancato il fiato per un attimo... In quel punto preciso tanti anni prima il mare le aveva regalato Oscar e il suo cruccio di bambina malinconica... Un tuffo al cuore e le gambe che si erano mosse da sole... Sicuramente era solo un caso, non poteva essere lei. Le spalle curve, il capo chino... Oscar era sempre stata fiera e indomita persino di fronte alla sua vita malevola, di fronte alla paura. Quella figura piegata e implosa pareva un corpo senza vita, un nucleo freddo e distante. Dolore allo stato puro.

La donna aveva alzato il viso alla fine, richiamata a forza da Jack che incuriosito l'aveva fiutata a lungo girandole attorno e poi aveva deciso di farci amicizia, porgendole il muso in cerca di coccole; "stia tranquilla signora non morde, è un cane buonissimo e..." Therese ansante si era avvicinata barcollando sulla sabbia smossa mentre la sconosciuta allungava la mano verso il suo cane, "mi scusi davvero, non si comporta così di solito e non capisco come mai..." ma all'improvviso si era bloccata, irrigidita come avesse visto un fantasma. Un istante dopo Lil l'aveva vista buttarsi al collo della ragazza bionda e travolgerla senza misericordia, gridando "Oscar, tu sei Oscar non posso crederci, finalmente siete venuti..." e un sacco di altre cose mentre si rialzava e rideva scuotendo la sabbia dai suoi vestiti e da quelli della malcapitata.

"Oscar, Oscar sei davvero tu..."

Lil aveva finito per crederci. Si era avvicinata con circospezione e se l'era trovata davanti. Aveva l'aria spaesata, come faticasse a riconoscere il posto e anche lei, sembrava aver perso memoria di tutto... "Oscar sono Liliane e lei è mia figlia Therese, forse non l'hai riconosciuta... è passato tanto tempo..."

C'era voluto qualche minuto per strapparle il primo sorriso e lo sguardo di un tempo... "Liliane... come stai, sono davvero felice di vederti... Therese perdonami se non ti ho riconosciuta subito, ma eri molto molto piccola quando ti ho vista l'ultima volta... è stato molto tempo fa..."

Tess la rimirava in estasi, ma la sua mente curiosa non aveva perso tempo ad annotare l'unica nota stonata del coro. "André dov'è?", aveva chiesto guardando oltre le spalle di Oscar, come se lui dovesse apparire da un momento all'altro, per magia.

Lil si passa il dorso della mano sugli occhi, e non sa se è per scacciare i ricordi o le lacrime... Quelle parole innocenti e impietose di Therese avevano smosso qualcosa dentro Oscar, si sarebbe detto che stesse per piangere... Una smorfia lieve che le aveva piegato le labbra, e un esitare impercettibile nel ripetere lentamente quel nome... "André..."

E pensare che era stata proprio lei a rivelarglielo quel giorno sulla spiaggia, dopo che avevano rischiato di affogare...

"Si chiama André..."

Liliane aveva spedito via Therese impaziente con una scusa, l'aveva mandata a preparare il the... Si era assicurata che fosse abbastanza lontana seguendola con lo sguardo, "i ragazzini a volte sanno essere veri scocciatori..." poi aveva passato il braccio attorno alla vita di Oscar, cercando istintivamente di divagare "allora cara, come mai sei qui? Hai deciso di sperimentare l'oceano in autunno?" Aveva enumerato banalità lasciando per ultimo quello che le stava più a cuore... "Ma non sei qui sola, vero? Sei venuta con tua sorella... o André, come un tempo?"

Aveva stretto la sua mano gelida, ricevendo una stretta imperiosa e molto disperata... "Lil André ha avuto un incidente due mesi fa... Ma ora sta bene, è a casa con Cleo... Sono venuta solo io, sono sola... Mi trasferisco qui". Le era costata una fatica incredibile anche solo pronunciare il suo nome, una strana inquietudine che traspariva dalla pelle diafana e sciupata accendendole gli occhi... A guardarla bene era dimagrita e pallida, Lil per un attimo aveva temuto che il vento l'avrebbe rapita e portata via come un aquilone.

Aveva unito entrambe le mani, per toglierle un po’ di quel freddo… Avrebbe voluto dirle "Oscar ma allora... allora che fai qui, perché non sei con lui?" Fino a quel momento le era sembrato assurdo anche solo pensarli separati per pochi giorni... Poi, avvicinandosi a lei e al suo sguardo che si era fatto implorante si era rimangiata ogni cosa "Oscar non preoccuparti, non ci devi alcuna spiegazione... Siamo felici di averti qui, credimi Therese ti adora, da piccola tutte le sue bambole più belle portavano il tuo nome... Perdona la nostra invadenza ma per me e Pierre sei sempre stata come una figlia lontana, in fondo ti abbiamo vista crescere. E Tess, beh lei a volte è un pochino irruente... - aveva sorriso e ottenuto un sorriso - basta che tu lo dica se esagera e ci penserò io a tirare le briglie..."

Oscar aveva ripreso colore e un po' di coraggio... "Grazie Lil, ma non preoccuparti... lei è stupenda, sembra così piena di vita... Il tempo è passato in fretta, non mi ero resa conto che fossero passati già quattordici anni..."

"Sì Oscar... tu avevi diciannove anni e lei solo due, era piccolina eppure dopo avervi visti quella mattina sulla spiaggia parlò di te e André per settimane, persino nel sonno..." Rinfrancata dal ricordo alla fine Lil si era fatta coraggio, "vedi cara, come ti dissi allora io ho sempre pensato che voi..."

"Come ti dissi allora non c'è nessun "noi" Lil... Siamo stati i migliori amici del mondo ma ora siamo cresciuti e ognuno ha la sua vita. Lui non ha bisogno di me, e io... - Oscar aveva esitato un attimo cercando aria con cui riempirsi i polmoni - beh posso benissimo cavarmela da sola... Quel tempo è passato remoto ormai, buono per riempirci le pagine ingiallite di un diario... E io somiglio un po' a una mela avvizzita, con la buccia rugosa e il sapore cattivo. Le mele marce vanno buttate o finiscono per rovinare tutto il cesto, no? E così eccomi qui..."

Lil era inorridita... Oscar aveva sul viso un sorriso amaro e quelle parole poi, le aveva quasi fatto paura... Doveva essersene accorta perché era arrossita e si era scusata fingendo allegria "oh perdonami Lil, ho fatto un viaggio piuttosto scomodo e ora sono tutta avvelenata e pronta a pungere come una vespa... Mi perdoni? Vedrai che un bagno caldo mi rimetterà in sesto, ora torno al mio fosco maniero a svegliare i fantasmi e poi prendiamo insieme quel famoso the, d'accordo? Intanto bacia Therese per me!"

Quella gaiezza svagata e finta avrebbe convinto chiunque non la conoscesse... Lil non ci aveva creduto nemmeno un attimo. Era tornata al chiosco con un suono metallico in fondo al cuore e brutti presentimenti, sedando a stento l'istinto di chiamare al telefono qualcuno a casa di Oscar... Ma per dire cosa, e a chi? Per domandare se era scappata di nascosto dai suoi genitori? In fondo stava parlando di una donna adulta e importante, libera di fare e disfare la sua vita a piacimento.

Non avrebbe avuto senso!

Alla fine quella telefonata Lil non l'ha mai fatta. Si è fidata di Pierre, che ha passato giorni a convincerla che forse si era sbagliata... Forse Oscar era davvero stanca e voleva solo cambiare vita. E quello, il resto, non era niente. Pierre l'ha detto senza crederci molto, poi ha fatto la voce grossa da pater familias e con quella ha imposto a sua moglie di non preoccuparsi e a sua figlia di non annoiare Oscar con le sue domande impertinenti.

Le giornate hanno preso da sole il loro ritmo, e lei non se n'è più andata. E' rimasta con loro a galleggiare in quella strana normalità, vittima e carnefice di se stessa.

Lavora presso lo studio legale di suo cognato, a dieci chilometri da lì... lavora senza sosta, a volte fino a tardi, e tutto il suo poco tempo libero lo dà in pasto a Therese. A lei non sembra vero quel privilegio, ora ha un'amica più grande con cui chiacchierare e discutere di ogni cosa... E poi non è una qualsiasi, è Oscar!

Un proclama che Tess ripete spesso e allora Oscar ride piano, accarezzandole il viso con un gesto che si direbbe materno... E' bello guardarle quando stanno insieme come adesso, unite da qualcosa di invisibile si completano a modo loro... Perché anche Tess a volte è materna con Oscar, la scuote quando cerca di ritrarsi alla vita, la obbliga a non lasciar perdere, a non farsi vincere dall'apatia che spesso lei sembra agognare come un premio. 

Quando Oscar si è ammalata Therese non l'ha lasciata un secondo, la costringeva a mangiare infierendo senza posa "ma che hai deciso di lasciarti morire di fame?", minacciando di spifferare le sue disobbedienze al dottore che la conosce da quasi vent'anni. "Devi startene tranquilla e non pensare a niente, ci sono qui io con te" le ripeteva immodesta e premurosa... E' convinta in cuor suo che Oscar abbia davvero bisogno di lei e delle sue chiacchiere, fa la ruota e si pavoneggia quando si accorge che è vero... E si sente in dovere di farla sorridere, di farle piacere quella vita stramba in riva al mare anche se finirà presto, perché il suo destino è altrove, insieme a lui.

"Lui verrà a riprenderla vi dico!" Borbotta ogni tanto con il viso serio e compunto, e guarda fissi lei e Pierre, incredula perché non le credono, non vogliono crederci più... Eppure per lei è così ovvio, è naturale... China il capo ostinata e socchiude gli occhi tracciando ghirigori con i pensieri, alla fine le spunta un sorriso convinto… I conti tornano, tornano sempre.

"Lui verrà".

 

 

Sei, sette... Accidenti quanto manca ancora?

Otto, nove... dieci ore. Dieci ore soltanto amore mio, e sarà notte di nuovo.

Il tempo passa in fretta, consuma i giorni, manda in archivio mesi e stagioni e io quasi non me ne accorgo... Ieri, domani, che importa... Tanto per me non cambia nulla.

E' l'alba. Coraggio, si ricomincia.

All’inizio non era così. Stavo sveglia di notte, rimanevo a letto fino a giorno inoltrato poi mi aggiravo per casa come un fantasma lasciando che gli occhi si abituassero al sole, la luce a piccole dosi fa meno male. Ma un giorno la mente irrequieta si è inalberata e ha detto basta, tutto questo è ridicolo… Cosa speri di provare in questo modo, che sei invincibile? No, non lo sono… allora ho deciso di cedere, e vivere nella maniera più dignitosa che posso. Mi sono data orari e scadenze per non sgarrare e ringrazio mio padre e la sua disciplina, a rievocarla ancora funziona.

Mi alzo ogni giorno alla stessa ora, spesso è ancora buio… Mi spazzolo svogliatamente i capelli e rimpiango il tempo in cui erano chiusi stretti dentro al fermaglio, mi dico che avrei dovuto tagliarli mesi fa, un colpo netto e via... Solo che poi penso a te, alle tue dita curiose tra le mie ciocche e con un sospiro lascio perdere, almeno fino alla prossima volta. In fondo è una delle mie scuse migliori per pensarti, immaginarti. Fino alla prossima notte, amara compagna di giochi e di sogni[1].

Mi vesto in fretta ed esco ogni giorno un po' prima, non so nemmeno il perché. O forse sì, il silenzio fa troppo rumore qui dentro, così scappo da brava vigliacca. Il lavoro è meglio, il caos è meglio, tutto è meglio della solitudine.

Mio cognato strofina i suoi baffi perplesso quando mi vede arrivare… Lo sento borbottare mentre legge il giornale, "mala tempora currunt!", lo scopro ad osservarmi con la coda dell'occhio e lo so che vorrebbe dirmi qualcosa, ma non ha il coraggio, quasi avesse paura di me. Lo sai amore, è proprio un brav’uomo, mi vuole bene e mi tratta come fossi sua figlia, con le raccomandazioni, le preoccupazioni e tutto il resto. Mi sforzo di essere almeno amichevole e mi sento in colpa con lui che mi ha accolta a braccia aperte, proprio io che da piccola lo prendevo in giro e lo chiamavo “testa di legno”. Ogni tanto lascia cadere un "Va tutto bene, sei a tuo agio, c'è qualcosa che posso fare per te?" E’ bonario e indulgente, mi spegne le luci la sera per obbligarmi a tornare a casa, mi dice “sei ancora giovane, devi svagarti!"

Un paio di volte mi ha portata a cena con lui, e davanti a me che rosicchiavo svogliata e senza guardare il cibo nel piatto ha improvvisato una buffa arringa...

"Ma che gli prende ai giovanotti della tua età che ti lasciano sola, dico io... Per fare questa vita avrai tutto il tempo, ma ora perché non esci insieme alle altre… Non andate d’accordo per caso?”

Non gli rispondo la verità… Che all’inizio è stata durissima, una lunga battaglia condotta in silenzio e senza clamori. Nessuno mi voleva qui, avranno pensato “Ecco, la cognatina del capo, solo un’altra rampolla di buona famiglia viziata arrogante e incapace cui far da scendiletto…” Le altre ragazze mi chiamavano bisbigliando "la vergine di Norimberga" senza sapere che io ci sento benissimo, senza immaginare che non sono più vergine... Questo sì che le avrebbe sconvolte! Ma ora va meglio amore, non preoccuparti, hanno imparato che in fondo sto peggio di loro che alla sera se ne vanno via allegre e piene di attese, mentre io lascio tutto dietro le spalle. Sono una vecchia bambina stanca, che sorride al loro ciarlare impetuoso il lunedì, che le lascia uscire prima il venerdì, perché almeno loro non perdano tempo. Le ho conquistate un pezzetto per volta e così ora sono una di loro, mi lanciano sguardi graziosi e complici sorridendo compiaciute, un giorno la più baldanzosa mi ha chiesto “Ti andrebbe di uscire con noi?” Non ho saputo nemmeno sorriderle di gratitudine… Ho rifiutato senza confessare che era per non rattristarle con i miei sospiri e con la mia ombra sgualcita, non voglio che mi commiserino, ci riesco benissimo da sola. Così spengo le luci, chiudo la porta e torno a casa, dove non c’è nessuno che aspetta a parte i ricordi e tutto ciò che non riesco proprio a dimenticare.

Apro il cancello e i cavalli nitriscono dalla scuderia, conoscono il mio passo, forse fiutano il mio odore… Il signor Sougan si occupa di loro e scuote la testa avvilito, il quarto e il quinto cognato non demordono, una scuderia ben fornita per loro è questione di forma e prestigio, qualcosa di cui vantarsi al loro ridicolo circolo di gentiluomini. “Nessuno li monta o pensa a loro, signorina lei che era così brava da piccola…”

Già… Ero brava da piccola, così dicevano, e poi sono soli, loro come me… Allora ogni tanto li porto a passeggio, ho deciso di insegnare anche a Tess, anche se all’inizio aveva un po’ di paura. Ma impara in fretta, è come te.

Therese, anzi Tess come pretende che tutti la chiamino, sono sicura che tu ti ricordi bene di lei... La figlia di Lil e Pierre, è lei che ogni giorno mi tiene legata stretta alla realtà, alla vita. E' la mia amica del cuore, perlomeno lei mi chiama così e non ci trova proprio nulla da ridere. Se tu mi vedessi con lei, oh sono davvero ridicola e sentimentale. Mi comporto da vecchia balia, mi assicuro che sia ben coperta, che non si faccia male… Come Geneviève faceva con me gioco a farle da mamma, lei è la figlia che vorrei aver avuto con te... Lo vedi, sogno in grande ormai... Non ho più freni né remore, un po’ è anche colpa sua che mi chiede in continuazione di te.

E’ bellissima e molto sveglia, una sorpresa costante... Ha solo sedici anni e sembra un'adulta, ma ricorda bene di essere ancora poco più di una bimba. Si gode la vita un passo alla volta, un giorno alla volta, respira forte al mattino ed enumera le cose belle che ha avuto in dono... Il mare, il sole, i suoi amici, mamma e papà che il destino ha scelto per lei tanti anni fa, come lei al canile ha scelto Jack, il suo buffo cane dalla corsa sgraziata e le orecchie pendule. "Lo so che non è bellissimo, ma se non l'avessi preso io nessuno l'avrebbe voluto, e avrebbe passato tutta la vita in quel brutto posto[2]!", mi dice serissima e senza paura di essere giudicata dagli altri, lei che non nasconde niente, non sa fingere, la sua gioia è sempre vera, come il dolore ogni tanto.

"Sono felice di vederti!" Me lo ripete ogni volta che mi vede, appena prima di abbracciarmi stretta. Sa farsi amare da tutti, il signor Sougan accende le luci sul viale apposta per lei che viene a trovarmi quasi ogni sera e spesso si ferma per cena e nel fine settimana anche a dormire... E quando Pierre ritarda o non può venire la riaccompagna Gilbert, il figlio minore del custode. Tess mi ha detto di avergli parlato una volta a scuola, lui frequenta l'ultimo anno al liceo... Si sono ritrovati qui per caso e ora sembrano vecchi amici; li guardo dalla finestra, mentre chiacchierano e passeggiano lui le cede il passo come un gentiluomo. Io viaggio nel tempo e ripenso a noi due e quello che abbiamo perso, per colpa mia. Ma se piango lei se ne accorge subito, così asciugo in fretta gli occhi e scaccio il malumore per accoglierla come merita, voglio essere allegra per lei, non deluderla né rattristarla. Lei è come un soffio di brezza primaverile, mentre io sono l'inverno.

Eppure mi sopporta, mi vuole bene... si impiccia di tutto e fa mille domande, mi tiene sveglia fino a notte fonda per chiacchierare e so che se tace sta macchinando qualcosa in quella sua testolina, ormai ho imparato a conoscerla bene.

Quando mi sono ammalata lei... Oh ma tu non ne sai nulla, vero amore? E come avresti potuto, l'ho

detto solo a Geneviève e le ho proibito di dirlo a chiunque.

Sì, sono stata molto ammalata, è stato terribile. Ma è stata colpa mia che non so badare agli altri e nemmeno a me stessa, come sempre.

Eravamo uscite a passeggiare sulla spiaggia io e Tess, svagate e senza ombrello nonostante il vento e il cielo plumbeo. Ci ha sorprese un temporale di quelli brutti, proprio come il nostro quel giorno di tanti anni fa... con l'acqua che cade fitta e morde la carne... Siamo finite zuppe e un po' impaurite a correre a perdifiato per tornare al chiosco, e mi sono vergognata davanti a Lil e al suo viso preoccupato ma Tess lo trovava talmente divertente che alla fine era sembrato davvero un gioco a tutte, una bella avventura.

Sono tornata a casa un po' malinconica e i cattivi pensieri sono subito tornati a galla, a tormentarmi... Avrei dovuto asciugarmi e cambiarmi, accendere il fuoco e spegnere tutto il resto. Invece mi sono seduta davanti alla cenere fredda a riordinare le idee, sai a volte si sovrappongono e si mescolano... E io non voglio niente della vita di prima che mi consoli, nessuna sensazione... Non avrei dovuto pensarti, pensare a noi che camminavamo vicini e in silenzio, alla tua mano che a volte stringeva la mia... Non avrei dovuto sperare. Mi sono addormentata senza mangiare e con i vestiti bagnati appiccicati alla pelle... Non ricordo altro. Il giorno dopo quando mi sono svegliata ero nel mio letto, avevo addosso una camicia da notte di flanella e due occhi verdi che mi frugavano dentro come fari impietosi... Erano di Tess, furiosa e in lacrime dopo avermi trovata svenuta sul pavimento, stralunata dalla febbre alta e dalla tosse, la stessa che da allora ogni tanto torna a tormentarmi. Il medico mi ha fatto gli occhiacci quando gli ho raccontato che è successo, ma la parte peggiore di tutto è stata lei, che non mi ha lasciata sola un secondo... E' rimasta con me, contava le gocce di quell'orribile pozione amara nel mio bicchiere, faceva la spesa e teneva i contatti con il mondo, il suo e anche il mio... Ha telefonato a Geneviève chiedendole di correre qui, e poi ha implorato "io lo chiamo, lascia che lo chiami, ti prego..."

Parlava di te, l'ho fermata appena in tempo, amore... Perché se tu l'avessi saputo saresti corso qui, ne sono sicura. E la tua pietà non vorrò conoscerla mai.

Con Tess parliamo di te, tantissimo... Ha voluto che le raccontassi per filo e per segno tutto quanto, come ci siamo conosciuti, le passeggiate di notte, la scuola e il resto... Mi concedo qualche lusso, mi dico che in fondo lo faccio per lei ed è più facile imbastire i ricordi, il filo scorre lieve e indisturbato, è dolce come lo zucchero poter pronunciare il tuo nome, e dire a lei e al mare quanto sei meraviglioso, che uomo sei. Lei mi ascolta in silenzio mentre passeggiamo verso gli scogli o portiamo i cavalli al passo nel parco, rimugina solo per pochi istanti e poi se ne esce con qualche trovata buffa e inattesa, che mi fa sentire vecchia e nostalgica, e soprattutto scoperta.

"Perché avevi deciso di nuotare con il mare in burrasca se sapevi di non essere capace? Ma certo, è stato per attirare la sua attenzione non è vero?" Me l'ha chiesto con il tono soddisfatto di chi risolve una sciarada e non ho saputo cosa risponderle... L'ho fatto davvero secondo te? Davvero ero così pazza e sfrontata? Io ricordo soltanto la voglia di sfidarti, di mostrarti quanto valevo e... Forse sì... Sì, sì amore mio... Volevo una scusa per poterti parlare, finalmente. Lo diresti anche tu, rideresti e mi abbracceresti stretta. Rideremmo tutti e tre, se tu fossi qui.

Ma a Tess non ho risposto, non subito... Ho sospirato dicendole "vedi Therese mi sono tuffata perché... perché sapevo che lui mi avrebbe aiutata se mi fossi trovata in pericolo..."

"André nuota bene?" E avrei dovuto capirlo che era un tranello, ma davanti a lei non sono mai un avvocato e da sprovveduta le ho risposto la verità "Sì Tess, André nuota benissimo... Lui è il signore del mare..."

Il signore del mare... Dopo un'ammissione così buffa non ho più scampo ma nemmeno tu, siamo la sua favola preferita, mancano solo il cocchio di Cenerentola e una strega... Per lei è tutto bellissimo, tutto quanto... Avermi qui, parlare di te, è così spontaneo il modo in cui lo fa, come se fosse cresciuta con noi. Solo che a volte è davvero perfida.

"Tu pensi che te André sia bello?"

Ci crederesti, amore? Ho bloccato il respiro e mi sono vergognata di me stessa. Perché io credo che tu sia bellissimo, bellissimo... E non te l'ho mai detto. Ho provato a sviarla con un innocuo "Io penso che la bellezza non sia poi così importante... André è intelligente e molto colto".

"Come? - ha strillato esterrefatta, strabuzzando gli occhi - io penso che sia molto, molto bello e che non esista al mondo un ragazzo più carino di lui... ecco a parte forse Gilbert..."

Ci siamo guardate, lei è arrossita e mi sono presa una piccola rivincita...

"Gilbert? Tess, ti interessano i ragazzi bruni e taciturni?"

Lei mi ha stupita, una volta di più... Perché ha sorriso chiudendo gli occhi e ha risposto piano "Forse sì... oh in realtà non lo so davvero, ma quando gli parlo o mi sorride mi batte forte il cuore... Secondo te è amore? Per te è stato così?"

L'ho abbracciata di slancio, per non mettermi a piangere come una bambina... Le ho accarezzato i capelli e l'ho ammirata, per quel coraggio insensato con cui ha messo a nudo il suo cuore di fronte a me, perché sono sicura che non avrà mai paura di amare né di essere amata, non soffrirà e non farà soffrire. Ma lei mi guardava come se dalle mie labbra dovesse uscire la verità assoluta e così ho preso in prestito una cosa che mi disse Marie, sono sicura che non me ne vorrà... "Tesoro io non ne so molto di queste cose ma non preoccuparti, quando è amore te ne accorgi subito..." Dicendolo devo essere arrossita anch'io e Tess ha fatto una cosa strana che per un attimo mi ha fatta sentire infinitamente piccola al suo cospetto... Ha finto di non vedere la mia vergogna e mi ha accarezzato quel viso in fiamme dicendo "L'amore e la tosse non si possono nascondere[3]... Oh la frase non è mia, l'ho trovata sulla carta dei cioccolatini... Ma è vera! Oscar tu soffochi la tosse e speri che nessuno badi a te... E forse credi di poter soffocare l'amore senza che nessuno si accorga che stai male, ma non è così... Tu ami André..."

"Tess io non credo che..."

Mi ha zittita come nemmeno tu riuscivi a fare... il suo sguardo si è fatto serio, quasi severo...

"Ma non devi preoccuparti, sai? Anche André ti ama e verrà a riprenderti presto, io lo so..."

Ha chiuso gli occhi sorridendo al vento, e a me... "Lui verrà Oscar... Lui verrà".

Non ho ribattuto, non avrei potuto. Perché volevo crederle, le ho creduto... E così ogni notte, quando è notte, chiudo gli occhi e aspetto che si avveri quello che il vento va sussurrando ogni tanto sfiorandomi il viso, quando il mare ulula e il ricordo di quello che è stato mi chiama a te.

Oh io mi ricordo...

 

 

Eccoti, eccovi qui finalmente... Ho gli occhi chiusi, il buio mi avvolge e mi reca il conforto di fingere che siate davvero qui... Tu, la notte, i ricordi... Quelli che non vorrei ma di cui non posso fare a meno, ormai. Un respiro e le immagini iniziano a scorrere nella mia mente, ed è una lenta e triste agonia.

Ecco...la prima cosa che ricordo è il viso di Alain, torvo e cattivo... Le sue parole come un fulmine a ciel sereno, eppure non so come me le aspettavo. L'avevo dentro il gelo di quello sguardo, la sensazione che sarei finita a giocarmi tutto in una notte. La nostra vita in una notte. Parole senza senso, fino a quel momento. Quando per un istante il mio cuore si ferma, insieme al tuo.

"André ferito? Perché, e da chi..." Avrei dovuto pensarci ma non c'era tempo, avrei dovuto notarlo il modo in cui mi guardava Alain... Sento il suo sguardo impietoso calarmi addosso come una mannaia ma non ci faccio caso, in questo momento non mi interessa. Ho una sola parola che mi danza in testa... Non morire... non morire André.

Nessuno mi dice niente, come stai o cosa ti è successo davvero... Solo Alain elenca preciso cause ed effetti, rimedi e complicazioni... Non lo sto nemmeno a sentire, io devo agire e non trovo di meglio da fare che aggredire il povero Hans che come sempre è al posto giusto al momento giusto... Grido ed ordino che voglio te, e vedo la compassione ombrargli il viso, povero caro amico che non ha nessun'altra colpa che essere lì a consolarmi e sorreggermi. Ma io non voglio essere consolata né sorretta, non da lui... Se tu mi vedessi, se lo venissi mai a sapere soffriresti per questo, lo so bene, e io non voglio che tu soffra per colpa mia, mai più Mi persuade a sedermi, mi dice "Stai tranquilla cara, ci penso io...", vuole che dorma e deleghi a lui tutto ciò che dovrei fare io, ora... Cercarti, venire a prenderti... Non posso farlo, non devo abbassare la guardia... E poi ho troppi ricordi qui, e sono tutti orribili. La morte aleggia nell'aria come se fosse una cosa normale ma non temere, io non ti lascio andare... Dovrà prenderci tutti e due se proprio vuole, e io sono un'ospite scomoda.

Mi capisci? La morte non ti avrà, o verrò con te.

Sono calma ora, mi prendo il lusso di guardarmi attorno. Visi stravolti e lacrime, persino Alain sembra impaurito, e Nicole, bellissima e triste se ne sta da sola in un angolo nascondendo per pudore la sua camicetta sporca e macchiata. E' il tuo sangue quello, avrei dovuto esserci io al suo posto... Sconterò anche questa colpa, sconterò tutto... Ma ora no, ora devo studiare un piano, una strategia... posso farlo, certo... giurare il falso, mentire o uccidere. Venderò l'anima al diavolo o al migliore offerente pur di avere un'altra possibilità e stavolta non la sprecherò, stanne certo. Non dormo e sto all'erta, respiro piano… le mie idee sono solo un po' rallentate, ma vanno dritte al bersaglio. Come foglie secche sospinte dal vento, ruzzolano e roteano attorno ad un solo pensiero...

Io ti amo. E non so nemmeno se riuscirò a dirtelo di nuovo... Che sei un uomo stupendo e ti amo, André.

E’ ridicolo... Non avevo certo bisogno di questo per capire di volerti a tutti i costi. Dover immaginare la vita senza di te. Perdonami, se ho sbagliato e non avuto fiducia in te... Se non ho saputo capire il tuo cuore, il tuo amore... L'amore perfetto che solo tu puoi darmi, l'amore che chiedi. Non capire l'amore è peggio che tradire. Ed ora che tu non sei qui a dirmi che va tutto bene, che andrà bene lo stesso, sento che potrei anche morire.

André, dimmi... si può morire d'amore?

Non puoi rispondermi... Sei dietro a quel vetro e ho tanta paura che non sentirò più la tua voce. Se ti avessi ascoltato, se avessi saputo ascoltare il mio cuore... ho abbastanza rimpianti da seppellirmici, ma ti prometto che saprò affrontarli se tu mi vorrai ancora con te.

Sono qui fuori e aspetto di poterti vedere, Giselle mi ha promesso che mi lascerà entrare anche solo per qualche minuto, un onore che spetterebbe a nonna Cleo e che lei mi ha ceduto ancora prima che lo chiedessi. Ha capito che non avrò mai pace se non stretta a te, al sicuro tra le tue braccia.

Torna da me amore, torna da me.

Io sono qui, mi senti? Non vado via nonostante tutti mi stiano addosso dicendo che dovrei riposarmi, dormire. Rispondo ferma e cortese che dormirò dopo, ora voglio solo vederti. Geneviève è passata all'alba e scherzando mi ha detto "Su, non è il caso di fare la vedova, André è forte e soprattutto testardo. Non se ne andrà senza che tu abbia saldato il conto, non credi?"

Stupida meravigliosa prima sorella, a cui non si può nascondere la verità. Sì, abbiamo un conto in sospeso io e te.

E poi... qualcuno viene a dirci che sei sveglio, e forse salvo. Sono così felice, mi batte forte il cuore, ho paura di sentirmi male ma non me ne curo. E' la notte peggiore della mia vita ma mi guadagno il premio più ambito, e il tuo primo sorriso al ritorno nel mondo dei vivi è per me.

Nonna Cleo e persino tua zia non hanno il coraggio di dirmi di no, e fasciata in un camice azzurro in punta di piedi sfido demoni e attraverso gli inferi… Giselle mi accompagna lungo i corridoi come l'altra volta, con mio padre. Mi rassicura e mi avverte "non spaventarti, certo è un po' pallido e ha lividi dappertutto, ma credimi, sta bene... è davvero un miracolo".

Non l'avevo mai vista piangere così, e nemmeno sorridere come ha fatto in questo momento con me.

“Ho sempre pensato che tu somigliassi a mia madre. Eppure non è così, non fino in fondo… sei molto più fragile, a volte sembri nascondere tutto dentro. In questo somigli a me”. Il dolore lega nodi stretti, più stretti dei lacci del camice; lei piega il capo gentile e in risposta al mio sguardo atterrito all'idea di entrare lì dentro da sola mi abbraccia, "si entra uno per volta, la sua è l'ultima stanza in fondo... mi ha chiesto di te appena ha avuto voce per parlare... ora vai da lui, bambina".

Vengo da te.

Percorro i metri che ci separano in punta di piedi, trattenendo il fiato. Non voglio turbare il sonno di coloro che sono qui. Non voglio che la mia felicità faccia rumore, e disturbi chi davanti a tanta sofferenza annaspa nel buio. All'improvviso mi fermo, mi manca il coraggio, l'ho sempre mutuato da te il coraggio io, dove troverò le parole?

Le gambe rifiutano di andare oltre... rigida come un automa obbligo il mio corpo ad obbedirmi, deve obbedirmi. Anche la voce, gli occhi...

André, cosa ti hanno fatto, chi ucciderò per questo?

Nonostante tutto, sei sempre lo stesso. Devi avermi sentito, hai capito che sono qui, perché sul tuo viso livido fa capolino un sorriso vero e convinto, una frase appena sussurrata che nel vuoto rimbomba come un grido.

"Come sei silenziosa..."

L’occhio sinistro è ferito e bendato e l’altro tumefatto, ma in qualche modo mi guardi e metti a fuoco, tendi la mano verso di me che l'afferro con le mie come un'ancora. Vorrei parlarti anch'io, chiederti se senti dolore, se mi vuoi bene... ma appena sento la tua voce riesco solo a piangere ed invocare il tuo nome, “oh André…” ti bagno il viso con le mie lacrime aspettando che sia tu a dirmi di smettere.

"Non piangere, perché piangi?" Deve pesarti tantissimo, ogni parola uno sforzo più grande, eppure sai fingere bene...”Ehi, non sto mica morendo... non ti libererai di me tanto presto, sai?"

Ti stringo più forte la mano perché solo l'idea uccide me, "certo che non morirai, ma ho avuto paura... abbiamo temuto tutti per te, Alain, gli altri... tua nonna… Stupido ragazzino, che volevi fare senza di me?"

"Mi dispiace, non volevo spaventarti... credevo che due contro uno fosse una cosa ragionevole, poi mi sono ricordato che non c'eri tu a darmi man forte!" Scherzi con il fiato corto, poi il suo viso torna serio, quasi commosso...”Se ora tu fossi al mio posto sarei molto meno coraggioso di te... Sono contento che non sia così... Ma che giorno è, che ore sono?Qui dentro è sempre notte..."

"E' il tredici di Luglio, il sole sta tramontando... non c'è nessuno in giro, c'è un silenzio irreale fuori..."

"Il tredici luglio - ripeti, come per imprimerlo bene in testa - il primo giorno di un'altra vita... da oggi si ricomincia!"

Io penso in silenzio che per me è il primo giorno di vita vera. Quasi senza accorgermene ti vengo vicino e ti sfioro la fronte con la bocca perché ti devo un bacio da parte di Cleo.

"Da parte della nonna per te..."

Tu socchiudi gli occhi e ti porti la mia mano alle labbra...”Da parte mia, per te... Fanne buon uso d'accordo?”

Rimango lì come una stupida, dovrei essere io a rincuorarti... Dal vetro Giselle mi fa strani cenni, ti guardo meglio e mi accorgo che sei stanco, esausto.

La mia ora d'aria è finita... mi tocca andarmene, mi sembra di abbandonarti ma non devo essere egoista o aver paura... Tu ne hai un pochino? Non te lo chiedo, ma tu stringi più forte prima di lasciarmi "Oscar, dì a tutti di non preoccuparsi... e promettimi che non piangerai più..."

No, non piango più... riesco persino a sorridere e a scherzare "Tornerò presto e ti porterò via... riposati finché sei in tempo", prima di rubare un'ultima immagine solo per me ed il mio egoismo selvaggio. In fondo non è stato difficile, sarei venuta a riprenderti fin sulla soglia dell'Ade se necessario.

E poi, si ricomincia. Sono due mesi lunghi e difficili, un assedio, un pellegrinaggio. Non passa giorno in cui io non ti chieda di perdonarmi, ma tu fai anche di più...  migliori più in fretta che mai, come volessi scrollarti di dosso l’idea di aver corso un rischio pauroso, e in un baleno sei riammesso al rango dei vivi.

Io vengo da te ogni volta che posso... lavoro al mattino e di notte se necessario, Elisabeth mi ha concesso la sua comprensione e non solo quella e io ne approfitto a piene mani, mi ostino a pensare di esserti indispensabile. Voglio stare con te perché ogni giorno che passa ha in serbo per noi una sorpresa e io voglio esserci, per incoraggiarti, gioire o soltanto stare in silenzio, ma insieme. Tu sei attento e dolcissimo, sei la mia forza e mi commuovi ogni volta che tendi le mani e mostri orgoglioso progressi e miglioramenti... E così alla sera non andrei mai via da questo posto infernale che ora è casa nostra; rimango a guardarti mangiare, dormire, della tua rinascita non voglio perdermi un solo istante.

Adoro quando siamo soli ma non capita che di rado, capisco a mie spese che troppa gente ha bisogno di te... Uno per volta, in piccoli gruppi sfilano tutti coloro che ti vogliono bene, che hanno pianto per te, che sentono di doverti qualcosa o che tu debba qualcosa ad uno di loro. Che sia una parola, un sorriso oppure una favola. Allora rimango in un angolo, addossata al muro come un arazzo e osservo intimidita quell’andirivieni di sconosciuti così famigliari per te. Hai una vita di cui so ben poco, io che pensavo di essere il centro del tuo universo, che tu ti alzassi e vivessi solo per me. E invece ci sono compagni di corso a cui io non ho mai rivolto la parola che vengono a lasciarti un saluto, l’anziana portinaia con le lacrime agli occhi, il farmacista sottocasa che si è ricordato di quel bravo figliolo che sei, il tuo relatore e i tuoi studenti, persino madame Malluet che ti abbraccia stretto e a mi apostrofa intimidita "signorina", senza riconoscermi. E’ venuto anche mio padre commosso a renderti l’onore delle armi e poi i bambini del piano di sopra, che all’inizio avevano quasi paura di tutti quei tubi e dei lividi che ancora ti segnano il viso... Alain li ha fatti entrare e con il fiato sospeso si sono messi intorno a te ed hanno atteso un sorriso. Solo dopo hanno ripreso abbastanza coraggio ed hanno scherzato insieme a te, si sono offerti di rimanere quando agli altri ospiti viene indicata l’uscita, di leggere per te che per adesso hai un occhio solo come un ciclope.

“Ecco cosa succede a riempirgli la testa di stupidaggini!” Ha commentato Alain ridendo dopo che gli hanno chiesto se il camice che indossa è “per finta”.

No, non è per finta… Alain medico modello arriva prima che inizi il turno e spalanca la porta annunciandosi con gran clamore, “buongiorno guercio!” Poi comincia a girarti intorno, segnando valori e tastandoti come se fossi un manichino… Tu ridi e stai al gioco “ti prego tutti ma non tu, non posso crederci!”, io di nascosto spio la sua espressione per capire se va tutto bene… Non oso chiederglielo perché non mi rivolge che poche parole formali, forse è ancora spaventato, a volte penso che ce l’abbia con me perché ti sto sempre addosso, in fondo ti amiamo entrambi e ci contendiamo i tuoi favori come rivali gelosi.

A volte la sera sfuggo al controllo dei tuoi aguzzini e rimango con te fuori orario per raccontarti la mia giornata, per rendere la separazione più breve possibile… così giorno per giorno passiamo l’estate e festeggiamo il tuo compleanno, guardiamo oltre il confine del lecito perché tu stai meglio, e io respiro di nuovo.

E poi, amore… Un giorno non sto più in me dalla felicità, mi sembra di volare sopra tutto e tutti come una libellula, vorrei correre e gridare… Giselle mi ha chiamato che non era ancora l’alba ma “non potevo aspettare, volevo dirtelo subito… Tra una settimana lo dimettono, può tornare a casa!”

Non posso crederci… E’ tutto passato, finito, un brutto ricordo da gettarsi alle spalle per non voltarsi indietro mai più… non penso che a quello e congetturo di sogni e progetti, costruisco castelli e sorrido agli angeli perché sono in paradiso. Elisabeth mi prende in giro e manca poco che io scoppi a piangere davanti a lei, osservo il sole e vorrei spingerlo a forza nell’altro emisfero perché arrivi l’ora e volare da te, questa sera è tutta per noi. Mentre esco grido un saluto e mi soffermo un secondo a guardarmi allo specchio, mamma mia… Spesso salto il pranzo e le mie cene sono un misto di avanzi e caffè, non perdo tempo a dormire e non sto a sentire Geneviève che un paio di volte ha provato persino a sgridarmi come quando ero piccola… Sono stanca, patita, un vero spettro ma che importa, al tuo ritorno saprò essere bella come non mi hai mai vista, riempirò la casa di luci e colori e poi chiuderò gli occhi e lascerò che sia tu a condurre il gioco. Arrivo di corsa, mi manca il fiato persino per dirti ciao eppure ho voglia di ridere, scherzare… Tu posi il libro che stai leggendo e mi osservi inquieto, con un gesto mi inviti a sedermi, scrutandomi con severità… per un attimo ho quasi paura, ho fatto qualcosa di male o sei solo arrabbiato con me? Trattengo il respiro e mi attendo di tutto, ma tu allunghi una mano e mi sfiori il viso, impercettibilmente mi faccio avanti ad incontrare le tue dita per prendere quella carezza insperata, arrivo vicino come non siamo stati da tempo…

“Che devo fare con te? – sospiri – Non ti prendi abbastanza cura di te stessa, scommetto che sono giorni che non fai un pasto decente, guarda come sei pallida… Ti proibirò di venire se continui così…”

Che sollievo, è solo questo? Tu devi essere pazzo, non riusciresti a tenermi lontano da te, non lo farai… Ritrovo il mordente e ti sfido “traditore bugiardo, ma non eri tu quello che diceva sempre che sono bella? E pensare che un tempo volevi persino sposarmi…”

Oddio, ma che sto dicendo… Allibita arrossisco e chino gli occhi, tu però sorridi maliziosamente e mi attiri tra le tue braccia, è davvero un sollievo sapere che sei ancora più forte di me.

“Forse hai ragione, lascia che ti guardi meglio…”

Rimango immobile, come ipnotizzata… Ti osservo e sembri diverso, forse il viso segnato o i capelli più lunghi che tracciano il tuo profilo, non so… Lo sguardo fermo e deciso e in fondo una punta di amaro… Sei cresciuto, sei un uomo… Mi lascio vincere e soggiogare da te, desidero stringerti e tu non sai quanto, ma la cattiva coscienza mi ferma e punto le mani, trovo una cosa qualsiasi da dire "E così torni a casa eh?" Divago e distolgo il viso ma tu segui paziente le mie evoluzioni, non mi lasci fuggire...

"Pare di sì... Sei  contenta di riavermi tra i piedi?"

Contenta? Ho paura che tutto scompaia come in un sogno, così poso il capo sulle bende che ti stringono ancora il petto e sospiro con gli occhi chiusi che con te andrei ovunque, per sempre. E’ una strana serata di quiete in cui anche il tempo sembra obbedirmi e rallenta... e nel silenzio tu bisbigli perché io sola possa sentirti “Oscar non temere… Non potrò mai dimenticare la tua vera bellezza... In questi mesi non c'è stato un istante in cui non abbia pensato a te... Penso ogni giorno che sei la cosa più bella che io abbia mai visto... e che voglio sposarti..."

La seconda volta che me lo chiedi... Che meraviglia... Compiaciuta ed emozionata alzo il viso di scatto, mi mancavano tanto i complimenti gentili che sai insinuare tra un gioco e uno scherzo, in un attimo ho gli occhi pieni di lacrime come una bimba… Il dolore mi sembra solo un ricordo lontano, vorrei dirti così tante cose e invece scendono solo lacrime, e ancora lacrime… E’ il primo pianto vero che mi concedo da quasi due mesi ed è meraviglioso che sia per l'emozione di stare con te.

“André tu sei tanto caro e io…”

“Non piangere – mi chiedi quasi pregando – non piangere, è tutto passato…” Posi appena le labbra sulle mie sfiorandole gentilmente, quasi fossimo due adolescenti timidi al primo appuntamento e mi rassicuri con un sorriso che scivola dentro e mi soffia aria calda sul cuore… Se fai così non troverò mai il coraggio di dirti quello che sento e mi preme in gola, André lascia che io dica di sì una volta per tutte...

“Ma bene! Signorina, così me lo soffoca…”

Sobbalzo e il mio cuore perde un paio di colpi, perché qui dentro tutti gridano sempre? Dovrei vergognarmi ma tu inizi a ridere e io non so fare di meglio che ridere insieme a te, mentre tieni a bada l’infermiera di turno che ci osserva fingendo impazienza, le mani sui fianchi e l’espressione benevola… “L’orario di visite è passato da un pezzo lo sa?”

Accidenti… Non mi viene niente di intelligente da dirle ma mi tu precedi tu e sfoderi il fascino del bravo figliolo, con quell’espressione innocente potresti comprarti un esercito e non solo la compiacenza della caposala… “Avanti signora, non ci sgridi… Ci stiamo solo salutando, io e la signorina… Vero?”

Ti diverti a prendermi in giro? Balbetto qualcosa di inutile ma tu non molli la presa e mi baci con più convinzione, ora credo davvero che morirò… O forse no… Mi lasci dopo un minuto lunghissimo e sussurri “Ora vai a casa, da brava… Promettimi che ti comporterai bene strega, io prometto che ti sognerò…”

Decido di immolare la mia dignità tutta d’un fiato e ti bacio anch’io, per dimostrarti che odio arrivare seconda… Mi stacco da te con noncuranza composta, me ne vado ma sarà solo per poco… “Certo che mi sognerai salame, sarà meglio per te!”

L’infermiera osserva perplessa il nostro teatrino, poi scuote il capo “Strega? Salame? Ma cosa mi tocca sentire, ai miei tempi c'era più rispetto! Ah questi giovani…”

Giovani, insomma... In fondo è vero, il nostro è un amore giovane e molto inesperto. Ti osservo ancora un istante e saluto attraverso il vetro ma all’improvviso una strana paura mi prende lo stomaco... E se domani non arrivasse, se non ci fosse un domani per noi? Non voglio lasciarti, non voglio andar via… Voglio restare con te, e se non dovessi vederti mai più?

Mi do della stupida mentre cerco di dominare il tremolio che mi fiacca le gambe... in fondo sono solo i miei nervi un po' sfilacciati, non c'è niente di cui preoccuparsi. Sorrido all'infermiera e mi dico che ho una promessa da mantenere, andrò a casa e dopo tanto tempo mi rilasserò e penserò a te amore... Sollevata affronto l'ultimo corridoio ma inconsciamente rallento la marcia alla vista di un'ombra scura che mi si para davanti sbarrandomi il passo... Poi sorrido a quello che credo un amico.

"Ah sei tu Alain... che succede?"

Parole come proiettili... Colpita a morte più volte barcollo e fuggo via, mentre il suo grido rabbioso mi insegue.

"Vattene, vattene via!"

Da quel momento, non vivo più. Ma corro a perdifiato verso il nulla, con gli occhi chiusi e i pugni stretti.

Amore... Il resto, lo conosci.

A casa, la nostra, non sono più tornata se non per pochi minuti febbrili, arraffando oggetti e vestiti a caso come una ladra... Poi ho iniziato un pellegrinaggio folle, casa mia, mia sorella, mio padre... per ultima, nonna Cleo... Sì amore, non avrei mai potuto andar via senza vederla, senza spiegare perché lo facevo... E davanti a lei ho confessato quello che non ho detto e non dirò mai a nessuno, le parole che non ho gridato ad Alain mentre mi accusava... Che se andavo via non era per paura di amarti o di essere amata da te... Ma solo per non farti soffrire, mai più.

"Nessuna donna lo amerà mai quanto me nonna, devi credermi... Ma devo andare via o la prossima volta potrebbe essere peggio..."

Alain aveva ragione... E' colpa mia, tutto quello che ti è accaduto è stata colpa mia... Io avrei dovuto capire... Quella sera avresti dovuto essere a casa ad ascoltare le mie scuse, a guardarmi piangere d'amore per te... E invece eri fuori a calpestare la notte, a cercar cause perse, ad annegare la rabbia prendendoti gioco della tua stessa vita ed ero stata io a mandarti a morire! Io, così arrogante da pensare che il mio dolore fosse più importante del tuo, con una sola parola ho saputo costringerti ai confini della ragione, a fare quello che tu, onesto e discreto, non avresti mai fatto... Sei rimasto per anni accanto a me silenzioso e tenero, ed io non ho saputo far meglio che colpirti il viso ogni volta più forte ed allontanarti, sicura che saresti tornato come se nulla fosse mai stato. Da sempre sono il tuo tormento peggiore, da sempre la mia superbia si ciba della dolcezza del tuo sorriso... ho sempre pensato che tu saresti rimasto con me nonostante tutto e che ai miei torti avresti risposto con il tuo perdono di innamorato, che non avrei mai avuto debiti con te. Ma ogni volta che hai pianto, è stata colpa mia... ogni volta che hai messo in gioco qualcosa, la vita o anche solo l'onore è stata colpa mia... e la prossima volta sarebbe ancora colpa mia, perché al sicuro vicino a te potrei credere di nuovo che la tua vita mi appartiene, che è un mio diritto calpestare te e chi ti ama senza pietà.

Alain aveva ragione, ora lo so... E solo per questo a capo chino davanti a lui mi dichiaro sconfitta. Pronuncio da sola la mia sentenza, la condanna è scritta... La mia punizione è terribile ed è appena iniziata. Devo rinunciare a te, André

Non so cosa ti ha detto la nonna di tutto questo, non importa che tu sappia di Alain... Non mi importa di niente, non è importante. Il tempo in cui distribuire colpe è passato, ora non ho più crediti verso la vita né verso di te, andarmene è stata l'ultima prova di orgoglio di una speranza furtiva, subito morta.

Il male che ho fatto lo sconto ogni giorno che passo lontana dalla mia vita, a fingere che è tutto normale... Faccio la brava e declino ogni notte le stesse parole per svegliarmi al mattino con gli occhi pieni di lacrime, l'unico dono che ancora profuma di te.

E tu amore mio, chissà cosa pensi di me... Tu che non sei mai fuggito di fronte alla vita ed alle sue prove peggiori, chissà se ti domandi mai cosa faccio, come vivo... Chissà se pensi mai a me... Oh André non dimenticarmi, ti prego... Odiami se vuoi, compatiscimi se ci riesci, prenditi gioco di me come facevi una volta... se non potrai perdonarmi l'accetterò, ma ti scongiuro... Non dimenticarmi André, non dimenticare.

 

 

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pubblicazione sul sito Little Corner del dicembre 2009

 

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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[1] “la notte è un’amara compagna”, verso che prendo in prestito da una delle canzoni del musical “Francois Versailles Rock drama”, musical in due atti di A. Palotto, versione 2009.

[2] Questa è la storia vera di Rubino, il cagnolone adottato anni fa da due miei carissimi amici che lo scelsero apposta tra “gli ultimi” e gli regalarono una vecchiaia fatta di amore pappa e tante coccole. Ciao Ruby

[3] Publio Ovidio Nasone