Il signore del mare

parte I

 

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"... ha provato a perdersi nel mare e nel cielo della Normandia ma gli occhi sfuggivano, troppi colori violenti, facevano quasi paura... è tornata di corsa a cercare un posto per rintanarsi e stare tranquilla, quel bagno di libertà l'ha fatta sentire piccola e sola...”

                                                                                                                      "da Fast and Furious"

 

"L'abisso"

 

Mi è sempre piaciuto il tuo giardino... non è come quello della mia casa, un giardino di gesso in cui gli alberi vecchi di secoli chiudono il cielo con le loro fronde, oscurano il sole di giorno e le stelle la notte, e calpestare l'erba è proibito... questo è piccolo e raccolto, un solo sguardo lo abbraccia e lo accoglie senza fatica, c'è luce ed è così facile stare vicini, qui. Quella panchina laggiù sotto la vecchia quercia, mi ricordo che mi raccontò lei che era il suo trono per "riposarsi", diceva, e forse non ci si è mai seduta... ci sono le rose, le tue e le sue, e un profumo sottile che mi ha sempre fatto venire voglia di piangere senza sapere il perché.

L'ho capito lontano da te. Perché è il tuo profumo, l'avevi addosso da sempre e io ne ero stregata, ormai... ma non lo sapevo, tu sì forse e provasti anche a dirmelo senza riuscire a far breccia nel mio cuore testardo. Ci provò lei, e io non le diedi ascolto, convinta com'ero che fosse meglio per tutti, che io stessi lontana. Per non far male, per non permettervi di farmi del male.

Il male più grande l'ho fatto io, a lei che non c'è più. Non volevo crederci, non volevo crederti, non ho creduto nemmeno alla tua voce rotta di pianto quando mi hai detto tre scarne parole, fredde come il marmo di quella lapide che la protegge da tutto ormai. "Lei è morta", e nient'altro. Lo sapevi che avrei capito, è solo che forse non pensavi che avrei avuto il coraggio di rompere i sigilli alla promessa che feci anni fa, e che sarei tornata. Ma alla morte ed ai suoi fantasmi non è così facile chinare il capo, ed ho preteso che fosse soltanto un incubo. Ho bussato alla tua porta, ho visto il il tuo viso spezzarsi tra le lacrime, il dolore invaderti e scorrere nelle tue vene al posto del sangue, gelido come l'acqua del mare. E mi sono sentita morire, affogata anche io dallo stesso dolore.

Sento, da lontano, le note de "La vie en rose" sfumare placide e colorare il tramonto, qualcuno che ride piano, il profumo della torta che cuoce nel forno... è stata lei a volerlo così, potrei giurarlo, per lasciarci tutti col dubbio che non sia vero, che tra un po' farà capolino prendendoci in giro, ridendo che abbiamo scherzato.

No, non è uno scherzo, lei era serissima quando ha scritto cosa voleva da noi, in questo giorno di saluti e di arrivederci che sembra non voler mai finire...

"Ricordatemi con gioia e serenità, o non ricordatemi affatto".

Nonna, nonna Cleo vorrei accontentarti e non ce la faccio... una lacrima, un'altra, oh nonna perdonami. Ma non temere, sto piangendo per me, per me che ho sbagliato e forse non avrò più scampo, stavolta.

"je ne regret rien...” tu forse puoi dirlo a testa alta, ma io?

Lo sto guardando da lontano, il nostro ragazzo, lo sai? E' bello, bellissimo, gli occhi dolcissimi e tristi, ha pianto anche lui come me senza farsi notare. Ma non tra le mie braccia. Ha preferito farlo da solo volgendo gli occhi ad un punto lontano, all'infinito, con una donna al suo fianco che gli tiene affettuosa una mano sul braccio, e non sono io.

"Abbi cura del nostro André", mi hai detto un giorno... lo spartivi con me, tu non sei mai stata gelosa; io risi e mi permisi persino un rossore, pensando di nascosto da tutti, anche da me che se avessi avuto i suoi baci e il suo amore alla sorte non avrei chiesto altro. E invece no, alla sorte ho riso in faccia, a voi ho voltato le spalle.

Non ho avuto cura di lui nonna, ora cosa ne sarà di me?

Mi sento svenire, vorrei morire. Perché d'amore non si muore, ma per chi l'amore lo irride e lo sfugge, pensando di esserne immune è prevista una sola tortura. Il male di vivere tutta una vita cercandolo senza trovarlo, in esilio come una che ha fatto naufragio e ora a stento trascina se stessa alla ricerca di un tempo lontano in cui era felice, con lui.

Rincorro la vita che era, prima di tutto. Mi scoppia il cuore e lui non è qui.

Puoi anche non credermi ma il mio amore per lui è lo stesso di sempre, forse di più. E la paura di non saperlo amare come voleva, come merita... Puoi guardarmi negli occhi senza odiarmi, davvero?

Guardami amore, solo un attimo. Sento il sale delle mie lacrime sulle labbra, sto affogando come tanti anni fa... ma tu questa volta non verrai a salvarmi.

 

"Naufragi"

  

"Due... tre... quattro..."

Ancora uno, avanti...

"cinque... sei..."

L'acqua è già così fredda, quest'anno... un altro passo, un passo ancora e arriverà alle sue labbra, sfiorandole e bruciandole di sale...

"sette... otto..."

Un passo, un altro... il naso, non può respirare e la paura già le serra il petto...

Via, esci, esci di qui... la respinge quella massa liquida e gelida, non la vuole con sé.

Obbedisce, con il capo chino...

Non ce la faccio...

 

Ogni anno la stessa storia...

Meno male che in questo posto non viene mai nessuno... del resto, a fare cosa? E in questa stagione, poi...

Odio il mare a fine estate, quel senso di abbandono e desolazione che la brezza disegna sulla sabbia... sui solchi lasciati dalle onde di schiuma salata, e sul cuore...

Odio il mare, farei bene a dire... la mia punizione, la mia croce, il mio nemico peggiore... vorrei vincerlo e invece mi vince ogni volta, ogni volta una nuova sconfitta... Ho un anno di più e sono sempre la stessa, il disonore della famiglia, la delusione di mamma, la rabbia di papà.

E soprattutto, non sono lui.

Sono nata il Natale di quindici anni fa, in una notte scura, senza stelle e senza speranza. Chi ha assistito ha raccontato del parto in casa, antica tradizione della mia famiglia, della lunga attesa di mio padre e delle mie cinque sorelle... dell'ultimo cupo lamento di mia madre, e del grido strozzato di mio padre quando l'ostetrica gli porse il roseo fagotto...

"No, non doveva accadere...”

E' accaduto, sono nata io... e per quelle poche parole strappate a fatica alla nostra governante per anni ho creduto di essere nata figlia del fato e dell'errore, di una scintilla scoccata per caso e per caso lasciata a bruciare, di un attimo di esitazione... troppa la distanza tra me e le mie sorelle, troppa la loro indifferenza mista ad una strana pietà per me...”Vieni qui povera piccola" mi disse Geneviève, la maggiore, il giorno del suo matrimonio salutandomi tra le lacrime mentre lasciava per sempre la casa avita... e io interdetta a lasciarmi abbracciare e baciare, a farmi bagnare del suo pianto...

Perché povera piccola, pensavo...

Certo, quando mia madre ebbe lei aveva poco più di vent'anni, era una giovane donna piena d'amore e di buoni auspici... quando nacqui io ne aveva quarantatre, ed era spenta al richiamo della vita, e per quella lunga fatica durata nove mesi, anche a me.

Ma io che non potevo saperne niente all'inizio ho trovato la cosa buffa, divertente... mi sentivo un folletto piovuto dal cielo a rallegrare la quiete di questa antica dimora, con l'eco delle mie risate lasciata a risuonare a lungo nei corridoi da troppo tempo condannati ad uno strano silenzio irreale.

E invece no, il silenzio è reale, il dolore è reale... io forse no. E non c'è mai stato il tempo per ridere, non ho mai avuto il permesso di farlo... perché se è solo un caso strano il fatto che io sia nata e sia qui, è dramma vero, e sofferenza vera che io li abbia illusi tutti. Io sono stata voluta e cercata e implorata al cielo e agli dei, ma nascendo ho schiantato speranze, ho gelato sorrisi e spezzato cuori, ho afferrato avida i sogni di tutti e li ho chiusi in grossi bauli borchiati, nascosto le chiavi... perché non è me che volevano, ma un altro lui. La mia colpa è senza remissione, la pena che devo scontare un'intera vita da vivere schiacciata dall'ombra del passato fulgido di un altro.

Perché non sono lui.

Eppure sono nata per rimpiazzarlo, per essere tutto ciò che lui non ha avuto il tempo di essere, per crescere come lui non ha avuto il tempo di fare... Colui che mi chiude la bocca e mi toglie l'aria per respirare, colui che mi opprime rubandomi i sogni e chiedendo ogni istante di più di ciò che gli spetta... Colui che non voglio essere e non sarò mai.

Un figlio maschio, mio fratello.

Da piccola vedevo le sue foto sparse un po' in tutta la casa osservarmi, spiarmi... e credevo che quella fosse soltanto un'altra me, solo più grande... invece no, è la mia nemesi ed è appena iniziata.

A volte piangendo nel sonno gli chiedo "Cosa ti ho fatto, cosa vuoi da me? Mi hai già tolto tutto, ti sei preso l'affetto di mamma e papà, le mie passioni e i miei sogni, il ricordo e l'eterno rimpianto, persino il mio nome è solo un ricordo del tuo... cosa altro vorresti?"

Ma lui non risponde, non lo farà mai... e io rimango lì a mani vuote a chiedermi quale sarà il prossimo errore che mi vedrà crollare ai suoi piedi, sotto lo sguardo deluso di nostro padre. Perché per lui suo figlio è sempre stato perfetto, lui non ha mai sbagliato, la sua vita è stata un razzo sparato in cielo, un bagliore improvviso... la luce, e poi il niente...

Niente potrà rompere questo incanto, niente potrà turbare la perfezione, niente di niente.

Lui non è più di questo mondo, ma vive una vita perfetta e senza ombre nel cuore di tutti... al mio posto.

Lui è morto.

Se fosse qui, sono sicura, gli vorrei bene, e forse mi amerebbe anche lui... avremmo giocato e riso da piccoli, diviso emozioni, io avrei cercato il suo esempio, lui sarebbe stato una guida, un compagno, un complice... sarebbe stato dolce e affettuoso, mi avrebbe protetta, lo avrei esaltato, sarei stata gelosa delle sue fidanzate, mi avrebbe accompagnata alla mia prima festa lasciandomi sulla soglia con un po' di apprensione, dandomi un bacio lieve sulla fronte e dicendomi "Allora a che ora vuoi che venga a prenderti?" , e le mie amiche mi avrebbero circondata curiose, a chiedermi di quel ragazzo bellissimo e dolce, con i capelli biondi e gli occhi color fiordaliso come i miei... il ragazzo più bello, il migliore del mondo, mio fratello.

Invece no brutto stupido, sei morto e hai lasciato che io nascessi, e ora devo combattere le tue battaglie e sognare i tuoi sogni... mi hai lasciata da sola e ora io come faccio...

No, non è vero niente... Se tu fossi qui, non ci sarebbe mai stato bisogno di me, e io non sarei mai esistita... Toccherebbero a te i rimproveri e gli sguardi delusi, e le frasi non dette che fanno male... che dicono e ripetono fino a stordirmi che tu eri migliore di me.

Quando penso così allora davvero ti odio e vorrei non essere mai nata.

Dio, quanto dura una vita?

 

 

Pierre la scruta perplesso... è qualche giorno che la tiene d'occhio, quella ragazzina bionda e ossuta, e vorrebbe dirle qualcosa, ma non osa... solo borbotta da dietro il bancone del piccolo chiosco, che non dovrebbe fare così, l'acqua è fredda e si prenderà un malanno...

Anche Liliane, sua moglie se ne sta lì con il cuore in gola, con la paura ogni volta di vederla sparire, sembra così gracile...

E' uno strano pellegrinaggio, iniziato da qualche settimana, da quando le spiagge si sono svuotate e la gente è tornata in città...

Arriva ogni giorno, sbuca all'improvviso, guardinga. Controlla che non si sia nessuno, e come potrebbe con il vento freddo che da giorni ha cacciato l'estate? Ma a quanto pare a lei non importa, anzi sembra felice che la spiaggia solitaria la accolga così, senza un saluto.

In fretta disfa la borsa, metodica, come in una recita mandata a memoria... il libro, i vestiti piegati, le scarpe ben appaiate.

Poi comincia il rito... si avvicina cauta all'acqua che spinta dalla brezza schiaffeggia la costa, e senza far caso agli spruzzi si avventura, lenta, è quasi una danza... un passo, un altro, invita l'acqua quasi a sommergerla. Ma non accade, anche se Liliane le prime volte ha avuto paura... non sa nemmeno lei di che cosa, ma c'è qualcosa negli occhi di quella bambina che misura tutto il dolore del mondo... dolore, paura, solitudine...

Pierre è più grande di lei, ha capito... l'ha vista contare i passi, fino a spingersi al limite, fin dove l'acqua tradisce e cambia le regole, appanna la vista, trasforma i rumori in eco lontane...

"Ha paura dell'acqua…" Ha commentato un giorno, osservandola... poche bracciate e poi annaspa insicura, si affretta verso la riva come se il mare scottasse o la respingesse... e rimane lì in piedi a fissarlo con odio, timore...

Come se avesse scontato la pena ritorna al suo piccolo rito... si cambia, si asciuga, ripone con cura il costume un po' piccolo per lei, e china la testa sul libro. Ed è più serena, quasi contenta, il sole al tramonto fa splendere l'oro scuro dei suoi capelli, il vento li scompiglia giocando a disfarle le trecce ricurve che li imprigionano... e lei lì, assorta, persa in chissà quali parole, le labbra socchiuse come in un bacio lontano...

Tra poco se ne andrà, è quasi ora... Lil sospira, sospira il suo cuore di madre dal ventre sterile... e vorrebbe poterla conoscere, allungarle la mano, scaldarla, il vento le sembra più freddo mentre la osserva raccogliere in fretta le ultime cose avvolta in quell'accappatoio troppo corto che le si appiccica addosso e disegna il corpo senza forma né curve, severo come la sua espressione. Svelta e precisa raccoglie i capelli ondulati in una coda tirando e serrandoli senza pietà. L'ultimo autobus, e con lui sparisce nella penombra di questo crepuscolo di fine estate.

Lil sospira di nuovo, ma lo sa che lei tornerà domani.

E si domanda se domani si parleranno.

 

 

Da qualche giorno ha compagnia, la ragazzina... sembra incredibile che qualcuno abbia avuto la stessa idea, eppure è così...

E' un ragazzino con i capelli neri ricciuti e impertinenti, e compare dal nulla come fosse un folletto.

Come lei è solo, come lei arriva armato soltanto di un libro e un po' di follia...

E' così diverso, lui.

Lei è triste e ce l'ha con il mondo, lui il mondo lo ama... si vede da come di muove, da come corre incontro al mare e alla vita... lei la teme l'acqua, lui la sfida e la vince guizzando e irridendo le onde, come non fosse un essere umano, ma il signore del mare.

Si guardano da lontano, ogni giorno, si studiano... lui è aperto e amichevole, lei sospettosa e lo scruta da sotto quando pensa e spera che lui non se ne accorga. E' davvero uno spasso osservarli, Pierre ha scommesso che presto lui farà il primo passo e le parlerà.

In quanto a lei, altro discorso...

 

 

Quanto manca... meno di un mese e dovrò tornare a casa, e guardare negli occhi mio padre... mi chiederà conto dei miei progressi, mi guarderà dall'alto. Poi scuoterà la testa e se ne andrà, deluso.

Ho paura dell'acqua. Da sempre, da quando ho il primo ricordo di me l'orrore percorre di brividi la mia pelle alla vista di quella massa che ondeggia e pare un serpente, non mi piace quel mondo distorto e privo di suoni, mi sembra di soffocare, ho paura di morire.

Non ce la faccio...

Papà non capisce, non ha mai inteso dar corda a certi sciocchi timori infantili... c'è sempre una spiegazione diceva quando ero piccola, al buio, ai tuoni e ai lampi, non sono niente, sono cose normali e non c'è ragione di temerle. E io a stare male ogni volta che avverto l'odore del sale, mi assale la nausea, quando osservo i bambini più piccoli che beati e incoscienti si tuffano senza remore facendosi accogliere dall'acqua come da un abbraccio materno. Ma io niente...

Eppure odio le sconfitte!

"Lui" ovviamente lo sapeva fare benissimo, rilancia ogni volta mio padre per farmi sentire piccola e stupida. Certo lui sapeva far tutto, a sei anni cavalcava e nuotava e la sua intelligenza oscurava tutti i coetanei... lui, suo figlio...

Allora al culmine della perfidia vorrei chiedere a volte com'è possibile che un ragazzino sagace e brillante si sia giocato la vita in uno scherzo stupido, e atroce...

Forse nessuno gli aveva mai spiegato che non è prudente sbucare all'improvviso davanti ad una macchina in corsa solo per veder sobbalzare il malcapitato povero Jacques, da anni autista di mio padre... probabilmente lui covava da giorni nel cuore la sua bravata, convinto che tutti ne avrebbero riso come sempre, "Ma che bambino simpatico e arguto la nostra piccola peste" avrebbero commentato compiaciuti...

E invece no... e la sua vita è finita così, sotto le ruote di un fuoristrada militare, recisa, bruciata come un germoglio precoce dal gelo... la gioia di mamma, l'orgoglio infinito di papà ridotto ad un burattino inanimato, sordo, cieco... morto.

E il povero Jacques, quasi impazzì per il dolore... certo lui non poteva sapere, non aveva nessuna colpa, se l'era trovato davanti ad un metro e non era riuscito a fermarsi, solo chiudere gli occhi in un grido di orrore... eppure venne "allontanato" dal suo incarico e destinato come un parassita ad appassire in un ufficio qualsiasi...

Io non l'ho mai conosciuto, e quello che so l'ho rubato assemblando come un mosaico segreti carpiti qua e là all'indiscrezione casuale degli altri...

Nacqui esattamente 10 mesi dopo, il tentativo maldestro di ricominciare da dove eravamo rimasti, di colmare in fretta un vuoto come se non fosse mai stato...

Dovevo essere lui, io... che farsene della sesta figlia, un essere inutile, se non è lui?

Certo potrei diventarlo o somigliare a quell'essere perfetto, semidio caduto per caso nel mondo umano, se solo volessi. Per farlo accadere è stato fatto tutto il possibile... educazione rigida e convenzionale, niente compiacimenti al mio essere "femmina", niente giochi allusivi e indulgenti... solo quello che faceva lui, conosco a memoria ciò che non ho mai visto per quanto mio padre s'affanna a ripetermelo con un accanimento inconsapevole e pressante, perfido... e quelle frasi accorate di mia madre che nascondono il ricatto peggiore, il più vile, se rivolto a chi come me non può sottrarsi né fuggire ma solo sentirsi male per quello che è e che davvero non può cambiare...

"Vuoi farlo per la tua mamma? Fallo, se mi vuoi bene... Lui adorava cavalcare, suonava il pianoforte così bene...” a chi interessa se io amo il disegno, se preferirei il violino... vestiti severi e senza fronzoli, severi i giochi, i capelli legati da un nastro in una coda austera, sempre, fin da quando ero piccola perché papà non sopporta che si nasconda il proprio viso alla vista degli altri, se non si ha "nulla di cui vergognarsi"... dritta, come un bravo soldato.

E poi il mio nome... che importa se mi presento al prossimo con un vezzoso Françoise, se non è il mio nome... non tutto...”O." Françoise de Jarjayes, per servire il mondo e far sorridere di incredulità e scherno chi incrocia con me il suo destino... melliflue le compagne di scuola si divertono a declinare ipotesi...”e quella O. cosa sarebbe? Forse Ophelie, o Odette?"

Oscar Françoise de Jarjayes, sono io, perché Oscar era mio fratello, perché lui possa continuare a vivere nella mia ombra...

Ma sono io l'ombra che da sempre combatte una battaglia persa... e ora questo periodo di beata quiete lontana da tutti sta per finire.

Mamma e papà, non li vedo da almeno due mesi, e non sento la loro mancanza. Il medico che mi ha vista nascere ha redarguito mio padre, un giorno, strizzandomi un occhio di nascosto "Vi siete accorti che vostra figlia ha bisogno di svago, di un po' di riposo? Niente libri quest'estate, niente pensieri... sole e aria aperta, e passeggiate!" e senza saperlo mi ha fatto il regalo più bello del mondo, la libertà...

Prima la colonia estiva che organizza il mio liceo ad Arras, la gabbia dorata dei giovani della Parigi bene... ma è così bella la campagna laggiù, la quiete, il silenzio, poter stare in pace e leggere quello che voglio, andare a cavallo al passo senza dover battere i primati degli altri... e dire che le mie compagne la considerano una punizione, la pena per i brutti voti o peggio; per me è il paradiso, ma non lo dirò di certo perché mio padre la giudicherebbe l'ennesima debolezza, e non mi ci manderebbe più. Ed ora in esilio con al seguito soltanto la vecchia balia, in esilio nella villa di famiglia in Normandia... Lontano dagli occhi e dal cuore, potesse il mio esilio durare per sempre... io e la mia tata facciamo le fusa al tramonto ogni sera, mangiamo sedute sul divano fregandocene delle buone maniere e lasciando cadere le briciole sui preziosi tappeti di mamma, guardando vecchi films in bianco e nero... è la nostra fuga dal mondo, mia e di questa vecchia signora per cui sono davvero la sola ragione di vita... per lei che vuole bene a me e a me sola, per lei che l'altro non l'ha mai avuto per sé perché apparteneva a mio padre, e invece fu investita dalla mia nascita come da un uragano perché fu sempre lei a curarsi di me, per alleviare mamma dalla cura di una figlia arrivata troppo presto... quando il dolore occupava il suo cuore e ancora offuscava i suoi occhi e per un nuovo amore davvero non c'era posto.

Per come mi guarda, per tutte le cure ed le mille attenzioni che mi riserva potrei gettarmi nel fuoco per lei.

Ma lei non chiederebbe mai tanto.

Mio padre sì...

Mi vuole perfetta e perfetta per lui non sarà mai abbastanza, mi crede debole se davanti alle sue sferzate abbasso gli occhi... non la vede la rabbia che nascondo sotto le ciglia, i pugni stretti e le unghie a ferire le mani, le labbra contratte perché se un solo suono potesse uscire sarebbe un urlo atroce, terribile...

Gli urlerei in faccia che io non sono quel figlio che ha perso e credeva di poter sostituire e mai vorrò esserlo, che voglio e pretendo amore ed affetto per me e non solo le briciole che restano una volta sfamata la brama dell'idolo[1]... gli chiederei, implorandolo se necessario di far sparire le foto dell'altro per non rivedere mai più il suo viso che sorridendo motteggia i miei insuccessi, e i suoi giocattoli che mamma ancora stringe al cuore ogni tanto, e gli griderei che io sono Oscar Françoise, Oscar sono io che gli piaccia oppure no, e che deve volermi bene come io ne voglio a lui!

Io ti voglio bene papà...

A volte penso, mi convinco che anche lui me ne voglia, che forse se si comporta così lo fa solamente per spingermi a migliorare ed essere forte, a vivere senza avere bisogno di nessuno... perché se ami, se leghi il tuo sguardo e il tuo destino agli altri concedi loro un potere enorme... il potere di farti soffrire e spezzarti il cuore, rubarti l'anima che non riavrai mai più...

Lui ha amato suo figlio ed ora da sedici anni lo piange in silenzio... e non amerà più nessuno pur di non soffrire più.

Ebbene sia padre mio, è la prima lezione che ho imparato e mandato a memoria... non amo, non amerò, e sarò forte come e più di te...

E non soffrirò più se non ti curi di me e non mi chiedi mai come sto, come va a scuola, se ho qualche nuova amica, se sono stanca, triste o felice...

No, io non amerò.

 

 

E' cattivo il mare oggi, fa certe onde che arrivano quasi fino al chiosco dei pescatori... ma non potevo non venire, non ho resistito...

Volevo vederla.

I primi giorni quasi non mi ero accorto di lei, tanto si fa piccola e silenziosa. Io non avevo occhi che per il mare che non vedevo da tanto tempo, e non l'avevo notata. E' stato il mare a mostrarmela, ha allungato le dita curiose fino a lei ed è stato così irriverente da sfiorarle le gambe; lei stava leggendo tutta assorta e si è ritratta in fretta soffocando un grido, spaventata da tanta irruenza.

Ha alzato lo sguardo smarrita, e per un istante ha chiesto aiuto... a me... solo allora l'ho guardata, nascondendo a stento la meraviglia.

Dio, quanto le somiglia... anzi è identica a lei... il viso, i capelli, lo sguardo imperioso con cui ti trafigge...

Come in un sogno a quella immagine se n'è sovrapposta un'altra, persa nel tempo... io, la donna della mia vita e qualche foto... eravamo in soffitta, due mesi dopo il mio ritorno a casa e per divertirmi frugava negli scatoloni traendone vestiti fuorimoda, o provando buffi cappelli. Poi con un gridolino di giubilo da sotto una pila di libri tirò fuori un vecchio album di foto, e me le mostrò con una strana aria solenne dipinta sul viso. Erano ingiallite dal tempo, e ritraevano tutte una giovane con lunghi capelli biondi e gli occhi chiari intenta a sfuggire al fotografo... c'era lei a cavallo, lei in una posa buffa nascosta dietro un grosso salice piangente, lei con una rosa bianca tra i capelli... era bellissima, e glielo dissi, rapito.

"Indovina chi è...”, mi chiese lei ammiccando... la guardai negli occhi e capii lo scherzo, e allora risi abbracciandola forte.

Perché quella fanciulla era lei, era mia nonna.

Ma ora è la stessa che è qui davanti a me... io non posso crederci, davvero.

I suoi occhi... è incredibile, che abbiano quel colore. E' lo stesso colore del mare e scommetto che come il mare sanno cambiare, mostrarsi diversi a chi ha la fortuna di poter scrutare lontano, a fondo... nell'acqua, dentro di lei.

Non stavo più nella pelle per questa specie di miracolo terreno e subito ho desiderato di diventare suo amico, sedermi accanto a lei e raccontarle di questa strana coincidenza, poi prenderla per un braccio e portarla a conoscere mia nonna... quanto mi piacerebbe, in fondo sono qui da solo, ed è sola anche lei.

Lei invece non sembra minimamente interessata alla mia presenza, che io respiri o no non le importa molto... ma io non mollo anche se per ora siamo solo ai preliminari, ed è quasi divertente, è come avere un'amica di penna con cui non parli se non attraverso lettere e cartoline. Così è con lei, solo che non ci scambiamo niente di niente, al massimo qualche occhiata. In fondo sono silenzi speciali, che parlano e mi dicono che le sono molto antipatico.

A volte mentre nuoto mi sento addosso i suoi occhi, mi accompagnano in un misto di rabbia e paura, come se volesse trattenermi e spingermi a fondo allo stesso tempo, e venire con me...

L'ho capito che non sa nuotare, e che ha paura, una paura folle... a volte la osservo e vorrei dirle che non deve averne ma non deve nemmeno combatterla, che facendosi violenza a quel modo l'odierà sempre l'acqua, e sarà sempre peggio...

Ma lei è sempre così seria, è quasi regale nel suo contegno, e così mi limito a scrutarla di sottecchi cercando di attirare la sua attenzione, e lei niente... vorrei andarle vicino e farle un dispetto, soffiare piano su quella ciocca di capelli che sfugge al fermaglio mentre legge e che lei ogni tanto scaccia, metodica, con un dito ... chissà se sorriderebbe...

C'è stato un giorno in cui la pioggia ci ha sorpresi tutti e due, all'improvviso, un temporale estivo. Un attimo e il cielo era tutto nero, un altro attimo ed eravamo bagnati fradici. Ho provato il desiderio di afferrarle la mano e dirle "Corri, vieni con me!" , ma mentre mi domandavo come fare senza spaventarla era già sparita a ripararsi sotto il piccolo chiosco, e io lì come un cretino... allora visto che mi era rimasta soltanto la dignità me la sono presa comoda, ho raccolto le mie cose e il mio libro - fradicio - e mi sono avviato caracollando al bancone, chiedendo alla signora gentile che lo gestisce una bibita fresca...

La signora e suo marito hanno riso... e ha riso anche lei, sono sicura, ho visto le sue spalle sussultare mentre cercava disperatamente di trattenersi e non darlo a vedere...

Hai riso, ho vinto... ora sei in debito con me e ti giuro che non la passerai liscia... in cambio voglio sentire la tua voce, voglio capire se è come la immagino, morbida e pensierosa, appena velata di malinconia, misurata e arguta, brava a dissimulare lo scherzo, l'allegria e la rabbia... e voglio vederti ridere di gusto, di cuore, voglio vederti esplodere e le tue labbra pallide colorarsi...

Vedrai che non mi scappi, sei la prima cosa bella di questa estate, in questa vita che mi è appena stata restituita, e non ho nessuna intenzione di lasciar perdere... sono testardo io, te ne accorgerai.

Ed oggi sono qui e scruto l'orizzonte ad un passo solo da te, che in questo tempo di mare arrabbiato ti sei accoccolata nell'unica chiazza di sole, infreddolita... e ne abbiamo di tempo, ma a me manca il coraggio... forse domanderò al mare di prestarmi un po' della sua tracotanza, di raccontarmi qualcuno dei tuoi segreti, sì... Cercherò tra le onde un dono propiziatorio con cui fare breccia nel tuo guscio, e sono pronto a scommetterlo, prima che il sole tramonti saprò il tuo nome.

 

 

Ma chi è, che vuole da me quello?

E da quando, da quanto tempo viene qui? Non saprei dirlo, non l'ho notato subito... un giorno qualunque ho sentito un brivido strano, e la sensazione di non essere più sola. Ho alzato gli occhi dal libro ed era lì. In piedi, a pochi metri da me... fissava l'oceano con l'aria sognante, sembrava felice. Gli sorrideva persino, come si fa tra amici, quando ci si rivede dopo anni di separazione. Poi all'improvviso si è voltato verso di me, e mi ha rivolto lo stesso sorriso. Era un sorriso caldo come un raggio di sole, un sorriso vero... per me?

Mi sono sentita a disagio... come si può sorridere a una persona che non conosci, di cui non sai nulla... al primo sguardo, così, senza esitare...

Senza smettere di sorridere è tornato a rivolgere le sue attenzioni al mare, come riscosso da un richiamo... in fretta si è liberato dei vestiti lasciandoli in disordine sulla sabbia, nemmeno abbastanza lontani dall'acqua perché non si bagnassero e con il passo affrettato si è diretto verso le onde. Ha aspettato quella più alta ed ha aperto le braccia, come per attirarla verso di sé. Poi si è tuffato.

E' agile, e sicuro... i suoi sono i gesti eleganti e fluidi di chi domina, di chi non si lascia sedurre ma seduce... e pare il signore del mare che chiama i flutti per nome, li ordina e li serra in file come un condottiero, ne scatena la furia per poi richiamarli con un solo cenno...

Non so quanto tempo sia rimasto in acqua, se un'ora, una vita intera... è tornato verso la spiaggia con lo stesso sorriso, mi è passato accanto, quasi a voler dire "è il tuo turno, ora...”

Mi ossessionava il suo sguardo, mentre tentavo di rendergli il pari annaspando senza successo. Quando sono tornata al mio posto bagnata e col cuore gonfio mi ha strizzato l'occhio con un'aria strana, ha raccolto i suoi vestiti fradici e se n'è andato.

E da allora, ogni giorno, lo stesso rito.

Certo lo fa per prendermi in giro, e lo odio per questo... per lui dev'essere pietoso lo spettacolo che gli propino io, mentre impacciata cerco di ripetere movimenti mandati a memoria d'inverno, leggendo libri, o frequentando le costosissime lezioni private volute da mio padre. La figlia di un militare che non sa nuotare, che cosa stupida solo a pensarci.

Una naufraga al cospetto di Nettuno, ecco cosa sono. Ma se pensa di vincermi si sbaglia davvero.

Eppure è stato diverso quando ho sentito la sua voce per la prima volta. E' stato in un giorno di pioggia... in un secondo il cielo è diventato nero e così ci siamo rifugiati tutti e due nel piccolo chiosco, grondanti e infreddoliti. Uguali, così diversi... io intimidita e scura in volto, in un angolo... lui che si è messo a chiacchierare con i due proprietari, e dopo cinque minuti già l'adoravano... poche cose stupide, scherzose... ma dette con tono vivace ed allegro, caldo, che ti entra nell'anima e ti fa sentire, per un attimo, al centro della sua attenzione e del suo cuore. Ti fa sentire che gli importa davvero di te, che non è solo per noia che ti chiede come stai, come è andata la giornata, se stai bene. L'ho invidiato una volta di più, e per la prima volta ho desiderato che mio fratello fosse vivo, e fosse come lui. Con quella voce.

La signora gentile del chiosco mi ha offerto un telo di spugna per asciugarmi e mi ha invitata a sedermi, ha preparato un the caldo per tutti, e l'abbiamo bevuto seduti al bancone, vicini. In silenzio. Allora l'ho spiato di nascosto, per vederlo meglio. L'ho odiato perché ancora ho chiesto al cielo un fratello come lui. Con i suoi occhi, così diversi dai nostri che sono azzurri e freddi, "almeno hai gli occhi di famiglia" dice mio padre da cui li ho ereditati. I suoi sono verdi e luminosi, bellissimi, pieni di luce e di vita.

Un fratello vero, da odiare.

Oggi il mare è scuro e cattivo, ma a lui ovviamente non interessa. Ha aspettato solo un attimo, per capirlo, per farsi pregare; mi ha lanciato uno sguardo divertito e poi si è buttato...

Volevo starlo a guardare all'inizio, cercare di rubargli qualche segreto... analizzare i suoi movimenti, misurarli, tenere il tempo... poi ho capito che forse quello sguardo era di scherno, e di sfida. Perché lui certo pensa che non oserei mai sfidare il signore del mare in un giorno così, con le onde alte a sfiorare il cielo, con il vento che sferza... ti sbagli, non sai quanto ti sbagli. Ho deciso in fretta di dirgli il fatto suo... è un duello e ti permetto di scegliere l'arma che preferisci, che l'agone sia l'oceano parziale con te, nemico con me.

Senza contare stavolta, avrai ciò che chiedi e meriti... non so perché ma non ho paura, voglio solo raggiungerti e batterti.

L'acqua è fredda e sporca, ma non mi importa... devo stare calma, in fondo si tratta soltanto di gesti da compiere senza emozioni... penso a mio padre e stringo i denti, ingiungo alle mie braccia e alle gambe di muoversi a tempo, ed a tempo il cuore, il cervello, il respiro. Lo vedo lontano che ogni tanto si volta e mi controlla, poi vira deciso e si dirige verso di me... a bella posta cambio direzione all'improvviso, non costeggio la riva come faccio di solito ma punto decisa verso il mare. Sento che l'acqua forse mi obbedirà e ne approfitto con le mani ben chiuse scavo, scavo, la lascio dietro di me.

Poi, all'improvviso mentre alzo il viso per respirare un'onda mi colpisce in faccia ed è il caos. I miei muscoli si bloccano e finisco sott'acqua riempiendo la bocca di liquido salato e amaro... no, no, è aria quella che cerco, mi serve l'aria per vivere... invece inghiotto acqua, e ancora acqua sotto, sopra e tutto attorno... perdo il tempo, non vedo più il fondo ma cado. Mi sento soffocare, forse è ora di restituire questa esistenza presa in prestito senza chiedere... forse sto morendo.

 

 

Ma che fa? Ma che fai ragazzina stupida, che ti è preso?

Signore fammela raggiungere...

 

 

"Un istante, ancora un istante e sarebbe finita male... ma che le è preso, dico io...”

Pierre scuote il capo, Liliane ha ancora le lacrime agli occhi per lo spavento.

C'era poco da fare oggi, troppo brutto il mare, troppo alte le onde, e nemmeno i soliti temerari si sono spinti al largo per pescare... la spiaggia è solitaria, ci sono solo "loro"...

Pierre li ha tenuti d'occhio a lungo...”Questi giovani, sempre irruenti - ha bofonchiato perplesso - matti come sono c'è il rischio che si avventurino in acqua...”

Ma Lil ha scosso il capo, non c'è pericolo, sono due ragazzini giudiziosi... come l'abbia capito senza averci scambiato che poche parole Pierre non sa dirlo, ma non si fida...”lui nuota bene davvero, ma lei no, e entrare in acqua in un giorno così vorrebbe dire..." e scuote il capo, significativo.

Non vuole nemmeno pensarci, ma a volte quella ragazzina gli fa paura... ha una strana luce negli occhi, la sua paura è pari solo alla sua cocciutaggine... e l'acqua, l'acqua va rispettata e non solo temuta... lo sa bene lui, e se mai lo scordasse ha sul corpo abbastanza segni che possono ricordargli che significa sfidare il mare in un giorno così. E così è rimasto a guardarli a lungo, in quel duello silenzioso di sguardi che si scambiano ormai da giorni, con lui che la cerca, e lei lo respinge.

"Eh ragazzo mio, è la vita...” ha pensato Pierre ridendo... forse davvero passeranno il pomeriggio a lanciarsi sciarade, in fondo su quella spiaggia ha visto tante storie estive nascere crescere e sfiorire in pochi giorni, quella potrebbe essere l'ennesima. Ma no, lei con quegli occhi taglienti non glielo permetterà mai. E lui con il suo sguardo incoraggiante non lascerà nulla di intentato pur di farle cambiare idea.

"Meglio lasciarli soli no?" Ha risolto alla fine lui, stupito di se stesso... in fondo anche lui li ha solo intravisti in quel giorno di pioggia. Eppure gli sembra tutto così chiaro, così evidente.

Poi è stato un attimo... mentre con Lil controllavano la dispensa hanno sentito qualcuno gridare, chiedere aiuto... si sono affacciati e hanno visto lui in acqua affannarsi, faticare per riguadagnare la riva... come è possibile? Lui è così bravo... Pierre ha tranquillizzato Lil, forse è solo un crampo e senza fretta ha sceso i pochi gradini avvicinandosi alla riva per aiutarlo negli ultimi metri.

Poi ha notato qualcosa di strano... e lei dov'è? La ragazzina bionda, dov'è?

Senza pensare si è lanciato di corsa verso di lui... verso di loro, perché ora li vede, lui la tiene stretta con un braccio attorno alla vita, ma lei è svenuta, e nonostante sia esile è così pesante, è come morta. Lil ha urlato, isterica, ma non c'è tempo per queste cose... Pierre con poche bracciate li ha raggiunti, sono solo pochi metri ma le onde creano il vuoto... il ragazzino ha il viso tirato dalla fatica, sembra stremato... in fretta Pierre afferra lei, gli grida imperioso "Lasciala, ci penso io!", gliela strappa quasi, presto o finirà male per tutti e due. Libero dal peso lui non stenta più, e in un attimo riguadagna la riva, schiantandosi a terra ansante. Pierre è forte e robusto e la trascina fuori in un attimo.

Lil è accorsa subito, inorridita...”Com'è pallida, oh Signore...” E vorrebbe fare qualcosa, invece riesce solo a piangere.

"Aiutalo, portalo dentro!" Le ha ordinato Pierre indicando il ragazzino che tossisce per la fatica e osserva, impaurito, che lei non si sveglia... Pierre la gira, armeggia, è quasi sicuro che sia svenuta per la paura... la schiaffeggia, manovra con le sue braccia, le preme il torace senza tanto riguardo... Ma è così che si deve fare in questi casi...

"Svegliati, svegliati... avanti che ce la fai, respira e svegliati...” Mormora disperato Pierre...

 

 

Quello che è successo non l'ho raccontato a nessuno... del resto, se anche volessi non potrei... non ricordo niente.

L'ultima cosa che ricordo è il sapore amaro dell'acqua, e le bollicine tutto attorno... e le parole dell'istruttore, uno dei tanti che ho avuto, che diceva "Quando perdete il senso dell'orientamento, seguite le bollicine e capirete dove si trova la superficie".

Ma come si fa a ragionare quando la paura ti ottenebra la mente? Quando senti che stai per morire e non sai dire, davvero, se ti dispiace di lasciare questo mondo... e pensi alle persone a cui mancherai, a chi piangerà per te...

Poi non pensi più a niente perché senti che sei solo un animale che vuole vivere, e ti aggrappi a qualcosa... o qualcuno...

E io mi sono aggrappata a lui che mi ha stretto forte, in un attimo mi sono sentita risucchiare verso un punto indefinito, lontano... ho sentito che potevo fidarmi, delle sua mani e di lui, allora ho smesso di lottare... e non ho visto che il buio.

Del resto, so solo quello che Lil, la signora gentile del chiosco mi ha raccontato. Che suo marito Pierre mi ha presa a schiaffi, e fatto sputare a forza l'acqua che avevo inghiottito... e mentre io tossendo mi risvegliavo, lei consolava il ragazzo che mi ha salvata perché continuava a ripetere "E' colpa mia, dovevo stare attento, accorgermi prima che era in difficoltà...”

Hanno chiamato subito un medico, ma quando è arrivato io stavo già molto meglio... ho solo qualche livido rimediato sbattendo contro il fondo, nient'altro... il dolore più grande è un altro.

Lui è andato via... si è asciugato in fretta, si è assicurato che io stessi meglio, e poi ha salutato Lil e Pierre... lei mi ha raccontato che mi ha tenuto la mano, tutto il tempo, senza parlare, accarezzandola dolcemente... poi quando ho cominciato a tossire è scattato in piedi, come morso da uno scorpione. Hanno cercato di trattenerlo, ma lui ha risposto che doveva andare per forza, a casa si sarebbero preoccupati... ed è sparito.

No... non deve, non può andare via così... non ho potuto nemmeno stringergli la mano e dirgli grazie... e se domani non tornasse qui? Non so nemmeno il suo nome!

Questo pensavo, mentre bevevo la tisana che Lil ha preparato... lei mi ha posato una coperta sulle spalle, carezzandomi i capelli bagnati e sporchi con la dolcezza di una madre... e quasi avesse sentito mi ha sussurrato "Si chiama André, me lo ha detto prima di salutarmi... non preoccuparti, se il destino vorrà vi incontrerete ancora, e lui è certo di rivederti! Tornerà domani, vedrai!"

Sono tornata a casa e chiusa nella mia stanza e ho pianto, a lungo... e non per la paura. Io non voglio debiti con nessuno, non posso sopportarlo. Come potrò mai ripagarlo per quello che ha fatto per me... mi ha salvato la vita rischiando la sua, ha salvato questa stupida ragazzina orgogliosa che si è cacciata nei guai per testardaggine... come un fratello ha pensato prima a me che a se stesso...

E io non gli ho nemmeno detto grazie.

La balia mi ha guardata rifiutare il cibo, mi ha chiesto conto dei lividi e le ho spiegato che l'acqua era molto cattiva oggi, ma il signore del mare mi ha salvata... lei povera donna ha raccolto la cena che mi aveva portato in camera sul vassoio, e scuotendo la testa ha sospirato "Purché non sia inedia d'amore, bambina... lo sai che gli amori estivi finiscono con l'estate, e tra poco noi torniamo a casa...”

Amore... ma quale amore balia, è molto peggio.

 

 

Non è possibile, non la sua piccola... pensa, le sembra troppo presto, e poi non è da lei... per certe cose Oscar sembra ancora una bambina. O forse è lei che la vorrebbe ancora bambina.

"Cara è successo qualcosa? Vuoi parlarne con me, se fai così mi spaventi..."

Per tutta risposta, lacrime... sconsolate, irrefrenabili in quel pianto che lei di solito è tanto brava a dissimulare, a trattenere, ma che sembrano scuotere quell'essere fragile come una scossa elettrica... le ha rovesciato addosso uno sguardo sconsolato, ma quando ha tentato di parlare le lacrime sono aumentate.

La stringe forte, come quando era piccola ed aveva paura dei tuoni... la stringe forte e ora spera che sia davvero soltanto un amore estivo da ricordare assieme al profumo del mare.

 

 

Non ho mai avuto tanta paura in vita mia...

"Apri gli occhi ti prego apri gli occhi... svegliati e mandami al diavolo, apri gli occhi".

Avevo freddo, lo giuro. Ma non potevo lasciarla sola, aveva freddo anche lei... la sua mano, le dita contratte, come avvizzite... ma era viva... il suo cuore batteva.

Ho cercato di scaldarla, stringendola piano tra le mie, pareva così fragile, fatta di cristallo.

"Svegliati, svegliati...”

Vorrei conoscere il tuo nome... l'avrei soffiato piano sul tuo viso, richiamandoti a me come in un sogno, da un viaggio. Ma non c'è stato il tempo, non ancora...allora ho frugato tra le tue cose senza pietà, ho afferrato il tuo libro scorrendo febbrile le pagine, e ho trovato un'etichetta sulla copertina...

"Oscar"...

Un ragazzo... un amore estivo, una promessa rubata o che cosa... ma non importa, forse potrebbe servire a venirti a riprendere ovunque tu sia ora...

Oscar verrà presto, Oscar non se ne andrà... e tu?

"Oscar...” L’ho mormorato piano scostandoti i capelli dal viso, per cogliere il tuo respiro, unico impercettibile segno di vita... è colpa mia il peso che ti opprime il petto ora, colpa del mio stupido gioco a cui non sapevi di giocare.

Torna qui, torna da me, ti ricordi?

Mi devi un sorriso...

Poi ho visto il suo petto alzarsi e abbassarsi all'improvviso, ho sentito la sua mano stringere la mia con tutta la forza del mondo, e i suoi occhi guardarmi sbarrati senza vedermi davvero.

Un colpo di tosse, benedetto... e un altro...

Sei viva... spaventata e sgomenta, e viva.

Allora sono scappato... per paura o vergogna non so, ma ho salutato in fretta e sono fuggito... ho lasciato solo il mio nome a parlarti di me, ho preso il tuo libro, che mi parli di te.

Sono un codardo...

Eppure la morte io l'ho vista altre volte, dritta negli occhi.

Me la ricordo, sette anni fa. La via verso il mare con i miei genitori, ricordo la voce di mia madre che intonava "La vie en rose" di Edith Piaf, la canzone preferita della nonna. Poi ricordo un camion enorme, all'improvviso in mezzo alla strada e davanti a noi. La voce di mia madre spezzarsi in un grido, il rumore dei freni, un colpo fortissimo.

E il buio, a lungo. Nero come la pece, soffocante, interrotto da un mare di scintille. A svegliarmi fu l'odore di bruciato, la voce di un uomo che gridava "E' ancora vivo, tiriamolo fuori!"

Ero vivo sì... il dolore mi costrinse ad aprire gli occhi e guardarmi attorno... e vidi in fondo a un cunicolo scuro aprirsi la luce, e gli occhi azzurri di mia nonna riempirsi di lacrime, le sue mani soffocare il pianto, le sue labbra riempirmi di baci.

Ero piccolo, ma capii subito che quello che era accaduto era qualcosa di grande e di terribile, una cosa mostruosa... che io ero vivo ma loro no, ed eravamo soli, io per lei, lei per me. Perché non l'avevo mai vista piangere prima d'ora, per me lei era indomita, la sua forza senza ombre, il suo sguardo sempre limpido.

Che cosa strana... non chiesi nulla. Perché ora non aveva che me... e dovevo essere forte, per lei, e non dirle mai che avevo visto la morte negli occhi, l'avevo vista rapire i miei genitori e portarli lontano. Sentivo che dovevo vivere anche per loro, che niente di quello che mi avevano donato doveva andare perduto. Che il fatto che fossi vivo, non doveva andare perduto.

"E' un miracolo, poteva andar peggio" Sentenziava spesso il dottore visitandomi... ed era vero... in fondo ero vivo e cosciente, avevo solo fratture, un braccio e le gambe...”Ci vuole pazienza, lo rimetteremo in piedi e tornerà come nuovo" Prometteva ogni volta a mia nonna che controllava i miei progressi, i miei lividi, che mangiassi tutto, che fossi allegro. Era mia madre e mia sorella, la mia migliore amica e la mia peggiore nemica... mi leggeva libri e raccontava favole, mi teneva la mano prima delle operazioni perché il lungo sonno non mi facesse paura.

"Io aspetterò qui per tutto il tempo, non avere paura, ci rivedremo prestissimo!" E mi lanciava baci che io chiudevo nel cuore fiducioso. Non ho mai avuto paura, perché sapevo che non avrebbe mai permesso a niente e a nessuno di farmi del male. Al mio risveglio lei era lì, con un sorriso trionfante a dirmi "Hai visto, ce l'abbiamo fatta!"

Già... ce l'abbiamo fatta... sette operazioni, una per ogni anno, e le mie gambe sono tornate come nuove... e finalmente quest'anno, il dottore che ormai mi considera come suo figlio mi ha annunciato che non c'era più bisogno di certe preoccupazioni, che non dovevo più fare medicazioni, che non rischiavo infezioni, non rischiavo più niente... e prima dell'ultimo atto potevo tornare a nuotare nel mare, se volevo...

Siamo scappati come due clandestini, io e la nonna... nonostante le proteste di mia zia, la sorella di mia madre che ha diviso con noi questi anni bui e che allarmatissima ha provato a fermarci ma non siamo stati a sentirla.

La nonna ha guidato tutta la notte, per arrivare in tempo a vedere il sole sorgere sull'oceano.

Abbiamo respirato l'aria fresca del mattino, e ascoltato il rumore delle onde a occhi chiusi.

"Vedrai, sarà come ricominciare - mi ha detto, e ho sentito la voce della mamma dalle sue labbra - ora la tua vita ti appartiene di nuovo, usala bene...”

E io stavo per rubare la vita di un'altra persona. Lei si è sentita sfidata ma io nuoto da quando ero piccolo, mio padre scherzava con me e nel gioco mi insegnò presto ad amare l'acqua, la libertà di sentirsi sospesi, leggeri, in pace con il mondo... lei no, e ce l'ho portata io in mezzo alle onde... se penso che poteva morire...

Per quello sono scappato via oggi, quando lei ha aperto gli occhi... e penso, cosa le dirò domani? Come la guarderò senza vergognarmi?

Mia nonna ha capito subito...

"Di’ un po' giovanotto, cosa devo fare per avere l'onore di sentire il suono della tua voce? E' successo qualcosa?"

No... sì... non lo so in realtà. Spero solo che lei mi perdoni...

 

 

Dall'alto dei suoi settant’anni ha guardato scorrere la sua vita e poi quella delle sue figlie, tranquille, serene, tanti problemi, nessuno in realtà... gli occhi attenti a seguire sua figlia minore, una donna fragile, ma il marito è l'uomo sicuro che ci voleva per lei, di qualche anno più grande, la figura paterna che le è mancata quando suo padre, marito adorato, le ha lasciate rapito da un cuore dispettoso.

La vita continua, aveva pianto quelle parole un giorno lontano stringendo forte al cuore le sue bambine.

"La vita continua", e aveva riso di gioia il giorno che aveva guardato negli occhi la prima volta il piccolo André appena nato...

Sembrava davvero un dono del cielo, era un bimbo dolcissimo e allegro, curioso, intelligente, per niente atterrito dall'ansia e dai mille timori di sua madre, pronto alle piccole sfide del quotidiano, pronto a scherzare, a ridere.

Cleo si era sentita di nuovo giovane e forte, pronta a tutto.

Ma a quello no, no davvero...

Si guarda intorno, la camera di André è la normalissima camera di un sedicenne... libri, vestiti in disordine, dischi alla rinfusa.

Una stanza normale, una vita normale...

E sembra non sia mai successo niente... che sia stato un sogno, anzi un incubo... e invece è accaduto davvero.

E' iniziato per caso, un giorno, il telefono... Cleo ricorda la voce metallica dall'altra parte a chiederle nomi, date, a frugare impietosa tra i suoi ricordi...”Voi siete... ? La signora Grandier, sposata con... vostra figlia? Signora, siamo spiacenti di informarla che...”

Il buio...

Ricorda il volto pallido di quel bambino svenuto sul lettino del pronto soccorso, e sul lenzuolo disteso a coprirlo alla meglio il colore del suo sangue... l'espressione tirata di Giselle, l'altra sua figlia, un medico cui i colleghi non avevano potuto certo mentire o ammannire pietose frasi di circostanza. E ricorda il lamento lugubre e prolungato che era uscito dalla sua gola... sembrava non avrebbe più smesso di piangere, di disperarsi. Sembrava che non sarebbe finita mai.

Sua figlia e suo genero, perduti, finiti, spezzati in un giorno di sole da un gigante di metallo impazzito.

Le lacrime, le conosce bene le lacrime Cleo... le aveva inghiottite tutte perché non c'era tempo per piangere, bisognava combattere, combattere per André e i suoi occhi lucidi di febbre e pieni di domande...

"Nonna perché mi sta succedendo questo, perché?"

Senza perdere nemmeno un battito di cuore aveva ricreato per lui una famiglia attorno a sé, senza fare sconti a nessuno, perché il suo corpo potesse rinascere, e la sua anima concedergli misericordia e oblio... aveva lasciato la bella casa al quinto piano in un quartiere della Parigi vecchia e si era trasferita in periferia a casa di Giselle, era necessario sacrificarsi, e lei avrebbe sacrificato tutto, tutto pur di stare vicina al nipote. Perché dire di un altro che è "orfano" fa male al cuore, ma esserlo ti apre il petto, e lo senti sulle labbra il sapore del sangue, il rumore del vuoto che ti risuona dentro quando pensi che forse un cuore non ce l'hai più.

E' stato orribile... più volte sul punto di perderlo e di perdersi tutti... il dolore rende cattivi ed amari, come bestie pronte a sbranarsi.

Come ne sono usciti, quasi fatica a ricordarlo... malconci certo, e pieni di segni che non andranno mai più via... i nervi fragili di sua figlia che piangendo la sorella ormai ama il nipote come fosse carne della sua carne, i brutti sogni di André. Eppure, sconfitti, hanno vinto alla fine. La salvezza non ha volto né nome, ma ha regalato ad André una piccola, insulsa, enorme speranza che con il tempo e le cure ha attecchito nel suo fisico giovane e pieno di voglia di crescere...

E così l'hanno riportato a casa, debole e irriconoscibile.

Vivo.

Forse salvo.

Ed è incredibile che il tempo, in tanto sfacelo, abbia potuto continuare il suo corso...

André non è più un bambino, ma un ragazzino... è cresciuto nonostante tutto, e se il suo corpo martoriato ha faticato a riprendere il governo di sé, così non è certo per la sua mente, che è la stessa, arguta e brillante... nonostante tutto ha perso solo un anno di scuola, continuando a studiare durante i lunghi ricoveri e le pause tra le terapie e la riabilitazione.

E' riuscito, inascoltati i pianti ed i ricatti affettuosi di sua zia a tornare a scuola quasi subito, ha affrontato con coraggio la curiosità e la crudeltà dei compagni, e peggio degli insegnanti e dei genitori, Perché a volte sembra che non ci sia mai fine alla voglia di chiedere, di domandare, all'avidità di conoscere tutto, anche i particolari insulsi e dolorosi.

Cleo non ha avuto il coraggio di abbandonarlo più... c'è bisogno di lei, c'è ancora bisogno della sua voce imperiosa, dei suoi modi burberi e decisi... così alla fine, le chiavi di casa sua sono finite al sicuro da qualche parte in cassaforte, e lei ci torna ogni tanto, per controllare che la polvere che ricopre i mobili sia al suo posto, per far due chiacchiere con la portinaia; si è portata via poche cose, qualcuno dei suoi dischi di Edith Piaf, e il suo servizio da the preferito... un giorno tornerà, quando le cose saranno tornate "a posto"... e lui ne avrà una solo sua, di famiglia...

Ma c'è tempo, per quello e per tutto. Ora è tempo di gioire, di ridere e scherzare, di vivere anche per loro che non lo hanno visto crescere ma ovunque siano possono essere fieri di lui... per sua figlia che amava tanto il sole al tramonto, per suo genero che soltanto respirando il profumo acre del mare si sentiva vivo davvero. Ha rubato un mese, prima che André affronti l'ultima prova, e l'ha portato a far pace con l'oceano che un giorno, quel giorno, li ha attesi invano.

Solo che oggi è malinconico, André, quasi impaurito... è tornato dalla spiaggia stanco, stravolto, e senza dire niente si è allungato sul letto a guardare il soffitto, come se volesse decifrare un messaggio scritto nelle crepe sui muri, di questa casa stantia presa in affitto da due settimane...

Lo sta guardando di nascosto da quasi dieci minuti Cleo, e da quella posizione le sue cicatrici si vedono meglio, sembrano minacciarla... lui sospira a tratti, qualunque cosa sia è pesante, soffocante, gli sta facendo male...

Vorrebbe entrare e scommettere su un suo sorriso. Ma oggi perderebbe, e allora scommette sulla fiducia, sulla complicità.. sul fatto che in fondo al cuore sa che non hanno nient'altro che l'un l'altra per sopravvivere alla vita che li ha resi un po' più soli, e più vuoti.

Aspetterà, è giusto così.

 

 

Il sole... sembra un miracolo il mondo, oggi...

Mi sono alzata prestissimo, voglio essere sicura di incontrarlo...

Non andar via, non andar via senza di me...

André... aspettami André...

 

 

Ma cosa le ha preso? Cosa le prende, dico io...

Lei lo odia il mare... il generale non vuole sentire ragioni, la spedisce qui come fosse una punizione, la mia povera bambina... e per lei la è davvero, si annoia, non ha nemmeno un'amica con cui parlare. Certo ha me, in fondo è come se fosse mia davvero, l'ho allevata io, ho visto il suo primo sorriso e il suo primo cruccio, ma io sono vecchia ormai, anche se le sue confidenze me le ha sempre affidate, e se deve piangere nasconde il viso sulla mia spalla.

E invece... stamattina si è alzata prima del solito, si è vestita in fretta e furia e poi quasi senza fare colazione mi annuncia che sta andando alla spiaggia, che torna tardi, di non preoccuparmi che mangerà qualcosa al chiosco, mi dà un bacio e sparisce...

Cosa sarebbe questa novità? Oh signore lo sapevo che avevo ragione, deve essere innamorata... e adesso come si fa? Lei è affidata a me, come si fa?

 

 

E ora cosa devo pensare di te giovanotto...

Tu che adori dormire, che fai mille storie e al mattino non senti mai la sveglia oggi ti presenti in cucina che quasi è ancora buio, con l'aria misteriosa e arruffata, e mi annunci che "invece" te ne vai al mare...

Lo so bene tesoro... a cosa devo tante cerimonie? Ti osservo mentre prepari quelli che con un po' di fantasia si potrebbero chiamare tramezzini, una quantità generosissima anche per il tuo appetito da adolescente in crescita... cos'è, colazione pranzo merenda e cena tutto insieme?

Uhm... incredibile, ti ricordi persino dei tovaglioli... c'è qualcosa sotto giovanotto, non vuoi dirmi cosa?

Aspetta, aspetta... due fette di torta? Due...

Oh ma che nonna stupida hai ragazzo mio, che non capisce più niente e non riconosce i segni inequivocabili...

Certo, doveva accadere prima o poi no?

La fetta è più grande è per lei, vero? C'è una lei...

Era lei ieri sera a farti quel viso triste e spento, è lei che stamattina ti ha svegliato all'alba, ti ha obbligato ad alzarti e ora ti regala quell'espressione un pochino persa...

Che emozione la tua piccolo mio... e sono emozionata anche io, e un po' malinconica...

Comincio già a chiedermi come sia, come siano i suoi occhi e il suo sorriso... se anche lei stamattina si è alzata con il cuore in tumulto, se anche per lei tu sei il centro dei pensieri di giorno e dei sogni la notte, se piacerebbe a tua madre, se me la presenterai...

Come corro... e nel frattempo corre il tuo cuore e anche tu, dopo avermi scoccato un bacio frettoloso...

Vivi tesoro mio, vivi e non aver paura dei sentimenti, non aver paura mai di amare né di soffrire... che sono pene dolci queste, lasciano dentro il sapore del rischio che hai corso osando, ma il dolore vero sarebbe quello di non aver osato mai.

 

 

Non riuscivo a dormire, e così sono uscito che l'aria è ancora fresca... la nonna è formidabile, non mi ha chiesto niente ma mi sentivo i suoi occhi penetranti addosso, mi accompagnavano e a tratti rideva tra sé, quello sguardo...

Nonna, nonna... ti spiegherò tutto, promesso, vorrei condurtela qui e lasciarti a bocca aperta... ma prima devo parlarle, e che lei mi parli non è così scontato.

Verrai oggi?

Non mi sono mai sentito così, lo giuro... col cuore che rotola nel petto che pare impazzito, sobbalza, perde i battiti e poi li recupera come in una corsa a ostacoli... picchia forte, fortissimo, quando scendo la scala in pietra che porta alla piccola spiaggia nascosta, e mi accorgo che lei è già là...

E' in piedi con gli occhi socchiusi e non si accorge di me... guarda verso il mare.

 

 

Lo so che sei qui, ho sentito... come un brusio, forse sono i tuoi pensieri... ma non ora, non mi giro subito a guardarti, sto cercando le parole...

Che cosa si dice alla persona cui devi la vita... un grazie pare così scialbo, e banale, e spoglio...

Mi arrovello cercando nella mia mente il modo per farti sentire, capire che ti sono grata davvero, che tutto quello che spesso ho pensato della mia vita insopportabile e che tu non sai l'ho dimenticato in un attimo, in quella tua stretta imperiosa, possessiva. In quel momento la mia vita era tua, ti apparteneva, e tu me l'hai restituita rischiando tutto. Anche te stesso.

"Come stai? Ti sei ripresa un pochino, sono felice di vederti, davvero, anche perché ieri nella fretta mi sono portato via il tuo libro... io sono André".

Mentre io penso, tu parli... quante cose tutte insieme... socchiudo gli occhi come un gatto...

"Ciao André - ti tendo persino la mano e stringo la tua che sta lì protesa a mezz'aria da un po'... - sto molto meglio, grazie... - avanti ringrazialo - io... volevo dirti che...”

"Ragazzi... come siete mattinieri oggi... vedo che state bene, sono contenta... avanti venite, fa ancora freddo, non vorrete prendervi un malanno no? Coraggio, vi preparo qualcosa di caldo...”

 

 

Lil è incontenibile questa mattina... vederli vivi, sorridenti, le pare un miracolo, e ha deciso di festeggiare, festeggiare il giovane eroe e la piccola principessa, come la chiama lei, per via del suo contegno...

Le ha strizzato un occhio in segreto, come per dirle "Visto che è tornato?", e dopo aver preparato il tavolino nell'angolo, quello lontano da tutti ha servito una colazione sontuosa, dolce e salata, calda e fredda, a nulla sono servite le proteste dei due che l'hanno già fatta, che è troppo... li ha guardati con le mani sui fianchi mostrando il broncio delle grandi occasioni e li ha minacciati, guai se non finiscono tutto. Poi però ha sorriso, dolce come il miele e ha carezzato il viso a lui, i capelli biondi a lei...

"Fatevi una bella chiacchierata, adesso... lasciate che il sole scaldi il mondo...”

Vorrebbe mandare via tutti gli altri avventori, mai così numerosi come questa mattina... sarà che l'aria è sempre più fredda e il sole sempre più pigro a far capolino tra le sporgenze che velano d'ombra la spiaggia...

L'estate è quasi finita, ma per loro pare sia appena iniziata...

Li coccola con lo sguardo, li segue speranzosa che succeda qualcosa... qualcosa e non sa nemmeno lei cosa, fino a quando Pierre la riprende bonario "Non vorresti staccare lo sguardo da loro e lasciarli soli... davvero?"

 

 

Non ci credo... che lei mi stia guardando con quegli occhi, e di poterla guardare negli occhi...

Ora che la posso vedere da vicino mi rendo conto che è diversa da mia nonna... mia nonna ha gli occhi che sorridono sempre, lei no... non riesci ad afferrarla nemmeno se ci provi, puoi guardare attraverso la sua anima, e anche oltre, e non essere sicuro di essere arrivato a lei davvero.

E' incredibile, il suo sguardo...

E tutte le cose che volevo dirle mi arrivano giusto alle labbra, e poi rimangono lì a decantare, mi sembrano tutte poco adatte, altre stupide, ma che mi prende? Non sono mai stato timido io... e lei che mi fissa, imperscrutabile, indecifrabile, ma non sembra avercela con me.

Mi sento inadeguato e allora e ringrazio il cielo per le razioni generose di Lil dietro le quali mi posso nascondere.

Non si parla a bocca piena.

Un boccone, un altro... lei mi guarda incuriosita, sembra divertita... la sua espressione muta, si ravviva. Ed esplode, all'improvviso, una risata argentina come la pioggia a primavera... non sembra nemmeno che sia la stessa ragazza di prima.

Sarei io la causa di tanta ilarità? Volesse il cielo...

"Caspita, hai fame davvero... sei buffo, a vederti non si direbbe...”

Rimango lì come un idiota, il cucchiaio a mezz'aria indeciso se affondare il viso nella marmellata o affogarmi. Potrei confessarle che nello zaino ho razioni per un reggimento... Poi scelgo la cosa più semplice, rido anche io... e ridiamo come due bambini per un tempo che pare senza misura... sento la paura che mi saluta, finalmente. E finalmente la guardo, e le parlo.

"Sei arrivata presto stamattina, prima del solito...”

"E' che volevo essere sicura di incontrarti... non volevo correre rischi...”

Qualcosa brilla lontano, nella sua voce... è calore inatteso, una piega gentile che non mi aspettavo; allora mi faccio coraggio e allungo una mano a sfiorare la sua... la ritiro subito, prima che mi sbrani, e pesando le parole come fossero d'oro e d'argento comincio la mia arringa.

"Anche io... in realtà volevo chiederti scusa. Avrei voluto farlo ieri, ma ero così spaventato che sono quasi scappato. Sapessi che paura ho avuto per te...”

 

 

Non crede a quello che ha sentito.

Non se l'aspettava, e le parole che si è preparata e ha studiato quasi a memoria rimangono lì, sospese.

Lui che le chiede scusa, questa poi...

Perché, vorrebbe chiedergli, ti scusi di avermi salvato la vita? Di essere venuto a riprendermi in quel posto freddo e di avermi restituito il sole, il cielo... tutto quello che ho...

Così ora non sa cosa dire e nemmeno dove nascondersi, non può certo scappare. Lascia scorrere lo sguardo su quel ragazzo così strano... ora che può guardarlo bene.

Quegli occhi verdi... e quello sguardo gentile che le ha posato addosso, più di una volta. Rispettoso, quasi timido, quasi volesse usarle un riguardo e non farla sentire aggredita. Lei che si è sentita aggredita e offesa così tante volte, per quel nome così strano, per quel fratello scomodo, per il suo modo di essere, e che ha sempre reagito difendendosi come poteva, chiudendosi agli altri per non lasciarsi ferire... le ricorda le domande curiose, curiosità bambina quella delle compagne, curiosità perfida quella delle madri, dei genitori...

"E' la figlia del generale Jarjayes, vi ricordate? Ne parlarono tutti i giornali, quel bambino che morì in quel modo così orribile...”

"E lei sarebbe... quella bambina?"

"Sì - un cenno degli occhi, la testa appena inclinata - lei è la bambina nata subito dopo...”

Se ci pensa la rabbia le scalda il viso...

Ma con lui è così diverso, dopo tutto. Si concentra sulla sua voce calda e piena di colori quando parla, con lui che quasi il silenzio scottasse celia di mille cose, e dopo quelle scuse inattese le sta raccontando che è in vacanza con sua nonna, che ha sedici anni, che gli piace ascoltare musica e se si svegliasse in tempo la mattina vorrebbe correre incontro al mondo che ancora sonnecchia per poter vedere l'alba, sorprendere il sole che ancora sbadiglia...

Poi aggiunge, e la fissa quasi contrito, quasi scusandosi, che adora il mare, nuotare... fa una piccola pausa e lei finalmente ne approfitta.

"Ma io già lo sapevo... - e lui sembra un bambino colto in fallo, ed è così buffo - che ti piace nuotare... sei molto bravo, davvero, io invece sono un disastro...”

"Ma anche io già lo sapevo... - lui sorride incoraggiante - ma non sei un disastro, hai un'ottima tecnica, il tuo problema è che ti manca la confidenza con l'acqua... - la spia, poi decide di mirare in alto - se tu volessi potrei insegnarti, o almeno provarci... ti andrebbe?"

Questo ragazzo è nato per stupirla... ma rifiuterà, sarebbe troppo e poi in fondo non vuole altri favori da lui, mentre ricorda che ancora non gli ha detto quel famoso "grazie"... schiude le labbra e "Sei gentile, davvero lo faresti? - si scopre a dire, con orrore - se ti bastano tre settimane, poi io tornerò a casa...”

Così senza accorgersene, accetta... ed è bellissimo il sorriso che si disegna sulle labbra di André che lo fa sembrare un bambino felice per quella conquista. Si sente autorizzata a raccontargli qualcosa di sé...senza esagerare, però... e circospetta, studiando le reazioni di lui, comincia a ritroso a parlare di cinque sorelle così tanto maggiori, della scuola che frequenta, quel liceo esclusivo pieno di figli di papà e ragazzine smorfiose... della musica e di come ha imparato a suonare il piano per forza, e solo da poco ha compreso quale potere ha il suono di quelle corde percosse su di lei, quando sola nella sua camera può suonare per passione e non per far felice suo padre, o le amiche di sua madre... del suo cavallo, di come ama portarlo al passo nel parco di casa sua, senza rincorrere il tempo ma al massimo qualche farfalla... che è lì per ordine del suo medico e per concessione dei suoi genitori sola con la sua balia, e le scappa un sorriso pensando che dovrà parecchie spiegazioni alla vecchia signora, dopo...

Lo sguardo fugge sul suo libro che giace dimenticato sul tavolo, e si illumina aggiungendo "Mi piace leggere - e lo indica - anzi rileggere i libri, e scoprirci ogni volta qualcosa di nuovo... quello l'ho letto quasi sei volte...”

Per quella confessione insperata e inattesa sente di doverla ricompensare in qualche modo, lui che ha ascoltato avido ogni parola e gli sembra di sentire, a volte, la nota stonata del dolore e della malinconia... vorrebbe chiederle cosa c'è che non va, cosa la rende pensierosa, ma non vuole farle paura più di quanta ne abbia lui di lei... è solo che quel libro, "I miserabili" di Victor Hugo sembra dargli ragione. Si ricorda che non sa nemmeno come si chiama, cerca un modo cortese per indagare senza chiedere quando lo sguardo accarezza il nome "Oscar" scritto con qualche arzigogolo sulla copertina.

Bingo...

"Allora Oscar dovrà regalartelo, se ti piace così tanto... - con il dito le mostra l'indizio, inequivocabile - anzi potresti usucapirlo!"

Sorride, ma il sorriso si spegne davanti allo sguardo cupo, buio che è calato sul viso di lei... le dita che si contraggono e il cucchiaio cade rumorosamente nella tazza del the, ormai freddo...

 

 

"Come glielo spiego adesso? Cosa penserà?"

Non vuole che la giudichi, nonostante tutto non vuole giudizi sulla sua famiglia...

"Non c'è bisogno... il libro è mio - lo guarda per vedere se ha capito, ma si sente in dovere di affondare il coltello - Oscar è il mio nome... Oscar Françoise, per essere precisa...”

Ora attende, paziente... lo stupore, le domande, la compassione che di solito arriva dopo ad opprimerla come un sudario.

Ma niente, niente di tutto ciò... lui non si scompone, nemmeno un piccolo insulso cenno di disagio. Invece un sorriso, radioso e fanciullesco che la lascia attonita e impreparata... un'altra volta.

 

 

André promette a se stesso che passerà in rassegna quello che ha provato e metterà in ordine le sensazioni, una per una... ma ora si sente un po' stupido e molto felice senza sapere il perché. Veramente lo sa, ma gli sembra una cosa senza senso...

Perché non è un lui, non c'è nessun lui...

"Oscar Françoise è un bel nome, ti sta bene... ti conferisce qualcosa di... sofisticato, diverso...”

Oscar metterebbe una mano sul fuoco che quello sia esattamente ciò che pensa. Ma non riesce a mettere un freno ai suoi, di pensieri...

"Forse è matto!" E’ quello che arriva per primo e si trattiene per non dover ridere di nuovo... di tutti i commenti che ha ricevuto sul suo nome, laconici, maliziosi, perfidi a volte, quello è il più sincero, senza orpelli né maschere, ed è un complimento. A lei, per lei.

"E' un nome da maschio", ribatte cocciuta, quasi scusandosi per quella mancanza... forse ora lui chiederà il perché, spiegazioni... come in un lampo ricorda le amiche della sua quinta sorella, a guardarla curiose... a chiederle "Ma che cos'è? Un bambino, una bambina... Sei un maschietto o una femminuccia?"

E lei avrebbe voluto rispondere "Sono una femmina, vorrei non esserlo... forse mio padre mi vorrebbe bene, allora...”

Invece era scappata via a nascondere le lacrime al buio nello stanzino degli attrezzi.

Ma lo sguardo attonito di André va molto più lontano di tutto...”Beh, nessuno ti scambierebbe mai per un maschio, credimi...” Lo dice tranquillo e deciso, ci vorrebbe un sorriso a condire quelle parole, ma non ce la fa lui stavolta...

Sì, decisamente è matto.

 

 

"Ti piace Hugo?"

Una cosa così, tanto per dire, per riannodare il filo spezzato...

"Mi piace l'idea... il dramma dei vinti, il combattere contro una sorte che sembra già scritta... - lei è tornata serissima, com'è che un sorriso non dura per più di qualche secondo... - è perché mi sembra un pochino la storia della mia vita, già scritta prima che io nascessi...”

Si è fermata di botto... sembra infastidita dai pensieri che gravitano nella sua mente, perché nonostante tutto non vorrebbe ospitarli. Con una mano nervosa scaccia la solita ciocca che sfugge al fermaglio, è troppo corta e le dà fastidio... chissà perché sua madre ha sempre insistito per quei capelli così lunghi, se poi li ha sempre avuti legati e costretti... quasi quasi li taglia corti, come un maschio... un maschio vero, anche meglio di lui, meglio di Oscar.

Sarà l'eccessiva libertà di questo posto, pensa, che mi vengono solo pensieri ribelli... ride tra sé e distrattamente con due dita cerca di costringere quei riccioli ad obbedirle.

Lui tace e la osserva, come affascinato. Poi senza pensare allunga una mano le sfiora appena quei boccoli biondi che incorniciano il viso...

"Li porti sempre legati? - e non aspetta la risposta, che la conosce - peccato, saresti - si corregge maldestro, non sa perché ma meglio evitare i complimenti - sarebbe bello vederli sciolti...”

Che screanzato! André non si riconosce, lei trasecola, ma ormai la partita è aperta... si fa a chi la spara più grossa, a chi ha più coraggio...

E lei ne ha da vendere... con noncuranza, lenta, misurando un gesto ampio nell'aria come quando suona sgancia il fermaglio, e in una pioggia i capelli scendono sulle spalle, lungo la schiena, colmano spazi, sfilano linee affilate...”In fondo che importa - pensa tra sé - sono pur sempre la stessa, non fa nulla il modo in cui porto i capelli o mi vesto. Io sono io, non cambia il mio posto nel mondo... nel cuore degli altri, dei miei genitori...”

Già... sei tu.

E sei bellissima.

André sente il cuore che batte, forte, più forte... è senza fiato perché nonostante tutto non se la immaginava così... i riccioli, perfetti che compongono strani disegni intrecciandosi armonici, poi scivolano e catturano gli occhi, e non sa dove guardare, perché non riesce a non guardarla... e anche il suo viso è diverso, si illumina come svelato da mille raggi di sole.

Pensa che deve sembrare un po' ebete, per fortuna gli viene da ridere al pensiero dei suoi occhi sbarrati stampati in faccia alla malcapitata che cerca di interpretare le mille espressioni che di sicuro scorrono ora sul suo viso...

E' salvo, l'aria torna ad obbedirgli, e con un pizzico di normalità nel sangue riesce persino ad essere spiritoso...”Caspita, come li convincerai a tornarsene buoni buoni in gabbia ora che hanno conosciuto la libertà? - le strappa un sorriso, e così lui torna serio e compunto... - ti stanno bene, ci avrei scommesso...”

Lil da lontano se la ride... è incredibile, davvero incredibile quel ragazzino. Guarda in meno di un'ora che ha combinato... l'ha fatta ridere, l'ha persino convinta a sbrigliare quei boccoli biondi così belli a vedersi...

E' qualcosa, non molto forse... ma Lil crede che sia più di quanto quella ragazzina abbia mai provato in tutta la vita. Si capisce dagli occhi, da come si accendono di meraviglia come solo ora scoprisse che c'è qualcosa di speciale anche per lei.

Spera, Lil, che se ne accorga di quel miracolo che la sta solo sfiorando per ora. Che lo capisca, e non ne abbia paura. Che si faccia coraggio e vi affondi il viso e le mani, respiri il profumo unico e irripetibile che può avere in certi momenti uno sguardo come quello con cui ora lui le sta accarezzando piano gli occhi, e il viso.

In quello sguardo acerbo d'incanto che nemmeno lui saprebbe dire cos'è, in quei gesti che sanno di scherzo e di presa in giro lei che è più grande riconosce inequivocabili i segni. E pregherà che in fondo al loro cuore ci sia già la chiave per interpretarli, che parlino la stessa lingua e si comprendano. Perché potrebbe non esserci in questa vita un'altra occasione , e potrebbe non esserci un'altra vita.

 

 

Per riconoscersi tra mille a volte basta una scintilla, un cenno, un suono...

Io ti ho riconosciuta subito, dal profumo che avevi... sapevi di nostalgia, un profumo sottile e amaro, di baci non dati e carezze non ricevute, di strette di mano solo accennate e abbracci cercati. Di orgoglio, di forza, di tanto coraggio...

Ovunque, in ogni vita e in cento mondi diversi in cui tu avessi fatto naufragio ti avrei trovata, non provare a nasconderti, non pensare nemmeno di poter fuggire...

Perché in ogni vita e in ogni mondo non c'è un solo istante in cui io non ti abbia chiamata "mia".

 

 

"L'importante è avere un metodo", questo le ha detto...

Forse in un'altra vita era un aguzzino...

La balia trasecola e vorrebbe saperne qualcosa di più... chi sarebbe questo "amico?" E se non c'è niente di male perché non invitarlo a cena una sera, ha perfino proposto piena di buone intenzioni...

Oscar inorridendo ha preferito tacere, evitando di doversi chiedere se anche a lei farebbe piacere.

Il mattino è il momento migliore per cominciare. "Potremmo davvero andare a correre - compita, per poi rimangiarsi subito tutto - no, meglio di no, non hai fiato sufficiente...”

Lei con gli occhi cattivi lo ha rimbeccato subito, che lei fa sport da quando è nata, e non ci provi a farla sentire una bamboletta scialba.

L'appuntamento è presto, prestissimo, prima che il sole sorga...

Piano, pianissimo... se la balia si sveglia chi la sente, e poi è anziana ed è giusto che si riposi, in fondo sono in vacanza. Anche se, pensa Oscar, le sembra una scuola militare...

Però è divertente, e lui è proprio simpatico. E' intelligente e brillante, e soprattutto è abituato a dubitare, ad andare oltre... di avere certezze a lui non importa, lui vuole capire, e scinde, sbriciola quelle che per lei sono dogmi per ricomporli davanti ai suoi occhi stupiti, uguali, diversi...

Cambiando l'ordine dei fattori il risultato a volte cambia...

Corrono piano perché per un passo dei suoi ne servono uno e mezzo di quelli di lei. Che meticolosa ha calcolato che se lui è più alto...

"Quanto sei alto?" Gli ha chiesto un giorno, squadrandolo dall'alto per una volta che è lì in ginocchio...

"Abbastanza!" Ha risposto lui ridendo, allacciandosi le scarpe e riempiendole gli occhi curiosi con uno sguardo paziente.

"Abbastanza non vuole dire niente, quanto?" Spazientita, la realtà ai minimi termini non le piace...

"Facciamo così - ora che si è rialzato è lui a guardarla bonario dall'alto, e le sfiora il capo con una carezza - sono alto un paio di sospiri più di te...” Ed è scoppiato a ridere, aspettandola al varco... perché riderà anche lei, è sicuro. Ha imparato quali tasti schiacciare per provocare in lei quella reazione chimica incontrollabile chiamata "allegria" e ne va fierissimo. Ma il tasto accanto è quello dell'orgoglio...

"Però sono più veloce di te!" Gli grida trionfale, ed è già lontanissima.

"Mia nonna mi ha insegnato a lasciar vincere i più piccoli" Pensa lui caracollando tranquillo, tanto lo sa che lo aspetterà, e continueranno a beccarsi per tutta l'andata e il ritorno.

E' incredibile pensare di conoscerla solo da pochi giorni, ora che si domanda che faceva prima, cosa c'era prima di lei...

Nonna Cleo ha preteso i particolari, lei che è stata il suo primo amore si sente deliziosamente prevalicata e non sa se velarsi il capo in segno di lutto o se essere tremendamente felice. Opta per la seconda quando lo sente la sera raccontare i particolari, e si accorge che per la prima volta non le sta dicendo tutto. Perché per la prima volta lui racconta fatti, descrive i luoghi, ma non una parola, non un solo accenno alle sensazioni. A quello che prova, a cosa sente. Ed è quella la cosa che fa più male, la più dolce. E' il segno sicuro che qualcosa sta cambiando, e che lui non sarà mai più quello di prima.

Volesse il cielo...

Il cielo che li accoglie al mattino è ancora buio, ma il tempo di arrivare fino in fondo al lungomare è quanto serve al giorno per nascere.

Oscar non l'aveva mai vista l'alba, e per quello, pensa, gli sarà sempre grata. E' bellissimo, e gliel'ha detto con un sospiro la prima volta, quando con le guance in fiamme e il fiato corto si è trovata davanti allo spettacolo incredibile del mare che diventa d'oro e si incendia, e da quel lago di porpora e fiamme come un miracolo si erge su di loro il sole. Stanno in silenzio, ma mentre lui si sdraia sulla sabbia come un grosso gatto lei non riesce... sente di dover ossequiare tanta magnificenza, e rimane quasi sull'attenti, i muscoli rigidi e lo sguardo rapito e intenso.

Non si accorge che lui la osserva, se si voltasse troverebbe nel suo sguardo la stessa intensità, lo stesso calore. Ma non saprebbe sostenerli, perché non sono rivolti al mondo che rinasce ma a lei.

Ha molta pazienza André, sembra nato per insegnare... del resto la nonna insegnava, ha spiegato... è premuroso ed attento, all'erta perché sa che con l'acqua non si deve scherzare, e che della paura degli uomini bisogna avere rispetto.

"Non temere, io non ti lascio...” Le ripete sempre, mentre tenendole le mani indietreggia verso il blu cupo dell'oceano. Deve imparare a mettere la testa sott'acqua senza aver troppa paura, il mondo non cambia, è solo più buffo. Forse è soltanto che dovrebbe imparare a fidarsi.

Adagio, senza forzarla... a lui hanno insegnato con dolcezza e lui farà lo stesso, lei non merita niente di meno. Le stringe piano le mani quando la sente contrarsi, ed il timore tenta di invaderla. Ma non potrà se lui la difende, vuole che conosca la libertà, che padroneggi il suo corpo come sa domare la mente, e sott'acqua è tutto così facile... non c'è bisogno di troppe parole perché basta un gesto per capirsi, ed i suoni sono dolci e morbidi, il tempo è infinito, forse non esiste il tempo là sotto.

Ma lo deve volere anche lei, non può obbligarla, non sarebbe giusto blandirla. Oggi poi è stata brava, ha permesso al mare di farle i dispetti e sfiorarle le labbra rubandole un bacio.

Nessuno l'aveva mai fatto, prima. Nessuno ha mai voluto farlo né lei ha mai pensato che potesse accadere.

Che qualcuno, come ora, desiderasse ardentemente di rubarle un bacio.

E' abbastanza, per oggi. Il resto può attendere. Ma André no, e così la riaccompagna al sicuro, poi con una scusa sparisce tra le onde e nuota, nuota fino a sfinirsi. Perché non ci vuole credere a quello che ha pensato per qualche istante e l'ha fatto sentire un lupo mannaro, una belva impietosa, anzi peggio, solo un povero sporco essere umano.

Quando per un secondo ha desiderato che essere anche una sola di quelle gocce d'acqua salata che le hanno sfiorato le labbra.

Idiota, idiota... ti sembra il momento, con lei che ha appena imparato a fidarsi di te? Ci tieni così tanto a dimostrarle che sbaglia? Potrebbe essere tua sorella...

Ora va tutto bene, è tutto a posto, può tornare da lei con il migliore dei suoi sorrisi, il più rassicurante. Godersi il suo sguardo ammirato con lei che mormora imbarazzata "Sei proprio bravo, quanto ti odio", e permettersi persino di bagnarla un po', sedendole accanto. Gli piace sentirla vicina, sfiorandola appena, lo appaga quell'impercettibile calore umano che promana da lei, a lui, ancora a lei.

Lui la chiama amicizia, e gli piace tantissimo. Ed è convinto che basti, che basterà.

 

 

A volte piove, ma non è un problema. Abbiamo rimedi per tutto!

In fondo non è così orribile il mare quando c'è burrasca, è solo diverso, scontroso. E' come me quando mi alzo con la luna storta e non mi va di parlare con nessuno, tengo il mondo alla larga e non voglio che nel mondo si parli di me... lo stesso il mare che ulula e geme, sembra un gigante ferito e per paura non ti fa avvicinare. Così ci limitiamo a sederci accanto a lui, come faresti con un amico, quando sai che anche se non te lo chiede è felice di averti vicino, sentirti al suo fianco. E intanto giochiamo, parliamo... ridiamo come due idioti a volte senza nemmeno un perché, e non ci credo che una cosa così stia succedendo a me, in quel posto che prima mi sembrava una galera.

Che ho un amico, quasi non ci credo.

Ieri pioveva da star male... mi ha strappato a fatica la promessa che sarei venuta lo stesso, non sono riuscita a dirgli di no. Ma ho poltrito più del solito, e così dandomi della stupida mi sono infilata l'impermeabile, quello di tela cerata e ho persino evitato di prendere l'autobus... ho corso, ho pensato "sono in ritardo...”

Ma in ritardo per cosa, non ho mica un appuntamento! Però non è gentile farlo aspettare, meglio muoversi.

 

 

Piove a dirotto e c'è un tempo da lupi, ma è riuscito a convincerla a venire lo stesso. Anzi, lei deve persino aver corso per non tardare. André trionfante ha frugato nel suo zaino, e ha tirato fuori il modo per passare indenni la mattina, e il pomeriggio... André ne sa una più del diavolo, anzi forse è il diavolo è in persona.

 

 

Era il mio "kit da sopravvivenza" in ospedale. L'aveva comprato la nonna, per aiutarmi a passare il tempo e non farmi sentire il male.

Gli scacchi, le carte, le sciarade... tutto purché non dimenticassi in quel mondo fatto solo di dolore che ero un bambino, purché non dimenticassi i miei diritti

Di vivere, e di tornare ad essere felice.

Io giocavo sempre, ovunque. A volte giocavo con lei, e quando non c'era con i miei compagni di sventura... stessa sorte, poche domande e molta comprensione per chi porta sul corpo i segni di una bufera che forse non è ancora passata, e forse non passerà. Qualcuno di loro spariva a volte, nella notte scura per non tornare. Quelli senza il dolore ma con il male perfido nascosto dentro di loro, quello da cui nessuno ti può proteggere e che chiede in pegno la vita.

Non sapevo nemmeno se le piace giocare, ma l'ho portato lo stesso, e quando ho visto il suo sguardo accendersi ho capito che forse, davvero, in un'altra vita le nostre vite erano confuse l'una nell'altra. Quasi senza sedersi, con addosso ancora quel buffo sud ovest in cui scompare per quanto le sta largo ha sistemato in fretta i pezzi sulla scacchiera e poi mi ha guardato con aria di sfida trionfante. Non so perché, ma credo che sarà una giornata lunghissima...

 

 

Avrebbe dovuto immaginarlo, che lei è brava. Studia in fretta le mosse e si diverte ad indovinare quelle di lui, che gioca solo per divertirsi. Lei gioca per vincere invece, con una gioia quasi infantile ogni volta, per tutte le volte che riesce a metterlo all'angolo senza alcun rimorso. Ma anche lui ha vinto, per tutte le volte in cui si è preso, in quei giorni, il primo sorriso del giorno tutto per lui.

L'ultima partita, ed è quasi buio... la scacchiera diventa testimone del tempo che si congela, affidata alle mani pietose di Lil che ad un certo punto ha ricordato loro la prosaica abitudine di mangiare ogni tanto. Ha pensato che "qualcuno" a casa potrebbe pensar male per loro, e li ha spediti via senza tanti rimorsi...

"Domani continuiamo?" Ha proposto lei speranzosa, visto che - per cambiare - stava vincendo.

"No...” Con il tono risoluto da "fratello maggiore", l'unico che riesce a far presa...”Gli scacchi sono per la pioggia, per divertire il mare quando soffia e mugghia... ce la fai ad attendere fino ad allora?" Con l'espressione di chi sa di proporre una sfida già persa.

"Meglio per te, rimanderai l'ennesima sconfitta allora!" Ma gli strizza l'occhio, spostando i capelli da una spalla all'altra.

Ogni tanto, per cambiare li porta sciolti da qualche giorno, e certi gesti le vengono naturali. In fondo, ha deciso, non è poi così male. E forse a papà non importerà, tanto non la guarda mai abbastanza a lungo per notare se in lei cambia qualcosa... in compenso la balia si è quasi commossa, lei che da tanto tempo sperava una cosa così.

Due fermate d'autobus per lui, altre due per lei... che abita, e fa' segno, in quella casa enorme che sovrasta il paese come una fortezza. Vuota.

Ci vediamo domani? Più che una domanda, la certezza che non c'è bisogno di risposte.

Vorrebbe dirgli, davvero, di fermarsi a cena.

Vorrebbe dirle se per una volta non le andrebbe di accompagnarlo per conoscere l'altra metà del cielo quando il sole al tramonto troneggia sulla linea dell'orizzonte...

Magari la prossima volta...

Tornare a casa e far finta che sia tutto normale sarebbe possibile, se ad uno sguardo e a due occhi azzurri non se ne sostituissero due uguali, solo più maliziosi. Che ti fanno domande, le stesse che ti fai tu ogni sera e ogni mattina.

E c'è lei nei tuoi pensieri, è sempre lì.

André che è abituato a non farsi sconti non sa spiegarsi il perché. Lui alle donne - alle ragazze, si corregge - non ha mai pensato se non come alle amiche, compagne di scuola, cose normali. Ma lei è diversa, e ormai ha capito che non c'entra la somiglianza con nonna Cleo. E' tanto di più, un mondo a parte, pensare a lei come ad una costante, pensare di averla conosciuta in un'altra vita, e non è vero, non può essere. Voler conoscere i segreti nascosti dall'ombra delle sue ciglia quando repentine si abbassano sugli occhi chiari, desiderare che sia lei a confidarli. André lo sa che anche lui ha dei segreti, ma non li confessa perché da lei non vuole pietà. Lo sa bene cosa significa, dici "orfano" e lo sguardo degli altri cambia. Si fa compreso e commosso delle tue disgrazie, ed ecco che alle feste di compleanno ti tocca il posto d'onore e la fetta di torta più grossa, carezze sul viso e domande appena impertinenti... che scavano sotto la superficie, riaprono piaghe vecchie di anni ma mai guarite. E il sangue scorre, piano, passa di bocca in bocca, come un fiume in piena si ingigantisce e trascina via tutto. Particolari, quel pizzico di normalità che pensavi di esserti conquistato, di meritarti alla fine. Bastano due stampelle a ricordare che non sei uguale agli altri, a farti trattare come un essere imperfetto che si può rompere ad ogni contatto, o che forse ti può infettare con la sua vita disgraziata. Finirete in un angolo, tu e la tua fetta di torta... trattato come un soprammobile di lusso, dimenticato, condannato a guardare gli altri vivere.

Ma con lei non è così, non sarà così... lei è diversa da tutti, lo sente. Per lei lui è solo André che le insegna a nuotare e la fa ridere, e alle sue cicatrici lei nemmeno bada.

E' per questo, si dice assolvendosi prima di scivolare nel sonno... è solo questo.

 

 

E accade, una mattina, che ti svegli e ti senti malissimo, come se il mondo si reggesse sulle tue spalle. Il volto pallido e tirato e due segni scuri che segnano gli occhi, la testa che gira e il sentore, vago, che non riuscirai ad arrivare da sola in bagno...

Il languore che ti prende, ogni volta che stai per svenire.

La balia dice sempre che è una cosa normale, da donne, e tiene certi conti per lei, che se ne dimentica sempre... le spia il viso a colazione, le allunga una carezza, e "Cara non stai bene?"

Che rabbia, che rabbia! A che serve essere femmina? A soffrire così?

Per lei è una tortura, da quando è iniziata quella "cosa normale". Il dolore le implode il ventre senza requie, quasi non si regge per quanto si sente debole, e ogni volta ripensa alla prima volta in cui accadde, e credette di essere morta.

Perché, quasi ad ossequiare lo strano sortilegio tentato da suo padre, nessuno le aveva detto o spiegato niente di quella "normalità", nessuno ci aveva pensato, come se crederla un maschio potesse farne un maschio davvero.

Era sparita... l'avevano cercata tutti un po' dappertutto, poi Geneviève cui quella sesta sorella faceva tanta tenerezza l'aveva scovata nelle scuderie, avvertita dallo scalpiccio nervoso dei cavalli. Stava lì, rannicchiata in un angolo con il viso tra le mani pensierosa, e quando si era chinata su di lei le aveva rovesciato addosso uno sguardo spaventato misto a lampi di puro terrore, ed un sospiro...

"Che c'è piccola, stai male?"

"Perdo sangue, forse sono malata ...- cogitabonda, con un cruccio assurdamente infantile per i suoi tredici anni - credo che morirò" Chiudendo gli occhi come per assaporare il senso e l'apoteosi delle sue parole.

No, non è morta, sopravvive ogni volta trascinandosi in quella "cosa normale" come uno spettro, azzannando chi le sta attorno perché le sembra un'immane ingiustizia, di non poter fare quello che vuole e dover soffrire...

La balia ne ha persino parlato a sua madre, una volta... forse un buon medico, un rimedio ci deve pur essere per tanto soffrire... ma è caduto tutto nel vuoto e lei si morde le labbra, per dissimulare che il dolore ogni volta è più forte, e forse stavolta non riuscirà a sopportarlo.

Eppure ci vorrebbe andare domani alla spiaggia... oggi ha dovuto lasciare André sul più bello, è riuscita persino a dare qualche bracciata respirando correttamente con la faccia sotto il pelo dell'acqua, hanno nuotato fianco a fianco per un po', fino a quando la stanchezza non ha consigliato di tornare. Il pranzo preparato in fretta e furia la mattina è stato ben gradito, in realtà erano solo toasts e qualcuno un po' abbrustolito, ma André ha un buon appetito ed è un gentiluomo, ha fatto finta di non accorgersene.

Con questa cosa, che ci va a fare al mare se non può entrare in acqua... ma non può pensarlo là solo ad aspettarla, e tradire lo sguardo allegro che spiega come una vela ogni giorno, per lei. E poi gli ha prestato un libro e lui ha promesso che avrebbe iniziato a leggerlo subito, vuole sapere cosa ha pensato di quella storia assurda... e di lei che l'ha letto avidamente una decina di volte...

Ci pensa, ad André... la sera prima di dormire l'ultimo pensiero è per lui, e il primo al mattino.

Si domanda se sia un segno di debolezza consegnare ad un altro i propri pensieri e lasciarsi cullare, centellinare il piacere di stare insieme a lui, immaginare di ridere senza riuscire a smettere. Sentirsi leggeri ed euforici, sentirsi vivi. E pensare di averlo sempre conosciuto, senza un motivo vero per farlo. In realtà è desiderare di averlo conosciuto da sempre, averlo visto bambino, con quel senso di angoscia sottile che lascia il tempo passato, il tempo che non può tornare. E figurarsi cosa direbbe lui di quei pensieri se decidesse di confidarglieli, cosa dirà se riuscirà ad indovinarli come fa spesso lasciandola senza fiato. Ma anche lei indovina i suoi in fondo... direbbe "Che ti importa del passato, abbiamo così tante cose da fare insieme...”

Si sveglia dolorante ed inquieta.

Forse potrebbe andarci, giusto per avvertirlo...fermarsi un'oretta, al massimo due. E poi non sta proprio male, è solo un fastidio, magari l'aria dell'oceano le fa bene...

"Torno presto!"

 

 

Ero preoccupato...

Non arriva, non arriva... io che ho fatto le ore piccole per leggere almeno qualche pagina di quel libro pazzesco che mi ha prestato, sembrava questione di vita o di morte e io che sono un debole ho ceduto...

Ma dove sei finita? E' una bella giornata, sbrigati, c'è così tanto da fare e da dirsi...

La vedo arrivare e capisco che qualcosa non va... è così pallida, così pallida... sembra persino più piccola, i capelli chiusi dal nastro e il viso tirato.

Le vado incontro col passo nervoso e cerco di sorriderle, ma non ci riesco... nemmeno saluto ma in un assalto serrato "Non stai bene?" Domando guardingo con il mal di stomaco che mi chiede latente di esplodere, solidarietà animale...

Lei mi guarda cupa, tentenna... una fuga di sguardi la nostra, lei che scappa e io cerco di riprenderla, e non mi parla...

Allora, vuoi farmi morire o dirmi cosa non va?

 

 

Non ho mai sopportato quell'espressione misteriosa dietro cui si nascondono certe cose... sono cose normali, eppure non se ne parla...”ho le mie cose", "sono indisposta", oppure orrore "ho ospiti questa settimana", "sono quei giorni"...

Le cose hanno un nome, e non c'è niente di male ad usarlo...

Ora aspetta, prendo fiato...

"Non posso fare il bagno, né oggi né domani perché...” Ma la voce muore in gola... non è proprio facile come sembra, e smettila di fissarmi così che non sto mica morendo!

André si preoccupa per me, davvero... non ci sono abituata e allora scappo, o mi nascondo... ma lui non mi lascia scappare e cedo, di fronte al suo sguardo che da preoccupato si fa atterrito... va bene, confesso tutto. Con il capo chino e il rossore che sale, con l'imbarazzo che scivola via assieme alle mie parole... mi rilasso solo quando vedo il suo viso distendersi...

E "Ma è solo quello, allora, e io che pensavo chissà cosa!", mi festeggia come se fosse il mio compleanno e si illumina, si fa in quattro per farmi divertire come se dovesse ricompensarmi per il male che soffro... il mio fratellino di acqua e di sale...

"Ti va di fare due passi? Con calma, senza stancarci, fino a dove vorrai tu...”

Mi va, mi va...

 

 

Ma a volte quei giorni sono strani giorni, davvero...

Il cielo ferisce gli occhi, il sole abbaglia e fa male... troppi colori violenti, le mettono addosso la voglia di essere cattiva, perfida, di farlo arrabbiare senza un perché. Lui che le cammina accanto e le racconta di quando veniva lì con suo padre, da piccolo, e giocavano insieme... di come gli ha insegnato a nuotare ed ad amare la vita sopra ogni cosa, oltre ogni cosa. Anche oltre la morte ma questo non glielo dice, senza volere continua a parlare al presente dei suoi genitori, ne parla con confidenza ed affetto come se fossero a casa ad attenderlo, ed un pizzico di nostalgia, perché non è così da tempo ormai.

Lei sente, sente tutto. Per quell'elogio non chiesto elargito ad un padre ripensa al suo, che le ha insegnato tante cose ma mai, mai le ha fatte con lei. Lui la guardava ripetere gesti, ancora ed ancora, immobile, distratto, ma pronto a riprenderla al minimo errore ghiacciandola con il suo giudizio impietoso.

"Hai sbagliato, ripeti da capo".

Il cavallo, la musica, la scherma che odia... e non era giocare, non è mai stato giocare. Ma prove, giudici, giudizi, vittorie e sconfitte.

Ed ora per quelle parole di figlio appassionato, lo odia.

Lui è un figlio amato, un figlio maschio.

Non lo ascolta più mentre ha cominciato, sornione, a chiederle come fa, come ha fatto a leggere tante volte quel libro che gli ha prestato, "Il Profumo" di Suskind senza star male... lui ha avuto gli incubi, confessa ridendo senza vergogna mentre la guarda da sopra spiandole il viso...

"Ma cosa ci trovi?"

Eccola, la scusa per litigare...

"Sei una femminuccia, ecco cosa sei... - lo rimbecca orgogliosa - l'olfatto è quello dei cinque sensi con più memoria, un odore non si dimentica... e non è forse vero che ogni cosa ha un suo profumo inconfondibile?"

Si ferma di botto, con gli occhi chiusi e inspira profondamente con le braccia aperte come due ali, come se fosse ubriaca...

"Respira... di cosa sa secondo te questa giornata? Che profumo ha, di cosa è intrisa?"

Lui non sorride stavolta, e torna sui suoi passi piantandosi davanti a lei...

"Odora di sfida e di dispetto, questa giornata - le gira attorno, con passo lento, avvicinando il viso al suo... - e tu sai di malinconia, di rabbia repressa...”

Imbroglione, avrebbe dovuto dirglielo che il libro l'aveva già letto... perché punta sul vivo ora è lei che è arrabbiata, contro i suoi piani... cerca la strada più breve per ridargli il pari ed offenderlo, in qualche modo...

"E tu puzzi lontano chilometri di figlio unico, di vizi e di privilegi, di baci della buonanotte" Abbaia cattiva facendogli il verso, girandogli attorno anche lei, e spera di avergli fatto male, almeno quanto lui ne ha fatto a lei sbandierandole davanti l'amore che lei non ha mai avuto e non avrà...

Lo guarda, e subito una vertigine... e il senso stonato di aver rotto qualcosa di grosso, di aver detto una frase di troppo.

Ora basta. Così com'era arrivata la rabbia scompare, non le va più di litigare, volubile come il vento d'estate decide lei che possono anche far pace, ora che ha sparato a salve su di lui.

Gli sfiora un braccio conciliante, "torniamo indietro, non hai fame?" E sorride pronta a raccogliere il riflesso di quel sorriso dai suoi occhi.

Ma non sorride André, nemmeno un po'; ha le labbra stirate e si direbbe che sta facendo mille sforzi per trattenere qualcosa, dentro. Un dolore. Immenso, cieco, una bestia che ulula per venir fuori e lui segrega dietro quel lampo ostile che per un secondo, un istante infinito ha baluginato nei suoi occhi.

Oscar lo sa che dovrà scontare una pena per aver parlato senza pensare. In quel modo, e a lui poi...

Si arrovella, per rimediare e fare ammenda.

Ma non le dà il tempo, la punizione è quella peggiore. Via, lontani e nemici.

"Forse è meglio che torni a casa, forse sei stanca".

La cortesia può essere peggio di una frustata, a volte. Ma lei non replica, andrà a casa a mangiarsi il fegato e a darsi della stupida. Probabilmente non ne vorrà più sapere niente di lei, ora che gli ha mostrato gli artigli.

Lo saluta a mezza voce, e conta i gradini della vecchia scaletta in pietra... uno, due...

"OSCAR!"... la richiama indietro, le restituisce un pezzetto di cuore... ma che non si accorga di quanto spera mentre si volta, con noncuranza.

"Hai qualcosa da fare questa sera?"

Ovviamente no, a parte dormire...

"No... perché?"

"Allora passo a prenderti, e andiamo in un posto...”

Mezzo sorriso, ma è sufficiente...

Vengo, ma solo per curiosità... mica perché mi sento in colpa... solo per non essere scortese...

Si volta in fretta e corre via perché non veda il sollievo scivolarle sul viso... brillare come neve sciolta al sole ed asciugarsi con l'aria...

Corre via perché non la veda piangere.

 

 

Le dieci, la luna piena che occhieggia tra le nuvole... la presa in giro è davvero perfetta così.

Lo ha aspettato con il cuore in gola, mangiando senza guardare il piatto e con lo sguardo rivolto alla porta. Come se per miracolo un colpo di vento potesse spalancarla e riportarle l'amicizia che teme di aver compromesso e lo sguardo di André, quello di sempre. Poi ha contato i minuti con condiscendenza verso se stessa, incredula per esserci cascata. Infine con rabbia impietosa si è chiusa alle spalle la porta della sua camera causando alla vecchia balia l'ennesima crisi di coscienza, visto che non le ha detto niente di niente. Lui non è venuto e non verrà.

Medita vendetta, seduta sul pavimento con le ginocchia strette al petto, atroce e terribile. Per quel dolorino sordo che avverte in fondo al cuore e le ha fatto scordare di colpo i dolori del corpo, lui dovrà pagare. Andrebbe a cercarlo anche subito, a prendere a sassate la finestra della sua camera, non fosse che non sa dove abita.

Eppure così perfido non se lo immaginava, e vorrebbe potergli concedere il beneficio del dubbio. Desiderare di sentire suonare il campanello, immaginare la balia che senza osare entrare si affaccia alla sua camera e le dice, perplessa...

"Ma scusa, da quando esci a quest'ora?"

 

 

E' tornata a casa col cuore in tumulto, e sembra un'anima in pena. Entra, esce dalle stanze, afferra oggetti per poi lasciarli in tutt'altro posto, ha sbocconcellato la cena per poi pretendere la cioccolata, d'estate.

Bambina viziata, e allora cos'altro c'è?

Vorrei chiederle se ha litigato, perché so bene che è capace di mordere e graffiare, soltanto con una parola. Ma è anche facile farla crollare, povera piccola. Così attendo che la misura si colmi, la piena tracimi e mi spieghi, finalmente, cosa c'è nell'aria...

All'improvviso mi chiede "Secondo te ho un brutto carattere?"

Mentire per amore non è un peccato, in fondo... e lei oggi va in cerca di lodi e conferme, che qualcuno le dica che non è la ragazzina terribile che a quanto pare pensa di essere.

Poi, di botto il campanello.

Io non capisco più nulla. Giuro che non la capisco.

Un ragazzo in casa a quest'ora non s'era mai visto, nemmeno per le signorine maggiori. Il signor generale se lo sapesse farebbe tuoni e fulmini, altro che. Ma lei si è illuminata tutta quando gliel'ho detto, almeno le è tornato un po' di colore sul viso...

E finalmente l'ho conosciuto, il ragazzo misterioso, André... è proprio carino, un piccolo gentiluomo. Ha un bel sorriso e gli occhi buoni, una bella stretta di mano. Se si tratta solo di fare due passi che male ci può essere in fondo? Ho pensato che siamo in vacanza, è estate e non è poi così tardi. A me interessa che la mia bambina sia felice e lo era, stasera. I suoi genitori non lo permetterebbero, ma lei è affidata a me, e io permetto...

Ragazzo non deludermi, o non troverai un posto abbastanza sicuro per nasconderti.

Ma lui come se avesse sentito mi ha guardata, prima di uscire e ha detto "La riporto presto, tutta intera... facciamo solo due passi nel buio".

Questa, poi... ai miei tempi l'avremmo chiamato "fare la corte al chiaro di luna".

 

 

Ti propongo una strana avventura, stasera.

 

 

"Pensavo non venissi più...” Borbotta con aria indifferente, per nascondere il sollievo che ha provato quando se l'è trovato davanti.

"Mi dispiace che tu ti sia preoccupata, scusami ma per quello che voglio fare era necessario attendere la notte...”

"Non mi sono preoccupata, figurati - rimbecca piccata - ma ora mi spiegheresti dove stiamo andando, di preciso?"

Ha riconosciuto il percorso di ogni mattina, quello che porta alla spiaggia e al chiosco ed è un pochino delusa. Non pensava ad una passeggiata, sperava in qualcosa di più, di diverso, ed ora lo guarda da sotto cercando di nascondere il suo disappunto... ma le sfugge un sospiro e la luna la scopre facendosi beffe di lei.

André sembra assorto e contempla...”Come è diverso il mondo di notte, vero? Sembra tutto inanimato e senza anima, più lento, più silenzioso...”

Lei si guarda le scarpe e pensa "se lo dici tu...”

Come a rispondergli il mare colpisce gli scogli e li assorda in un rombo, l'umidità si diffonde nell'aria e li sfiora in una carezza...

Un passo dopo l'altro, oltre il chiosco chiuso per la notte, oltre il sentiero, oltre gli ultimi fiochi lampioni.

Lei si ferma, attonita... un altro passo e saranno al buio completo, e allora?

Lui continua e diventa una sagoma, un'ombra... la richiama e di lui riconosce solo la voce "Allora, vieni o no?"

Come sarebbe? "Ma è buio!", vorrebbe protestare ma le sembra così ovvio e lui invece continua tranquillo... Oscar prende fiato, forse pensa che lei abbia paura, forse si sta vendicando per la sfuriata della mattina. Ma se pensa di spaventarla si sbaglia di grosso! Raddrizza le spalle e con due o tre passi lo raggiunge in fretta, almeno crede che quella sagoma sia lui...

I minuti sono così lunghi... un piede avanti all'altro, incerta, la strada la ricorda dalle corse del mattino ma la luna illumina appena il percorso... e il mare, il mare che trascina i ciotoli sulla spiaggia e sembra attenderli al varco... non ha paura, no... solo un po' di timore, e vorrebbe che lui le parlasse, davvero.

"Me la spieghi questa cosa?" Decide di fare lei il primo passo, in fondo glielo deve.

"Quando ero piccolo avevo paura del buio, io... ero un frignone, dormivo con la luce accesa e mi rifiutavo di stare da solo anche per pochi minuti... allora il mio papà - e lei non lo vede ma sente il suo sorriso da come ha pronunciato quella parola, "papà" - inventò questa cosa... mi portava a passeggiare al buio nei posti che conoscevamo, in giardino e sulla spiaggia d'estate tenendomi per mano... e mi diceva vedi, non c'è nulla di diverso, cambiano solo i colori. Il buio è nostro amico, come una soffice coperta calda... al buio è più facile sentire i profumi, ascoltare i rumori lontani, la voce delle persone. Al buio è più facile parlarsi e dirsi la verità".

Fa una pausa e sospira, piano... la sente muoversi in silenzio e in attesa, accanto a lui. Allora impercettibile trova il suo braccio, scende con la punta delle dita e sfiora il polso ... prende delicatamente la sua mano, senza stringere. Sente il suo profumo sottile, ma vuole essere sicuro che sia lì, sentirla vicina...

"Mio padre aveva ragione, al buio si parla meglio... ho pensato spesso alle sue parole, dopo che lui e mia madre sono morti sette anni fa in un incidente...”

La sente tendersi, e tremare... la piccola mano che ora stringe la sua e la voce che pare un lamento "Oh André... mi dispiace, io...”

Lei che non sa cosa dire... ma gli è grata per non doverlo guardare negli occhi, in questo momento. Si nasconde e nel buio si fa più piccola, solo continua a tenere la sua mano con entrambe le sue, e vorrebbe dire tante cose...

Che orrore... ora capisce l'affetto per quella nonna che è tutta la sua famiglia, e quelle piccole cose che a volte lo fanno somigliare ad un adulto.

Camminano ancora, in silenzio... lei si lambicca, lei al suo posto odierebbe tutti, odierebbe il mondo per quello che ha preso e portato via. Lui invece sorride nonostante tutto e parla di quello che è stato con dolcezza, affetto infinito e solo un pizzico di nostalgia. Parla dei suoi genitori come se fossero lì con lui e non persi in un punto lontano...

Come è possibile vivere con certi pesi nel cuore?

La verità per la verità, allora... anche lei ha qualche cosa da affidare alla notte...

"Io ho cinque sorelle... e un fratello che non ho mai conosciuto... sono nata subito dopo la sua morte. Mio padre voleva un maschio, invece sono nata io al suo posto... per quello - e sbuffa - mi hanno chiamata così...”

Anche André capisce meglio, ora. Il richiamo del dolore è più forte di tutto, più forte del sangue e l'ha spinto verso di lei. Chi soffre, chi ha il cuore gonfio riconosce i propri simili e forse se loro si sono incontrati su quella spiaggia era perché il male, a condividerlo, pesa di meno.

Povera piccola... come deve essere sentirsi un surrogato?

André non lo sa, si è sempre sentito amato e unico... anche quando mamma e papà emozionati gli annunciarono, prima di quella vacanza, che avrebbe avuto una sorellina...

"Neanche io sono figlio unico, in fondo... - riprende come per alleviarla - solo che mia sorella non è mai nata, è con i miei genitori... lo sai - e si volta a guardarla ora che la luna è sbucata e colora la spiaggia d'argento - a volte da piccolo li immaginavo tutti e tre affacciati da una nuvola, ero geloso di lei e stavo male. Pensavo che la vita era ingiusta, che loro non mi volevano bene perché mi avevano lasciato solo... piangevo e mi arrabbiavo con mia nonna che cercava di farmi reagire. Un giorno, però, vidi lei piangere di nascosto... piangeva per aver perso una figlia, una nipote... per me che non volevo guarire, e mormorava non è giusto, loro avevano tutta una vita per essere felici... per me fu come svegliarmi da un lungo sonno. Capii, in un attimo quello che non avevo capito fino a quel momento. Che io ero stato fortunato, io ero vivo... malconcio ma vivo. Avevo una vita davanti per cercare di essere felice, per renderli fieri di me. Loro no, mia sorella no... per tutte le cose che mio padre avrebbe voluto insegnarmi, per tutti i baci che mia madre avrebbe voluto darmi... e vedermi diplomare, vedermi innamorato... Capii la loro tragedia e la mia fortuna, e decisi che avrei vissuto al meglio di me. Perché potessero vedere il mondo con i miei occhi ed essere fieri, per renderli sempre orgogliosi, per non sprecare ciò che loro non avevano avuto... e per mia nonna, che ha ricostruito la sua vita per me e attorno a me...”

Si rende conto di aver parlato a lungo, forse troppo. Forse l'ha spaventata o annoiata, e dal profilo scuro degli scogli capisce che non è possibile andare oltre.

Si ferma davanti a lei, in attesa... forse anche lei ha ancora qualcosa da dire...

"Da piccola ero convinta di essere un maschio... quando mi resi conto che non era vero pensai che forse per quello i miei genitori non mi volevano bene - la sua voce è quasi serena, come se raccontasse una storia - una volta glielo chiesi, durante un pranzo di Natale, davanti a parenti, amici, le mie sorelle...” E le viene da ridere se ripensa a quella bimbetta arruffata e impertinente che invece di recitare la poesia imparata a memoria nel silenzio fece risuonare la sua vocetta squillante domandando "Mamma, papà, se fossi stata un maschio mi avreste voluto bene?"

Annota, divertita, "Nessuno mi rispose, però..."

La mano si stringe, attorno alla sua...”Dovevi essere proprio carina, e pestifera credo" Ride lui e non è difficile immaginarla, più piccola, gli occhi fiammeggianti...

"Sembravo un maschio davvero, i capelli corti e ricci e l'abbigliamento... poco frivolo... e poi mi piaceva correre, giocavo a palla nei corridoi e mi arrampicavo sugli alberi come una scimmia, forse nell'anima sono un maschio e mio padre ha solo avallato la mia vera natura...” Ridacchia e si stupisce, è la prima volta che parla della sua vita come se fosse una cosa normale, divertente, e non un piccolo dramma da coniugare al presente ogni giorno...

Dopo il racconto di André le sembra tutto diverso, leggero... sarà la notte placida che detta il ritmo, e attutisce persino il battito rumoroso del suo cuore...

"E tua nonna com'è? Da come ne parli, sembra una persona eccezionale...”

"Ti somiglia - gli piacerebbe, adesso, vedere la sua espressione - ti somiglia davvero, credimi... ora che ci siamo detti la verità verrai a conoscerla?"

Gli occhi abituati all'oscurità colgono un lampo perplesso che però subito scompare...”E' giusto, del resto tu hai conosciuto la mia governante, il minimo che posso fare è ricambiare... d'accordo!"

Un sorriso si vede anche al buio, per quanto riluce...

Quale è il profumo di una notte così? Di cosa profuma la verità?

"Forza, ti riaccompagno o la tua balia mi ucciderà...”

Lei si ferma un attimo e si guarda indietro, è buio e tutto nero eppure le sembra così famigliare, ora...

"Lo faremo di nuovo? Di passeggiare così, dico?"

Sembra impaziente, come una bambina che attende il permesso per rimanere a giocare un altro po'...

André accetta volentieri, lo faranno anche ogni sera e "Quando non avremo più segreti da raccontarci ne inventeremo di nuovi, che dici?" Ride piano, senza lasciarle la mano. Potrebbe inciampare, potrebbe cadere in un pozzo, venire rapita dai lupi e chissà cos'altro... meglio non correre rischi.

La strada di casa è sempre troppo corta e stasera anche di più...

Se solo trovasse la serratura...

Nelle mani di André compare una torcia, ed è tutto più semplice...

"Oh ma... imbroglione, ma non doveva essere una passeggiata nel buio più cupo?"

"Non si sa mai...” Le strizza l'occhio e alla balia apparsa sulla porta in vestaglia e con l'aria visibilmente sollevata abbozza un inchino...”Buonanotte madame...”

"Mademoiselle - lo corregge benevola - buonanotte mio caro ragazzo...”

Oscar fugge e dalla finestra lo guarda caracollare lungo il viale... d'impeto spalanca i vetri e per una volta non le dispiace che la casa sia isolata

"A domani!" Gli grida senza rispetto per la buona educazione così di moda in casa sua...

Lui si gira e lampeggia con la torcia "Ciao strega!"[2]

Come strega? Domani me la paghi...

 

 

Strega, strega... strano sortilegio il tuo... non so cosa tu mi abbia fatto, ma è davvero bellissimo...

 

 

Non mi sembra vero... ho nuotato oggi, da sola. Ce l'ho fatta, forse davvero ho imparato. Grazie a lui.

Sono arrivata fino alla piattaforma di legno che galleggia lontana un paio di vite dalla spiaggia, facendo segno a Lil di non dire niente a lui che stava cercando di finire quel benedetto libro di Suskind. Così preso da non accorgersi che mi sono alzata e senza far rumore sono scivolata via. Il mare era calmo, piatto come una tavola e il sole stava calando piano dietro gli scogli laggiù, ho sentito come un richiamo e ho deciso che dovevo provarci.

Poi mi sono issata a fatica su quel coso instabile, e cercando di non cadere l'ho chiamato forte, con tutta la voce che avevo e mi sono goduta la scena... l'ho visto sobbalzare e guardare istintivamente verso il chiosco, senza trovarmi. E poi la sorpresa, il sorriso orgoglioso misto all'impercettibile ombra di preoccupazione con cui avanzava, stupito, verso di me. Si è tuffato e in due secondi me lo sono trovato davanti, gocciolante e attonito...

"Ma che sei ammattita? Potevi dirmelo che volevi venire qui, ti avrei accompagnata...”

"Oh tu... potresti almeno dirmi brava, magari penserei che non sei così chioccia come sembri... e poi non ho più bisogno di te, è ufficiale, ho imparato...”

"La prima cosa che devi imparare è non avere troppa confidenza con l'acqua, ricordati... strega" Conclude con quell'epiteto che a quanto pare gli piace proprio, da un po'...

"Salame!" Rimbalzo sardonica, mentre con una mano a tradimento lo spingo nell'acqua. Trionfante lo squadro mentre riemerge, visto da qui non è poi così alto...

 

 

Ormai le cosiddette lezioni di nuoto sono una scusa... lei se la cava benissimo, e in fondo si trattava soltanto di fidarsi. Dell'acqua, di se stessa, del prossimo. Passano le giornate lontani dall'acqua a parlottare, a volte litigano e sono ridicoli visti dal chiosco, con lei che lo assale come una furia e lui che si difende come può, e ride, ridono.

Che il tempo sta per finire, nessuno lo dice. Dieci giorni, una settimana... e poi?

Meglio non pensarci... e poi la compagnia si è allargata, gli anziani del gruppo dettano legge ormai!

La balia ha voluto, ha preteso che André cenasse con loro e più di una volta. Lo adora, tanto per cambiare, ed Oscar si è trovata ad osservarli parlare come se si conoscessero da una vita fino a sentirsi esclusa, ma che avranno da dirsi?

Quando ha saputo di André e dei suoi genitori alla vecchia balia si sono inumiditi gli occhi, e non è riuscita a trattenersi... gli ha sfiorato i riccioli e il viso con una carezza ed è rimasta ad osservarlo in silenzio, nonostante la sua bambina le facesse certi occhiacci.

Si è scusata con lui riaccompagnandolo per il viale, ma André ha sorriso e ha risposto "Non importa... il suo è affetto vero, e interessamento vero... il suo tentativo di restituirmi qualcosa di quello che ho perso - si illumina congedandosi - dalle un bacio da parte mia stasera, è davvero una persona dolcissima!"

Come te, pensa senza dirlo mentre la saluta con la mano.

Nonna Cleo ha voluto la sua parte, naturalmente, e un giorno gli ha consegnato un biglietto da recapitare alla fanciulla misteriosa...

"E non leggerlo" lo ha ammonito, immaginando la curiosità nei suoi occhi verdi...

"Per Mademoiselle de Jarjayes...

Mia cara bambina, ti andrebbe di venire a far visita a questa vecchia signora? Voglio conoscere la giovane che ha scompigliato la mente di mio nipote, non vedo l'ora!

Ti aspetto domani o quando vorrai, e non preoccuparti di mio nipote, si piegherà ai nostri voleri!

Un abbraccio, nonna Cleo

Ps spero che ti piaccia la cioccolata!"

Diligente ambasciatore l'ha guardata aprirlo, stupirsi, sorridere... scrivere due righe in risposta, chiudere a prova di bomba il foglietto strappato da un vecchio quaderno e dirgli "per tua nonna, e non leggerlo..."

Malfidate!

"Gentilissima signora

Sono lieta e onorata di accettare il suo invito, sarò da lei puntuale alle quattro... e di André non mi preoccupo, forse dovrebbe preoccuparsi lui!

Ps. Adoro la cioccolata!"

 

 

L'ho conosciuta, finalmente!

E' bellissima.

 

 

Ho aperto la porta e ho incrociato, per un attimo lo sguardo trionfante di André...

E' incredibile... è un'altra me, solo più giovane. E un pochino più malinconica...

 

 

Nonna Cleo è davvero bellissima, una nonna vera! Non come quelle delle mie compagne, pietose imitazioni delle nipoti che se ne vanno in giro con i capelli rosso tiziano e vestiti alla moda. Lei ha i capelli color argento, corti, il viso ovale e la pelle morbida e profumata. Vestiva un completo elegante e sobrio, e portava un filo di perle rosa che le regalò suo marito tanti anni fa, mi ha spiegato André... eleganza in mio onore. Quando le ho confessato il mio nome come fosse un peccato ha sorriso dicendomi "una persona speciale come te merita, davvero un nome speciale... un "Marie", un "Camille" non potrebbero certo rappresentarti... hai un bellissimo nome, e ti sta benissimo!"

Abbiamo parlato di tante cose, lui quasi non riusciva ad intervenire per quanto chiacchieravamo noi due. Lei è allegra e gioviale, ha una risata fresca da ragazzina e un tono caldo e rassicurante che riesce a metterti a tuo agio, lo stesso che vorrei avere io... mentre descrive accompagna le sue parole con i gesti e le espressioni dei suoi occhi cambiano continuamente, e non puoi fare a meno di guardarli.

Sono come i miei, i suoi occhi... anche lei me l'ha detto compiacendosi, che le somiglio. Mi ha mostrato una vecchia foto sbiadita in cui lei è ripresa da lontano, mi ha promesso che quando torneremo a casa mi mostrerà tutti i suoi album, "in fondo è giusto - ha esclamato - è giusto che tu veda come saresti stata 60 anni fa!"

Tornare a casa, quasi non mi ricordavo... mancano dieci giorni, e poi? Faccio finta di non pensarci, mi dico che in fondo non abitiamo così lontani. Ma la vita a volte gioca brutti scherzi, e la scuola, gli orari, i libri. Non ci sarà tempo, non ci sarà più tempo per niente.

Ho promesso di tornare a trovarla e ora sospiro meditabonda mentre André mi riaccompagna... e mi domando come sarà dopo senza di lui.

 

 

Lo scambio di biglietti e inviti è diventato un fitto chiacchiericcio. Ma per chi mi avete preso?

Lo sapevo che Oscar le sarebbe piaciuta, ci avrei giurato... e che Oscar l'avrebbe adorata non c'erano dubbi, è difficile resistere a nonna Cleo. Sembrava che si conoscessero da sempre, la nonna mi ha confessato che più di una volta è stata sul punto di proporle di darle del tu, ma si è trattenuta per non metterla in imbarazzo...

"La prossima volta" Ha concluso speranzosa... e facciamo tutti finta di niente, finta di non sapere che tra dieci giorni Oscar riparte e anche noi...

Non voglio pensarci, davvero.

 

 

"Mia cara, tra tre giorni è il compleanno di quello sciagurato che si fregia del titolo di mio nipote e tuo amico... sarai l'ospite d'onore della festa a sorpresa dei suoi sedici anni, insieme a me... ma mi raccomando acqua in bocca - tanto ormai sai nuotare mi dicono - è un segreto! Solita ora, solito posto...”

 

 

Così da due giorni Oscar scava, indiscreta tra i segreti di André per scoprire il punto debole, il nervo scoperto. E comprargli un regalo...

La balia ha proposto, nell'ordine:

una orribile e inopportuna cravatta, idea subito censurata...

un maglione che forse non metterebbe nemmeno suo padre...

e poi è passata alla voce "varie", libri, musica, cose inutili...

Oscar di regali e ragazzi non ne sa nulla, a stento trattiene la voglia di chiamare Geneviève e farsi ammannire saggi consigli da prima sorella[3]. Poi però fioccherebbero le domande e non le garba che nessuno metta il naso nella sua vita. Già le sente le parole "fidanzatino", "amore estivo" e cose simili, e lei non ha voglia di difendere l'evidenza. E' un suo amico e per l'unicità di quel legame strambo fiorito tra le alghe e il mare in tempesta, deve trovare qualcosa di unico. Che gli strappi un sorriso.

Ma lui non manda segnali, cripta i messaggi come se il suo sesto senso gli avesse fatto fiutare il pericolo. Rimane vago, generico ed a domande come "Che colore preferisci?" ha risposto mellifluo "Ah, il bianco" spiazzandola del tutto. L'ha immaginato con un bel completo settecentesco, pieno di rouches e con tanto di parrucca incipriata e bianca e poco mancava che gli scoppiasse a ridere in faccia, lasciandolo interdetto. Si è distratta e lui è riuscito a batterla a scacchi, finalmente.

Che lo consideri un anticipo del regalo per il compleanno.

 

 

Ho trovato! Vedrai che ti stupirò...

 

 

“Lo scoglio”

 

La casa è vuota, si sente l'eco dei passi nel corridoio. Ritmato, sicuro, il passo di un militare.

Il Generale si aggira in quel suo palazzo e lascia vagare lo sguardo. Cerca la nota stonata, il conto non gli torna e non capisce il perché.

C'è troppo silenzio, forse...

Da quando l'ultima delle sue figlie si è sposata e ha severamente proibito alle altre di mandare a svernare da lui i suoi nipoti quando la governante non c'è in casa regnano pace e solitudine, l'ordine perfetto... solo lui e sua moglie, che in preda ad uno dei suoi memorabili mal di testa se ne sta in camera al buio da stamattina con due compresse ghiacciate sugli occhi.

E poi non è corretto, la penultima delle sue figlie si è appena sposata. Di figlia ne ha un'altra, già... spedita al mare come un pacco postale.

Di certo non è la sua assenza la causa di tanto silenzio... Oscar Françoise è una ragazzina di poche parole, riservata... se dovesse definirla penserebbe ad una mattina di primavera pallida quando ancora il gelo invernale tesse la sua trama. Un'esplosione che ancora deve avvenire, una storia da scrivere...

Un vago senso di colpa attraversa la sua mente, da un po' di tempo, e lascia tracce che il suo orgoglio non riesce a cancellare. Il dubbio, dopo una vita fatta di sole certezze di avere sbagliato. Peggio, di essere colpevole del più nefando dei crimini, aver giocato con la vita di un'altra persona, aver lasciato credere a sua figlia che non le vuole bene. Per forgiarle il carattere si diceva, per renderla forte e non esporla alle sofferenze. Ma i silenzi in cui l'ha costretta e ingabbiata da un po' di tempo opprimono lui, e quando la tua vita sembra contrarsi e i muri della tua casa si stringono addosso a te comincia impietosa la conta dei debiti da saldare, e il più grande è verso la sua sesta figlia. Quindici anni, lunghi un battito di cuore o un'eternità. E una ragazzina che ha generato confuso tra rabbia e dolore, e che di quel dolore porta i segni da sempre, dal primo vagito.

Si è domandato seguendo il filo di quei pensieri cosa sa di lei. La risposta ha atteso un attimo prima di colpirlo dritto allo stomaco, come un pugno.

Niente.

Si è ritrovato vagando davanti alla porta della sua camera.

Rientra tra i diritti di un padre entrare senza chiedere, guardare tra le sue cose? Forse no, ma di un padre che dubita di se stesso forse sì...

Si guarda attorno, come può una persona vivere in un luogo senza lasciare alcun segno di sé? La scrivania, i libri ben allineati, i vestiti in ordine nell'armadio. Non una cosa fuori posto che richiami la sua attenzione e gli spieghi chi è Oscar, sua figlia. La finestra proietta la luce sul pavimento, disegna i confini di un piccolo mondo che non conosce... da qui si vede la vecchia altalena, che dondola impercettibile ad ogni soffio leggero del vento. Era di suo figlio, lui ha ordinato che nessuno la toccasse e nessuno ha mai avuto il coraggio di disobbedirgli; è rimasta lì, perenne vestigia di un passato che non potrà tornare ma che ha costretto lei ad imparare un copione già scritto.

Anche questo ti ho fatto fare...

Se sapesse che tiene un diario lo cercherebbe per leggerlo, ora, ma sarebbe fatica sprecata. E' sicuro che non ci sia nella vita di quella ragazza niente che sia degno di essere annotato, ricordato. Si siede sul suo letto con la testa tra le mani sentendosi per la prima volta in vita sua un vecchio. Con una figlia adolescente a cui ha voluto imporre l'unico modello di vita che non avrebbe mai potuto seguire perché era la vita di un altro.

Eppure c'è posto, nel suo cuore, c'è tanto posto per Oscar...

D'impeto esce sbattendo la porta e senza tante cerimonie decide di "disturbare" sua moglie...

"Quando tornano Françoise e la balia?" Con il tono che pretende risposte precise...

Madame sofferente apre un occhio e "Oscar - e calca il tono perché lui dei suoi peccati sconti proprio tutto - torna tra una settimana, più o meno...”

"Vado a prenderla, le farò una sorpresa - evita di guardare sua moglie che ora gli occhi li ha aperti entrambi, e lo fissa con tutta la meraviglia del mondo - staremo un po' insieme prima che torni a scuola... mi pare una buona idea, parto oggi stesso...”

Madame sorride e considera che in fondo, a redimersi nei confronti della sua sesta figlia ci ha messo solo quindici anni. E sa che la piccola Oscar la cui unica colpa è una assordante fame d'amore a perdonarlo ci impiegherà meno di quindici secondi.

 

 

Oscar è tornata a casa esultante, facendo i gradini a due a due. Ha trovato i regali che andava cercando e ora trionfante brandisce due pacchetti come fossero trofei di guerra, vorrebbe che fosse domani e godersi la faccia di André. Per poter fare spese in santa pace si è inventata il primo mal di testa della sua vita con la complicità della governante, o lui avrebbe preteso di accompagnarla, nemmeno fosse il suo chaperon.

Ha funzionato, ed è giusto che anche la balia abbia la sua parte di meriti...

Spalanca la porta e nota subito che qualcosa non va. Dal tono della signora, dal suo contegno... allunga lo sguardo e si irrigidisce.

"Papà...” Senza sapere cos'altro dire.

Non era atteso, non era previsto... il cuore in tumulto che le presenta una ridda di spiegazioni possibili per quella strana apparizione, tutte catastrofiche.

Ma lui la anticipa e sorridendo le si fa accanto, con un gesto impacciato la abbraccia incurante degli involucri che lei cerca di mettere in salvo, e fa appena in tempo a consegnare alla balia.

"Non preoccuparti, non è successo nulla. Ma volevo farti una sorpresa, è così tanto tempo che non sei a casa...”

Gentile che se ne accorga... un po' di cattiveria repressa e silenziosa.

"In realtà sono venuto a prenderti con qualche giorno di anticipo, se sei d'accordo... se partiamo domani mattina saremo a casa in poche ore, e potremo passare un pochino di tempo insieme prima che inizi la scuola".

Come sarebbe? NO... è l'unica cosa che le viene in mente... No. Come si permette di piombare lì e sconvolgerle la vita? No, domani ha da fare e anche dopodomani, è piena di impegni e di amici che la reclamano...

La balia assiste addolorata a quel duello silenzioso. Solo un impercettibile movimento del capo, e gli occhi che fiammeggiano, sprizzano scintille. Poi implorano, e cedono...

"Ah... va bene papà, allora preparo le valigie", si gira legnosa e sparisce in camera.

Non si discutono gli ordini, nemmeno quelli rivolti con voce gentile...

La governante mormora una scusa sul dare una mano, e la segue in silenzio...

"Cara - prova a dirle mentre lei se la prende con le magliette - cara se tu provassi a parlare a tuo padre... non c'è niente di male, sarebbe contento di sapere che ti sei fatta degli amici...”

Oscar scuote il capo "Non capirebbe, vorrebbe solo spiegazioni e io non spiego niente! A mio padre devo solo ubbidire, credo!" Sussurra con voce tagliente e un sentore di pianto in gola...

"Concedigli il beneficio del dubbio, almeno" Prova a ribattere senza grosse speranze...

Concediti di dubitare, e ammaina anche l'ultima bandiera quando la vede furiosa afferrare un fermaglio e chiudere i capelli sulla nuca. E spegnersi, ancora prima che qualcuno glielo chieda.

La vecchia signora requisisce i pacchetti dimenticati sulla mensola dell'ingresso...

E prima di andare a dormire alza la voce con lei che ha deciso di obbedire... ha spiegato al signor generale che è il caso che lei rimanga qualche giorno per sistemare e chiudere la casa, avvertire il custode, ottenendo assensi ed approvazioni per l'ottima strategia.

"Scrivigli un biglietto, e io domani andrò alla spiaggia a consegnargli i tuoi regali, direi che si merita almeno una spiegazione, no?" Le ha detto perentoria, cercando il lei quel po' di orgoglio che sembra svanito...

E piangi un pochino, vorrebbe aggiungere... ma sarebbe troppo, anche per lei.

 

 

Si parte all'alba... il biglietto è rimasto sul tavolo, accanto ai regali...

Una copia de "Il profumo" di Suskind con tanto di incitazione a leggere scritta sulla terza di copertina, e un flacone dell’essenza che usa lei... perché la ricordi, e ricordi il profumo del buio e della verità.

E sul biglietto l'unica parola che gli deve davvero e non gli ha mai detto, in tanto tempo...

"Grazie".

 

"L'isola"

 

André si rimira allo specchio abbastanza soddisfatto delle sue scelte. In fondo è sempre difficile decidere cosa indossare il primo giorno di scuola...

Qualcosa che non dia troppo nell'occhio, qualcosa che lo faccia passare abbastanza inosservato, qualcosa che distolga gli occhi da quelle... accidenti, alle stampelle non era più abituato ma la ferita dall'ultima operazione non è ancora rimarginata, e gli tocca...

Gli toccheranno sguardi pietosi e curiosità e tutto il resto, ma stavolta del "resto" gli importa pochissimo, ha altri scopi...

L'istruzione, certo, e il resto...

"Dimmi un po’ bellimbusto - la voce divertita della nonna lo coglie alle spalle, suadente - davvero sei intenzionato a fare il tuo ingresso a scuola con... quella?" E indica inorridita una camicia dai colori chiassosi e male assortiti...”Vuoi farti espellere?"

Hanno tirato a sorte, lei e Giselle per disputarsi il privilegio di accompagnarlo... una piccola cerimonia l'inizio della scuola, e quest'anno è davvero speciale, questa è l'ultima volta che ad André tocca iniziare dopo gli altri.

Ovviamente ha vinto lei, "sbrigati o la preside sgriderà te e anche me", lo incalza con un colpetto sul braccio allungandogli quei cosi che lo aiutano a camminare... una volta le avrebbero fatto paura, ma è solo per poco tempo e poi davvero tornerà tutto normale.

André afferra il libro e lo infila con noncuranza nello zaino, ne avrà bisogno quella mattina... ha avuto tempo, lo ha letto e riletto e continua a trovarlo ripugnante... interessante, intenso e ripugnante...

Dovrà pure dirglielo, in fondo...

Quando ha aperto il regalo per il suo compleanno davanti alla governante di Oscar che dopo avergli spiegato cosa era successo sembrava più mortificata di lui, in fondo ha sorriso. Doveva aspettarselo quello da una zuccona come lei che non ammette che una cosa che le piace, non piaccia anche agli altri... il libro e quell'essenza un po' amarognola che gli ricorda davvero le loro passeggiate nel buio.

E un destino chiamato papà Jarjayes che cerca di separarli, e invece dovrebbe solo unirla quella amicizia così bella e casuale!

In fondo André ha soltanto pensato che il destino, a volte, bisogna aiutarlo.

 

 

Si distrae, a volte... si scopre a guardare la sua immagine riflessa nel vetro della finestra, in quel primo banco che nessuno le contende.

La scuola è iniziata da un mese, e ancora si annoia... studiare le piace, ma quest'anno ricominciare è stato peggio del solito, peggio di tutto.

E' colpa dei ricordi... non è abituata ad averne, a lasciar decantare un'estate per più di un secondo e a fare i conti con persone che teme non rivedrà non ci pensava proprio. Eppure è così.

Di che parla oggi l'insegnante di biologia? Nulla di rilevante, e allora sbriglia la mente e i pensieri e lascia vagare lo sguardo nel parco là fuori, orgoglio di questo esclusivo liceo.

Lasciami in pace sciagurato...

A volte come una stella cometa le attraversa la mente il viso di André, che come aveva previsto, non si è più fatto vivo. E dire che si era persino presa la briga di lasciargli annotato sul libro che gli ha regalato il suo indirizzo, dopo che lui aveva trovato il modo chiacchierando di dirle dove abitava almeno mille volte... Parigi, Rue de... lo ricorda benissimo, ma farà in modo di dimenticarlo come lui si è dimenticato di lei.

Pensava, davvero, che fossero amici... che le avrebbe scritto per ringraziarla, per raccontare, per prenderla in giro per quei regali egocentrici... invece niente, il silenzio da un mese esatto, dal giorno in cui lei è stata garbatamente strappata agli ultimi brandelli di quell'estate bizzarra.

Certo, potrebbe scrivergli lei, glielo ricorda la governante ogni giorno quando entra nella sua camera e con noncuranza le chiede "Hai niente da spedire cara?"

Impertinente di una donna... no, toccava a lui... toccherebbe a lui secondo la sua personalissima etichetta, e che se ne vada al diavolo allora!

Vige tra lei e la balia il vincolo del segreto, a suo padre e sua madre ha raccontato solo pochi insulsi particolari... in realtà non è così facile, però.

Quello di ritorno è stato il viaggio più strano della sua vita... suo padre sembrava timido, e la guardava ogni tanto quasi stupito...

"Ti trovo benissimo cara, mi sembri cresciuta... e poi hai un bel colorito, il mare ti ha davvero fatto benissimo. Allora racconta, la governante mi ha detto che ti sei fatta qualche amico, che ti sei divertita...”

A suo padre importa? Importa di lei, della sua vita? Non le è parso vero, non l'aveva mai fatto prima... ha lasciato andare, guardinga, qualche indizio circoscrivendo il gruppo degli amici ai gentilissimi Lil e Pierre cui ha spedito una cartolina con una bella ripresa dall'alto della reggia di Versailles... ha solo sfiorato André quando con emozione ha annunciato a suo padre che ha finalmente imparato a nuotare...

"Davvero cara? Sono felice per te, ci tenevi così tanto!"

Il sorriso è un poco sbiadito... veramente era lui quello che ci teneva tanto...

Ma a chi importa in fondo. Non sa dire, Oscar, cosa stia succedendo a quell'uomo ma è bellissimo... parlare con suo padre, e che suo padre parli con lei, che le chieda se ha voglia di ritornare a scuola, se ha finito i compiti...

Sua madre e la sua prima sorella in visita di cortesia l'hanno accolta come due complici consumate, quasi avesse due mamme e non una sola. Geneviève soprattutto, l'ha osservata mentre metodica disfava le valigie e poi senza dire niente le ha sfiorato i capelli con una carezza lunghissima, e dolce... stupendola con quel gesto pensieroso e un po' malinconico che le ha fatto venire voglia di piangere e con le parole con cui l'ha accompagnato...

"Sei proprio cresciuta, lo sai? Ormai sei una donna... ti tocca il mondo dei grandi...” Nostalgica, come se rimpiangesse quel suo cruccio di bambina che questa estate pare aver domato. L'inizio e la fine, lei e Oscar, primo ed ultimo progetto di vita scritto a quattro mani dai rispettabilissimi mamma e papà. Lei, il più ovvio e normale, e Oscar, il progetto appena abbozzato, rifatto e riscritto più volte fino a sfinirla, quella ragazzina. Eppure ora pare davvero pronta a fiorire, a sbocciare, a prendere il volo... forse ha trovato una strada da percorrere, che importa quale, e sorride, Geneviève, pensando ai mille cuori che lascerà alle sue spalle, infranti da uno sguardo mancato, da un "sì" non detto o un "no" ben assestato. Prima di andarsene parlerà chiaro a quei suoi genitori che sembrano aver perso l'antico mordente, è ora che la lascino in pace, è ora che Oscar occupi il posto che le spetta... e che l'altro, finalmente, riposi in pace.

"Allora, hai voglia di tornare a scuola, di rivedere i tuoi amici?"

Oscar l'ha fissata, stralunata... per il rispetto e la strana alleanza che le ha sempre unite, come se il cordone ombelicale non fosse mai stato tagliato le riserva una risposta gentile, ma...”Quali amici, scusa? Se nemmeno ricordano come mi chiamo!"

Ha rimarcato, impietosa che dei compagni non le importa molto, e loro di lei non si curano, sono troppo diversi. E sia per le ragazze che per i ragazzi non è abbastanza "femmina" probabilmente...

Una classe noiosa tutto sommato la sua, ma decisamente variegata...

Rosalie è la sua compagna di banco da sempre, in pratica vive nella sua ombra. E' una fanciulla molto carina e fragile, predisposta alle lacrime come una dama svenevole... Oscar una volta la difese da due studenti più grandi che avevano deciso di prenderla a bersaglio e da quel momento è il suo idolo incontrastato. Lei si è affezionata a quella eterna bambina, a tratti le sembra di avere una sorella minore, è solo che a volte tende ad esagerare. Forse perché sa che non avrà rivali fino a quando Oscar non avrà altre amiche... e non sembra che questo possa accadere a breve.

Ci sono in classe fanciulle che sembrano cadute da un altro pianeta... sono donne già sbocciate pronte a tuffarsi nella vita vera, che giocano con i sentimenti come in una lunga partita a scacchi... Jeanne, lunghi capelli neri e le labbra carnose, sembra una zingara che guarda tutti con fare malevolo e beffardo, dall'alto dei tacchi sontuosi che indossa con disinvoltura come se ci fosse nata... o Nicole, bionda e flessuosa, due occhi innocenti e la voce suadente... cambia abbigliamento ogni giorno, e un fidanzato alla settimana...

Non hanno rivali lì dentro, non temono nulla e nessuno anche se il primo giorno l'hanno guardata più del solito...

Oscar disprezza certi maneggi ed è ben felice di starne lontana, ma anche i compagni hanno notato qualcosa...

Forse i capelli, per una volta li ha lasciati sciolti sulle spalle. A suo padre piace, gliel'ha detto compiaciuto quando l'ha accompagnata in classe e ha deciso di accontentarlo...

O forse l'abbigliamento, che è lo stesso di sempre... è solo che il bianco della sua camicia fa risaltare la sua abbronzatura inusuale, e il foulard che le ha regalato Geneviève stretto in vita come una fascia ravviva i calzoni grigi e severi e sottolinea un pochino la curva dei fianchi, accentuandola...

E' ufficiale, Oscar Françoise è assurta al rango di "ragazza carina". Peccato che l'atteggiamento non sia cambiato, anzi se possibile è persino più altera di prima, quasi ce l'avesse con tutti, avvicinarla è davvero pericoloso e nessuno si è azzardato a farlo! Non certo Bernard, l'intellettuale del gruppo, troppo intento a stendere i comunicati del comitato studentesco. Nemmeno Victor, giovane rampollo di una famiglia di notabili parigini che non le ha mai nascosto il suo interesse profondo... imbarazzante, a tratti. Soggiogato da quella austera fanciulla sin dai primi incontri sui banchi di scuola di tanti anni fa, per nulla scoraggiato dall'educato ma sempre più fermo diniego sempre opposto alle sue profferte, fino a meritarsi occhiate gelide e silenzi tombali. Non rinuncia ma preferisce restare in disparte finché la tempesta di fine estate non sarà archiviata.

Ma per Alain i divieti non valgono, non sono mai serviti...

"Allora, viso pallido, che hai combinato di buono quest'estate?"

Se non fosse lui non l'avrebbe nemmeno degnato di una risposta, ma per Alain ha fatto eccezione... una questione di equilibri interni, la legge dei vasi comunicanti che vuole che l'inquilina del primo banco e l'occupante dell'ultima fila per giunta ripetente si incontrino e rinsaldino la vecchia cara alleanza. In fondo sono sempre stati due "paria" e il rifiuto del branco li ha resi alleati, "vive la difference!"

Per lei, la figlia "rimpiazzo" del Generale non è che un dettaglio che Alain sia considerato "elemento poco raccomandabile" in classe, rissoso, disattento, rumoroso e vagamente strafottente... a far impazzire le insegnanti bastano le sue potenzialità non sfruttate, lui che potrebbe essere ciò che vuole, "è capace ma non si applica", se solo volesse...

Ma lui non vuole... tutta colpa della famiglia, certo. Di due genitori ricchissimi e assenti, separati dalla sua nascita che si contendono da sempre il privilegio di passarlo di mano come un bagaglio scomodo, troppo pesante.

Oscar riesce ad indulgere, con lui... lui a tirare fuori il peggio di lei, che di solito lo lascia piacevolmente stupito ogni volta. Ha un sacco di pregi nascosti quella ragazza!

"Allora, madamigella, dove ti hanno spedita questa volta? Nel deserto dei Gobi?" Le ha chiesto sogghignando dopo averla osservata, vagamente compiaciuto...

"Niente di tutto ciò, caro il mio bifolco... meditazione in campagna e sabbiature al mare!" Ha elencato divertita, è una canaglia ma almeno è sincero e soprattutto non gioca con le parole, va dritto al sodo...

"Se rimani ferma come sei adesso riesco persino a contarti le efelidi sul naso, sei uno spasso! Credo che potrò prenderti in giro fino all'anno prossimo per quelle!"

E' stato un corretto scambio di insulti, come da copione.

Oscar richiama per un attimo la sua scarsa attenzione e riporta lo sguardo pigro sull'insegnante, anche se oggi ha deciso di prendersi una vacanza... apre un quaderno e con la matita abbozza una linea... il mare, l'orizzonte... un sole appena accennato, un'alba? No, decisamente è un tramonto... e poi la sagoma di qualche gabbiano, una vela lontana...

Rosalie sporge il viso, lei che regolarmente prendendo appunti perde il filo... per fortuna dal suo sguardo curioso la salva una delle segretarie che entra brandendo un foglio fitto di righe scritte e parlotta con la professoressa, interrompendola...

"Sarà l'ennesima versione dell'orario provvisorio" bisbiglia Rosalie...

"La quinta in un mese" Precisa Oscar a se stessa, chinando il capo sul foglio. Ora si sta annoiando davvero.
Non si accorge nemmeno della preside M.me Malluet che entra facendo segno a tutti di star seduti, seguita da uno strano drappello di visi noti e non noti. Piuttosto appoggia il viso ad una mano e con l'altra continua il suo disegno, su quella spiaggia ci starebbe bene il chiosco di Lil, qualche ombrellone, magari bambini che giocano e "due scemi che litigano davanti ad una scacchiera" pensa divertita...ma l'ultima partita rimasta senza un epilogo le provoca un piccolo tuffo al cuore, e con un gesto secco tira una riga sul disegno.

Che dice la preside? Che dovranno dare una mano a chi?

Infastidita da qualcosa alza lo sguardo... ne intercetta un altro ben noto, che la osserva divertito e un po' irriverente...

E pensa che a volte mancano le parole.

 

 

Il primo giorno di scuola più divertente della mia vita...

Non immaginavo che mi sarei meritato una festa di benvenuto, con tanto di comitato di accoglienza e fanfara...

La preside è una vecchia signora che pare la zia di Mary Poppins, e adora tutti incondizionatamente, me compreso; le insegnanti dopo aver parlato con mia nonna mi hanno subito catalogato come "quel povero ragazzo", sguardi compassionevoli e sospiri compresi, non parliamo delle stampelle che hanno generato una vera crisi di sollecitudine che temevo culminasse in un pianto di gruppo. Mi hanno indicato tre volte dove sono la mensa e i bagni, il bidello si è offerto di accompagnarmi in classe e se mi servisse portarmi i libri. Forse temono che io sia lobotomizzato...

La cosa più bella però è stato l'ingresso in classe, la sua, che ora è anche la mia.

E' la prima volta che la vedo "in borghese", è così diversa... con quell'espressione seria, quasi cupa, lo sguardo perso nel vuoto... disattento, oserei dire annoiato. Non degna di alcuna attenzione quello che sta succedendo davanti a lei, ma disegna ghirigori su un foglio e a tratti sbuffa...

Mi permetto una veloce panoramica ma non trovo nessuno che mi degni di una sola attenzione, le ragazze parlottano e temo tra un po' mi metteranno ai voti, i ragazzi hanno già capito che per la loro squadra di calcio sono inservibile...

E poi c'è quel falco nell'ultima fila laggiù che da solo occupa tre banchi, privilegio per pochi... Da quando sono entrato mi ha piantato gli occhi addosso e mi scruta, beffardo... delle mie stampelle non gli frega niente, credo stia cercando di valutarmi e capire se potrei essere un pericolo per quella sua malcelata supremazia.

Pace, per carità, mi servono alleati e non nemici...

Mentre la preside parla, parla... racconta a tutti i fatti miei, racconta che i miei evidenti problemi di salute mi hanno tenuto lontano dai banchi e che dovranno aiutarmi, e farmi sentire a mio agio...

Come richiamata all'ordine dal senso del dovere mademoiselle alza lo sguardo, e mi guarda finalmente... trattengo la voglia di ridere dietro il mio viso contrito, sono l'ultimo arrivato e dovrò certo fare penitenza. La vedo impallidire, poi arrossire e trasformare domande ovvie in dardi infuocati, se solo fossimo soli potremmo ricominciare da dove avevamo interrotto, il libro il buio e tutto il resto. Ma madame la preside non è della stessa idea, e annuncia orgogliosa che nella sua scuola si insegna la solidarietà prima di tutto... e di certo i miei compagni non vedono l'ora di darmi una mano, "troveremo un volontario, un tutore che ti seguirà nei tuoi primi passi" mi dice apprensiva mentre tutti ridacchiano alla parola "passi", "qualcuno che ti riporti velocemente al pari con gli altri e tra gli studenti più bravi c'è sicuramente...”

Smetto di ascoltare la Malluet, e la fisso...

Non sei tu che adori le sfide?

 

 

La preside si è stupita tantissimo, quando ho alzato la mano... e con lo sguardo intriso di comprensione ho annunciato al pubblico non pagante che mi offrivo volentieri per recuperare la mente di quel povero fanciullo sfortunato... io che di solito preferisco studiare da sola e mal sopporto Rosalie cui presterei tutta la biblioteca di mio padre pur di non passare i pomeriggi a rassicurarla che no, non verrà bocciata...

Ma lui è affar mio.

André, che ci fai qui, come mai arrivi solo ora, perché cavolo non mi hai scritto nemmeno due righe e soprattutto... le stampelle, le ho notate dopo... è successo qualcosa dopo che me ne sono andata, ti sei fatto male?

La preside non sta nella pelle per il fulgido esempio di altruismo disinteressato che ho appena fornito agli annali scolastici, il "signorino" in equilibrio sulla pedana annuisce graziosamente e ringrazia, ma tu non sai cosa ti aspetta...

I miei metodi non li conosci... ed è inutile che sorridi, te ne accorgerai...

 

 

Meno male, qualcosa di interessante, in fondo in classe lo storpio mancava...

C'è la bionda che interpreta benissimo la parte della frigida, il suo clone piagnone, un paio di prostitute d'alta levatura, il bellimbusto...

Al nuovo arrivato Alain ha riservato un'occhiata distratta, per prendergli le misure e stava per catalogarlo come "innocuo" quando ha notato una dissonanza...

Lo osserva, ha notato che da quando è entrato lui non toglie gli occhi da Oscar, che a sua volta lo fissa come volesse incenerirlo.

La cosa lo incuriosisce, e così lui fissa l'altro che fissa lei, da almeno cinque minuti mentre il corpo insegnante declina le generalità dello sciancato, al secolo André Grandier, un anno più degli altri esattamente come lui. E lui che non assomiglia per niente ad un novellino, che se ne sta lì tranquillo e beato a farsi blandire, impugna le sue stampelle come fossero un premio alla carriera di consumato attore e di guardare Oscar non smette un secondo...

E poi, il colpo di scena lei che si offre di aiutarlo a portarsi in pari, lei che odia i gruppi di studio e aiuta Rosalie per pietà umana.

No, caro ragazzo che non rispetti le gerarchie, non è mica così che funziona.

Alain decide in fretta, meglio tenerlo sotto controllo, "dividi e comanda" è il suo motto latino preferito. Così quando la vegliarda fruga con gli occhi miopi alla ricerca di un banco libero per il nuovo nipotino, si limita a spostare rumorosamente le sue cose da uno dei posti che occupa, per sottolineare l'ovvio...

"Qui c'è posto...”

A madame non sembra vero, in meno di dieci minuti ha sistemato proprio tutto... forse piazzare quel ragazzo così a modo accanto all'alunno Soisson non è stata una grande idea, ma si è offerto volontario e che decida di sua volontà di partecipare attivamente alla vita di classe è davvero un miracolo.

 

 

Attende a stento l'ora del pranzo, con la curiosità che le brucia le guance... ha perso il filo due volte durante l'ora di inglese e non si vergogna nemmeno un pochino. Ha troppe cose da chiedergli, da dirgli, e tra quelle c'è anche che è contenta.

Così al momento dell'intervallo si avvicina a lunghe falcate sperando di non dare troppo nell'occhio e gli si para davanti, sentendosi nettamente in vantaggio... quello è il suo ambiente, il suo regno, e lui non è il dio del mare ma solo l'ultimo arrivato.

Ma lui sorride troppo... e Alain non sembra intenzionato a farsi da parte, anzi gli interessa sempre di più.

"Mi spieghi cosa ci fai qui?" Mentre con circospezione osserva quelle stampelle più da vicino, la gamba destra che non appoggia a terra...

André si gode quei pochi secondi di sospensione, pensando se scegliere la diplomazia o virare deciso per la verità...

Dirle che è un puro caso se cambiando scuola è finito proprio nella sua, e nella stessa classe per giunta, o confessarle che ha chiacchierato a lungo con nonna Cleo e alla fine hanno deciso che tanto valeva ricominciare tutto davvero, dopo aver dato l'ultimo ritocco al suo femore sbeccato? Che ha scelto di proposito quella scuola e quando gli hanno chiesto se aveva preferenze, se conosceva qualcuno ha risposto tranquillo che conosce lei?

"Sono contento di rivederti, davvero!" La versione corretta sarebbe che aveva una voglia matta di rivederla, ma non è il caso. Le tende la mano, come due mesi fa. E ha gli occhi che brillano, come due mesi fa...

"Anche io" Riesce a non naufragare nell'imbarazzo, stringendola... tanto, vista l'espressione di Alain non è che l'inizio...

"Voi vi conoscete? Biondina, me la racconti tu oppure me la racconta lo sciancato?"

Oscar stringe lo sguardo su quel rozzo impertinente, passando allarmata ad André... non c'è niente di male sul modo in cui si sono conosciuti ma preferirebbe rimanesse affar loro, è gelosa della sua vita e di quell'estate in maniera particolare... e rimugina su una bugia da inventare al momento, ma non è mai stata brava a mentire...

"Oh ci conosciamo da quando eravamo piccoli, mia nonna è amica... della governante della "biondina" qui...” Improvvisa André sul momento, e la sua voce è così tranquilla e pacata che convincerebbe chiunque... forse anche Alain...

"E bravo il nostro Gambadilegno... speravo in qualcosa di più piccante...” Annoiato, l'alunno Soisson gli lascia un colpetto sulla spalla e si allontana. Sembra soddisfatto, almeno per adesso.

Finalmente può sorriderle come vorrebbe...

"Davvero mi darai una mano a rimettermi in pari? Guarda che io sono lento, lo sai... ma sarà divertente, credo...”

"Ricordi che ti devo un favore? E poi non credo che ti divertirai, io non ho molta pazienza... comunque mi piace saldare i miei debiti!"

"Mia nonna viene a prendermi oggi, sarà felicissima di vederti...”

E lei sorride, grata di quello che la sorte le ha riservato... meglio non fare altre domande, solo pianificare...

"E da dove si comincia?"

"L'importante è avere un metodo...”

 

 

Ridono, parlottando in un angolo come se davvero si conoscessero da una vita, con tutto il resto del mondo a fare da sfondo sbiadito. Nessuno si cura di loro, tranne lui.

Ad Alain non la si fa... li guarda da lontano, li osserva, li studia. Saranno anche amici, almeno all'apparenza. Ma c'è qualcosa di più che per ora gli sfugge e che continua a suonargli stonato... soprattutto lei, non l'aveva mai vista ridere.

Non me la racconti caro il mio figlio di un falegname...

 

 

"André... ANDRE'! Accidenti ma mi stai ascoltando?"

Sbatte spazientita la mano sul tavolo, da insegnante consumata... sono almeno dieci minuti che lui guarda fuori dalla finestra, e lascia vagare lo sguardo nel parco...

"E' bello quel salice laggiù in fondo, di chi è l'altalena?" E' il suo modo gentile di proporre una pausa dopo aver passato quasi due ore a combattere con i verbi irregolari inglesi e la Rivoluzione francese...”Magari potremmo studiare in giardino, ancora non fa tanto freddo...”

Ma se c'è la brina...

Oscar sbuffa e rassegnata chiude il libro... non sa perché è quasi sicura che in meno di mezz'ora saranno là fuori sull'erba umida a parlare di tutto tranne che di cose serie.

Ormai è un mese che va avanti così, e non è più per fargli da balia visto che André ha recuperato il suo svantaggio in meno di due settimane. A poco a poco hanno smesso di domandarsi fino a quando continuare, il loro è un gruppo consolidato e se fosse sincera ammetterebbe che si diverte un mondo.

Studiare da soli è proficuo, ma estremamente noioso se paragonato a "quello".

André è curioso come un gatto, bizzarro, passa il tempo a farsi domande che lei all'inizio reputava oziose perdite di tempo prezioso...

"Pensa se fosse il sole a ruotare attorno alla terra, non ti piacerebbe vivere nell'emisfero australe?" La tentazione, fortissima, di dirgli che non importa a nessuno e che così perdono il filo, e invece no. Studiano lo stesso, apprendono e con profitto, con le insegnanti che non sanno più come fare a riempirlo di lodi, quel "bravo giovane" che ha sostituito il "povero ragazzo".

Le stampelle sono scomparse, dopo l'ultima operazione servita per togliere le placche metalliche che stavano lì a tenergli insieme il femore sbriciolato ormai André può dirsi guarito. E lei è contenta, ha meno remore ad inseguirlo e picchiarlo se serve.

Per la base logistica si fa a turni... nell'enorme dimora Jarjayes certo lo spazio non manca ma a volte sono troppe le interruzioni, le distrazioni... la balia che non sta più nella pelle per la felicità di averlo rivisto, la madre di Oscar che li guarda incuriosita e benevola, suo padre che lo studia indeciso se fidarsi di quel ragazzo così diverso da lui... persino Geneviève, un giorno André ha domato i suoi figli terribili conquistandosi la sua stima perenne.

I bambini, si sa, fanno rumore... se poi decidono di inscenare una finta battaglia in piena regola...

"ADESSO BASTA!" Oscar era scattata in piedi scagliando il libro contro il muro, pronta a infilzare i suoi nipoti che la chiamano irriverenti "zio Oscar" su uno spiedo se necessario... André aveva appena fatto in tempo a bloccarla sulla porta e a ricordarle che il crimine non paga, e poi era uscito nel corridoio scavalcando le trincee improvvisate e si era messo in silenzio a fissare le due pesti...

Dopo 10 minuti di attesa nervosa era uscita anche Oscar e aveva trovato i suoi nipoti intenti ad annotare meticolosamente numeri su un foglio, con l'espressione da cospiratori e soprattutto in silenzio...

André aveva sorriso rientrando, e a lei incredula si era limitato a strizzare un occhio dicendo "Gli ho detto di stare in guardia e parlare piano perché il nemico è sempre in ascolto, e gli ho assegnato una missione... misurare tutte le finestre di casa tua. Credo che ne avranno ragionevolmente per due ore, più o meno...”

Lei era scoppiata a ridere, e aveva riso fino alle lacrime... chiedendogli tra un singulto e l'altro come gli venivano certe idee...

"Mio padre diceva così quando i miei giochi diventavano rumorosi", si era limitato a dirle lasciando passare un'ombra fugace di malinconia sul viso...

Non era mai successo e a Oscar era dispiaciuto, per lui... gli aveva posato una mano sul braccio dicendogli ciò che aveva sempre pensato, sin dalla prima scorribanda nel buio...

"Sarei stata felice di conoscere tuo padre...” Che è un po' come dire che è felicissima di aver conosciuto lui.

Le ore più belle però sono quelle passate a casa di André con nonna Cleo, che si mette in un angolo e li ascolta discutere, li guarda porsi problemi per poi risolverli, li interrompe ogni tanto offrendo il suo contributo alla loro sanità mentale e costringendoli a far pausa. Li osserva influenzarsi, cambiare idea insieme ed è convinta che quello che sta succedendo loro nemmeno lo sanno.

Hanno un modo originalissimo di litigare, a volte comico. Liti che scoppiano per caso, per lei che si impunta su cose banali e lui che non sempre è disposto a dargliela vinta subito. Ha osservato la nonna che spesso è lei a passare alle vie di fatto, con un'irruenza tanto più vivida se la paragona al contegno che ha normalmente... quando sono insieme pare animata da una vitalità anomala e si scaglia senza freni addosso ad André che pure è cresciuto in fretta ed è decisamente più grande di lei, più robusto. Eppure lei non ci fa caso e in quel rapporto che considera sopra ogni cosa alla pari sembra convinta di poterlo affrontare a muso duro e battere, in qualche modo. Ed è sempre più divertente guardare lui che si industria a schivare, a parare i colpi cercando di non farle male.

Giselle più di una volta è stata sul punto di intervenire, per lei suo nipote è sempre un bambino fragile, sempre sul punto di farsi male davvero... inorridita per i modi poco ortodossi di quella ragazzina che sembra sempre pronta ad attaccar briga un giorno ha sbottato "Mamma, fermali ti prego, io non credo che...”

Ma Cleo l'ha bloccata con una stretta imperiosa sul braccio, in un sibilo...”Lasciali stare, ma non ti accorgi? Le sta solo facendo la corte...”

Giselle ha scosso la testa, sconcertata. Non può essere, ha pensato, che a suo nipote così dolce interessi quella fanciulla pallida e smunta che si comporta come un gendarme.

Il loro è un circolo chiuso in cui viene ammesso a volte soltanto Alain, che in fondo va fiero di quel privilegio. André gli è simpatico, per quanto è strano e diverso da lui e la bionda non fa che sorprenderlo, quando si trova alle strette tra loro è meglio delle barzellette. Quanto agli altri compagni a tutti è vietato l'accesso, ormai in uno strano gioco delle parti sono loro ad escluderli, e non ad essere esclusi. E non sanno nemmeno quanto si parla di loro.

André dopo un periodo di osservazione è stato classificato come bel ragazzo, i suoi modi educati e la simpatia che ispira a tutti gli ha fatto superare nei sospiri delle compagne persino Victor. In quanto a Oscar, sembra che abbia deciso di crescere e di cambiare tutta in una volta, e ormai gli apprezzamenti si sprecano. E' solo che sembrano vivere su un altro pianeta, parlare una lingua diversa, due gemelli astrali... un insieme che vive pago di se stesso e non cerca altro. Hanno provato Jeanne, o Nicole ad insinuarsi, a rompere quell'incantesimo ma lui non sembra minimamente accorgersi di quanto sono belle, desiderabili, femminili. Semplicemente o c'è anche quella bionda scipita o di lui non si hanno notizie né tracce, e non sarà certo Alain a tradire i loro segreti...

"Quelli non sono normali", è il commento piccato con cui la questione è stata accantonata in attesa che lei spezzi il sortilegio, o meglio litighino. Un ragazzo e una ragazza non saranno mai amici!

Se solo immaginassero...

Un giorno di Novembre, mentre era alle prese con i logaritmi lui le ha chiesto "Hai più nuotato dall'ultima volta?"

Ovvio lei ha risposto "Ma certo che no!" Che idea balzana quella di spogliarsi in pieno inverno, immergersi nell'acqua poi... una cosa talmente contro natura che soltanto a pensarci le vengono i brividi, e lui che scuote il capo prendendola in giro "Guarda che non è mica vietato, invece sarebbe divertentissimo, perché non lo facciamo una sera di queste?"

L'istinto fortissimo di mandarlo al diavolo, vinto solo dall'idea di dare a lui e forse ad Alain che ultimamente è sempre tra i piedi una ghiotta occasione per prenderla in giro... se vuole la guerra l'avrà, se pensa di metterla in difficoltà si sbaglia...

"Se ci tieni tanto... ma bada, soltanto una volta!"

 

 

Al generale la faccenda non piace, non piace per niente. Passi il fatto che si vedono tutti i giorni, che studiano insieme ma che si esca la sera poi...

Oscar non gli ha chiesto il permesso, si è limitata ad annunciare con noncuranza che sarebbero andati in piscina, di sabato sera quando di solito la gente fa ben altro che nuotare. Lui ha alzato gli occhi esterrefatto e pronto ad inalberarsi, ed è stato trafitto dallo sguardo imperioso di sua moglie, da quello divertito della sua prima figlia che viene in visita un po' troppo spesso e da quello compiaciuto della governante...

Ma Oscar non ha malizia... a guardare come si comporta con André si capisce soltanto che gli vuole un gran bene e che lo tratta, davvero, come fosse suo fratello. Troppo aperti i sorrisi, spontanei, che svelano solo la felicità di trovarsi accanto un amico un giorno di più. Con lei che ad André non nasconde nulla, non gioca, che gli mostra ogni lato di sé, quello triste e malinconico, quello rabbioso ed amaro, per lei non è ancora arrivato il tempo dei sotterfugi e forse non arriverà mai. Se li ricorda il Generale i giochi di ruolo e le piccole messe in scena delle altre figlie, ma non vi non aveva dato peso né fatto caso, preso com'era dal fare progetti e castelli in aria per il figlio maschio tanto agognato. E ora che non gli rimane che Oscar, la figlia che ha odiato per anni, che aveva obliato nell'angolo più remoto della sua mente si scopre quasi geloso di lei, che è tanto bella. A pensare che nessuno sarà mai abbastanza per lei, e vorrebbe poterle scrivere un destino perfetto e fulgido in cui ritagliarsi uno spazio di padre orgoglioso... Forse l'ha allontanata troppo, e cercare di conoscerla meglio è come rincorrere invano un pensiero... si finisce esausti, svuotati, insoddisfatti e con l'idea di non aver colto di lei solo quel poco che lei ci ha permesso di prendere. Eppure lui è pur sempre suo padre, pensa... mentre a quel ragazzo pare concedere tutto...

Ma sono pensieri inutili, ad adattarli a quei due ragazzini che parlano in continuazione, e ogni tanto sente ridere forte come bambini dietro la porta di quella camera mentre lei suona il piano, nelle scuderie a portare lo zucchero ai cavalli oppure in giardino ad ascoltare stormire le foglie su quella vecchia altalena.

Il silenzio gli farebbe molta più paura.

 

 

"Senti, ma cosa ti prende? Ti faccio presente che ti ho già vista in costume...”

André è perplesso, mentre aspetta da almeno dieci minuti che lei si decida a liberarsi dell'accappatoio ed entrare in acqua. Invece è rimasta appollaiata sul bordo a guardarlo senza riuscire a decidersi, ben coperta ed allacciata fino al collo.

Lui si annoia, era venuto per nuotare con lei e non per dare spettacolo e alla fine esce, andando a sederlesi accanto.

"Allora, cosa c'è? Non stai bene, per caso?" Non conclude quello che vorrebbe chiederle, per delicatezza, ma di solito le riconosce i segni sul viso e gli sembrava che stesse benone fino a cinque minuti fa...

Oscar rimane a fissare il vuoto, pentita per aver accettato. Prima cambiandosi si è guardata allo specchio, ed è arrossita. Si vergogna.

E' diverso... il suo corpo è cambiato, l'estate la spolpa come un frutto da sempre ma ora che ha tolto i vestiti invernali di sé le è apparsa un'immagine nuova, che non le piace...

Il seno è cresciuto, ma a nasconderlo nelle camicie e sotto i maglioni o le giacche non si notava così tanto... e i fianci, più morbidi, le gambe un pochino più lunghe. Non le piace granché quella metamorfosi e di sicuro non le va di mostrarla a nessuno. Nemmeno ad André, anche se di lui si fida ciecamente. E così se ne sta lì, ed avrebbe una voglia matta di immergersi nell'acqua che è tiepida, e vedere se per caso non le sono tornate le mille paure di quando era piccola. Ma non sa decidersi.

"Cerca di capire, per me è strano nuotare d'inverno, non mi sento a mio agio - abbozza vaga - forse è soltanto che ho freddo...”

André inorridisce, ci saranno quaranta gradi in quella che pare una serra ma non vuole obbligarla e annuisce, pensieroso...”Beh se ti decidi sai dove trovarmi, non fare la pigra...”

Lei gli risponderebbe volentieri a tono, quando la loro attenzione è catturata da un turbine di urla selvagge che arrivano dall'altra parte della piscina...

E' una bimba che a quanto pare non vuole saperne di entrare in acqua, nonostante le preghiere di mamma, e gli occhiacci di papà.

"Avanti, vedrai che è molto divertente, guarda gli altri bimbi che sono più coraggiosi di te!" Tenta la giovane donna cui la bimba si aggrappa di più, piangendo senza ritegno...

"Ora la smetti piccola peste, non c'è niente di cui avere paura!" Rincara il padre furioso perché i pochi presenti ora non hanno occhi che per loro.

André commenta pensieroso "Poverina, non credo la spunterà...”

Ma Oscar osserva attenta la scena, con le mani strette e con un tremito che la scuote...

Lei lo sa bene com'è, a lei è capitato... che qualcuno la obbligasse a fare ciò che non voleva, che la blandisse e la tentasse con mille chimere. Che qualcuno scegliesse per lei di cosa avere paura, a quali obbiettivi mirare... che qualcuno la volesse diversa.

E lo sa come si può sentire una bambina che non chiede altro alla vita che avere per sé un sorriso di approvazione.

Senza pensare si alza e si dirige verso di loro, con il passo rapido e deciso che - André se ne è accorto subito - somiglia a quello di suo padre, e si avvicina a quel gruppo di attori improvvisati... non degna gli adulti di un solo sguardo, ma si rivolge alla bambina che ancora singhiozza disperata...

"Piccola, vuoi dirmi perché sei così triste?" André che l'ha vista all'opera con i suoi nipoti rimane ad osservarla, divertito... la bambina in compenso per la sorpresa smette di piangere e la fissa attonita...

E lei ne approfitta "Io mi chiamo Oscar, e tu?" E si avvicina ancora un po', per poterla guardare negli occhi...

La bimba la scruta da sotto le ciglia imperlate di lacrime e borbotta "Hai un nome strano... il mio è più bello, io mi chiamo Eloise". E rialza il visetto, il nasino rosso che quasi sfiora quello di quella strana ragazza... lo sguardo curioso la ispeziona per bene, e nota la massa di capelli, lunghissimi e biondi, che la tentano. Rapida allunga una manina e afferra una ciocca, snocciolando sconclusionata "Sembrano quelli della mia bambola, ma tu sei una fata?"

Oscar non sa cosa dire, André suo malgrado scoppia a ridere, la piccola curiosa dimentica tutto quello che c'era prima e sempre serrando la ciocca preziosa ciangotta "E lui che cos'è?" Puntando il dito verso di lui.

Oscar prigioniera della piccola despota non si volta o riderebbe, ma la accontenta "Oh, lui è un salame, non preoccuparti...”, e mentre libera con circospezione i suoi capelli dalla morsa le parla con voce suadente, dopo una rapida occhiata ai genitori attoniti "Ascoltami, io ho tanta paura dell'acqua... non entreresti in piscina con me, solo per farmi compagnia? Ce ne stiamo vicine al bordo e guardiamo lui nuotare...” Propone con noncuranza, come se fosse normale routine...

Eloise ci pensa solo qualche secondo, e poi decide di accontentare quella bambola vivente. Si consegna alle sue braccia e si lascia portare a spasso nella grande vasca, fin dove solo i grandi possono arrivare, e ride gioiosa ogni volta che André riemerge in superficie schizzandolo senza pietà.

Lei la tiene stretta e le parla sommessa, e ogni tanto la guarda negli occhi sussurrandole in un'eco lontana "Non preoccuparti, io non ti lascio...”

E' bello a volte agire d'impulso, e assurdo... Oscar riconsegna la piccola alle braccia dei sui genitori dopo almeno mezz'ora di giochi sregolati, e nemmeno ascolta i ringraziamenti imbarazzati dei due, increduli davanti alla maestria di una ragazzina. Solo sibila con tono nemmeno troppo gentile "Non forzatela mai, o avrà paura per tutta la vita".

Esce dall'acqua rabbiosa senza sapere perché , con le lacrime che premono per uscire, e si rifugia sotto la doccia per non farsi notare troppo. E' stanca, e ad André che le fa le feste ammirato risponde recisa che vuole tornarsene a casa.

Cammina in silenzio, i pensieri che ronzano e la infastidiscono... perché mai, poi, le deve portare lui la grossa borsa... perché la deve riaccompagnare fin davanti alla porta, può tornarci benissimo da sola a casa...

E lui che non la finisce di dirle che è stata bravissima, "Ci sai fare con i bambini allora, la tua è tutta una montatura per non avere i tuoi nipoti tra i piedi!" Lo dice ridendo, ma lei lo fulmina e davanti al suo sguardo infuocato torna serio. E' solo che non gli va di dirle una bugia chiudendo con il solito "Sto scherzando..."

Non sta scherzando, anzi per una volta affonda il colpo, e che si arrabbi se vuole...

"Tu sei molto matura per la tua età, in fondo le tue coetanee non c'entrano niente con te... sei impulsiva, è vero, ma se vuoi sai essere anche pacata, dolce...”

Lei gli si para davanti, decisa a difendere il suo onore di arpia...”Ma tu che ne sai, piantala di dire idiozie e poi parli come mio padre mentre hai solo un anno più di me!"

Rimugina prendendo a calci i sassi, decisa a non lasciarlo in pace... un guizzo maligno...

"André, ti sei mai ubriacato?"

La guarda attonito e stralunato come se fosse una pazzia anche solo pensarlo...”Come scusa? Ma che domande fai, lo sai che non l'ho mai fatto!"

Lei ha la faccia perfida, lo sguardo cattivo. "E cosa ne so io? Che ne so che fate tu e quell'idiota di Alain quando ve ne andate in giro da soli... avanti, prometto che non lo dirò a nonna Cleo... l'hai mai fatto?"

"Quando mi ubriacherò sarai la prima a saperlo, va bene così?" André sta esaurendo la pazienza, ma non vuole litigare, forse la picchierebbe.

"Allora ubriachiamoci stasera! Avanti, sarà divertente...” lei lo guarda con gli occhi che brillano e sembra seria...

Non risponde ma per prudenza allunga il passo, non vede l'ora di riconsegnarla alle mani sapienti della governante, che la metta a letto e poi la soffochi nel sonno, per stasera ne avuto abbastanza.

La ragazzina non demorde, "oppure facciamo a botte, ti va? Tu sei troppo tranquillo per i miei gusti" E gli allunga un colpetto sul braccio, quasi a provocarlo.

André sbuffa "Ti prego smettila di vaneggiare, cominci a darmi sui nervi!"

Oscar alza la voce, nella notte scura...”Ma cosa credi, solo perché sono una ragazza pensi che sia debole o pavida? Posso tener testa a te o a qualsiasi altro io, mio padre mi ha insegnato a non aver paura di niente!"

In questi momenti ci vorrebbe Alain e il suo infinito mordente, con quattro parole ben assestate saprebbe rimetterla a posto, mentre lui invece tace disperatamente e cerca di non metterle le mani addosso. Per davvero, e non sfuggendola come fa sempre, riflette cupo, per non farle male.

"Non ha senso comportarti così, non sei un maschio cara mia... e certe differenze non si cancellano". Glielo dice serio, senza il solito sorriso rassicurante. Con il tono che non ammette repliche né scuse, perché quella è la verità.

Oscar è prontissima a rimbeccarlo e non le importa se sono arrivati, se la sentiranno, stasera ha deciso di litigare e non sarà lui ad impedirle di farlo...

Non saranno nemmeno quei due tipi strani laggiù...

Se ne stanno appoggiati davanti al grosso cancello che porta a casa Jarjayes, e sghignazzando agitano una bottiglia di birra ciascuno...

André si fa scuro in volto, non sa perché ma non gli piace per niente la cosa. Ora poi hanno smesso di parlottare e li guardano avvicinarsi con l'aria di chi non ha niente da fare.

Istintivamente cerca di portarsi qualche passo in vantaggio rispetto a lei che sibila infastidita "Quelli chi diavolo sono?", ma non riesce ad evitare che si pari di fronte ai due ceffi sbottando "Toglietevi di qui e fateci passare, questa è proprietà privata!"

I due si guardano increduli, poi uno bofonchia alticcio "Tra poco tesoro, ora non mi va... devo finire di bere non vedi?" E le dondola davanti al naso la bottiglia con l'aria divertita.

André tira il fiato, forse non è così grave...”D'accordo, basta che ci fate entrare".

Ma Oscar non molla, non stasera... senza parlare arraffa la bottiglia di birra e la scaglia lontano mandandola in mille pezzi.

"Lo vedi? Ora hai finito!"

Quello rimane un secondo incredulo a guardarsi la mano vuota... non è possibile che l'abbia fatto davvero, senza pensare l'afferra per un braccio strattonandola forte e urlando "Che cavolo fai brutta vipera, io...”

E' questione di attimi... fa appena in tempo ad udire la voce del ragazzo bruno che sta insieme a lei, "Toglile le mani di dosso!", un ruggito ed un colpo fortissimo in pieno volto che lo manda a terra lungo disteso.

Rapido André le prende la mano e le intima "Entra in casa, qui me la sbrigo io!"

A lasciarlo solo non ci pensa nemmeno, gli altri sono in due e mentre uno rimane a terra il secondo si scaglia contro André. Lei spavalda gli sbarra la strada, ma la spinge via infastidito, certo non si mette a menare le mani con una ragazzina.

Inciampa e sbatte malamente contro il muro di cinta. E' svenuta.

Ad André per un attimo manca il fiato a vederla scivolare esanime sul marciapiede... i due teppisti arretrano, quello non è attaccar briga... e lei che sembra morta, meglio darsela a gambe.

André ansimando si china su di lei, la solleva da terra cauto e con il cuore in gola, la stringe a sé prendendola in braccio come fosse una bambola rotta.

"Oscar... svegliati, riesci a sentirmi? Apri gli occhi...” Prova a richiamarla scostandole piano i capelli dal viso.

Lei mugola e di occhio ne apre uno solo con un sorriso...”Siamo stati proprio bravi, hai visto? Abbiamo vinto...” Borbotta con un filo di fiato, poi lascia un sospiro "Mi fa un po' male la testa André...”

Lui respira meglio, sollevato...

"Non farlo mai più...” Butta lì speranzoso, ma lei appannata ha appoggiato il capo sulla sua spalla e sembra dormire. Meno male che ha la testa dura, almeno svenuta non si mette nei guai.

Ma io che devo fare con te?

Si domanda se passerà la vita a tirarla fuori dai guai, così...

A tenerla tra le sue braccia, così... questa ragazzina testarda che stasera ha deciso di attaccar briga ed alla fine ha ottenuto ciò che voleva.

Senza pensare le posa le labbra sulla fronte, poi sugli occhi chiusi... e considera tra sé che è proprio bella, e che nonostante tutto la adora.

Sei cresciuta tanto...

Se ne è accorto guardandola di sfuggita mentre lei giocava con quella bambina, e pensare che sono passati solo pochi mesi da quando ha posato lo sguardo su di lei, eppure è diversa. Una donna di quasi sedici anni, una donna bellissima.

Pensa che vorrebbe tanto darle un bacio, lo stesso impulso come quella volta al mare... solo sfiorarla un attimo... e forse non dovrebbe pensarle certe cose, se solo le sue labbra non fossero così vicine, se lei non avesse quell'espressione tenera e un po' buffa...

Se ti accarezzo il viso, non c'è niente di male... se ti sussurro che ti voglio bene, non c'è niente di male... e spero che non penserai male di me mentre ti guardo solo un attimo prima di chiudere gli occhi e baciarti.

 

 

pubblicazione sul sito Little Corner del maggio 2006

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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[1] Leggete se vi va la novella “L’idolo” di G. D’Annunzio, illuminante sotto l’aspetto dell’idolo bramoso…

[2] Strega e salame sono i simpatici epiteti con cui si vezzeggiano A. Hepburn e Albert Finney in “Due per la strada” (Two for the Road, Stanley Donen, 1967); veramente il testo originale dice “bitch” e “bastard” ma non mi pareva il caso… 

[3] Lo stratagemma di numerare le sorelle senza ricorrere a nomi lo devo ad un romanzo letto tanti anni fa, che adoro: “Le sorelle del fiume” di S. Evangelisti, ed. Salani