Histoire Noire

- I colori del buio -

 

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E' arrivata presto la neve quest'anno... ha coperto tutto, senza curarsi di niente... regala alla terra un breve periodo di requie, rigenera il ciclo vitale di sempre. Sotto il suo manto gli uomini morti divengono cibo di vermi, le foglie ritornano alle radici dell'albero che le ha generate, i semi germogliano, divengono fiori e poi frutti, e poi cibo di uomini vivi.

Prima che la neve si sciolga ce ne saremo andati di qui.

Andiamo via.*

 

Lo ricordava appena... ricordava il calore improvviso che l'aveva stretta alla gola come una morsa, fondendosi al vento gelato; in fretta l'abbraccio di André era divenuto un appiglio, un ricovero. E poi un gemito e il buio, ed era svenuta tra le sue braccia. Sotto i loro occhi impietosi.

"Portami via", sembrava un lamento la voce della sua donna, un ordine appena accennato, l'ultimo desiderio di un condannato. E sia, l'avrebbe esaudita. Ma non subito. E poiché la disperazione insegna l'astuzia aveva pensato che nutrire l'inganno ancora per poco forse li avrebbe salvati, tutti loro, tutti e tre derelitti di una famiglia senza radici. In silenzio l'aveva presa tra le sue braccia e ricondotta in casa, senza guardare negli occhi il signor Generale che dalla porta della veranda reclamava la sua dose di rabbia.

Che reclamasse un dottore, semmai.

L'avevano lasciato fuori dalla camera della signorina, che aspettasse fuori l'attendente. André contava i passi e supplicava santi, diavoli e la sorte di non abbandonarli in quel pomeriggio di autunno dannato. E pregava, tenuto al confino dalla porta chiusa di quella stanza che ormai era anche sua che il dottore avesse pietà di lei, di loro, che non violasse al cospetto del mondo il loro segreto.

"Madamigella - le aveva detto e la sua voce e le sue mani tremavano - siete debole madamigella, ma non è nulla di grave... solo voi siete... attendete un figlio... e..."

Oscar confusa dal dormiveglia aveva riso, piano, di un riso sommesso ed amaro... si stupiva persino il medico che lei fosse davvero una donna... forse nessuno l'aveva creduta mai, forse il mondo aveva pensato ad una farsa nella farsa... e ora il dottore trasecolava davanti al miracolo della vita che cercava a fatica di attecchire in quel suo ventre sterile ed inospitale, che mai e poi mai aveva pensato capace di tanto.

Avrebbe voluto fargli rimangiare lo stupore... ma era debolissima e le girava la testa... dopo qualche minuto sgomento Lasonne aveva affondato il colpo... "Madamigella è stato... è stato forse qualcuno... qualcuno contro la vostra volontà? Vi hanno... voglio dire... vi hanno preso con la forza? Voi..."

Lei aveva voltato la testa infastidita e inorridita, questo pensava? La credeva un blocco di tufo, un pezzo di ghiaccio incapace di amare e di esistere, incapace di dare e di prendere quello che alle altre era concesso senza rimpianti? Una lacrima triste non sarebbe bastata a lenire l'angoscia che lenta montava nel cuore... "Chiamate André dottore, chiamatelo subito" usando tutto il fiato che aveva, con gli occhi imperiosi e lucidi di febbre. André avrebbe sistemato ogni cosa, avrebbe spiegato che non c'era nulla, proprio nulla da spiegare a nessuno. Serviva solo che lei stesse un po' meglio, che si reggesse in piedi... noi andiamo via, aveva pensato prima di sprofondare la testa nel guanciale e assopirsi, stremata.

Noi andiamo via.

Un tuffo al cuore, vecchio Lasonne, non farti ingannare... ti basti il silenzio e lo sguardo atterrito di André.

Aveva capito. Aveva avuto paura e provato pietà, ma mai per un solo istante aveva dubitato di lui o di loro. Poche parole bisbigliate a fior di labbra "Starà bene, non preoccuparti; passato il pericolo potrà anche viaggiare, senza stancarsi... ma prima di andarvene passate da me" e il giusto tributo ad un padre in bilico tra il dolore e il rancore "Generale vostra figlia è molto debole, deve essersi affaticata in questi mesi; è bene che nessuno - la voce severa, il viso tirato - le provochi affanni e preoccupazioni. Quando si sarà rimessa procurate che cambi aria, che si allontani da qui".

 

Un figlio, un bambino... chiesto alla sorte, donato dal fato... era una benedizione la loro, o forse il castigo per i peccati commessi?

Scoprirlo non fu difficile, ma terribile.

Ripensava al suono grave della sua voce quando nel silenzio umido della sua stanza aveva spartito il segreto di quella colpa con il suo uomo... lei sapeva che in quel momento, solo da quell'istante il bambino aveva cominciato in silenzio ad esistere, a crescere, a lottare e a pretendere tutto da loro, da lei... perché se metti al mondo un bambino poi gli devi tutto senza pretendere niente, grata solo del miracolo di aver acceso una vita.

Ora però lei non ne aveva più una sua... da quasi un mese dormiva un sonno irrequieto fatto di sogni sconnessi, e la mano di André che vegliava costante stretta alla sua era la via più sicura per non smarrire la rotta ogni volta. Si svegliava più stanca di prima, lo sguardo torbido e i sensi in disordine... e si disperava per quella forza che le mancava e le gambe che non la reggevano, si dibatteva in quella trappola, per quella cosa che dal suo ventre sembrava succhiare la linfa vitale dalle sue vene lasciandole solo le briciole. 

Perché era così, non doveva essere così... quel figlio invocato in silenzio era il frutto del dono più bello e più puro mai avuto, l'amore di André... ma il suo corpo sembrava volerle impartire una dura lezione... non è per fuggire, per dispetto o disobbedienza, per rabbia o disperazione che un bambino viene al mondo... ma per amore e amore soltanto... non era così?

Non è forse così, Oscar?

Glielo diceva il suo corpo ogni volta che rifiutava il cibo, svuotandola senza pietà... la ammoniva lo specchio che ogni giorno rimandava l'immagine nuova del suo viso pallido e smagrito, dagli occhi grandi e spaventati...

Almeno una cosa l'aveva ottenuta... "Bene - pensava con feroce soddisfazione mista al disgusto - così non mi vorrà più nessuno..." esultava sprezzante, ora davvero non era più una ragazza da marito.

Il generale era inorridito davanti allo spettacolo impietoso della figlia la cui bellezza sembrava sfiorire ogni giorno... il dottore aveva ragione, quella vita cominciava a lasciare il segno... meditabondo passeggiava nel suo studio, non era il caso, non era proprio il caso di darla in sposa... doveva rimettersi prima, tornare allo splendore di sempre, tornare quella che era... per un istante il suo cuore si era fermato nel petto... che fosse colpa anche sua quella rovina? La malattia senza nome non era forse rancore, odio per lui e la solitudine cui l'aveva relegata, ribellione contro la sua volontà? In fretta si era concesso l'assoluzione, completa e totale. Lui non aveva sempre fatto il suo bene? Prediletta tra tutte, a lei aveva destinato in premio il compito fausto di perpetuare il suo nome... e non era mai stata sola, in fondo... aveva pensato anche a quello, quel pensiero aveva il nome ed il viso fidato di André.

Anche ora, pensava stirando le labbra... "anche ora non si allontana di un passo da lei... come se dovesse morire ogni volta che lei chiude gli occhi..."

Che pensiero distorto, malsano... e se fosse?

Ne aveva bruciato l'idea ancora prima che si affacciasse di nuovo alla soglia della sua mente... no, non avrebbero osato mai... nella sua casa, al suo cospetto, lì dove lui era signore e padrone... un'idea simile era sembrata talmente contro natura che si era stupito persino di averla coniata, e l'aveva bandita in fretta come si caccia un esule dalla sua terra. Si era confuso, sicuro, quello nel parco era un abbraccio tra due esseri cresciuti come fratello e sorella, che insieme resistevano al vento e alla vita... infastidito da una nota stonata si era voltato, non aveva potuto vedere le loro labbra confuse in un bacio, e a Girodel perplesso aveva risposto che si era sbagliato... un errore, solo un errore.

Ma un figlio non è un errore, anche se è solo un errore che lo ha generato.

Madame lo sapeva bene... perché di tutti i suoi errori, Oscar era quello più grande... l'aveva concepita per perderla, le aveva donato la vita sapendo che lei quella vita non l'avrebbe vissuta mai...

Forse per questo Madame era riuscita a vedere la verità nei suoi occhi... scrutando lentamente il viso emaciato della figlia un giorno che erano soli, lei ed André, all'improvviso aveva chiesto con voce tranquilla "quando finisce il tuo tempo?"

Oscar non l'aveva capito, non subito, quella era una lingua buona per le giumente, ma a lei era del tutto sconosciuta.

Ma André che era al suo fianco aveva inghiottito i suoi sogni in un attimo, stringendo il pugno in un impeto di rabbia disperata... poteva essere l'inizio della fine, poteva essere tutto o forse niente... Madame senza scomporsi si era voltata, mostrando un sorriso di ceralacca... "quando accadrà, figliolo?"

"A giugno Madame" aveva risposto, senza forza e studiandola, lei con quel viso enigmatico che non lasciava trapelare al mondo nulla se non ciò che lei voleva si vedesse di sé...

"Giugno - un sospiro appena accennato, poi passeggiando con fare aggraziato si era lasciata abbracciare dalla luce della vetrata... - allora c'è un po' di tempo... - sollevata, controllando di sottecchi la sua immagine riflessa nel vetro enumerava precisa come un metronomo - ma non molto, tra un po' si capirà tutto... dovete andarvene, devi andar via Oscar... - volgendosi a loro e quasi contando i suoi passi li aveva racchiusi in uno sguardo lontano che ad Oscar era sembrato una morsa - se il generale capisse sarebbe la fine".

Come se non l'avessero saputo anche loro... André stava lentamente ritrovando la calma cercando il coraggio di  parlare... ma Oscar ormai era risorta dal suo letargo... tremava come una foglia ma era decisa... la signora madre l'avrebbe sputato il veleno, a costo di prenderla per i capelli... "noi andiamo via, madre, appena le gambe mi reggeranno noi ce ne andremo". Un sibilo con la voce accorata e imperiosa, stringendo la mano di lui così forte da fargli male... con tutto l'amore e il dolore che aveva.

"Bene, bravi - Madame non sembrava sorpresa, le mani strette quasi in preghiera - parlerò alla Regina, le spiegherò qualcosa, il necessario per farti avere il congedo e i permessi che servono e...“ allusiva aveva appena abbassato lo sguardo sulla figlia a sfiorarle il grembo, con falso pudore a nascondere vero disprezzo. Lei era tornata a sdraiarsi con la testa che non voleva smettere di girare, con quella voce che le arrivava lontana e sgradita come una nenia stonata "anche per quello... per quello dovrete sposarvi... ma che importa, se avete deciso tutto andrà bene".

Madame de Jarjayes, dama di corte della Regina era svanita in un fruscio sommesso di raso, chiudendosi dietro le spalle la porta, i peccati, chiudendo il suo cuore al richiamo sordo del sangue, lasciando quel mondo imperfetto lontano dal suo.

"Madre - la voce di Oscar l'aveva raggiunta, ghiacciandole l'anima, e obbligata a volgersi a lei con lo sguardo appesantito dalla finzione... - perché ci state aiutando?"

Non era riuscita a nascondersi in tempo... l'espressione degli occhi, le pieghe amare sul viso... la voragine cupa si era allargata inghiottendo la dama educata e cortese e restituendo solo la voce, un fendente a segno sicuro..."Mia cara... ma certo è chiaro anche a te... ad ogni costo bisogna evitare uno scandalo..."

La voragine si era chiusa con uno scatto secco e lei se n'era andata, un sospiro teatrale, e senza un sorriso.

Oscar, povera bimba straziata con gli occhi chiusi e il capo chino, a sentire il sapore del sale sulle labbra; con calcolo e calma feroce si era obbligata a chiederglielo... sapeva la risposta ma voleva sentirselo dire... così non avrebbe avuto rimpianti o sensi di colpa lasciando quel luogo che solo per antico retaggio chiamava casa.

"Siamo uno scandalo..." un segreto detto piano, solo un filo di voce evitando lo sguardo di André che senza dire niente la stringeva forte... e pensava che lui era orfano, ma lei era più sola di lui. Avrebbe voluto poter far sparire tutto il male e il dolore, risarcirla per ciò che la vita le aveva tolto o semplicemente non le aveva mai dato... serviva poco, anche poche parole soffiate piano sul viso a consolarla, lei era indifesa più del bambino che portava in grembo... "Va bene così, che importa di loro? Noi andremo via presto, nostro figlio non dovrà chiedere scusa per essere nato... ora riposati un po', io penserò a qualcosa".

"Non andar via".

No. Non bastava, non poteva bastare una frase a scaldarle le mani ed il cuore... per avere qualcosa di più l'aveva fermato e cercato con le mani e con gli occhi "Rimani con me, chiudi la porta a chiave e rimani qui", lei era dolce come una carezza tenue lasciata sulle labbra.

Da quella sera nel parco non l'aveva più sfiorata.

Oh certo, l'abbracciava stretta e la cullava, la baciava a lungo quando gli incubi la scuotevano dal sonno, quando la nausea le torceva lo stomaco, quando lei glielo chiedeva e per soffocare il desiderio di chiederle e darle di più.

Il dottore era stato cauto, e impietoso... gli aveva detto con la faccia scura "è molto provata, il fisico è debole... se posso essere franco, fino a quando il pericolo non sarà passato è bene che eviti sforzi di ogni genere" e l'aveva guardato fisso caricando lo sguardo di parole non dette; sapeva che non erano ragazzini né due scriteriati, sapeva che quello che stava accadendo certo non era per caso o per leggerezza... non avevano bisogno della sua pietà ma di consigli e della sua discrezione.

André obbediva in silenzio... senza dirle niente per non spaventarla, in fondo poteva benissimo amarla anche così.

Ma lei non capiva... sentiva soltanto il fastidio della mancanza, l'angoscia della privazione di qualcosa a cui ormai non avrebbe saputo né voluto rinunciare più.

Anche adesso... con lui che le carezzava la fronte amorevole come un fratello e lei che voleva sentirlo e sentire che tutto poteva essere come prima...

Era arrabbiata e confusa, delusa e furiosa, una volta di più, una volta per tutte... gli stava stringendo il braccio così forte da lasciare il segno, occhi negli occhi "Perché mi tratti così? Non sono moribonda, solo incinta - col capo chino e piangendo di rabbia - sono solo incinta André" lo guardava implorante tra le lacrime, con la paura che le dilatava gli occhi e la faceva sembrare più sola che mai, e bellissima.

Quale sarebbe stata la prova più dura della sua vita? André aspettava col fiato sospeso cercando la forza di essere forte, ma sapeva che davanti alle lacrime di quella donna così amata e così indifesa non poteva nulla... se era un errore, l'avrebbero fatto insieme, come sempre da sempre ormai. Non era certo il momento per cominciare a sbagliare da soli, lei non ne aveva la forza e a lui mancava il coraggio di parlare. Era forse sbagliato chinarsi su di lei per asciugare le lacrime con le sue labbra come aveva fatto tante volte e sussurrarle che la amava? Solo che la amava, come se non glielo avesse mai detto? No, non era così, non era un errore... 

Con il cuore tra le mani aveva fatto l'amore con lei ad occhi chiusi, per non piangere davanti al suo corpo smagrito e fingendo di non accorgersi che lei non aveva né forza né voce... aveva fatto l'amore con lei con dolcezza come fosse la prima volta, e con desiderio, come fosse l'ultima volta.

Ora dormiva tranquilla. André era uscito in silenzio a farsi prendere a schiaffi dal gelo, a chiedere alle foglie morte quale mondo li avrebbe accolti e nascosti, loro e i loro sogni insensati.

 

Andiamo via

Dove andiamo, dove ti porto amore?

Io davvero non so... devo pensare in fretta, prima che la prima neve si sciolga e le foglie morte risorgano.

La tempesta potrebbe tornare, questa quiete è solo un'idea, un'illusione.

Devo pensare a qualcosa o qualcuno.

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                              Lille, 20 novembre 1787

 

Carissimo amico

quando ho ricevuto tue notizie davvero non potevo credere a quello che hai scritto.

Se davvero il generale Jarjayes si lascia scappare un uomo fidato come sei tu, vuol dire che sta invecchiando, come me.

E pensare che dopo tutti questi anni avevo messo da parte l'idea che tu potessi accettare di lavorare per me, ma che dico, con me... mi accontentavo di rubare qualche consiglio quando ogni anno ci si contendeva le bestie migliori alla fiera di Arras... tu sei sempre stato più bravo a giudicare, più veloce, e la natura ti ha regalato parecchi anni di meno.

Ho fatto fortuna, lo sai? Ora non sono più solo un mercante, allevo ed addestro cavalli pregiati... avevi ragione sui Lipizzani, persino la scuola spagnola di Vienna in grande segreto acquista i migliori esemplari da me! Vedessi che belli, per me sono come dei figli, da quando la cara Isabelle mi ha lasciato sono più solo di un'eremita, mi guardo allo specchio e mi compiango perché la solitudine rende cupi... i figli dei miei contadini mi credono un orco... l'avresti mai detto?

Da troppo non ci vediamo, da quanto? Da quel tuo brutto incidente dal quale mi auguro ti sia rimesso del tutto. Ma non voglio parlarti dei brutti ricordi, attendo con gioia il tuo arrivo e di conoscere quella fanciulla che ha conquistato il tuo cuore...certamente è la stessa di cui parlava il tuo sguardo quando dicevi smarrito che impegni importanti ti richiamavano a casa... era lei l'impegno importante.

Ebbene vieni, venite presto... non sarà mai troppo presto; c'è una casetta ai confini della proprietà, è piccola ma non manca nulla e alla sera davanti al tramonto potrete restare soli e beati come desidera chi è ancora giovane e innamorato. Mi sarai di grandissimo aiuto e conforto, ma prometto a tua moglie che ti ruberò poco tempo e lascerò che sia lei ad avere la meglio su tutti.

Mi raccomando, l'inverno è alle porte e il viaggio lungo e faticoso. Un figlio si merita tante attenzioni, ancor prima di nascere.

A presto

Guillaume Berchet .

 

 

"Te lo ricordi? Te ne parlavo sempre..."

Oscar ascoltava e si limitava a fare di no con la testa, piano perché i capogiri erano ancora la sua compagnia... non poteva parlare con la bocca piena, e nemmeno gesticolare perché era troppo occupata a mangiare anche le briciole del cibo che aveva nel piatto.

Da qualche giorno come stregata la nausea era sparita, e aveva fame, sempre, di giorno e di notte, come dovesse recuperare il tempo perduto. E mangiava, ascoltava parlava e mangiava, con metodo, davanti agli occhi increduli di suo padre e alle lacrime commosse della povera nanny cibi che in passato le avevano fatto storcere il naso per il disgusto, speziati e piccanti... obbediva al richiamo dei sensi e del corpo, ma sapeva che gli ordini non era lei ad impartirli... era il piccolo ospite che spadroneggiava. Al caldo e al sicuro nel buio del ventre materno mangiava e cresceva, chiedeva imperioso attenzioni, dettava i ritmi , le diceva quando dormire e quando aver voglia di uscire.

Prendeva senza dar nulla in cambio, come un parassita avrebbe preso il meglio per sé fino all'epilogo, per lasciarsela dietro come un guscio svuotato del frutto.

Allora a  volte lei ascoltava il silenzio, tendendo le orecchie, aspettando di udire qualcosa... un sospiro, un brivido, un lieve palpito che le dicesse che c'era davvero una vita dentro di lei...

"Io sono tua madre, dovrei sentirti e sentire che esisti... sentirti scavare il mio corpo per ricavare una nicchia sicura, dovrei figurarmi il tuo piccolo viso e obbligare il mio cuore a battere il tempo di una ninnananna... ma io non capisco chi sei e cosa sei, ho solo paura di te".

Ascoltava. Le mani contratte appoggiate al suo grembo e gli occhi chiusi, per minuti lunghissimi...

"Che cosa dirò? Quale sarà il mio compito, i miei doveri? Cosa fa una madre? Come si insegna ad un bimbo ad amare, io che ho imparato soltanto sentendo il sapore delle mie lacrime? Io ho paura, ho paura! Io che dai miei genitori non ho avuto la tenerezza di un abbraccio o la consolazione di una carezza, io non ho mai detto mamma..."

 

Scappa Oscar, corri, nasconditi, nascondi la tua vergogna dietro un velo di lacrime, fa' che lui non ti possa vedere mentre tempesti il tuo ventre di pugni rabbiosi... "Io non sento niente, non provo niente... il Signore mi aiuti, ci aiuti tutti".

 

"Allora Oscar, ti ricordi di Berchet?"

Diligentemente ogni volta finiva tutto, fino all'ultimo boccone... anche ora... ma guardava André di sottecchi, curiosa,  perché quella lettera che teneva tra le mani sembrava scottargli le dita.

Per lui era un sollievo vederla mangiare, sarebbe stato più facile rimetterla in sesto abbastanza per affrontare il viaggio che li attendeva...

"Veramente non ricordo molto, anche perché non mi portavi mai con te... dicevi che mi sarei annoiata, che non c'era nulla da vedere, solo cavalli. Mi par di capire che invece te la spassavi..." Oscar adesso scherzava come una volta, e se ne stava lì con una smorfia offesa stampata sul viso, paga di quell' apparente benessere che le regalava la sensazione del suo stomaco che sembrava domato.

"Non è vero e lo sai... andavo a comprare i cavalli per conto del generale, spesso era l'esercito a commissionarli... a volte non andavo nemmeno a mangiare per girare tutti i recinti, parlare con i mercanti e accaparrarmi le bestie migliori. E' così che conobbi Guillaume, stava comprando alcune puledre e io gli feci notare che avevano il collo troppo sottile e i denti malati... erano figlie di incroci malfatti, probabilmente sarebbero morte prima di giungere a destinazione. Ricordo che mi guardò meravigliato, lui era solo un mercante e non si intendeva davvero di razze. Per lui i cavalli erano merce e non esseri vivi... la vera esperta era sua moglie Isabelle, figlia e sorella di allevatori... ma quella volta non era con lui, mi spiegò, perché era malata di cuore e viaggiare per lei non era possibile. Ricordo che quasi pianse davanti a me che pure ero un estraneo, poi mi ringraziò per avergli evitato di gettare i suoi soldi ed in cambio mi offrì di cenare con lui quella sera. Mi raccontò che viveva a Lille, in una grande tenuta e sognava due cose: diventare un giorno un allevatore famoso ed avere un figlio a cui lasciare il suo piccolo regno. Purtroppo non ha realizzato il suo sogno più bello, perché Isabelle era troppo malata per sopportare una gravidanza, morì qualche anno più tardi. Dopo quella volta l'ho rivisto ogni anno alla fiera di Arras, non se ne andava senza aver mangiato con me almeno una volta... voleva che lavorassi con lui, ma io gli ripetevo che non potevo lasciare mia nonna e che avevo qualcosa da fare a Versailles... come vedi non ero capace di tenerti segreta nemmeno allora... comunque due settimane fa gli ho scritto qualcosa di te, di noi... non sapevo cosa aspettarmi ma per fortuna Guillaume non ha cambiato opinione... gli serve qualcuno per dirigere le scuderie ed addestrare i cavalli che vende ogni anno all'esercito... così l'ambiente ci sarà familiare e non sentiremo la mancanza dell'adunata, lo sai che il cavallo si deve abituare ai rumori, alla fanfara che squilla ed ai tamburi? "

"E tu lo sai che mi sembri un bambino quando parli così?" Oscar stava sorridendo intenerita, come riusciva ad essere solo con lui... alzandosi con cautela perché le gambe indebolite dalla lunga inattività tremavano un poco, aveva allacciato morbida le braccia attorno al collo per chiedergli "allora quando finisce il nostro tempo qui?"

André sapeva che se l'avesse stretta avrebbe mandato all'aria ogni proposito ragionevole, sapeva che se l'avesse abbracciata avrebbe voluto di più, e lei l'avrebbe seguito. Allora mordeva il freno, c'era un bambino da proteggere e il suo tocco era solo una lieve carezza, senza premere troppo... si accostava abbastanza per sentire la forma diversa del seno, la curva importante del ventre, persino gli occhi e le labbra che sembravano dire in silenzio che c'era qualcosa di nuovo da raccontare... impazziva di gioia se ci pensava, ma subito dopo la paura strisciando sembrava bruciargli la strada davanti... se qualcun altro si fosse accorto, se altri oltre a lui avessero visto o capito...

Pensieri neri come corvi... ma lui li scacciava in fretta, bastava guardarla per vedere che non c'era niente da vedere né da capire, non si notava in realtà...

Il corpo di Oscar non sembrava volerne sapere né lei aveva lo sguardo fiero e raggiante che fa di una donna una mamma. In fondo lui la capiva, paura e dolore erano stati il suo cibo nell'ultimo mese e forse lo erano ancora... forse poteva stringere un pochino di più, in fondo un abbraccio non può fare male.

"Presto... vedrai che staremo benissimo, Guillaume è davvero un brav'uomo e ti adorerà... e in maggio sarai la rosa più bella del suo immenso giardino, in giugno la più profumata... ora che abbiamo una meta sicura possiamo andar via".

 

Vanno via.

La contessina ha bisogno di aria di mare, l'ha detto il dottore... che parta subito, quando la prima neve avrà ripulito l'aria dai miasmi fetidi della stagione che uccide le foglie. Madame in grande segreto ha lasciato sul letto un plico marchiato a fuoco, il segno scarlatto del visto reale,  ha assolto il suo compito e ora cammina leggera per i corridoi desolati del grande palazzo gustandosi l'eco dei passi aggraziati... con grazia li ha messi alla porta, con grazia se n'è liberata, un servo da rimpiazzare, una figlia che in fondo non le è mai appartenuta che porta in grembo un figlio bastardo... con grazia sorride al marito pensando al tempo che ha perso, alla verità che non saprà mai, che quella figlia mai doma ha imparato a piegarsi per non soccombere. Adorato marito, vedete? Lo scandalo sotto la cenere, il cielo dietro le nuvole, quel grido appena accennato che arriva dal fondo dell'anima... è tutto passato, finito, un colpo col grande ventaglio di piume per voltare la pagina, piegare il capo, cambiare discorso... Oscar è partita e non tornerà, Oscar tra un poco sarà solo un ricordo nascosto, e non sarà mai esistita, un paradosso vivente che abbiamo creato, nutrito, odiato, ucciso e sepolto nel cuore... se un cuore l'abbiamo mai avuto noi due.

 

Andiamo via.

Il dottore ha detto la verità, non ci ha abbandonati... senza parole perché non c'è molto da dire ci ha offerto preziosi consigli ed il nome del medico che ci accoglierà là dove andiamo... una lettera che non spiegherà forse tutto di noi, ma molto di te e del figlio che tra qualche tempo stringeremo e chiameremo il nostro tesoro più grande... per non perdere tempo l'ha già spedita lontano, e mi fa sorridere di commozione l'idea che qualcuno in un posto a noi sconosciuto già sappia di te e di me, dei sogni che culliamo insieme al bambino che nascerà...

Qualche raccomandazione ancora e una stretta di mano così vera come non sentivo da tempo... il tacito accordo di spargere al vento la storia ufficiale, di vendere al mondo che tu sei malata e io sono il solito caro vecchio fedele amico fraterno di sempre è un prezzo fin troppo scontato se penso che vale la libertà... tua madre è stata magnanima, l'abbiamo davvero fatta tremare, lei così perfetta, stretta e strizzata nel vecchio corsetto, noi due e il nostro sogno insensato di amore.

Non importa, a me come a te.

Domani, sul far del mattino, quando nessuno respira da vivo ma soffia via l'aria solo obbedendo all'istinto del corpo che dorme...

Andiamo via.

 

***

 

La guardava di sottecchi... non si era voltata nemmeno una volta. Lasciava per sempre la casa in cui era nata e cresciuta senza un sospiro o una lacrima, ma con lo sguardo tranquillo rivolto ad un punto lontano...

Possibile?

Lui stesso aveva dovuto far bene i conti con tracce e ricordi sparsi un po' ovunque, che non avrebbe potuto racchiudere nel vecchio baule di cuoio ma solo nel cuore; e poi lui lasciava a palazzo sua nonna, la parte più antica di sé, cui aveva promesso lettere e novità appena raggiunta la meta.

"Oscar" la richiamò al mondo dei vivi posandole piano una mano sul ventre, appena un po' arrotondato.

A quel contatto lei trasalì e senza volerlo davvero ritrasse il suo corpo... lui la guardò un po' perplesso "Non stai bene, vuoi fermarti a prendere aria?"

"Sto benissimo... - recuperò un sorriso, il primo di quella mattina per lui - è solo che il chiuso della carrozza mi annoia, potevamo andare a cavallo... - lo guardò speranzosa di poterlo corrompere, ma le lunghe discussioni dei giorni passati a preparare, studiare, chiudere bauli ed architettare bugie avevano avuto un epilogo per lei disastroso... tutto ciò che le andava di fare le era proibito, andare a cavallo e tirare di scherma, bere e correre... tutto finito, sospeso, per colpa del piccolo ospite.

Oscar si era incupita... ma che ne sapevano lui e il dottore di quel bambino, e delle attenzioni che già riceveva ancor prima di nascere... che ne sapevano loro, magari adorava i cavalli e le armi, e forse non era astemio e anche lui avrebbe corso a perdifiato se avesse potuto... così mi mettete ai ceppi perché lui possa essere libero? E poi André che gli dispensava sguardi e carezze ogni volta che poteva sfiorarlo... ne era stata gelosa da subito, ma quella mattina di più... prese la mano che lui le teneva in grembo e se la portò sul viso... "Carezza me, e non lui... io sono qui subito e adesso..." disse un po' indispettita alla ricerca di prove, le stesse che lui le offriva da tutta una vita...

Gli sembrò uno scherzo dettato dal sonno che ancora sembrava velarle lo sguardo "Sta bene, allora giochiamo" pensò...

La abbracciò stretta e posò il viso accanto al suo... "Perché parli sempre al maschile... e se fosse una bimba? Ci sono tante possibilità..."

Lei alzò una mano come per scacciare un insetto, nervosa, infastidita... "Non voglio parlarne, stringimi e basta oppure lasciami in pace" si lamentò con la voce impastata dal dondolio della carrozza che rotolava piano verso il loro posto nel mondo... ma lui fraintese e pretese che fosse davvero una commediante perfetta in quel ruolo di bimba arrabbiata, così continuò a prenderla in giro ..."Dovremmo pensare ad un nome, o si offenderà e fuggirà di casa appena capace di camminare".

Avrebbe voluto ridere di lei e giocare con lei, e continuare a parlare e tessere lodi insensate di quel figlio che lo faceva sentire speciale... ma la sua voce sferzante interruppe i pensieri mandando in frantumi una piccola parte del sogno... "SMETTILA, BASTA... - lo allontanò con uno strattone, guardandolo con odio feroce - Possibile che tu non sappia parlare d'altro? Il bambino, il bambino, sempre il bambino... sono stanca di lui, e di te che ne parli fino a sfinirmi... parla con me e di noi come facevi una volta, come facevi prima..."

Oscar aveva le lacrime agli occhi...

André le cercò ovunque le lacrime, lacrime per sé, per bagnarsi il viso e svegliarsi da quel dolore che gli stringeva il cuore, e sperava fosse soltanto l'ennesimo incubo... ma non le trovò e gli toccò di affrontare la verità, amara come gli si presentava dal viso contratto di lei...

Cos'hai, sei stanca o solo nervosa? E' la tensione del viaggio, il dolore dell'abbandono o cos'altro?

Come sempre si convinse di aver sbagliato qualcosa... contrito le chiese perdono con gli occhi, la voce, le mani...

Lei sembrava non attendere altro che un cenno... come in preda al delirio senza parlare gli si strinse contro e cominciò a baciarlo premendo con forza le labbra contro le sue, avida come se conoscesse per la prima volta il desiderio. Con le mani impazienti e febbrili scivolò sotto il mantello, la giacca e la camicia cercando il contatto con la sua pelle, scostando ogni ostacolo che si frapponeva alle sue intenzioni che apparivano chiare e sconsiderate.

André sconsolato provò a fermarla, chiudendole le mani nelle sue e carezzandole piano... Aspetta, prenderai freddo e potrei farti male..."

Ma lei era disperatamente ed irragionevolmente determinata a riaffermare i suoi diritti... nella sua scala gerarchica André veniva prima di tutti, si attendeva quanto meno lo stesso trattamento... si liberò le mani, aprì un varco nei suoi vestiti e vi portò le mani di lui..."Non ho freddo e non mi farai male... non l'hai mai fatto. Fai l'amore con me e dimentica il resto..."

Dimenticati del bambino che sembra dividerci piuttosto che unirci... ma non lo disse né si fermò, interpretando il suo silenzio come un sì.

André cercò debolmente di farla ragionare... poi la voglia d'amore lo vinse e senza il coraggio di guardarla la accolse dolcemente sopra di sé, perché non c'era spazio in quel giaciglio improvvisato; ma lei lo spingeva sempre più forte sul sedile, rabbiosa e senza aspettare che il corpo di entrambi si decidesse ad assecondare il calcolo della sua mente... si fece male e gli fece male dettando imperiosa il tempo di quella tortura, con gli occhi fissi nei suoi. Rovesciò il capo, per cacciare indietro le lacrime che le pungevano gli occhi; pensò che si stava lasciando prendere e lo prendeva come fossero due sconosciuti spinti soltanto da istinti ciechi a consumare in fretta una passione appena nata e destinata a morire in pochi minuti e in un gemito.

Lui chiuse gli occhi e trattenne il fiato... desiderò che smettesse e pensò che qualsiasi cosa fosse quel delirio, era bene chiuderlo in fretta e dimenticarsi di tutto. Lasciò andare i pensieri e sbrigliò il suo corpo... "dopo tutto non siamo altro che animali" si disse amaramente... ancora un istante, lo sentiva, e sarebbe finita.

Ma Oscar se ne accorse... "Non così in fretta - pensò - non ti lascerò scappare... pensa a me adesso, al mio corpo che si muove sopra di te... te lo ricordi ancora amore?”

Se ora rallento e mi fermo... dovrai seguirmi per forza, sei in mio potere... non adesso, aspetta, non è ancora il momento... ora che siamo così vicini, fammi restare ancora qualche istante così... se non posso correre o cavalcare... posso fare questo - gli prese le mani e le bloccò usando tutta la forza che aveva - posso farti sentire che esisto".

Rallentò ad arte quella danza ossessiva osservando con attenzione il viso di lui che cambiava espressione, ora più intensa, ora quasi indifesa...ma quando si accorse che stava per vincerlo capì che non la voleva, quella vittoria. Lei che lo amava così tanto da morirne... allora si lasciò scivolare e lo baciò a lungo, con dolcezza... contrita si vergognò di quello che stava facendo a lui e a loro, smise di trattenere le lacrime e improvvisamente gli lasciò il controllo di tutto rannicchiandosi sul suo petto... "stringimi forte ti prego, ti prego... io non so perché l'ho fatto... davvero!"

Nemmeno André... pregò che non chiedesse a lui di interpretare i suoi pensieri, ma la abbracciò forte come chiedeva, e le disse l'unica cosa che poteva valere qualcosa, in quel momento... che la amava tantissimo. Gli bastò in premio il sorriso riconoscente che le vide fiorire sul viso, mentre le asciugava le lacrime...

"La mia povera bambina... - le disse scherzando per vincere l'imbarazzo e il freddo - proprio non potevi aspettare che arrivassimo a destinazione?"

Ma lei sospirò amara "Davvero sono la tua bambina? Sono una bambina che aspetta un bambino?"

La guardò , sollevandola e cercando di coprirla con la prima cosa che trovò; non voleva sentire più niente di quel discorso già scritto negli occhi atterriti di lei... ma lei  proseguì testarda "Ho paura André, ho tanta paura - si costrinse a continuare perché non avrebbe avuto mai più il coraggio - ho paura di non sapere essere madre, di non amare nostro figlio come si merita... ho paura di non volerlo, questo bambino..."

Teneva il capo basso, piena di vergogna... si lasciò rivestire proprio come una bimba, senza protestare e senza guardarlo...

"Ecco, l'ho detto... ora cosa penserai di me? Che sono peggio di un animale, un essere senza cuore... che non ti amo abbastanza"; sgomenta si affrettò a cercare i suoi occhi... "Ma io ti amo tantissimo, non puoi pensare che non sia così... ti prego dimmi che lo sai!"

"Anch'io ho paura - la voce pacata di André le scese nel cuore come un balsamo profumato - anch'io ho paura... ti porto via dalla tua gabbia, ma cosa ti offro realmente? Una vita in posto qualunque lontano una vita dalla tua vita di prima... una gabbia, solo più piccola. Tutti i giorni mi sveglio e chiedo perdono per questo... e a mio figlio cosa insegnerò? Che non si scappa dalle difficoltà, che i problemi si affrontano a fronte alta e senza timore? Io sono scappato, e ti ho trascinata con me... ma è stato solo per troppo amore se ho sbagliato e continuo a sbagliare - le prese il viso con le mani e si avvicinò fino a sfiorarle le labbra - solo perché ti amo... lui non vedrà i nostri errori, sentirà solo l'amore che lo circonda, ne avrà abbastanza per crescere forte ed esserlo tanto da imparare a sbagliare da solo".

Non parlarono più per il resto del viaggio... rimasero stretti a contare i fiocchi di neve che avevano preso a cadere copiosi...

 

La seconda neve è come manna dal cielo per noi... copre le tracce alla vista del mondo, un attimo e siamo soltanto un ricordo per tutti... Oscar e André sono andati lontano, o forse sono solo un errore, il frutto di un'idea sbagliata e innaturale, perché nel posto da cui sono scappati amarsi così vuol dire cucirsi sul cuore il segno scarlatto del sacrilegio.

Arras, e poi le strade si intrecciano e si confondono, loro sono ovunque ed in nessun posto, non sono più.

Non si guardano indietro, non per paura, ma perché sanno che nessuno li insegue per riportarli indietro... e allora guardano solo avanti a sé, cercando di intravedere lontano la fine del viaggio e l'inizio della felicità che li aspetta... non è impossibile, manca poco ormai... quando la seconda neve smetterà di cadere troveranno che c'è un posto nel mondo solo per loro.

 

"Benvenuti! Benvenuta cara, benvenuti".

Lei era rimasta qualche passo indietro, mentre osservava lo sconosciuto abbracciare André come un vecchio amico... come un figlio.

Il viale illuminato dalle torce dava alla grande tenuta un'aria fiabesca, quasi irreale... la luce del fuoco accendeva la neve di mille scintille, faceva sembrare la notte meno scura, meno paurosa.

Oscar aveva dormito per l'ultima parte del viaggio, placata e con gli occhi umidi di pianto... si era lasciata rassicurare e cullare accogliendo con riconoscenza il conforto delle carezze sommesse di André e poi era crollata con il capo nascosto sulla sua spalla.

Lui era stato felice, perché era il suo turno di piangere e di disperarsi... la sua ragazza indomita, che mai aveva tremato davanti alla morte temeva all'idea di donare la vita.

"Cosa ti ho fatto fare?" si domandava nel buio... senza pietà si era obbligato a scandagliare il passato in cerca di indizi... forse era un suo sogno quello che ora lei portava in grembo, forse era la sua volontà che soverchiandola l'aveva costretta a piegarsi e a pensare di essere complici... forse aveva fatto di lei una vittima.

"Ma no... non può essere... me lo ricordo il terrore che avevi negli occhi quando senza dir niente ti stringevi forte al mio corpo... e non mi lasciavi, non mi lasciavi andar via fino alla fine... tu lo volevi, allora ne ero sicuro... ma adesso? Non so, forse è questa la fine, la fine di tutto..."

Lui non aveva dormito, con il viso tra le mani e il cuore gonfio e tra le braccia due esseri ugualmente indifesi che si contendevano a morsi il suo amore.

 

Guillaume era un uomo di mezza età, con le mani forti e ruvide e lo sguardo franco ... per un attimo Oscar aveva temuto che volesse abbracciare anche lei, ma si era limitato ad osservarla in silenzio con uno sguardo ammirato, volgendosi in fretta ad André ... "Certo, capisco... ora capisco tutto... capisco perché non ti fermavi un secondo in più del dovuto, e non c'era mai tempo per niente con te... era lei la cosa importante" inaspettatamente le aveva teso la mano stringendola delicatamente... "siete i benvenuti, cominciavo a temere che la neve vi avrebbe creato problemi... - e lo diceva scrutando il cielo nero, privo di stelle - nevicherà ancora, e parecchio temo... avrete il tempo per adattarvi, quando nevica per noi è vacanza..." era scoppiato a ridere, indicando le luci che ammiccavano nel buio "sarete stanchi e vorrete riposare, ma prima dovete mangiare qualcosa!"

André aveva subito colto lo sguardo implorante di Oscar... "Veramente..." ma prima che potesse dire alcunché Guillaume alzando una mano l'aveva fermato... "ai ragione, sono un vecchio bifolco... non preoccupatevi, ora vi mostro la casa in cui abiterete... io ormai sono poco avvezzo alle buone maniere, per fortuna ho chi pensa per me... mia sorella Lucille da qualche anno vive con me, e lei ha pensato a tutto... vedrete, la casa è piccola ma non manca nulla, e sicuramente quella vecchia intrigante avrà acceso il fuoco e sparso fiori qua e là, sicura di indovinare i vostri gusti - guardava sottobanco Oscar cui la stanchezza crescente aveva tolto il gusto per la conversazione ed ora pregava solo di far finire in fretta la serata... sperava soltanto che nessuno si attendesse da lei commenti entusiastici sulla disposizione dei mobili o sulla tappezzeria, gliene fosse mai importato qualcosa...

"Sono stanca e mi duole il capo... oh tu, possibile che non lo capisci? Lascia perdere chiacchiere e smancerie, andiamo, in fondo ti chiedo solo una porta per chiudere fuori il mondo fino a domani".

Lo sguardo gelido e la voce imperiosa, come non le capitava da tanto ... "André?"... il suono sibilato come un colpo di scudiscio, ma lui non sembrava far caso al tono né al modo... le aveva passato la mano attorno alla vita famigliarmente, con naturalezza, godendo di quel semplice gesto che nella gabbia appena lasciata aveva agognato come un privilegio... ora nulla gli era proibito, non c'erano regole da rispettare. Pratico, aveva chiesto a Guillaume come raggiungere in fretta la casa in cui avrebbero vissuto, promettendogli di salire più tardi da lui per fare due chiacchiere, e si era incamminato tenendola stretta... verso dove? Lei lo guardava interrogativa, "Dove andiamo, dove mi porti?" avrebbe voluto chiedere... poi aveva notato un pennacchio di fumo sottile salire tra gli alberi, e dopo il fumo un comignolo, e dopo il comignolo un tetto e una casa minuscola... come le accadeva da bambina la meraviglia le aveva socchiuso le labbra per lo stupore ... stavano lì ad ammirare quella costruzione che sembrava fatta per le driadi e le fate della foresta, e non per gli esseri umani. Che strana la gioia che lenta scendeva nel cuore, le menti leggere a pensare un solo pensiero... che quella era la loro casa... "casa nostra..." sembrava una formula magica adatta a scacciare i cattivi pensieri.

Oscar si era voltata verso di lui con le lacrime agli occhi, e si era stretta forte, con tutta la forza che aveva...

 

 

"Sei sicura di stare bene? Io non vorrei che..."

"Oh, tu... la smetti di fare il fratello maggiore... almeno per una volta?"

Lui la squadra, stupito e gli viene da ridere... a vederla così, con le mani puntate sui fianchi e l'aria decisa istintivamente ripensa a sua nonna... lei sembra non cogliere e continua la sua arringa, non sembra nemmeno più tanto stanca "Ti ho detto di andare, io sto benissimo - gli mostra la porta, e davanti alle sue proteste la spalanca lasciando entrare un soffio di aria gelida... - allora?"

Alla fine André cede... non prima di averle strappato mille promesse, che non farà sforzi, non trascinerà pesi, non disferà i bagagli, non farà niente di niente se non respirare, sbattere piano le palpebre e andare a dormire... poi si avvia verso la grande casa che si trova esattamente al centro della tenuta, dove cardo e decumano si incrociano... pensa incredulo al suo vecchio amico che li ha accolti senza fare domande, alle cose da dire e da chiedere, che avere un posto da poter chiamare casa vale molto più di un semplice grazie.

Lei è soddisfatta, lo è sempre quando riesce ad averla vinta... le serve del tempo tutto per sé, per guardarsi attorno ed impossessarsi avida dei particolari... loro vivranno lì, sono a casa.

Ripensa con la voglia di piangere che André l'ha presa tra le sue braccia prima di entrare, dando forma ad un sogno sognato tutta una vita; timidamente si sono guardati attorno, come quando da piccoli disobbedendo ai divieti vagavano soli nell'ala disabitata del grande palazzo avidi di segreti e fantasmi. La casa è piccola, una sola occhiata la può contenere e Oscar ridendo commenta che il suo pianoforte da solo occuperebbe l'intero salotto. Eppure è perfetta, perfetta per loro... c'è tanto calore, e non è solo il camino dove come promesso il fuoco è già acceso, e il legno che brucia emana un sottile odore di pino... copre appena il profumo dei fiori di serra già sistemati nei vasi, che sembrano il frutto di una magia in questa stagione di gelo... Un altro sguardo, solo un poco più attento ed ecco una scala... lei si lascia sfuggire un pensiero "ma allora è una reggia" e lo trascina per mano a scoprire che il piano di sopra non è altro che una mansarda, col tetto spiovente e una sola grande finestra. Come sia entrato qui il letto che vi troneggia, nessuno dei due se lo spiega, ma è bellissima la sensazione di poter finalmente attaccare al chiodo il dolore e il senso di fuga continua... l'idea di svegliarsi abbracciati senza il terrore, l'ansia di non aver chiuso la porta o l'impressione che qualcuno li possa vedere o sentire e la paura che presto la sorte malvagia avrebbe stretto le loro vite in un pugno, stritolandole senza pietà... ora tutto questo è lontano, lontano da non ricordarlo... ce n'è abbastanza, di felicità, per riempire due vite... e forse anche tre.

Ripensa ad André e a quanto lo ama... a quanto è cambiato l'amore per lui. All'inizio sembrava una gara a ferirsi l'un l'altro, a farsi del male... lo volevano entrambi quel male, per paura che troppo amore li avrebbe storditi e il dolore fosse l'unica strada per sentirsi vivi. Poi un soffio ed era stato solo l'amore a guidarli, a mostrare loro la strada... il resto era svanito, e all'improvviso c'erano solo loro, il loro amore e un bambino chiesto alla sorte e donato dal fato.

Ora che è sola possono anche parlare, loro due... il davanzale della finestra in mansarda è comodo come un sedile, così lei si accoccola godendo alla vista di quello sparuto moccolo di luna che si affaccia dalla coltre di nuvole e regala alla stanza un chiarore argentato e irreale.

Poi chiude gli occhi, e cerca le parole giuste ... "Ora ascoltami, ascoltami bene... posso provare, ti prometto che tenterò... - sospira e con la mano sfiora il suo ventre, non l'aveva mai fatto perché quel gonfiore ora visibile all'occhio più attento le appariva innaturale, una vergogna da nascondere sotto l'ampia camicia - lo devo a tuo padre, capisci? Non sono perfetta, ma avrai il padre migliore del mondo... lui penserà a noi, a me e a te... e forse andrà bene".

E' allora che lo sente... lieve ed appena accennato,come un soffio di brezza, e netto e deciso come un colpo allo stomaco... qualcosa o qualcuno da un mondo lontano che risponde al suo mormorio, ed è strano sentire il suo corpo che la asseconda, docile, quasi arrendevole. Contro quel corpo combatte da tutta la vita ed ora inaspettato le propone una tregua; un tremito insolito la invade dolcemente, e per la prima volta non prova paura né ribrezzo... il tocco con cui aveva appena sfiorato quel palpito diventa una carezza lenta, costante, quasi istintiva... si chiede dove o come ha appreso quel gesto, certo non da sua madre... si rilassa, distende le gambe e continua a bisbigliare... per rassicurare il piccolo ospite, pensa... e per rassicurare sé stessa, anche se ancora non lo sa... "Andrà bene - mormora a voce bassa - andrà tutto benissimo".

Si addormenta sfinita, rannicchiata come faceva spesso a casa davanti al camino. Con la mano distesa a scaldare il piccolo cuore che adesso batte a ritmo col suo.

 

Gli era bastata un'occhiata... gli abiti e il fare imperioso... era lei, ancora la ricordava. L'aveva vista una volta in paese camminare con quel passo ritmato e sicuro, tipico del militare incallito... la degna figlia del degnissimo generale.

Come faceva quando era nervoso, passeggiava tormentando la barba ispida tra l'indice e il pollice, come per scacciare l'idea. Possibile che André fosse pazzo fino a tal punto? Certo, per l'ambiente in cui era cresciuto innamorarsi di una donna nobile non era impossibile... ma quella non era una donna normale, per giunta l'erede della famiglia che aveva servito per anni... gli sembrava innaturale e pericoloso, come incrociare due specie diverse.

Lui era un uomo franco, abituato a non mentire agli amici... con le mani gli offriva del vino, e con le parole l'aveva messo al muro...

"E' la figlia del generale... si tratta di lei, vero?"

André non aveva voluto rispondere subito... non a parole... in fondo Guillaume non chiedeva che una conferma di ciò che sapeva... ricambiando il suo sguardo senza falsi pudori si era limitato a sorridere... "Sembra un secolo che non ci vediamo... in un secolo sono tante le cose che cambiano... "

"Ma lei cambierà? Saprà cambiare? - lui incalzava incurante - Si adatterà a vivere qui, alla solitudine... ad un figlio?"

"E' già cambiata, tu non sai quanto. Ed è incredibile, perché in fondo è la stessa di sempre... ma è mia".

Guillaume aveva rinunciato, alla fine... lui aveva ragione, in un secolo cambiano le cose... era cambiato il suo sguardo... André non era più André, mancavano in lui quel soffio di rassegnazione e quel pizzico di malinconia che avevano col tempo convinto Guillaume ad odiare la sconosciuta causa di tutto. Forse si era sbagliato, ora ed allora... André era troppo felice e niente poteva scalfirlo, era indulgente con il mondo intero ed avrebbe perdonato il suo eccesso di sincerità. Aveva alzato il calice, imitato da lui... brindava agli dei per ingraziarseli, perché la gioia di quei due esseri umani e imperfetti non scatenasse la loro ira.

"E vi siete sposati?"

Se ci siamo sposati? Tante volte, ogni volta in un luogo e una stagione diversa... una volta lei era una regina ed io un mago... un'altra lei era una strega, io un satiro impertinente... sogni cullati nella penombra della sua camera, quando lei stava male e io avrei fatto di tutto, mentito e ucciso soltanto per strapparle un sorriso. "Ti sposo, glielo dissi una volta sotto una pioggia di foglie morenti, e la voglio sposare... ma non è facile, non sarà facile..." al sospiro malinconico di André Guillaume aveva rivisto il ragazzo di un tempo mordersi il cuore, mentre cercava di indovinare il futuro come un aruspice.

"Ascoltami... qui non siamo a Versailles, né a Parigi... qui il re è un fantoccio lontano, non contano titolo o grado, conta il denaro... e io ne ho abbastanza per convincere preti e notabili che non esiste cosa migliore di un uomo che sposa la donna che ama, non importa il suo nome o il vestito che indossa, sia esso un trionfo di pizzi, l'uniforme di un militare o la livrea di un servo... sarà il mio regalo di benvenuto".

"Sposala, legala a te più stretta che puoi o scapperà..." il ruvido uomo d'affari aveva ricacciato in gola quella preghiera, mentre ad una ad una spegneva le grosse candele di sego... certamente sbagliava, andava dicendo osservando la luna nera e maligna che oscurava il cielo di quella notte. Lui sbagliava e André l'avrebbe spuntata alla fine...

"Andrà bene - un sussurro, finendo il suo vino - andrà tutto benissimo".

 

 

I sogni cattivi cominciano subito, dalla prima notte...

André era rientrato e l'aveva trovata col viso bagnato di lacrime e il terrore negli occhi, rannicchiata in un angolo buio. A fatica era riuscito a sollevarla dal pavimento, sembrava stregata... Il camino era spento da un pezzo, in fretta aveva ravvivato il fuoco e trascinato il divano nel punto più caldo, cercando di stringerla...

Fa freddo ma se lei trema è solo per la paura.

Per un tempo lunghissimo che a lui pare infinito non riesce a dire una sola parola, le labbra convulse e serrate e lo sguardo vuoto...

Poi sente i muscoli sciogliersi, piano, e il suo corpo cercare di lui per farsi abbracciare. E' un riflesso condizionato, come amarla e volerla, e pronto obbedisce... così per lei è più facile cominciare a parlare... e rivivere piano l'orrore dell'incubo.

"E' buio e freddo là dentro. Un cunicolo, forse il fondo di una segreta, non posso muovermi né camminare... vedo in fondo una luce e l'uscita, ma non posso raggiungerla... provo a strisciare ma mi manca il respiro".

Una pausa, per prendere fiato e sentire che l'aria obbedisce se ne chiedi ancora, ti riempie i polmoni senza far storie... Oscar piange con gli occhi socchiusi ed è come se stesse cercando un approdo dopo aver fatto naufragio... lui sente solo il dolore che le pesa nel petto, e cullandola piano le restituisce il coraggio di liberare i ricordi e lasciarli fluire...

"E poi? E poi cosa succede?" si obbliga a chiederlo, la obbliga a dirglielo.

"E poi arrivo alla fine... è la fine del buio, c'è luce del sole ed è così forte da abbagliarmi... e un prato pieno di fiori, ma il profumo è acre e dolciastro, e mi nausea, mi fa stare male. Lei è seduta in un angolo, è sola... canticchia una nenia, la stessa che nanny usava per farci dormire... ma lei non vuole dormire, raccoglie petali per farne un tappeto... li strappa con cura maligna e le sue piccole dita non hanno pietà per nessuno".

"Cara, ricordi? Hai sognato... è solo un sogno... - André è sgomento, sembrano le farneticazioni di una mente malata, lei ha la fronte gelata e il respiro affannoso e vive in quell'incubo come se allungando la mano potesse davvero riempirla di petali e spargerli al vento...

"Amore, amore - cerca di richiamarla alla realtà - chi è lei, di chi parli?"

Oscar sorride trasognata, come se fosse lì davanti a loro "Oh, ma è una bambina bellissima... ha i tuoi occhi e i tuoi capelli... ma - smette di sorridere con gli occhi sbarrati - l'espressione non è la stessa... è cattiva, e vendicativa... io mi avvicino e le tendo la mano, ma lei scatta in piedi e mi grida ORA VEDRAI... comincia a correre, è così piccola eppure io non riesco a raggiungerla - stringe i pugni e il tremito ricomincia a scuoterla impietoso - lei va verso il fondo dove il cielo e la terra si toccano ma se continua cadrà nel vuoto, io lo vedo e le grido di smettere, che non deve scappare da me. Ma - la voce si abbassa ed è quasi un lamento - lei non mi sente, non sente più niente... un attimo e lei non c'è più... e il buio torna ad avvolgermi e a soffocarmi, vorrei gridare ma mi manca la voce... io... - lo guarda implorante - che vuol dire questo? Cosa vuol dire?"

 

 

Il medico le sorride, paziente... lei è tesa come le corde del piano che a volte in segreto rimpiange, l'ha visitata a fatica... ma è una primipara e lui sa come trattarle, che siano puledre o giovani donne in fondo sono tutte uguali, impaurite e un po' isteriche...

La lascia che si riveste con gesti secchi e decisi, come se le avessero fatto uno sgarbo, ed esce a parlare con lui che da tre settimane può fregiarsi del titolo di marito...

Gli ha parlato degli incubi che la martoriano, degli sbalzi d'umore... a volte uscendo la lascia in un modo e tornando non si capacita... se rideva ora piange, se si disperava ora sembra un fiore appena sbocciato.

Per portarla dal medico ha tentato tutte le strade, l'ha aggirata con mille lusinghe, l'ha blandita sgridata e poi ricattata... perché lei non voleva... "Io mi vergogno - ha detto avvampando - lui è... un uomo, un estraneo...". Certo Lasonne era diverso, l'ha curata che era ancora una bimba convinta di essere un maschio... spogliarsi davanti a lui non era fonte di vergogna o imbarazzo, era normale come farlo tutte le sere nella sua stanza... ma questo no, questo è uno sconosciuto... sa di loro, di lei da più di due mesi perché il vecchio medico non li ha abbandonati, ma arrivare davanti alla sua porta è stata un'impresa... "Io sto benissimo" è stata l'ultima disperata difesa, ma André non ha voluto sentire ragioni... "Quando nascerà cosa farai, gli chiederai di voltarsi e farai di testa tua?"

Ha mirato dritto allo stomaco, ha vinto... cupa e col capo chino si è lasciata abbracciare e convincere, ed ora con le guance rosse per l'affronto subito esce timidamente dal gabinetto dell'azzimato dottore ed aspetta in silenzio. André sorride come non faceva da tempo... "Allora va bene?"

"Andrà tutto benissimo - commenta il cerusico aggiustando le lenti sul naso ingombrante - certo i fianchi sono un po' stretti, ma ho visto cose peggiori... tornate tra un mese, e cercate di riposare..."

Oscar pensa che è stufa che si parli di lei come di un animale da riproduzione... ma le viene da ridere quando candido André le confessa che in paese non c'è differenza tra medico e veterinario, che astuzia e necessità hanno reso uno il sostituto dell'altro... inorridisce pensando che forse le toccherà mettere al mondo il suo cucciolo contendendo cure e attenzioni alle puledre di Berchet...

Berchet dirige la vita di tutto e di tutti, e tutti sembrano fieri di questo... non comanda né vessa nessuno, ma stringe in pugno formidabili armi... una su tutte, il denaro. Se ne sono accorti quando una settimana dopo essere giunti alla tenuta si sono sposati senza che nessuno chiedesse loro alcunché ... è successo in un attimo tanto che lei non ha avuto coraggio né tempo per commuoversi un po'... è stato facile. Ma non le è importato granché, perché anche se nessuno lo sa e nessuno le crederebbe, chiamandola pazza, loro sono sposati da sempre... A sposarli è stata la rabbia, il risentimento che prese loro i cuori e guidò i loro corpi in quella notte, la prima, invadendoli senza riserve e portandoli alla deriva.

Ma insieme.

Insieme e per sempre.

A sceglierli, loro tra tanti, la solitudine, che per prima svuotò loro l'anima per renderla pronta ad accogliere un dono improvviso... Non parole né formule arcaiche, ma sguardi imploranti per chiedere e darsi ogni volta di più, a guidarli verso l'altare... non osino gli uomini separare ciò che l'amore ha unito da sempre.

Eppure lei avrebbe potuto agire da sola, aveva la soluzione... la conserva al sicuro, dove nessuno la possa trovare... solo lei quando sa di non essere vista apre l'astuccio di cuoio, fa scattare il fermaglio d'argento e piange sul foglio sbiadito, perché di lacrime ne ha già versate tantissime ma forse non abbastanza.

Loro erano amiche, ne è sicura... amiche ed unite nel modo peggiore, unite da un uomo che le ha possedute e stregate... ma ora è passata e Oscar ricorda soltanto i momenti migliori, i più dolci, le chiacchiere e le confidenze. Quella lettera marchiata a fuoco dal sigillo reale è l'ultimo dono di Maria Antonietta per lei che ha voltato le spalle da tempo a quel mondo... ma i ricordi non li ha rinnegati, in quel ricordo lei non è maledetta, ma solo una donna... e la regina l'aveva capito da tanto...

"Mia cara amica - aveva scritto la regina di pugno, Oscar aveva riconosciuto subito la grafia un po' svolazzante di Maria Antonietta - Madame vostra madre mi attribuisce poteri che non credo di avere... mi dice che da questa lettera dipende la vostra guarigione, forse la vostra vita... avrei tanto voluto consegnarvela e stringervi forte le mani... se siete malata guarite, e se siete infelice lasciate alla vostra Regina il privilegio di lenire il vostro dolore... io posso tutto e voi non chiedete che di poter vivere in pace, lontano da qui... Il dolore di perdervi sarà pari soltanto al piacere di sapervi guarita e felice nel posto che sceglierete.

Ma non posso darvi il consenso di andare da sola, questo no... voi siete indomita e coraggiosa, ma siete una donna... avete bisogno, come tutte lo abbiamo, di qualcuno che non vi permetta di dimenticarlo, mai... ho frugato nella mia mente, e perdonerete il mio ardire se vi confesso che è il viso di un solo uomo che riconosco accanto a voi ... non vedo altri, e forse anche per voi sarà così mia cara...

Vi penso felice... immensamente felice... e per questo, solo per questo vi lascio andare ... (...)"

Stende il foglio e lo liscia togliendo le pieghe... certamente piangere non le fa bene, quando accade il bambino si agita come a chiederle cosa c'è... ma le piace lasciarsi andare, la mente che vaga è serena e leggera... non come la notte quando l'incubo la perseguita. E' sempre lo stesso, sempre lo stesso finale... ogni volta la bimba la guarda con odio feroce, ogni volta lei sente montare nel cuore una colpa che non può dividere con nessuno, nemmeno con il suo André.

Lui è magnifico, ne ha avuto la prova più volte... a Natale ha rifiutato con gentile fermezza di unirsi a Guillaume che lo considera il figlio che Dio non gli ha dato, perché gli ha spiegato preferiva star solo con lei ... ha passato l'intera giornata a carezzarle i capelli tenendola stretta, raccontandole i Natali passati e immaginando con lei quelli futuri...

Lavora come ha sempre fatto, niente sembra pesargli perché nonostante i compiti e le preoccupazioni per una vita nuova da inventare ogni giorno lui è libero come mai prima d'ora. La guarda e sorride. E questo gli basta.

Per lei è più difficile... e confessa allo specchio e a se stessa che a volte davvero si annoia, e se ne vergogna... sorride e accarezza il cucciolo che comincia a crearle fastidi, non riesce a sedersi se non con cautela... e spera che per quella sua debolezza non faccia la spia.

Della vita di prima ha potuto portarsi ben poco, ma alcune cose le ha pretese e sottratte quasi come una ladra, nonostante fossero sue ... la spada dall'elsa consunta, e la cassetta di mogano scuro... con quelle pistole è cresciuta, credeva che fosse un gioco, ogni giorno la carta da gioco spostata un po' più lontano... ogni giorno un centro perfetto... sorridendo dice al bambino "forse la mamma da grande ti insegnerà".

Mamma... le piace stupirsi di quanto sia facile e dolce dirlo, e pensa a come dev'essere sentirselo dire... è come abbandonarsi, lasciarsi cadere, e due mani gentili e sicure ti accolgono pronte all'abbraccio... mamma, come è facile dire mamma...

 

Perché in questo mondo deve esistere anche Lucille?

Perché, se tu mi vuoi bene non vuoi accontentarmi e tenerla lontana da me?

Se non fosse la sorella di Guillaume...

"Avanti, non è così terribile, e poi lei stravede per te, ti venera, va dicendo a tutti in paese che sembri una dea e ..." André riderebbe, non fosse per l'espressione ed il fiero cipiglio che oscurano il volto di lei...

"E' una pettegola e mi spia, piomba qui con mille scuse, come se volesse contarmi i respiri..."

La sorella di Guillaume, la padrona di casa... ma non per questo le devo qualcosa... è invadente, viene qui sempre più spesso e non so cosa vuole da me...

Quel cruccio che le dipinge una smorfia sul viso gli fa ricordare la bimba che era... con la voglia che ha di abbracciarla farà tardi, e non è proprio il caso, in fondo il dovere è dovere...

Un bacio appena sfiorato basterà a tacitarla, a calmarla fino alla sera. Ed è bellissimo perché lei sarà lì ad aspettare, come tutte le sere di questa vita che ormai sembra l'unica vita mai vissuta, l'unica degna di essere chiamata vita.

Lucille... che confida ad André che di sua moglie ha quasi paura, lei con il suo sguardo altero e distante... "Tu sei diverso, mi ricordi mio figlio... " gli ha detto ridendo offrendogli il the un pomeriggio, mentre lui e Guillaume rivedevano i conti del mese... "ma con lei non so mai cosa dire, in realtà forse non dovrei nemmeno parlarle... in fondo lei è..."

"Ora basta!" Guillaume, la voce secca, non le ha permesso di spingersi oltre... "lei è nobile", questo avrebbe detto Lucille... ma che c'entra l'essere nobile ora, che c'entra con loro? Con André che ha lo sguardo cupo e fa finta di non capire, e invece ha capito?

Lucille avvampa... è una brava signora, forse solo un po' troppo impetuosa, e non sa che altro fare e che altro non dire per rimediare... vergognosa guarda André che però la rincuora, non è niente, in fondo non si stupisce... è vero, è ciò che pensano tutti, i contadini e le loro famiglie, e le cameriere, anche quelle arrivate da poco... Oscar e il suo passo deciso, quasi imperioso, i vestiti che per nulla al mondo cambierebbe con quelli pieni di fronzoli, la sua voce secca che a volte sembra una fucilata. La guardano con curiosità malcelata, ma non osano avvicinarsi, e salutano lui agitando il braccio da lontano... lui che ormai è amico di tutti, conosce i nomi di tutti i garzoni e delle sguattere delle cucine.

Si sente in colpa per quanto è felice di quello che ha conquistato. L'amore della sua donna, un lavoro di cui andare fiero, da fare non perché non c'è scelta ma per essere stato il prescelto... con Guillaume che lo guarda ammirato, che si stupisce quando lui tiene testa agli altri mercanti, agli allevatori venuti dal nord, anche al veterinario... si stupisce dell'uomo che sottovoce cita Virgilio mentre annota gli acquisti e spunta le spese della tenuta, e non sa capacitarsi di averlo al suo fianco...

E' strano che qualcuno lo ammiri... non è mai successo, lui ricorda soltanto gli sguardi di invidia che sentiva addosso, appiccicosi come la bava dei rospi quando a Versailles prendeva posto al fianco di Oscar... là dove lui era soltanto "l'attendente", per molti non è stato degno nemmeno di avere un nome che lo aiutasse ad emergere dalla moltitudine... un servo senza nome, l'ombra del colonnello. E' strano, perché ora è lei che cammina in silenzio al suo fianco quando pieno di orgoglio la porta a sentire il profumo della terra umida smossa dall'aratro, pronta ad accogliere i semi del nuovo raccolto... e per tutti lei è solo "la moglie di André".

Ma che importa, finché lui ha il suo cuore tutto per sé e lo sente battere forte quando la abbraccia, finché la sente stringersi a lui fino a sparire, e la sua voce sommessa giurargli l'eternità, sa che andrà bene, andrà tutto benissimo... i problemi non si cancellano, ma sarà bellissimo vincerli insieme... insieme resisteranno alla vita... e pensa ridendo che resisteranno anche a Lucille.

Si volta a salutarla, poi si avvia verso il giorno che nasce.

A lei piace guardare il buio con lui... sono come due ombre che nella sera passeggiano senza una meta precisa, centellinando il piacere di stare insieme. Lui la tiene stretta, con un braccio le cinge le spalle, così non scappa, ha spiegato... con l'altro traccia linee all'orizzonte e le mostra i campi seminati di fresco, e più in là i pascoli, e "se ti sporgi oltre il recinto - le spiega - vedrai dove sposteremo le mandrie la prossima estate"... le parla con gli occhi sognanti, come un bambino alle prese con un gioco nuovo da inventare... lei inarca le sopracciglia confusa, una gran voglia di piangere e di abbracciarlo... "Nessuno ti ha mai chiesto cosa volevi, non è forse così? Non a me, nemmeno a te... ci hanno presi e buttati là fuori, hanno chiuso le porte e sbarrato le uscite... ci hanno obbligati a vivere una vita già scritta, già scelta per me, ma almeno io avevo gloria ed onori ad attendermi ad ogni angolo. E per te? Solo briciole amare, e sale, e sudore... io mi dibattevo furiosa perché volevo di più e di più non era abbastanza per me. Tu invece avresti voluto solo qualcosa, e forse era questo... era questo che volevi?"

Stringe forte nelle mani abbastanza coraggio per chiederglielo, per chiedergli se è felice... il bambino si agita furiosamente, spia segreta dei suoi segreti, e una fitta le taglia il ventre come un colpo di frusta, le toglie il respiro, stringe i denti per non lasciar scappare il lamento che si affaccia dalle sue labbra. Deve chiedergli se è felice, perché la vergogna la soffoca... nemmeno lei che dice di amarlo gli ha mai chiesto cosa voleva, se la voleva questa vita? O se stavolta, ancora una volta, il suo egoismo ha scelto per tutti. Perché lui vorrebbe scrivere a nanny e dirle qualcosa di loro, ma lei l'ha fermato, è troppo presto, e nanny non saprebbe tenere il segreto. Lei non vuole concedere niente ai signori del grande palazzo, e chiede soltanto che brucino del suo stesso dolore. Lei decide, ha sempre deciso per tutti.

Un'altra fitta più forte, è il momento, non può più indugiare... ma tu sei felice?

Lui le studia la smorfia sul volto, e per un attimo pensa che scherzi... ma non scherza, con la voce che trema e un paio di lacrime già le rigano il volto.

"Ho un lavoro dignitoso, una casa per tornarci ogni sera, e tu ad aspettarmi... come osi chiedermi se sono felice? Se sono felice... a volte ho paura persino di dirlo, mi sfiora il pensiero e lo scaccio per non farmi sorprendere... perché non pensavo mai che mi sarei sentito così..." non finisce la frase, ma la stringe da dietro per quello che può, con quel figlio impertinente che ormai reclama il suo posto tra loro. La sente sciogliersi in quell'abbraccio improvvisato, lasciarsi andare, se lui non fosse pronto a sorreggerla cadrebbero. Ma lui è pronto, lo è sempre stato, "Sei stanca - le dice sfiorandole appena il viso con le labbra - torniamo a casa".

La remissione delle sue colpe l'ha resa leggera come una piuma, e vorrebbe fermare il tempo così, con quella certezza a riempirle il cuore... "Ancora un attimo, resta così"... respira forte il suo profumo, di sole e fieno appena tagliato, e pensa che lì dove lei è solo la moglie di André il buio fa meno paura e le ferite non sanguinano... lui ha vissuto senza fiatare la sua vita per una vita intera, che male c'è se lei adesso vive la vita di André? Sarà bellissimo anche così, non le mancherà nulla, si abituerà a tutto, anche a non riavere niente di quello che c'era prima e di cui non era mai soddisfatta. Si volta a cercargli le labbra, ma un'altra fitta le strappa un mugolio sordo che maschera con un colpo di tosse... è meglio tornare...

 

 

L'ha appena lasciata e il mondo già sembra più grande, con quel vuoto nel cuore da riempire in tutta fretta. Non vorrebbe, ma al mattino la solitudine non è un buon compagno di giochi, ti spinge alla disobbedienza quando hai promesso che sarai giudiziosa.

Ho tirato fuori la spada... è stato un impulso, un desiderio di quelli a cui non puoi resistere e allora ti pieghi, per poi nascondere in fretta le tracce... qualcuno avrà visto? La mia spada, le dita si chiudono senza sforzo, ancora non hanno dimenticato come si vince un duello... chiudo gli occhi e mi sembra di rivedermi, di rivederci mentre serissimi e senza respiro ci diamo battaglia... ora tu non sei qui, ma io sono brava anche da sola... conosco le mosse in sequenza, mio padre non chiese il permesso a nessuno prima di fare di me un automa perfetto... un perfetto soldato... come se temessi di dare scandalo sgattaiolo sul retro di casa, solo i carpini della tenuta saranno i miei spettatori. Richiudo gli occhi per concentrarmi ed ecco, inizio, ed è come una danza... un colpo, poi un altro, precisa infliggo ferite mortali al nemico invisibile, al nemico che fugge... padre, madre, chissà se avete sprecato almeno una lacrima per questa figlia inghiottita dal fango... paro, e poi affondo... non mi fate paura, fatevi sotto voi tutti coi vostri giudizi malati... vi ho sconfitti, vi abbiamo sconfitti... noi siamo felici, e voi derelitti... un sospiro mi sfugge dal cuore, e ansante permetto ai miei occhi di aprirsi... penso che ho vinto, mentre il bambino si agita nel buio della sua culla, e mi avverte che il gioco che ho scelto non gli piace, è inutile e pericoloso, finiremo per farci male... è così piccolo e già molto più saggio di me. "Somigli a tuo padre" bisbiglio ridendo, mentre ripongo la spada nel fodero e penso che per rabbonirlo lo condurrò fino a dove il bosco si apre, e sembra che il cielo e la terra si tocchino...

Un battito irregolare mi serra la gola... e un dolore sordo mi prende la nuca... rivedo il mio incubo, irragionevole il terrore mi invade... una fitta al ventre, ed è peggiore di tutte le altre, mi toglie il respiro e piega le gambe, è così forte da farmi gridare. In un attimo mi ritrovo con il viso schiacciato sull'erba, ho paura di muovermi e di respirare, ho paura... chiudo gli occhi mentre il sudore mi imperla la fronte, "pensa a qualcosa, fai qualcosa subito" mi grida una voce imperiosa... è la mia, ma io non ce la faccio... afferro la spada caduta poco distante, la punto per terra per sollevarmi, ma tutto il mondo mi volta le spalle e sono da sola. Senza coraggio, come una bambina mi viene da piangere... "aiuto, qualcuno mi aiuti! Dove sei, dove siete tutti? Oh André, nanny... madre... mamma, mamma aiutami..."

Poi è il buio, e il buio soltanto...

 

 

E' ancora lì, la bimba di spalle che piange, singhiozza seduta sull'erba del prato... lo so che sto ancora sognando, ma il terrore è reale e non mi abbandona, mi avviluppa come un sudario. Allora ti prego, lascia che mi avvicini e ti prenda la mano, potrei fare qualcosa per te... ma la piccola mi guarda con gli occhi atterriti, e mi grida "Perché non mi vuoi, perché mi vuoi fare del male?"

Non capisco, io non la conosco e non so di cosa mi accusa...cosa ti ho fatto, in questa vita o in una passata... ti ho fatto del male? Comincia a correre, di nuovo, verso il precipizio... provo a rincorrerla, ma il dolore al ventre è fortissimo e non faccio nemmeno un passo... cado in ginocchio, chiudo gli occhi, non voglio vederla cadere, non voglio, e grido, grido con tutta la voce che ho... che qualcuno ci aiuti.

 

 

Lucille si sente in colpa quella mattina... suo fratello l'ha ripresa come quando, da piccoli, lei rubava il pane dalla madia per mangiarlo in segreto... lei aveva fame e anche lui, ma lui era più grande e molto più saggio... "Il pane che ti sei mangiata doveva bastare per tutti, e ora cosa mangeremo domani, e dopodomani?"

Non alzava nemmeno la voce, ma la faceva sentire piccola e gretta, e piangere e promettere di non farlo mai più era una pena sin troppo dolce da scontare... rimaneva per giorni il senso di colpa a macchiarle lo sguardo, il monito della coscienza a placarle la fame.

Anche stavolta... "Che ti salta in mente di parlare così della moglie di André? Non vedi che di pensieri ne ha già a sufficienza senza che ti ci metta anche tu... sei una vecchia pettegola, sorella mia..."

Non ha detto niente di male, eppure si sente in colpa lo stesso, e vuol far pace con tutti, con quella fanciulla lontana che quasi non parla, con suo fratello e con André... si è levata di prima mattina, la luna piena ancora boriosa e splendente nel cielo, sbrigato in fretta le prime faccende mentre cercava un'offerta di pace abbastanza allettante... perché in fondo quella ragazza le sembra sola, e dietro la forza che ostenta con quel passo deciso dev'essere così fragile, piena di dubbi. Un moto di tenerezza la scuote quando pensa che è incinta, il primo bambino, quell'emozione che non proverà mai più e forse nessuno le ha mai raccontato. Forse ha trovato, assieme ad una torta appena sfornata può essere quella l'offerta, può raccontarglielo lei! Lei lo ricorda come fosse ieri, svegliarsi con la sensazione che il tempo è compiuto e sapere che quel qualcosa di magico, di irripetibile che tutte le hanno promesso ora sta per succedere. Un sorriso le illumina il viso e anche la luna sbiadisce, le mani alacri combinano uova, farina e pensieri... aspetta che tutta la casa sia sveglia, non è buona creanza svegliare due giovani sposi. Solo quando intravede André affacciarsi al portone decide che è ora... vorrebbe abbracciarlo e sussurrargli in segreto che conquisterà la sua sposa, ora sa come fare; ma un segreto è un segreto, forse è meglio aspettare.

Indugia un attimo... e se lei non volesse, se la giudicasse impicciona e intrigante? E' un rischio da correre, in fondo lei è vecchia, ne ha viste tante, sopravvivrà anche stavolta.

Avvolge tutto col suo canovaccio migliore e si avvia, pensando a qualcosa di bello da dirle, per non sfigurare. Lei ha studiato, parla con garbo, la prima volta che André l'ha portata a casa da loro lei non ha capito quasi nulla di quei discorsi così complicati... ma la sua voce ha un tono suadente, graffiante, ed è rimasta a sentirli annuendo, appollaiata in un angolo, paga di quel quadretto che le ha fatto pensare a suo figlio lontano.

Ora che è davanti alla porta le manca il coraggio... appoggia le nocche senza bussare, e pensa allo sguardo di Oscar quando aprirà... sarà gelido come l'ultima volta, oppure vedrà quel sorriso che lascia sfuggire ogni tanto, che la fa così bella agli occhi di tutti?

Se non bussa, non lo saprà. Si aggiusta lo scialle, ormai è decisa, ma un rumore dal retro la lascia in sospeso... è come un lamento, lugubre e prolungato, lei non capisce ma un brivido le stringe la gola, e indugia... forse è un gattino che cerca la mamma, pensa giusto per farsi coraggio al grosso soriano che ha lasciato acciambellato vicino al camino. Bussa, la mano nodosa che appena sfiora la porta per non sembrare invadente e non disturbare... nessuno, nessuna risposta.

Possibile? Possibile che Madame sia già uscita al mattino, con questo freddo e questa rugiada?

Rimane indecisa se andarsene o rimanere, ma un colpo di vento più freddo la prende al petto come una morsa, la spinge verso il retro nascosto agli sguardi di tutti, come una guida invisibile; perché ha sentito di nuovo quel mugolio roco e soffocato, ha paura ma non può fare a meno di andare a vedere.

E la vede.

Distesa a terra, le labbra pallide che trattengono a stento la voce, gli occhi pieni di pianto e terrore... le mani contratte a proteggere il grembo dalla forza maligna che sembra volerle strappare la vita ed il cuore, e quel figlio che ha appena imparato a volere e ad amare...

Lucille ha visto il dolore, guardato negli occhi la vita e la morte così tante volte nella sua lunga esistenza... e sa riconoscere la disperazione quando la vede. Non serve parlare o pregare, si deve far qualcosa, subito. In un attimo e senza indugiare lascia cadere il prezioso fagotto. "Non è niente, non preoccuparti, passerà tutto - con il gesto amorevole di chi è stata madre almeno una volta la solleva di peso, lei è forte e robusta e Oscar così leggera, e la riporta al sicuro. - Stai tranquilla povera cara, è tutto passato". Lo dice per tranquillizzarla e mente per non spaventarla, ma sa che non è così, che non è passata, lei soffre troppo, ha la fronte gelata, se il dolore continua sverrà...

Precisa e veloce la adagia sul letto, le toglie i vestiti che saranno solo d'impiccio, la copre con la prima cosa che trova e si precipita fuori correndo a perdifiato... uno dei contadini rispettoso si leva il cappello, ma lei lo assale come una furia gridando che serve il dottore, che lo chiamino subito, la moglie di André sta male.

La padrona può tutto, nella tenuta di Lille è signora e regina, ma non sa se la morte le obbedirà.

 

 

Il vecchio medico scuote il capo, lo sapeva che quella giovane bionda e testarda si sarebbe cacciata nei guai... sembra un angelo, ma è più cocciuta di un mulo... "Lasonne mi aveva avvertito che non è semplice farsi ascoltare da voi, Madame... vi avevo proibito di fare sforzi mi pare!"

Ad essere sgridata come una bambina non si è mai abituata; ora che il peggio sembra passato e ha ripreso il governo di sé, guarda quell'uomo con il suo sguardo peggiore ed è pronta a rispondergli a tono, per dirgli che non ha fatto niente di male; ma Lucille che è rimasta con lei a tenerle la mano, ha gli occhi scuri e una luce triste sul viso... in fretta congeda il dottore perché non c'è più da temere, chiude la porta e sospira.

"Se non avessi avuto lei, cosa sarebbe successo?"

Oscar è sgomenta e impaurita, e il senso di colpa le morde il cuore... per tutte le cose sgradevoli che ha detto e pensato di quella vecchia signora che senza esitare le ha offerto aiuto e consolazione in cambio di niente, ed ora è lì che la guarda e parla senza parlare.

Ma non tocca a lei parlare.

"Grazie... - Oscar lo dice abbassando lo sguardo un po' vergognoso - grazie Lucille, vi devo la vita... non sono mai stata peggio in vita mia, se non fosse stato per voi..." sposta una ciocca dal viso e socchiude gli occhi perché il raggio di sole che sfugge alle tende la abbaglia, forse adesso Lucille dissiperà l'imbarazzo paragonandola a una puledra incauta come ha fatto una volta facendola andare su tutte le furie, e potranno riderne e cominciare da capo; Oscar si sente in debito, e non ha altro da offrire che la sua amicizia e la sua gratitudine.

Lucille vuole altro... silenziosa, si china e raccoglie qualcosa che le porge con le mani tremanti... "Ho trovato questa fuori, mia cara - le porge la spada dall'elsa consunta con mille domande sul viso, una sola affiora alle labbra - ma che stavate facendo?"

Oscar è attonita e impallidisce... davvero le vuole rispondere che stava provando un affondo? Ricorda i muscoli tesi e allungati alla ricerca del colpo perfetto, e il dolore immediato... se fosse stata la sua sciocca arroganza a causare tutto quel male? Se fosse? Uno sforzo è uno sforzo anche se il corpo non sa riconoscerlo, e lei si è scordata di tutto per inseguire vecchie chimere consunte, si è scordata che un figlio è indifeso persino nel ventre materno.

Accetta la sua punizione e stringe la spada che sembra scottarle le mani... "Io - sussurra a fatica - non so fare altro Lucille, non so fare altro... come farò, cosa insegnerò al bambino che nascerà? Io non so niente di niente... - e il pianto irrompe copioso e sbanda la ritrosia di sempre... non è da lei, ma piange davanti ad un'estranea che di lei non conosce che pochi lampi di quel dolore... eppure è un sollievo che non vuole negarsi, le manca da tanto quel pianto che le scuote le spalle e la svuota di ogni emozione compressa nel petto; piange per sé e per quel povero figlio, per lo sgomento che offusca i pensieri, che nessuno capisce e saprà cancellare. 

Lucille ha capito, invece... ha capito sin troppo di quella ragazza, e del vuoto che ha respirato per anni... le ha sentito invocare sua madre ed è stato come un lamento, un desiderio sospeso nel tempo e mai realizzato. La vede fragile e senza difese, ha un marito che venera ogni suo passo, ma gli uomini di certe cose non capiscono e non sanno che ciò che si legge nei libri, la natura ha voluto così.

Non piangere, non piangere più... è tutto passato, non hai fatto niente di male, hai soltanto commesso un errore... e vorrebbe dirle tante cose, ma forse non servirebbe, perché nel mondo dorato in cui è cresciuta gli errori non sono permessi. Allora si fa coraggio e sceglie di esserle amica e amica soltanto, non chiederà nulla e non offrirà consigli non chiesti, ma un abbraccio sincero e una carezza a quel viso bagnato di lacrime... e non c'è niente da dire, chi sarebbe mai lei per giudicarla? Lo spavento che ancora le vede riflesso in quegli occhi turchini sarà il migliore dei consiglieri. Non sa molto di lei, ma è pronta a scommettere.

Un sorriso per cacciar via i cattivi pensieri... "Sapete cosa vi serve? Dovete mangiare, nutrirvi a dovere... scommetto che nella foga avete scordato di far colazione... ma ora ci penserò io a voi..."

Oscar sbatte le palpebre, confusa, non se l'aspetta tanta pietà da una sconosciuta, lei abituata al giudizio impietoso del mondo, da sempre. Fa per dire che non serve, ora sta meglio, si alzerà e farà tutto da sola... "Aspettate Lucille, non è necessario..." ma la debolezza ha la meglio sui gesti, e la voce è appena un sospiro. Ancora la sua testardaggine che tenta di avere la meglio... e troppa paura che torni il dolore a ghermirla, come una preda.

Allora si arrende.

Lucille è scesa al piano di sotto in quella che lei e André chiamano grandiosamente "cucina"; la sente muoversi, maneggia gli arnesi a memoria e intanto parla, parla...

"Sapete? Sapete che all'inizio ho avuto paura di voi? Voi così giovane e bella, temevo che il nostro piccolo mondo vi avrebbe annoiato alla fine" alza la voce per sovrastare il clangore delle stoviglie, e riempie la casa con il suo chiacchiericcio. Parla ma non si ferma, e torna trionfante portando con sé un esempio sontuoso di cosa sa fare...

"Ora mangiate, io mangerò con voi per farvi compagnia e vedrete che in un attimo starete meglio... non vorrete mica che André si preoccupi trovandovi così pallida e debole?" mentre lo dice le riempie la tazza e indica il pane imburrato... "avanti, vedrete che passerà".

Oscar abbassa lo sguardo pensierosa... "André, cosa racconterò ad André? Come posso guardarlo negli occhi e dirgli che stavo per rovinare tutto, ancora una volta? Come farò?"

Lucille d'impulso le prende la mano "Non preoccuparti cara, non è il caso di far stare in pena anche André... sarà il nostro segreto, in fondo ora stai bene, e anche il bambino... io le so certe cose, è stato lo sforzo, ma non accadrà più se tu sarai cauta... ora devi esserlo, sei quasi una mamma!"

Si sente morire dalla vergogna... perché ha usato così tanta familiarità con lei, parlandole come fossero amiche d'infanzia? Ora teme il giudizio feroce degli occhi di Oscar, la sferza severa della sua voce tagliente. Invece sente la mano di lei che trema, le trema lo sguardo, e ode un "grazie" che viene dal cuore prima di fiorire dalle sue labbra. E in quel silenzio c'è tutto ciò che non riuscirà a dire, ci sono coraggio e speranza, gratitudine e complicità. Una strana coppia di donne male assortite, così diverse da sentire che ognuna ha qualcosa di unico e raro che aspetta di condividere. Nonostante l'età, il rango e l'educazione e il carattere, nonostante tutto.

E' una strana alleanza che nasce in quella mattina pallida di primavera, ma fa bene al cuore.

Lentamente Oscar comincia a mangiare, "brava ragazza giudiziosa" Lucille giubila soddisfatta con gli occhi che brillano... capisce anche André e il suo amore per quella creatura fragile e trasparente come il cristallo, che rifrange i raggi di luce bianca in mille rivoli colorati. Lo capisce, quel qualcosa che lui ha visto in fondo a quegli occhi turchini, quel vuoto che aspetta soltanto di essere colmato... non avrebbe mai dovuto mai dubitare di lui, pensa...

 

 

Se ne è andata, ma ha promesso che tornerà, forse anche domani.

Non mi tratta con deferenza o freddezza, non mi tiene lontana... è così strano... tratta me e il bambino come se fossimo pietre preziose, l'ho visto negli occhi... come si può voler bene ad una persona che non conosci, come si può amare un essere umano soltanto perché ti respira vicino?

Io non lo so...

Ho chiuso gli occhi, ho promesso che dormirò per riposarmi ed essere pronta ad accogliere André questa sera. Mi ha detto "Quell'uomo ti venera, parla di te come se fossi il suo sole, deve essere meraviglioso sentirsi amate così, sei molto fortunata, aspetti suo figlio, il tuo è un privilegio".

E' vero, e sentirselo dire le ha fatto bene al cuore... e ora aspetta con ansia il suo uomo, non vede l'ora di dirglielo... dirgli che ha compreso, che per quel bambino che porta nel grembo e nel cuore è pronta a morire, perché l'amore e solo l'amore l'ha generato. Per quell'amore non ha paura di vivere, perché vivere vuol dire stare con lui, cambierà tutto ma resterà sempre la stessa donna che il fato ha scelto per lui. Ha tante cose da dirgli, è impaziente. Ma si addormenta perché ha deciso di essere buona stasera, e non fare capricci. E dorme tranquilla, qualcosa le dice che gli incubi non cercheranno di lei.

 

 

"Come sei bella…"

André lo dice con fare svagato, parlando allo specchio. Ha preteso di essere lui a spazzolarle i capelli la sera, da un po' di tempo. Dice che era il suo sogno segreto quando erano piccoli, ha osservato sua nonna migliaia di volte e sostiene di essere bravo. Lei ha riso porgendogli la spazzola con aria di sfida, ma lui dice il vero, lo fa con cura e pazienza infinita, come una lunga carezza. Ed è diventato il rito serale, un'altra abitudine da seminare perché cresca nel tempo e diventi parte di loro, di quella vita in cui non possiedono che i loro sogni, ma che non li ricatta né chiede tributi perché è loro e loro soltanto.

Oscar ride perché non si sente bella, ma se si studia riflessa in quel pezzo di vetro si trova diversa... diverso il sorriso, più dolce e un po' malinconico, diverso lo sguardo che non conosce amarezza da un po', gentili le mani e morbide quando sfiorano quelle di lui. Perché vuole dargli solo amore, con gli occhi, le mani e le labbra, e forse ci sta riuscendo.

"Lucille ha promesso che mi insegnerà a cucinare" lo dice rovesciando il capo ad occhi chiusi, per non vedere lo sguardo attonito sul viso di lui... le sembra di toccarlo, lo stupore che cala dall'alto assieme all'ennesimo colpo di spazzola... eppure è la verità, lei non sente ragioni da giorni e persiste con quella minaccia... ma cos'ha che non va la ragazza che ogni giorno le dà una mano in casa?

E' una strana alleanza, una strana coppia di donne davvero... Oscar ormai si accorge che attende quasi con ansia la compagnia di quella signora che la coccola come una figlia... è così, è davvero così... le stringe il braccio affettuosa, raccontandole il suo passato e ciò che di buono si salva in un'infanzia di stenti. Racconta fiera ed orgogliosa di quando non c'era cibo abbastanza per tutti ma c'erano affetto, e comprensione, un abbraccio ed il bacio prima di andare a dormire... e confronta ciò che è stato con ciò che ora la rende privilegiata agli occhi di tutti, e ancora rimpiange il calore di quella famiglia di cui ora rimangono solo le briciole. Poi la guarda contrita e si morde le labbra... e ricorda che madamigella un amore così non l'ha mai conosciuto per sé, e ora la invidia con gli occhi commossi. E' più facile al pianto da un po' di tempo, il bambino l'ha resa sensibile, ma non dovrebbe agitarsi perché ora non manca poi tanto. Lucille non esita mai in questi casi, e l'abbraccia, forte, come farebbe una madre se mai una madre l'avesse chiamata figlia una volta. Impara Oscar, è così che si stringe un bambino, un abbraccio deve essere dolce ma forte, un soffio d'amore che riscaldi e protegga voi tutti.

E la trascina ovunque, la sgrida per poi consolarla "Davvero non sai cucinare?" e trasecola mentre lo dice, le sembra incredibile, forse uno scherzo "Perché stringi così la fascia in vita benedetta ragazza?" lo ha chiesto di botto, senza preavviso misurandole i fianchi con fare solerte per allargarle i vestiti che ormai non le entrano più... lei orgogliosa ha risposto impettita che "serve per tener dritta la schiena, quando si va a cavallo..." ha pronunciato quelle parole quasi a memoria, ricordando suo padre e il suo armadio pieno soltanto di abiti e giacche di foggia maschile. Poi si è resa conto di quanto è infantile e patetica... da quanto tempo non sale a cavallo? E per quanto tempo non lo farà, il dottore ha minacciato di farla rinchiudere se osa disobbedirgli... ma l'orgoglio, l'orgoglio è rimasto lo stesso di sempre, la stessa ragazza cocciuta che adesso abbassa lo sguardo di corsa, perché si vergogna un pochino... la fascia stretta attorno alla vita avrà fatto male al bambino?

"Non è niente, niente di male bambina..." Lucille le stringe la mano e sorride rassicurante, non vuole farla star male... "pensiamo al futuro, a qualcosa di bello... bisogna pensare al bambino che arriva, non credi?"

Bambina... bambina, solo Nanny mi chiama così! Trattengo il respiro pensando che tu le somigli Lucille, e mi ricordi, del mio passato la parte migliore, la più dolce e affettuosa, quella in cui sono soltanto una bimba a cui rimboccare le coltri la sera, cui controllare il sonno ogni tanto, con una luce schermata ed il respiro da trattenere, per non fare nessun rumore, per non disturbare il sonno dei bimbi. E penso ai bambini... i bambini da proteggere, da far crescere, da far giocare, da vestire e vezzeggiare... all'amore, l'amore da dare, per restituirne, di quello che ho avuto io e che avrò da voi tutti, almeno una parte.

Pensiamo al bambino...allora cosa c'è di nuovo da fare, da darsi e da dare? Lucille trasecola, questa fanciulla che presto sarà madre sembra davvero una bimba...

"Cosa gli metterai addosso, dove dormirà?"

I vestiti, minuscoli da non credere che un piccolo essere umano potrà indossarli, e la culla... è una vecchia cesta di vimini, ma Lucille si è presentata un giorno da lei trionfante e "ora scegli un colore - le ha detto con un sorriso entusiasta - il giallo del grano, il verde dell'erba, forse azzurro come i tuoi occhi? Tornerà come nuova vedrai!" ed è vero, ora sembra una piccola reggia, spumeggia di pizzo e volants colorati, e dondola piano, al solo tocco delle dita, a volte basta un soffio di brezza.

La brezza comincia a soffiare sempre più tiepida, la primavera si lascia toccare ovunque, è così bello uscire a godere del sole e dei prati... non è violenta come l'estate, solo un tenero accenno, un sussulto di pace che cresce... e cresce nuova la vita, colora le foglie di verde brillante, nutre i germogli e profuma i boccioli... e André glielo dice che lei è il bocciolo più bello, allungandole un fiore di campo colto tornando la sera al tramonto.

Non fanno progetti, sono i progetti che piano si formano davanti ai loro occhi increduli... il tempo che un tempo correva ora sembra infinito... c'è tempo per tutto, per fermarsi a guardare le nuvole in fondo alla strada, per farsi abbracciare più a lungo la sera, per passeggiare cercando soltanto il silenzio e lo sguardo negli occhi dell'altro. Si può coltivare e far crescere piano la gioia nel cuore, fa così bene che mette paura... E allora non dirlo, sussurralo piano... che sei felice, se siamo felici, vorresti chiedermelo e forse non osi... ma fallo lo stesso, ti prego... bisbigliami in grande segreto che questa è davvero la vita sognata da sempre, e non dirò nulla, sarà il mio segreto che conserverò come un tesoro. Nessuno deve saperlo, nessuno saprà da queste mie labbra che copri di baci quanto può essere vera e insensata la felicità.

 

 

"Vieni, presto vieni con me, ho una cosa bellissima da mostrarti..."

Io sono stanca e dormirei fino a tardi... André si è alzato che non era nemmeno giorno, ha bisbigliato qualcosa e io ho detto di sì senza capire molto, in realtà... sei pesante, e un pochino ingombrante, ti agiti senza misericordia e non lasci dormire tua madre... tra un mese potrò finalmente guardarti negli occhi, lo sai? Guardarti e capire chi sei e chi sono, se davvero ti merito e se non è solo un sogno toccarti e volerti cullare.

Gli incubi sono scomparsi, ed ho quasi paura... perché ora ci penso da sveglia a quella bimba lontana, mi fanno commuovere le sue lacrime e mi torturo pensando che anche se solo nel sonno dovrei consolarla, accarezzarla, tenerle la mano e riempirla di baci e attenzioni... potrebbe essere mia, quella bimba... potresti essere tu.

E' vero, un po' di paura ce l'ho. L'ho detto a Lucille ieri sera... ho paura, sarà terribile e io incapace... e se non riuscissi a far tutto per bene, se non fossi in grado e mi mancasse il coraggio? Le donne muoiono di parto, e anche i bambini. Mi stringe il cuore da un po' questo cappio, e si stringe ogni giorno di più, ogni giorno che passa e che ci avvicina.

"Allora bambina, non vuoi proprio saperne di alzarti stamani?"

Lucille è peggio di tutto... cos'avrà mai da farmi vedere che non possa attendere ancora cinque minuti... si burla dei miei sbadigli, dei miei occhi impastati e imploranti... mi porge i vestiti e mi aiuta, "fai presto, è già tardi" rinuncio a capirla e la seguo, ma mi arrogo il diritto di odiarla per qualche minuto, sono incinta e ho imparato che il mondo perdona tutti i capricci alle madri, anche a quelle imperfette.

Perché andiamo di corsa alle scuderie? I cavalli li ho visti migliaia di volte!

"Vieni, fai piano... - sussurra con gli occhi affettuosi e indica il terzo recinto, il più grosso e affollato... cosa fa quella gente a quest'ora? Guillaume, e André assieme al veterinario che parlottano a voce bassa e indicano qualcosa... o qualcuno... Lucille si avvicina, io la seguo per abitudine... è la puledra che il mese scorso mi si è avvicinata sfregandomi il muso contro le mani, in cerca di qualche carezza... era incinta e "il suo tempo è finito - dice Guillaume con il volto scuro - ma lei non ci aiuta, non ci fa avvicinare, non aiuta il puledro, è una primipara e non sa cosa fare..."

Lucille si fa seria e mi guarda... voleva mostrarmi un miracolo e forse sarà una tragedia, la cavalla sdraiata si agita e sembra che pianga, da sotto le ciglia setose gli occhi irrequieti cercano tra i visi noti qualcosa o qualcuno che le mostri la strada... l'istinto non può vincere contro il terrore e il dolore... mi pare che chieda aiuto e pietà, per sé e per quel cucciolo che stenta ad uscire, che vuole vivere ma sembra lasciarsi morire.

Trattengo il respiro per non far rumore, mi tremano tanto le gambe che a stento mi reggo, e cado in ginocchio... André vigila, si avvicina col fare dolce di sempre e bisbiglia "vieni, usciamo e prendiamo un po' d'aria", ma non posso lasciarla, lei mi guarda e mi cerca tendendosi verso di me... basterà una carezza? La sfioro sul muso, è sudata e sfinita, la vedo socchiudere gli occhi, e chiedermi di continuare a darle sollievo. Allora comincio a parlarle come si fa con i pazzi o i bambini... sono poche parole insensate ma lei sembra ascoltare, attenta, si lascia convincere che andrà tutto benissimo... lasciali avvicinare, lascia che loro ti aiutino, non ti faranno alcun male, vedrai... gli esseri umani che trafficano attorno al suo ventre frugandola senza pietà, ma bisogna far presto... ed è un attimo, un gemito, un sussulto... e qualcosa di fulvo e arruffato si muove malfermo, è un miracolo. E' davvero un miracolo...è vivo, e si punta con tutte le forze per guadagnare il suo posto nel mondo... la puledra si alza agile, come se nulla fosse accaduto... con il muso, dolce come solo una mamma sa essere lo aiuta, incoraggia i suoi primi timidi passi.

Mi alzo di scatto e mi prende un capogiro, come non succedeva da mesi... sono felice e stordita ed incredula per quello che ho visto accadere davanti ai miei occhi, e un po' mi vergogno perché sto piangendo davanti a tutti, ma mi manca l'aria davvero, ora portami fuori...

"Sei stata brava, sei riuscita a calmarla... come hai fatto?" André le accarezza le mani, con un po' di sorpresa negli occhi... è bellissimo poter pensare dopo vent'anni che ancora non sa proprio tutto di questa donna... "Coraggio, smetti di piangere, ora avverto Lucille e Guillaume che ti riporto a casa con me... per un po' ho finito, e anche tu..."

"Aspetta, solo un istante... " lei si volta a cercare qualcuno o qualcosa con gli occhi, e rientra nel buio delle scuderie... sono tutti affannati attorno alla piccola vita, "è bellissimo - commenta entusiasta il dottore - e diventerà ancora più bello crescendo"... ma lei cerca Lucille che è  rimasta impassibile, un poco in disparte e sorride.

E la abbraccia, forte, con i capelli che spiovono e coprono il viso... "Ho capito, grazie... - le dice sommessa - grazie..." poi esce e tende le mani al suo amore, col cuore in tumulto, perché se chiude gli occhi riesce a vedere, in quel lembo di cielo, un po' di futuro... e le sembra di non poter più aspettare, di volerlo afferrare. Ma ci vuole tempo, il suo tempo non è ancora finito.

Un miracolo, sarà anche per loro un miracolo... e il dolore, per dare la vita, è ben poca cosa, è soltanto un istante, un secondo che non conta nulla davanti all'eterno segreto che presto vedranno svelarsi davanti ai loro occhi, che stringeranno tra le braccia, timidi ed un poco impacciati...

Lei rimpiange nel buio dei ricordi passati ancora il dolore di quella notte, quando un gesto impetuoso dettato dal caos della mente e da un cuore ribelle la spinse a lasciarsi violare da un altro. Perché André sa perdonare, ma lei no, e per quell'errore commesso ad occhi ben chiusi, i pugni stretti, e un sogno insensato d'amore negato sospeso ad un filo, nel buio di una stanza di un luogo qualunque, ora teme che il fato chieda vendetta, ed è quella forse la spina segreta che ancora sanguina, e fa male la notte da togliere il fiato... André non capirebbe tanto accanirsi perché non c'è posto per l'odio in questa vita, ma lei lo sa bene che gli errori ti trovano ovunque tu vada, non puoi nasconderti né chiedere sconti.

Ma sa anche che un figlio non è un errore, e non pagherà per gli errori commessi da loro.

Lucille li guarda sparire... non sa perché si è affezionata così a quei ragazzi, mentre sente il cuore stringersi in un misto di tenerezza e malinconia... "coltiva la gioia nel cuore, bambina, lascia sorgere il sole... la troverai nell'amore la forza, non avere paura"... sospira, e prende il fratello sottobraccio... "Andiamo anche noi, vecchio orco" - scoppia a ridere al borbottio infastidito di lui, che le donne non le ha mai capite davvero, e da quando è mancata Isabelle evita persino di guardarle negli occhi, tutte, tranne lei, la moglie di André, che dice "ha uno sguardo così profondo da farti venire la voglia di annegartici dentro, per cercare la fine".

 

 

L'ha conquistato, davvero. Ha conquistato tutti e non ha dovuto cambiare niente, non ha cambiato niente di sé.

André sorride dei suoi piccoli meriti... perché per lui è sempre stato così, lui è stato il primo ad averla cercata e voluta e pretesa. E l'ha avuta alla fine, senza cambiarla, non le ha mai chiesto di farlo proteggendola da se stessa quando il timore le suggeriva che forse avrebbe dovuto.

E' bellissimo, così, quello che lui ha sempre sognato... e comincia a pensare che anche per lei non sia così brutto, da come cammina, da come lo guarda. E' fiera e sicura, si vede dagli occhi, le mani che tende per prima, le braccia quando lo accolgono... E' lei a parlargli sommessa la sera, mentre ascoltano il vento e i rumori che porta con sé... con voce gentile e suadente racconta le piccole cose che cambiano dentro il suo corpo, perché anche lui le possa sentire ascoltandole e senta che il bimbo è parte di loro, e non di lei sola.

Perché vuole che il loro sia un figlio che non li divida, da non disputarsi e di cui non contendersi sguardi ed affetto.

 

 

E' festa in paese, stasera... si sente persino la musica che il vento gentile ci porta, fin qui...

La festa più grande si tiene alla grande tenuta, però... dopo un anno di duro lavoro la natura ha dato i suoi frutti, il raccolto è abbondante e va celebrato... è la festa di mezza estate, è un onore prendervi parte, ma "ti prego, dispensami e lasciami andare a dormire..." perché è stanca, e quel dolore alla schiena che da due giorni le causa il tormento è più forte che mai.

"Ma... non stai bene, qualcosa non va?" la scruta trafitto da mille pensieri, solo ora nota che è pallida, pallido il viso, il sorriso un po' spento... forse è colpa dell'aria umida e greve, o forse è soltanto...

"Resto anch'io, resto con te... potrebbe anche essere che..."

Non ha il coraggio di dirlo, ma potrebbe anche essere... ormai non manca poi molto, il tempo è finito, il medico ha detto che sarà la natura a decidere quando, a loro il compito arduo di pazientare...

Oscar scoppia a ridere, "No che non è... non pensi che sarei la prima a saperlo? Vattene, vattene subito fuori di qui" e con fare deciso gli mostra la porta, "Guillaume non ammette ritardo, mi pare! Io me ne starò tranquilla a contare le lucciole, e poi andrò a riposarmi".

"Non sono tranquillo, dirò a Lucille di venire a dare un'occhiata".

Che cosa? Lei è la padrona di casa, devi essere matto... forza, la festa sarà già iniziata, e anche la cena... e tu non hai ancora mangiato! Mio povero caro, che moglie sbadata hai scelto per te... ma prometto, ti giuro che imparerò, sarò brava, lascia soltanto che porti a termine il compito più difficile e poi niente davvero potrà spaventarmi.

Ti ho convinto? Mi pare di sì... lasciami un bacio, mi terrà compagnia fino al tuo ritorno.

Che notte di lucciole... che notte di luna... una falce appena accennata, arcuata come una culla... manca poco alla luna nera, che fa nascere i bimbi, diceva nanny...

Lucille verrà di sicuro, non vedendomi al braccio di André, già mi immagino i suoi mille rimbrotti... "che cos'hai, dove senti dolore, hai fatto sforzi e non me lo vuoi confessare?"

E invece no, non ho fatto niente di niente, è solo un crampo.

Un crampo sì, solo un pochino più forte...

Un capogiro, ma appena accennato.

Una vampata di caldo e il dolore di colpo si fa pungente, insopportabile, mi invade come una forza maligna e mi toglie il respiro. Mi devo sedere, prima che capiti ancora qualcosa di brutto...

Oddio, quello cos'è? Quella macchia scura ai miei piedi... è sangue? Il mio?

No... non ora che sono da sola, non ora...

Non devo svenire, il bambino... il mio povero bimbo...

 

 

"Mamma... mamma guarda, apri gli occhi, questi li ho colti per te... avanti prendili, ne voglio raccogliere ancora..."

Mamma? Come mamma, dove sono, io non mi ricordo e...

"Allora? Non ti piacciono, preferivi le margherite?"

Apro gli occhi, metto a fuoco... ma dove sono, che cosa è successo?

Oddio... quel prato pieno di fiori, che ci faccio io qui? Ancora quell'incubo no, non ce la faccio, mi devo svegliare e chiedere aiuto per noi...

"Mamma..."

E' una voce, arriva flebile alle mie spalle...mi chiama mamma.

Ho paura, terrore... rimango immobile, decisa a non cedere alla sirena che alletta il mio sogno... lo so che sto solo sognando, e i sogni mi fanno paura, temo sia lei con profferte di pace... mi blandirà, carpendo fiducia per poi gridarmi sul viso i miei torti, la rabbia e il dolore...

E' lei, la bimba del sogno... è qui per darmi il tormento... mi sorride con gli occhi di André, e mi tende le mani allacciandole dietro al mio collo... si accoccola arresa stringendomi forte, sussurra infantile "mamma ora dobbiamo andare..." mi lascia sul viso uno sguardo adorante, come il mio quando lasciavo piangendo la camera di mia madre, e lei congedava sua figlia come fosse una serva qualunque, con un cenno del capo.

Tu sei mia? Sei nostra, davvero? Sei tu che agitavi il mio sonno la notte, le mie veglie di giorno, che chiedevi a gran voce attenzioni ed offerte?

La guardo meglio, la bimba del sogno... è così strano poterle parlare, e stringerla, non corre e non le faccio paura stavolta, ma mi abbraccia e si lascia cullare mentre gioca, le sue piccole dita intrecciate alle mie... cerco di ricordare quella vecchia filastrocca che ci cantava nanny, André certamente la ricorda, lui sa sempre tutto...

Lei all'improvviso aggrotta la fronte, ed arriccia le labbra in un broncio scuro e infantile... io mordo le mie per non ridere, mentre la guardo...

Sei me e sei noi, mirabile sintesi di due persone che si amano tanto da litigarsi il diritto di dare ciascuno il meglio di sé. Sei il meglio di me, il meglio di André... i suoi occhi, il suo sguardo, la mia pervicace irruenza, e per quella ti alzi di scatto cercando di trascinare anche me...

"Mamma andiamo, dov'è papà? Io voglio papà subito, io..."

Dov'è André? Cerco di ricordare, ma certo, rispondo "Papà verrà subito, aveva una cosa da fare..." glielo dico abbassandomi alla sua altezza perché non voglio che mi veda lontana, diversa. Io sono qui e farò tutto per lei, e sono brava perché la tranquillizzo, mi guarda piena di lieta fiducia... come per tutti i bambini il confine tra il pianto ed il riso è una linea sottile, invisibile agli occhi dei grandi così intenti a nascondere gioia e dolore a chi può vederci e crederci deboli. Il sorriso che le illumina il viso sarà il mio regalo più grande per oggi... mi viene spontaneo dirle "andiamo a casa", anche non so esattamente dove e come arrivarci... ma pazienza, nel mondo dei sogni tutto è possibile, non voglio che il buio ci possa sorprendere, non voglio che abbia paura di stare con me.

E timida, impercettibile, la sua mano si chiude dentro alla mia, e la sento che si abbandona fiduciosa al mio abbraccio... mi sento felice e importante, al centro del mondo, con l'universo riflesso nei suoi occhi vivaci e pieni d'amore.

E mentre cammino capisco... questo fa una madre, questi saranno i miei doveri... sostenerti e guidarti, senza spingerti oltre, senza tarparti le ali... mostrarti il mondo perché tu lo possa guardare e vedere davvero, indicarti i pericoli e le insidie nascosti in tutte le strade che si apriranno davanti al nostro, al tuo cammino... essere fiera di te che sarai il nostro specchio, il mio e quello di André... la strada è lunga e difficile, se solo ci penso ho paura e vorrei fermarmi a pensare... ma non sono da sola e non c'è il tempo, sei tu che dai il passo per vivere, a noi il compito di seguirti nei passi e con lo sguardo...

Non so dove la sto portando, ma è così dolce la sensazione del suo corpo tenero che lieve si appoggia al mio che desidero di fermarmi e godermi l'istante, unico ed irripetibile...

Un attimo, e lei mi sfugge, comincia a correre... "Vieni mamma, andiamo da papà"... e corre, a perdifiato... fermati, fermati subito, più in là è solo il vuoto, il pericolo...

"Fermati, aspettami, aspetta tua madre!" ma lei non mi sente... e le mie gambe non vogliono correre, rimangono rigide al passo di marcia...

No, il precipizio... lei si ferma, si volta e sorride... mi dice "Vieni mamma, vieni anche tu..."

E scompare nel vuoto...

Non riesco nemmeno ad urlare...

Accelero il passo e arrivo sull'orlo del baratro, senz'aria né luce... dov'è? Non si vede nulla, è tutto nero là in fondo...

Il piede sul limite, il passo incerto...

Un figlio è un salto nel vuoto, nel nero della mia coscienza...

Ma io posso farlo, lei è mia, e ora vado a riprenderla...

Un salto nel vuoto... e precipito fino alla fine, fino alla luce che piano si allarga sollevandomi il cuore, lasciando scorrere l'aria nei miei polmoni.... mi accolgono tutti i colori del buio...

Il bianco delle mie rose, il giallo del sole, l'azzurro degli occhi severi del generale, il verde degli occhi del mio amore... il rosa, l'ultimo abito della regina... il nero, il colore della notte... della quiete, del riposo profondo di chi non ha colpe da riparare.

Ho scontato le mie colpe, abbiamo espiato da tempo...

Non so dove sono, sono come sospesa, ma non so perché qualcosa mi dice che non devo avere paura...

La sua voce "hai visto mamma, ce l'abbiamo fatta... ora svegliati, papà ti sta chiamando, non senti?"

Svegliati, svegliati mamma...

 

 

"Grazie al cielo bambina... grazie al cielo!"

Il mondo riunito al mio capezzale... sono morta, o moribonda? Il mondo che sembra aver atteso in silenzio il mio ritorno ed ora mi accoglie con tutto il male ed il dolore che trova...

Sdraiata nel letto, cerco di mettere a fuoco e di ricordare... scruto i visi che mi circondano, Lucille, il dottore, e André un poco distante...

Amore, perché non ti avvicini? E' successo qualcosa, perché quello sguardo pieno di pianto... perché non mi guardi negli occhi?

Tento, cerco di sollevarmi ma mi sento come svuotata, senza forza né volontà...

E mia figlia? La mia bambina? Cerco la culla con gli occhi ma non dondola più accanto al mio letto, dov'è? Dove l'avete portata?

Tutto quel sangue... sono perduta...

Capisco da sola ciò che nessuno ha il coraggio di dirmi...

Lei è morta, lei non c'è più... ho ucciso mia figlia e l'amore che avevo trovato per me... odiatemi, odiatemi tutti, la mia sciocca arroganza ha finito una vita sul nascere... e nemmeno io vorrò più vivere, André non vorrà più che io viva... era sua figlia e io l'ho lasciata cadere, non ho saputo evitare la fine del nostro bellissimo sogno...

Ti somigliava, lo sai? Ti somigliava ed era perfetta e bellissima, era morbida e mi stringeva come se fossi la sua unica ancora, la sua sicurezza...

L'ho lasciata scappar via...

Vorrei dire, di fronte a voi e al vostro silenzio che accusa che non è colpa mia, che io non sapevo, non volevo... che avrei saputo amarla,  l'avrei amata sopra ogni cosa, era una parte di me, la migliore. E anche lei mi avrebbe voluta come madre, impacciata e imperfetta... i figli non giudicano, chiedono solo di essere presi tra le braccia...

Non resisto a questa tortura...

Il pianto riempie i miei occhi e mi chiude la gola... ti prego, ti prego amore dolcissimo, se non provi più niente per questa dannata ti imploro di avere pietà... stringimi a te solo un'ultima volta, una sola, e poi sparirò come un'ombra fugace inghiottita dall'oscurità...

Una  fitta fortissima mi taglia il ventre a metà... è la mia nemesi, ed è già cominciata?

André sollecito accorre al mio grido e mi stringe le mani...

"Amore stai tranquilla, il dottore è appena arrivato..."

Come il dottore? Non mi serve un dottore, io merito questa sofferenza e anche di più, perché tutto il dolore del mondo non lenirà la mia pena di madre assassina... non consolarmi, lascia che il male si nutra di me.

Un'altra fitta, una terza...

Lucille disegna sul viso un sorriso trionfante, accarezzandomi piano... "Ci siamo, bambina... non avere paura..."

Che cosa? Vi state prendendo gioco di me, quale macabro scherzo... è ben greve la vostra vendetta... ma la merito, mi merito tutto...

La stanza che gira e il dolore è fortissimo, mi sollevo di scatto cercando la strada più breve per far finire il tormento... André mi circonda le spalle premuroso ed attento, sussurra "Tesoro andrà tutto bene, io resterò qui con te..." e il suo sguardo si posa sul mio ventre, teso, il centro del mondo e di tutto il male che perfora ogni singola fibra di questo mio corpo spossato...

Io non capisco davvero... reclamo con ansia, ma cosa succede?

"Succede che è ora che nasca, tesoro - Lucille risponde all'eco dei miei pensieri - l'ho capito subito, appena ti ho vista... eri svenuta... non volevi proprio saperne di tornare tra noi, ci hai fatto prendere un bello spavento... ma andrà benissimo, fidati...".

No, ti sbagli, vi sbagliate tutti... lei c'era, e ora non c'è più... e il sangue, tutto quel sangue?

Lucille che ride, le mani sui fianchi "Ma quale sangue, benedetta ragazza - e sbuffa paziente rigirandomi come se fossi una bambola - ti si sono solo rotte le acque, forse il buio ti ha giocato un brutto scherzo e lo spavento ti ha fatto perdere i sensi... hai battuto la testa ma non hai niente di male, non sei mica malata... sei solo incinta..."

Io... vorrei credervi, pensare che è vero... ma il dolore che sento mi assorbe e reclama per sé energie ed attenzioni, mi tende come le corde del piano, mi svuota e riempie assieme all'aria che mangio per sopravvivere...

Un'altra possibilità… davvero?

Eppure ricordo soltanto quel salto nel vuoto...

Lucille mi asciuga la fronte, e intanto rinfranca con le sue parole la mia povera mente appannata... "Hai sognato, cara... André deve aver capito che qualcosa non andava, e da noi non si è fermato che un attimo per dirci che stavi male e che sarebbe tornato subito da te... ti ha trovata riversa sul pavimento, svenuta... poverino, si è preso davvero un bello spavento... - lo dice additandolo, con voce accorata - aveva il terrore che potesse accadere qualcosa di brutto..."

Certo... lui adora questo figlio che ancora deve vedere, lo ama oltre ogni cosa, oltre la sua stessa vita...

"Sciocca - Lucille è severa, non mi dà il tempo di continuare - lui era preoccupato per te... non capisci, se non ci sei tu, niente ha senso per lui... solo tu puoi consolarlo, asciugargli le lacrime... gli uomini hanno paura del dolore delle donne in questi momenti, anche se è un dolore santo, se è il dolore che dà la vita..."

Come sei saggia, Lucille, che mi lasci un buffetto gentile sul viso prima di allontanarti...

André mi scruta... per la prima volta vedo il tuo viso scurirsi, mio amore, l'angoscia prendersi gioco del verde degli occhi, delle tue labbra così famigliari... è terribile, lo so bene... veder soffrire chi ami, e non poter far niente per alleviarne le pene...

Ma sono io la madre, d'ora in poi... sono io che ti posso aiutare a capire che va tutto bene, davvero... risorgo e ti stringo le mani, ti infondo coraggio per quello che posso...

Non fa poi così male... se tutte le madri hanno dovuto subire questo supplizio per esserne degne, anch'io posso farlo... solo tu stammi vicino, aiutami a non urlare così, potrei spaventarla... lei deve nascere piena di gioia, non devo offenderla con la mia voce che strazia voi tutti...

E' una bambina, io lo so già... tu credi che scherzi o vaneggi, ma lo vedrai da solo, amore...

Il dottore mi guida con gli occhi in questa strana avventura, Lucille dirige con maestria le mie poche energie, perché non devono andare sprecate... perché è difficile, perché deve essere così lunga e sfibrante l'attesa?

Il duello più duro era questo, ora lo so... la stoccata che ancora non ho messo a segno, il colpo nemico che devo parare... e io sono stanca, vorrei riposare, ma non posso fermarmi... stringo più forte le mani dell'uomo che amo e aspetto... un cenno d'assenso, un gesto qualsiasi, io non vorrei separarmi da lei, ma è necessario...

Forse è per questo, il dolore, e le mie lacrime... è stata mia, dentro di me per tutto il tempo... i suoi primi palpiti, il suo primo respiro, sono stati per me... e ora che ci dobbiamo lasciare, capisco che forse non sono pronta... che vorrei tenerla nel cuore soltanto per me...

Che madre egoista... ci separiamo per poter stare insieme, per regalare al mio André il sorriso più bello che avremo mai visto...

E' ora, è ora che lei veda il mondo con i suoi occhi, e non con i miei...

"Coraggio bambina, è quasi finita... aiutaci, e spingi più forte che puoi!"

Da brava bambina obbedisco... le dico addio, ma sarà solo un istante... e sarai benvenuta tra le mie braccia...

"E' una bimba" Lucille giubila, il dottore si asciuga la fronte ed annuisce, "è piccola ma direi che va tutto bene"... lei miagola piano, poi sempre più forte, oh non piangere, non piangere più... la tua mamma è qui e ti stringe sul cuore... tuo padre ti allunga un poco impacciato la prima carezza, le mani tremanti e le lacrime agli occhi...

Il dolore ci ha benedetti, noi esseri umani e imperfetti , noi e il nostro sogno insensato di felicità...

André, non piangere... o piangi, piangi di gioia... mi godo il silenzio, il tuo che mi parla d'amore, e la quiete che regna sovrana come se fosse normale, adesso, sapere di non aver mai vissuto davvero senza che lei fosse qui.

E' piccola e fragile, ma sicura di quello che vuole... strilla con tutta la forza che ha, e ride Lucille, ride di gusto guardandomi trionfante mentre io non so nemmeno se ho ancora la voce, se il cuore è al suo posto nel petto...

"Avrà il tuo carattere vedo... se urla così..." la prende e con mani sicure manovra attorno a quel corpicino, assieme al dottore "stai attenta, la romperai - vorrei dirle - potrebbe caderti, le farai male..."

Ma mi mordo le labbra... Lucille sa cosa fare, e sa anche che da domani avrà in me una nuova apprendista, alle prime armi, ma pronta a imparare...

André asciugati gli occhi... mi guardi quasi timido, come se non mi avessi mai visto... sembri stupito... "Amore, mi hai fatto paura... ti ho vista svenuta, e mi sono sentito morire..." mi accarezzi i capelli come se fossi fragile e avessi paura di farmi male, forse temi che anch'io possa rompermi?

Io sono forte, e non lo sapevo... e forse nemmeno tu, da come mi osservi... "Sei stata brava, bravissima... - e mi baci lieve, mi sfiori appena, trattieni il fiato... - non sei mai stata più bella... sei felice? Dimmi che sei felice anche tu..."

Se sono felice... te lo dico con gli occhi, abbracciandoti stretto, avvolgendoti tra le mie braccia... rassicurando quel tremito nella tua voce che non voglio sentire... te lo griderò forte, che sono felice, ora che non ho più nulla che io possa chiamare "mio"... perché anche la piccola che sbadiglia e ora sembra dormire è la nostra, lo vedi?

Per un attimo penso a mia madre... anche lei avrà sofferto così, per dare la luce ai miei occhi? Anche lei avrà goduto piano del mio primo vagito, salutandomi come la più grande di tutte le gioie... per poi vedermi strappata alle sue braccia? Madre, mi par di vedervi, le lacrime agli occhi e il gelo nell'anima... capisco che un cuore se lo si lascia dimenticato a giacere nel petto non può soffrire... e che forse quello per me appena nata è stato, davvero, l'ultimo istante di felicità che avete ospitato nei vostri pensieri, prima di dimenticarvi persino di avermi cresciuta dentro di voi...

Per non morire ogni volta che avreste incontrato il mio sguardo rabbioso... per non sentire quel sordo richiamo di madre che avrebbe potuto annientarvi, al solo sentirlo fiorire...

Ma per me ed il mio André c'è ben altro, non ho che da prenderlo... d'istinto tendo le mani a Lucille con lo sguardo imperioso, ma non c'è bisogno... "Prendete in braccio vostra figlia, ragazzi, ve la siete meritata..."

Ce la siamo meritata... questa vita tranquilla, questa bimba che ci osserva guardinga da sotto le ciglia socchiuse... chissà se lo sa quanta paura abbiamo di lei, e del suo giudizio... la nostra prova più lunga e difficile comincia ora, è già cominciata.

Che cosa faremo domani? Chi ci dirà cosa fare di questa bambina, chi mi spiegherà come essere madre davvero? Saprò vincere i dubbi e le mille paure...amore, tu lo sapevi che eravamo nati per questo, per arrivare fin qui?

Tu sorridi, e pian piano riprendi il tuo posto nel mondo, e vicino a me... mi lascio vincere dal desiderio di appoggiarmi al tuo petto, è il tuo turno di sostenermi, e di asciugarmi le stupide lacrime che sento sgorgarmi dagli occhi... è il mio turno di piangere, sono stata forte abbastanza per oggi. Ti dispiace se ti lascio un istante, e mi faccio cullare dal sonno?

Per riflettere meglio, penso, con gli occhi chiusi è più facile non farsi abbagliare e atterrire dal colore accecante di quella che chiamiamo realtà... preferisco cercare rifugio nel verosimile, lontana dal mondo... è nero e senza forma, è vero, ma non fa più paura... perché ancora una volta mi accolgono a braccia aperte tutti i colori del buio...

Il rosso della passione che ci ha legati stretti, uniti e avvinghiati, e ci ha condotti fin qui... il blu scuro del cielo la notte, la prima così come l'ultima che ci ha visti abbracciati a cercare di amarci ogni volta di più... e il nero della paura, ma non ne avremo, perché siamo insieme... io, te e la nostra bambina.

 

E' figlia nostra, per noi, generata non dalla voglia di farsi del male, o per tentare la prova suprema, ma per amore ed amore soltanto.

E non saprei dirti, davvero, quale sia stata tra mille scintille lasciate a bruciare quella che ha acceso la vita... perché non ricordo altro, per noi, che amore, non ricordo il dolore né i graffi lasciati sul cuore, le lacrime amare che scorrendo portavano via ogni volta un pezzetto di me e di te. Non le ricordo perché erano vite diverse, la mia e la tua, anche se uguali per l'odio che nutrivamo verso noi stessi, così intenti a ferirci l'un l'altra da non sentire nemmeno il sapore dei baci.

In questa vita non c'è un sorriso o un sospiro che non nasca sulle mie labbra o le tue che non sia nostro. E' tutto da condividere, il bene ed il male, i progetti ed i piccoli screzi, il sole al mattino e l'amore la notte.

E la piccola bimba, e la paura di non esserne degni, di non farcela a renderla fiera di noi.

Se ci giudicherà, se vorrà sapere di noi e di cosa ci ha spinti fin qui... saremo uniti e fieri e le nostre voci saranno una sola quando diremo che se siamo stati deboli e vigliacchi e siamo fuggiti, andati via, è stato per amore e amore soltanto.

 

 

 

 

Appendice

Ansie

 

Non credevo... che avrei mai amato qualcuno come amo André...

L'amore per lei è diverso, ma ugualmente immenso...

Loro sono la mia vita...

Mi rendo conto di non riuscire a dormire, a stare tranquilla... certi pensieri, a volte non so nemmeno il perché... nascono e muoiono, il tempo di un lampo... lasciando dietro di sé solo la cenere di un'altra certezza, l'ennesima andata in fumo nell'ennesima notte in bianco...

Mi sveglio, e mi sembra di non sentirla, che non respiri... allora mi sporgo, cauta, e mi metto in ascolto... trepido, supplico, imploro.. fa che sia solo un'idea, la mia... che vada tutto bene... che lei stia bene...

Poi lo colgo, lieve, un suono sommesso e costante... il suo piccolo cuore, irrequieto come il suo sonno... si agita, arriccia le labbra, come se vigile cogliesse i segnali di un mondo invisibile ai grandi... lei dorme, sta bene... lei dorme e io sono distrutta.

Le notti insonni le ho già conosciute, una volta bastava uno schiaffo d'acqua gelata al mattino, e il mondo e la realtà tornavano limpide e terse come il cielo d'estate... ma ora no, il giorno quasi mi sfiora ed è subito sera, notte, così scura e paurosa... il silenzio dilata l'angoscia, posso sentire il mio cuore che ruzzola e ad una paura se ne somma un'altra, un poco peggiore... rimango lì, gli occhi fissi nel buio, con un solo pensiero... lei dipende da me, da noi... noi siamo tutto, se accade qualcosa... e allora decido che sveglia potrò sentire il pericolo se si avvicina, e combatterlo e vincerlo... è come una notte di guardia, la più dura di tutte.

Non posso star sola, quando l'angoscia mi mette alla prova, e allora lo sveglio... non faccio apposta, nemmeno per caso... un colpo di tosse, un sospiro... e lui sobbalza, cerca di essere subito vigile... strofina le palpebre, lui che nel buio vede meglio di me, e mi si fa accanto con mille premure... ma ormai ha capito che le mie sono veglie dettate soltanto dall'ansia, e mi trascina con sé verso il sonno, "Torna a dormire, va tutto bene..."

La ninna nanna serve a me, per farmi star quieta al suo fianco... oh, perché un uomo deve essere così accomodante con la vita degli altri?

Quando il sole riporta il mattino, finalmente posso allentare la presa... le ombre cattive lasciano il posto a mille speranze, sento i muscoli distendersi lenti e penso che sono stanca, stanca... che dormirei... ma lei gorgoglia piano, precisa come un metronomo... e il seno che pulsa è peggio della fanfara, mi richiama all'ordine, lei mi cerca imperiosa ed io obbedisco.

Io sono il suo cibo, ogni volta mi strappa una lacrima sapere che lei riconosce il mio odore, e si attacca a me e alla vita con prepotenza, con ostinazione. In quegli istanti penso con egoismo che lei è mia, e mia soltanto.

Ma c'è André... lei è nostra, in ogni momento, sempre... le prime volte assisteva come impotente, timido... chiedendomi se sentivo dolore, se stavo comoda, se lei è pesante tra le mie braccia... come posso dire, spiegare? E allora lo voglio con me, perché possa meravigliarsi ogni volta nel vedere e sentire la vita che scorre da noi, verso di lei... perché ogni sorriso, ogni gesto sarà unico ed irripetibile, come i ricordi di questi momenti durissimi in cui contiamo i minuti rubati per noi... noi due, noi due soli.

Come una volta, com'era la vita di prima... eppure non la cambieremmo, anche se ora che abbiamo lei siamo due clandestini costretti ad amarsi in fretta e in silenzio, perché lei non si svegli e non sveli i nostri segreti... un bacio solo, e ancora un altro... e un abbraccio da togliermi il fiato per dirmi che ti sono mancata, e anche tu. Per dirmi che sono bellissima, e se insisti così finirò per crederci anch'io che non guardo lo specchio da giorni ma sento sul viso le dita sottili delle mie notti in bianco... e tu che ripeti che mi ami e sei pazzo di me... come prima, come sempre... continua, non smettere, fino a che lei non reclami di noi...

Starei a rimirarla per ore... la osservo, la scruto... è così piccola, eppure perfetta... mi sono scoperta a contarle le piccole dita... ci sono tutte, solo minuscole... è un piccolo essere umano, un ninnolo fragile... e ancora non riesco a credere, che siamo stati noi...

Avevo giurato a me stessa che sarei stata seria e misurata, che avrei saputo dosare le mie reazioni... che mai e poi mai le avrei parlato in quel linguaggio futile e stupido che a volte gli adulti ciangottano, quasi un codice incomprensibile, fatto di parole storpiate, occhi strabuzzati, smorfie e sorrisi un po' idioti...

Invece le parlo con voce flautata, e pur di strapparle una qualche reazione la coccolo smodatamente e la vezzeggio senza remore, le dico che è bella e che è mia, il mio tesoro, la mia piccola...

Vedrà bene? Mi sente? Ridicola, le passo il dito davanti agli occhi... schiocco le dita, e ne studio le mille reazioni... niente...

E la mia paura dilaga, divento una furia, all'improvviso immagino cose terribili, il peggio del peggio...

Lucille ride della mia beata incoscienza... mi ha detto "ma cara, lei è solo piccola, non cieca né sorda... non segue con gli occhi il tuo dito perché è una cosa stupida a farsi... ma - e ha tracciato un arco con il braccio - prova a muoverti attorno a lei, parlale... vedrai che non smetterà un attimo di controllare dove sei, che tu non ti allontani... lei lo sa bene chi sei".

Scettica e terrorizzata ho provato... è vero, lei mi segue con gli occhi pensosi, alterna smorfie e gridolini che io interpreto a mio piacimento... e per oggi, la paura è passata.

Per oggi... a volte quando piange la stringo sul cuore, e vorrei piangere anch'io perché non so cosa vuole... hai fame, le chiedo mentre in segreto mi dispero, hai dolore da qualche parte o vuoi solo che io ti abbracci un pochino di più...

André torna, torna in fretta... tu come me non sai cosa fare, ma voglio che tu sia qui, a disperarti con me, a chiederle se sta bene con noi, se stiamo imparando...

 

"E' bella, non credi?"

"Ti prego, torna a dormire... tra un po' vorrà mangiare di nuovo e saremo da capo... ti prego..."

"Tra un attimo... le hai guardato le manine? Come le agita quando dorme?"

Lui lo sa... quando fa così, non c'è speranza... la sua brama di madre orgogliosa chiede di essere tacitata, serviranno almeno cinque minuti di lodi alla bimba, e altrettanti di coccole alla mamma...

Allora la raggiunge, alla sommità della culla... lei se ne sta lì, il viso tra le mani, pensierosa e trasognata, con un mezzo sorriso che le curva le labbra in una piega gentile, nuova...

Però è vero che è proprio carina... è una bimba tranquilla, con grandi occhi che ancora devono scegliere il loro colore... per ora virano verso un verde scuro, simile al mare profondo che nasconde sui fondali chissà quanti tesori...

Il loro tesoro è lei, davvero...

"Hai ragione amore, è bella... decisamente molto più di me... ora però - e l'espressione diventa severa, quasi accigliata - torna a dormire"... il tono che non ammette repliche, da padre in fieri...

"Dovremo far sparire gli oggetti pericolosi, potrebbe pungersi o tagliarsi..."

"Oscar, la piccola ha solo tre mesi, mi pare un po' presto... bada, se non ti muovi ti porto di peso..."

Finalmente, cede... ma prima lascia un bacio lieve alla sua piccola, è un addio doloroso ma breve... André spegne la candela senza complimenti, lei è testarda ma anche lui sta imparando a tenerle testa...

E per essere certo che ubbidirà la stringe tra le sue braccia... per essere certo che non replichi sfoderando l'ennesima assurda trovata notturna le chiude le labbra con un bacio, ed un altro... per ricordarle che prima di fare la mamma, adorava essere lei la sua bimba...

 

Le donne della mia vita... le mie bellissime ragazze...

Non pensavo sarebbe stata così... così premurosa e attenta...

E ansiosa... si alza almeno tre volte più del dovuto, per controllare che non prenda freddo, che dorma tranquilla... non la perde di vista un secondo, non alza la voce nemmeno se scherza  perché teme di farle paura, le parla col tono accorato e dolcissimo che non ha mai usato, nemmeno con me...

Certi gesti, non so dove li abbia visti o imparati... quel moto istintivo con cui la avvolge tra le sue braccia, foggiandole come una culla... come la solleva, con mille cautele, tenendole il capo che ancora lei dondola perplessa, e come bisbiglia parole soavi ed incomprensibili per quietarla quando miagola insoddisfatta e magari in realtà cerca solo un sorriso...

E lei le sorride, un sorriso vivo, felice, che non le avevo mai visto... d'istinto cerco di aiutarla, di fare quello che posso... ma la mamma è lei, mi dice, e mi toglie dall'imbarazzo per quelle cose che ancora non so fare bene...

Eppure la piccola è nostra, lo sento... non mia né sua... lei che ci ha invaso la vita, la mente ed il cuore, ci tiene in scacco... eppure per lei è il primo pensiero al mattino... guardo il mio amore con occhi colpevoli, per quei pensieri che hanno sempre avuto il suo nome... e ricevo da lei le sue colpe, perché per lei è lo stesso, lo so... e allora ridiamo, abbracciandoci stretti. Ora posso, ora che sono sicuro di non fare male, la cerco ogni volta che posso, e la amo... come prima, forse di più... ed ogni volta mi sembra di ritrovarla al ritorno da un viaggio, da una separazione... sento il cuore impazzire perché mi mancava, il suo corpo, i suoi baci e anche lei... e allora sussurro in silenzio che è bella, più bella di prima, che la adoro, in quel linguaggio appena imparato fatto di cenni e di sguardi per non svegliare il nostro tiranno che dorme.

A volte mi chiede, timida, se andrà tutto bene, se ce la caveremo... non si accorge di quanto è brava, di quanto impegno ci mette, di come senza accorgersene trova in sé ogni volta parole e gesti, quelli giusti per la nostra bambina, magari basta un abbraccio, una nenia inventata per farla calmare se gli incubi la tengono sveglia.

Di notte in silenzio si muove con mille premure per tacitare lei che reclama la pappa... spesso nella penombra la sento ridere piano perché la bambina ha fatto una smorfia nuova, mai vista prima... e allora mi sveglio e contemplo il miracolo, privilegio per pochi... Ma non mi basta, voglio anch'io la mia parte, e prendo per quello che posso qualcosa per me... se dobbiamo vegliare, meglio essere in due... mi accomodo e le attiro vicine, se ti appoggi al mio petto starai comoda, prenderai meno freddo, le dico. E in fondo è una scusa banale per dividere, di tutto, anche quello... per poterla guardare mentre tra le sue braccia ha un secondo, un minuto in più... siamo due adulti ridicoli al cospetto di questa piccola cosa indifesa, che avida serra tra le sue mani i nostri due cuori... e noi che vorremmo dormire, non vorresti anche tu?... Lei ci scruta, sazia e impietosa... dà il tempo, scandisce il ritmo, delle veglie lunghissime e dei pochi intervalli di sonno... ma poi sorride, e ci dichiariamo felici e sconfitti.

Ogni tanto anch'io nel buio ho paura, non so di che cosa... allora, impercettibile, senza far rumore mi alzo e a tentoni raggiungo la piccola culla di vimini... e rimango lì, un po' stupido e un po' sollevato a contarle i sospiri, come se volessi essere sicuro che lei esiste davvero, che non ho sognato tutto, che non ho immaginato una vita con lei, con loro...

Le due donne della mia vita...

 

 

Era bellissima, me la ricordo... bellissima e buffa.

Come se fosse ora, me la ricordo…

Ricordo i capelli che spiovono sul suo viso, sulla culla di vimini su cui si china ad ogni vagito... per ogni pianto, per ogni piccolo gesto della piccola... la chiama la piccola despota, e subito dopo il suo piccolo angelo. La riempie di coccole, parlandole sottovoce con tenerezza infinita, a volte per domandarle con gli occhi pieni di pianto “Stai bene con noi? Vuoi dirlo alla mamma?”

Ma lei che è così piccola non può risponderle...

Sono buffi, davvero... in piedi in silenzio, litigandosi a gesti torto e ragione... se lei non avesse mangiato abbastanza? Se avesse dormito troppo, o troppo poco... e quante coperte servono perché non prenda freddo, e non stia troppo al caldo?

E impacciati, anche... e teneri, dolcissimi...

Due adulti e una bambina, la famiglia Grandier al gran completo!

Anzi… due adulti al cospetto di una bambina, pronta a prendersi gioco di loro… uno strillo più forte, ed eccoli accorrere… lei si agita felice di averli attorno e di averli corrotti, sfoderando per loro ogni volta un sorriso nuovo, il migliore di sempre… sono smorfie e la rendono buffa, ma a loro sembra bellissima, da lasciarli senza parole… si guardano timidi, le mani intrecciate e gli occhi ridenti, attendendo da lei il permesso per respirare.

Due adulti… belli, belli da mangiarti il cuore... con lei pronta a piangere e sentirsi inutile, e lui pronto al soccorso, a stringerla forte e farla sorridere... la piccola non morirà, non annegherà nella tinozza facendo il bagnetto, non ha niente di niente...

Ma lei è testarda... non è convinta, e allora gira e rigira la piccola intrusa, domandandosi se quella smorfia che non ha mai visto possa essere un brutto segno... ma è un sorriso vero stavolta, davvero non sa riconoscerlo?

Oh mamma...

Sophie... si chiama così perché sia saggia e rifletta, non faccia pazzie, non sia impulsiva come lei... Sophie, non scordarlo mai... Sophie Florence per la precisione, ma solo per le occasioni importanti.

Sophie ha mangiato, Sophie non vuole saperne di dormire, Sophie forse ha la febbre...

Sophie Sophie, e ancora Sophie... lui non ha ancora varcato la soglia ed ecco che lei con gli occhi grandi e spaventati elenca i problemi, chiede soluzioni...

E lui? Pacato, tranquillo, a domandarle... ma tu hai mangiato qualcosa, ti sei riposata? Hai una faccia...

La costringe a stendersi un po', a volte ce la porta di peso a dormire... e poi, senza farsi vedere, eccolo lì davanti a quella benedetta cesta a scrutare anche lui la sua piccola, e a chiedersi... starà bene? Sarò bravo? Sarà fiera di me la mia piccola, o se ne andrà rinfacciando e sbattendo la porta?

Se Sophie potesse parlare...

Ma Sophie parla e parla, e voi a non capire...

Sophie... è un bel nome, mi piace...

Sophie sono io...

E loro, mamma e papà... li ho scelti, mi hanno scelta... in un'altra vita, in mille vite diverse, saremmo diversi, eppure uguali.

Perché l'amore che unisce non ha tempo, non chiede il tuo nome, il tuo titolo, il grado o il casato.

Ti chiede soltanto di chiudere gli occhi e credere che è possibile a volte che il nero del buio si colori.

 

***

"La ricordo... era così bella..."

Il mare plumbeo, verde quasi come i suoi occhi. I capelli lunghi, sciolti, scompigliati, ali libere e ali di gabbiano che gridano contro la cappa del cielo.

Si scostò una ciocca dal viso, appiccicata di salsedine.

Respirò a fondo.

Le veniva da piangere. 

Quanti anni erano passati da allora?

Quante volte saranno venuti qui, loro due, si domandò.**

Certo, la memoria fa strani scherzi.... per anni assorbe tutto, tutto di te... come una spugna, avida, senza pietà, inghiotte ogni cosa, buona e orribile, o solo triste... egoista, non ti lascia che briciole di quei ricordi, fino al momento in cui, incomprensibile, ti rovescia addosso il peso supremo della tua intera esistenza e ti travolge come una piena.

Insensata, insolente... fluiscono piano, dalla mente al cuore allo stomaco, ti colpiscono come un pugno, ti riscaldano come un abbraccio... ed ecco davanti ai tuoi occhi passato e futuro, fusi ed un poco ammaccati, che tracciano linee scure sul tuo cammino, i passi già fatti, le mille vie da percorrere...

E tu te ne stai lì, inconsapevole, indecisa tra il pianto e il riso... e non sai se li vuoi, se vuoi ricordarli...

Eppure, li vedi, come fosse ieri, come fosse ora... e ti arrendi, e lasci che parlino ancora una volta al tuo cuore...

Lei è bella come nei miei ricordi di culla, forse un po' meno apprensiva... ma secondo Lucille io somiglio a mio padre... lui profuma di buono come quando nel buio mi raccontava le favole, la notte... e ancora, le tiene la mano come allora, e riesce a farla ridere come nessuno... a farle brillare, in fondo allo sguardo, qualcosa di strano, di antico...

Ho vissuto per anni sperando di avere per me qualcosa di simile, un giorno... e se penso al futuro rimpiango un pochino il passato, quando dalla mia culla strillavo e pretendevo ed ottenevo... come ora... voglio tutto, attenzioni ed amore, e voglio darne all'infinito, per quello che posso... per dirvi grazie per quello che sono, e forse diventerò... una donna che sa farsi aiutare, ma non avrà mai paura di camminare da sola.

Quei bagliori rossastri chiamano forte il mio nome, e l'ultimo raggio di questo tramonto così nitido dalla scogliera trafigge la mia meraviglia... li sento e le accolgo, le voci e i pensieri di ieri...

 

"Sophie... Sophie torna subito qui... stai bene, stai bene Sophie? Ti amiamo abbastanza?"

Sophie Florence Grandier, sono io...

 

 

Con un dito scacciò i capelli dal viso, lasciando che il vento asciugasse anche l'ultima lacrima...

"Sì - avrebbe voluto gridare - sì che mi avete amata abbastanza, ma io? Io che figlia sono stata per voi, che figlia sono?"

"Come sarò io?"

Strinse le labbra, con il terrore di impazzire al risuono sordo di quella domanda... una voce di uomo alle sue spalle la riscosse, così netta che quasi sobbalzò...

"Andiamo, prenderai freddo... - le tese la mano e la strinse nella sua, per riscaldarla - se vorrai torneremo domani... ma tu davvero non devi stancarti".

"No..." mormorò lei in un sospiro, placata... si lasciò cingere la vita, indietreggiando a piccoli passi... sentì il contatto lieve della sua mano sul ventre, e come sempre accadeva, si rilassò, il nodo alla gola si sciolse piano, senza una lacrima... "Ormai si vede, lo sai?" disse lui con voce tenera, carezzandola piano, e sfiorando impercettibile la vita che lenta cresceva dentro di lei.

Lei avvampando si voltò, solo un attimo... quei colori, quei colori brucianti, parevano il richiamo delle sirene...

Il rosso cupo del sangue... il blu tetro dei segreti nascosti e mai rivelati, i bagliori dorati della fede che ornava il suo anulare... il verde degli occhi, i suoi e dell'uomo che amava...

Io li ho già visti, pensava... io ricordo, in un'altra vita, in un'altra storia... chiudo gli occhi e mi lascio cullare, come una nenia...

Ancora una volta... mi accolgono tutti i colori del buio.

 

* da "Racconto Amaranto" di Sydreana che ringrazio di cuore

** questa "visione ispirata" è di Laura Luzi... grazieeee!! ^__^

 

 

 

Postfazione

Ringraziare dopo aver scritto qualcosa è una cosa bella ed appagante... vuol dire che qualcuno, con un gesto o un pensiero ti ha accompagnato lungo la strada che ha portato alla fine, tutta o solo un breve tratto.

Questa storia vuole essere un percorso a sé, così come l'idea di fondo che l'ha generata... Da tempo desideravo addentrarmi nell'argomento di una eventuale maternità di Oscar, convinta come sono che lei come tutte le donne sarebbe stata in grado di essere un'ottima mamma, se solo lo avesse desiderato, pur con tutte le difficoltà e i dubbi del mondo. L'impulso decisivo è arrivato all'improvviso dopo l'ennesima rilettura di Racconto Amaranto di Sydreana... l'impressione vivissima dell'immagine struggente dipinta dalle ultime righe è rimasta nella mia mente più a lungo del solito, e mi ha permesso di intravedere tra quelle parole non solo cosa volevo scrivere, ma come intendevo farlo... così la fantasia ha preso il volo, alla fine.

Per questo, e per aver accettato con entusiasmo di fare il ritratto alla piccola Sophie ringrazio di cuore l'autrice di "Racconto..." Sydreana.

Menzione speciale poi al team di zie virtuali che si è riunito più volte attorno alla culla di Sophie per aiutare la sottoscritta a trovare le parole e a dare alla piccola un volto e una voce... Grazie a zia Laura che con passione ha saputo offrire spunti e cogliere tra le righe il viso di Sophie bambina e cresciuta, e grazie a zia Alessandra per il supporto non solo morale, la pazienza infinita e un sacco di altre cose!

"Histoire" è dedicata di cuore a tutte le fanciulle che vorranno leggerla, che siano madri oppure no!

 

Il copyright dei personaggi appartiene a R. Ikeda – TMS-K.

Il copyright dei personaggi di Guillaume, Lucille e Sophie, appartiene all’autrice.

Il copyrigt delle rappresentazioni di Sophie bambina ed adulta appartiene alle disegnatrici.

 

 

pubblicazione sul sito Little Corner del gennaio 2006

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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