Fast and Furious

- L'uomo nero -

 

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"... hai ancora sul viso i segni dell’ultima rissa, gli altri soldati ti guardano male... l’ho sedata io con due colpi sparati nel vuoto, e tu stavi perdendo… "

                                                                                                                                                                                "E se domani"

 

 

 

"La vita fa schifo"

E' scritto sulla porta della baracca numero 6, in basso a sinistra, sotto l'elenco dei nomi di donne che si racconta abbiano speso almeno una notte qua dentro.

La vita fa schifo... un cesello sottile, scavato con cura, probabilmente col vecchio coltello affilato che giace sul tavolo. Con quello i soldati affettano il pane e giocano al tiro al bersaglio, tolgono i noccioli alle albicocche, lo sporco da sotto le unghie e tante altre cose che ancora io non ho visto.

Sono qui solo da una settimana, e ancora non ho visto tutto.

Forse sono il più vecchio di tutti, ma per tutti sono "il novellino", destinatario di scherzi e provocazioni cui non posso rispondere... non devo fare rumore o rovinerò tutto. Non devono fare caso a chi sono, o cosa faccio, non devono capire che sono diverso da loro... arruolati per rabbia o per fame, per riscatto da una lurida vita di stenti e di umiliazioni.

Per sopravvivere, in fondo.

Ma anche io sono qui per sopravvivere, perché altrove di certo non potrei... io sono qui per lei.

Il precettore di grammatica mi correggerebbe sbattendo la stecca sul tavolo; no, non è questo che intendeva l'oscuro soldato... vivere qui fa schifo... vivere in questo posto, dove l'aria non si respira, dividiamo le brande con gli scarafaggi, il rancio è scarso, la paga è ridicola.

O forse no... voleva proprio dire che la vita fa schifo... questo intendo io.

Dieci giorni senza di lei sono stati come morire. Senza di lei, senza aria né luce, non sento il sapore del cibo, il profumo dei fiori. Non posso vivere senza di lei, ma nessuno lo deve sapere, non voglio che lei abbia guai.

Quanto si arrabbierà, trovandomi qui! Certo che si arrabbierà, e griderà forte con il pugno alzato. E mi parlerai, finalmente, sarà come ricominciare... potrò vederlo da solo, dal colore degli occhi che avrai, per quello che ancora il mio sguardo cattura.

Niente è come l'indifferenza che hai voluto servirmi dicendomi che mi perdonavi, che preferivi dimenticare; non farlo, avrei voluto gridare, io non lo merito, a te non servirà!

Quel giorno, è stato terribile... ti ho fatto paura, hai avuto orrore di me. Non ti sei presa nemmeno il disturbo di dirmi "vai via", hai pensato di andare via tu, svuotando di senso pensieri e parole che in questi anni ho avuto per te.

Ma non ignorare quello che forse hai sentito per un istante, non ignorarmi... odiami, ma fammi sentire che ancora ci sei, non scappare perché mi troverai in tutti i pensieri e i ricordi che hai. Fuggire non serve, allora affrontami e fai i conti con la tua vita... anche se tu non lo sai, nella tua vita ci sono anch'io, ci sono ancora.

Forse sono pazzo... sono pazzo sì, sono pazzo di te, e sento che non è finita, oramai non ho paura di niente... io ero quello che credeva alle favole, agli arcobaleni. E ho deciso di correre il rischio, di giocarmi il tutto per tutto, mostrarti chi sono.

Voglio dire chi sono davvero... non sono ciò che credevi, non sono saggio né ragionevole, quel ragazzino giudizioso che ti diceva di chiudere gli occhi e contare prima di esplodere.

Questo è il vero André, scriteriato e senza misura, e disperato e forse un pochino arrogante, tanto da credere che tu abbia comunque bisogno di me.

In fondo ho fatto ciò che volevi, ho scelto la mia strada, e mi ha condotto dritta fin qui… ho scelto di camminare accanto a te.

Non è stato difficile come credevo, lo Stige dei bassifondi e delle osterie non l'ho attraversato invano, lo vedi? Io sono quello facile al dialogo, alla stretta di mano, il primo a sapere le cose, anche prima di te... e anche stavolta... ho conosciuto il destino che ti era stato assegnato ancora prima che avesse una forma ed un senso.

Non ho esitato e ti stupirò, ma non temere, non sono diverso da quello che credi; non ho mentito, solo corretto la verità, formulando teorie verosimili che ho buttato sul banco, assieme al denaro per l'oste. L'oste ha preso i miei soldi, il mio pubblico ha applaudito alla mia strana commedia dell'arte, l'arte di vivere cercando di amarti e di farmi amare da te.

Non sono figlio di un falegname? Che importa agli altri se di lui e del viso che aveva ricordo soltanto un'idea, una voce lontana. Non è forse vero che sono solo, che cerco il mio posto nel mondo? Ho solo omesso di dire che il mio posto è accanto alla donna che amo, che quella donna sei tu, che non voglio e non posso lasciarti così.

Il vino è mio amico, ha calato il sipario per me... il vino che fa strani effetti sulle persone, sugli uomini... trasforma il timido in coraggioso, lo vedi salire sul tavolo arringando la folla con frasi sconnesse e prive di senso; modera lo sguaiato, diventa capace di lunghi discorsi appena intrisi di senno, alla ricerca del senso profondo del vivere, prima di correre nell'angolo più buio che trova per ritrovare un po' della sua tracotanza. Il vino che esalta ed abbatte, ricuce gli strappi e ne apre di nuovi, scuote i dannati e li porta ogni sera in un luogo diverso ma sempre infernale, fatto di sogni mai realizzati, speranze sopite, falsa allegria e vera desolazione.

Io sono tutti e nessuno... non sono timido, ma non ho ancora trovato il coraggio, non sono sguaiato ma ormai non mi posso nascondere dietro il silenzio. E ho parlato, una volta per tutte, ti ho consegnato la cifra per capire chi sono, chi siamo. Ora sta a te.

La sorte piegata alla mia volontà, non ci credo... per la prima volta dopo una lotta tra noi non c’è vinto, né vincitore... io ho perso, e forse anche tu... però io sono uscito più forte, tu no, tu stai ancora vagando nel buio più confusa di prima.

Non avrei voluto turbarti così, non credevo. Eppure vedi, questo mi ha dato la forza di alzarmi al mattino, io sono l'ombra di quei pensieri che tu vuoi scacciare, ma non la tua mente e forse nemmeno il tuo cuore. Tienili amore, conservali ancora, lascia che vaghino, troveranno da soli la strada, e anche tu.

Io sono pazzo, ma continuo a sperare, a credere che nella tua vita nessuno potrà usurpare il posto che è mio. Rimango al tuo fianco, cammino a distanza ma sono con te... se ti volti mi vedi, se allunghi le mani mi trovi...

Ricominciamo da capo, Oscar, sarà un nuovo inizio, più franco e sincero. Non fingerò più di essere ciò che non sono, non sono disposto a concederti niente ma ti darò tutto quello che posso perché ti amo, e ora lo sai.

E' il tuo turno, adesso, fai la tua mossa ma senza nasconderti; giocare d'astuzia non ti servirà, io so prevederti e so che forse da un po' di tempo ti senti leggera... o solo più vuota?

Tu non lo sai che io sono già qui.

Vieni a prendermi.

 

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Il nuovo ufficio le piace...è piccolo e austero, privo di fronzoli. Sarà molto più facile dimenticare com'era diversa la vita di prima.

Fa freddo, e c'è odore di chiuso, però poco importa. Ha provato ad aprire la vecchia finestra sul retro ma la maniglia non gira tra le sue dita, non le obbedisce. Sorride... si vede che l'occupante che ha appena trovato il paradiso fuori di qui era un uomo... forse un mazzo di fiori in quel vaso spoglio non guasterebbe... ma avrà tempo per sistemare le cose, tutto il tempo che vuole.

Sì, il suo nuovo regno le piace; gli sguardi pietrificati e pieni di allarme dei suoi soldati fedeli alla Guardia reale proprio non li capisce. Cosa c’è che non va, lei non è forse un soldato del regno? E allora si accomoderà volentieri su quella sedia un po' scomoda, il velluto consunto ed un poco sbiadito, dietro quel tavolo che sembra un diario iniziato da secoli... macchie di inchiostro e bruciature non mancano certo, se avesse il tempo di interpretarli come un aruspice forse potrebbe predirsi il futuro.

Ma lei è sicura, andrà bene.

Qui non ci sono i suoi nemici peggiori, i ricordi, il piantone all'ingresso non li farà entrare. Non ci sono gli sguardi e i rossori da nascondere a Fersen o alla Regina che forse ha pianto per la sua partenza... non ci sono le occhiate curiose e senza pietà che in questi anni non l'hanno lasciata un istante, attendendo la prossima mossa... "cosa farà adesso l'erede del generale, a quali follie si spingerà? Sarà la dama o il cavaliere a vincere?" perché lei è tutti e nessuno, uno scherzo, un pupazzo, Giano bifronte.

E non c’è amore qui, nessuno da cui sfuggire, davanti a cui abbassare lo sguardo per non far male, e non farsi male. Non c’è niente e nessuno, qui.

E' arrivata un giorno prima, ma non per sorprenderli come forse ha pensato con una punta di di preoccupazione il suo comandante in seconda. Non vuole coglierli in fallo, anche se lui l'ha pensato all'inizio, accogliendola cerimonioso dietro quei baffi e quello sguardo senza espressione. Ma è un brav'uomo, ne è sicura, non ha avvertito malizia né diffidenza, non l'ha guardata con meraviglia né degnazione. C'era rispetto negli occhi del colonnello, mentre porgeva il suo benvenuto al comandante fresco di nomina.

Uno strattone deciso, e la finestra si apre... l'aria fresca del mattino le invade la mente, non è profumata di fiori ma nemmeno intrisa del puzzo dei calcoli e dei pettegolezzi, ora si può respirare davvero.

Lo sguardo, avvezzo ai lunghi corridoi di Versailles e agli spazi vuoti della Normandia si appiattisce e rimbalza contro il muro della caserma.

La colpisce, e chiude gli occhi... non è niente, si tratta soltanto di abituarsi al senso di chiuso; darà alla sua vita forme e colori diversi, non certo peggiori. Ha capito che non è lasciando vagare lo sguardo lontano che ritroverà la pace, ha provato a perdersi nel mare e nel cielo della Normandia ma gli occhi sfuggivano, troppi colori violenti, facevano quasi paura... è tornata di corsa a cercare un posto per rintanarsi e stare tranquilla, quel bagno di libertà l'ha fatta sentire piccola e sola... come una fiera addomesticata a fatica, sfuggita al guinzaglio... lo strappo iniziale le ha dato la forza per correre, ma gli istinti piegati non hanno saputo guidarla, e si è fermata indecisa, sgomenta... la felicità che l'aveva spinta lontano è sparita, ha guardato dietro di sé per vedere e sperare che qualcosa o qualcuno le fosse alle spalle per inseguirla, riprenderla e dirle "ecco, questa è la strada, questo è il tuo posto".

Ma non c'era nessuno, e ha dovuto rifare a ritroso la strada senza capire che cosa l'avesse davvero spinta a perdersi, per ritornare nel vecchio mondo così rassicurante, l'unico mondo che lei riconosce.

Due dita alla gola per aggiustarsi la nuova divisa, forse le stringe un po' troppo, a tratti le sembra di non respirare... ma non importa. Un colpo secco e la finestra si chiude. Imparerà presto, prenderà le misure, alla finestra e a quell'universo che per adesso non l'ha respinta. Sbuffa, più tardi le tocca la prova finale, i soldati, ma non sarà così terribile, sono solo degli uomini in fondo.

Forse può rilassarsi un pochino, distendersi e godersi la mattinata caracollando nei corridoi per conoscere la sua nuova casa.

Andrà benissimo, sì.

 

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Sei arrivata davvero? Mossa sbagliata, mia cara! Non è così che si conquista la stima, non arrivando quando non sei ancora attesa!

Io che ti conosco so che l'hai fatto per non farti cogliere impreparata, per essere sempre perfetta, come se nella vita non fossi mai stata altrove ma solo qui, nel nostro piccolo inferno. Ma loro, gli altri, che penseranno? Che sei subdola, e biforcuta, che forse vorresti sorprenderli con le mani nel sacco, e credi che di torti da raddrizzare ce ne sarebbe un elenco lungo quanto lo strascico della regina.

Ma molti non sanno leggere e neppure contare, in questo mondo senza misericordia la cultura non serve, serve saper sopravvivere e anch'io sto imparando, pian piano e a mie spese.

Lo sanno che sono diverso da loro, per ora mi guardano male e mi tengono fuori dai loro discorsi, aspettano un mio passo falso, che mi tradisca... non mi importa, so bene come difendermi, il senso del vivere forse è un poco sopito ma non è morto dentro di me. In fondo è per questo che sono qui, per sopravvivere alla mancanza, per non morire all'urgenza di averti di nuovo per me.

Devo essere cauto, guardarmi le spalle, non devo tradire emozioni quando verrai qui. Non voglio crearti problemi perché ne avrai così tanti da starci sveglia la notte, non voglio che uno abbia il mio nome. Sii brava Oscar, non farti schiacciare da loro ma non ti provare a schiacciarli, affrontali senza paura perché loro non hanno paura di te; sono uomini rudi, ma scoprirai che franchezza e lealtà non ricamano solo gli stemmi dei nobili, vivono e crescono ovunque, anche qui, sull'impiantito coperto di polvere, in mezzo alle grida e al frastuono di stivali chiodati, al clangore delle gavette.

E noi? Come sarà, dimmi, il nostro incontro? Mi sento impaziente, come se ci ritrovassimo dopo una breve separazione, e niente fosse cambiato... ma forse è meglio così, la strada che abbiamo iniziato è senza ritorno, ma non vorrei nessuno al mio fianco che non fossi tu.

E tu cosa vuoi?

L'hai capito, lontano da me? Hai permesso al tuo cuore di farti da guida, o ancora lo temi?

Se potessi parlarti... da solo e non in mezzo a questa marmaglia, come quando eravamo ragazzi e ce ne stavamo nascosti per ridere e scherzare da soli, lontano dagli occhi invidiosi delle tue sorelle che non capivano cosa tu cercassi e trovassi in un servo. Quando ero solo con te ero impavido e buffo, sapevo sempre cosa volevi, e tu ridevi  di noi e di me, con me e di te.

Ma in mezzo agli altri non potevo, non ho mai potuto, trattarti alla pari ed essere come lui... come lui, quell'altro, che anche al cospetto del mondo sa sempre pescare nel mare delle parole e dei gesti... sceglie bene, e fa fremere i cuori, tremare le mani di tutte le donne, anche le tue.

Eppure, mia cara, il mondo a me non fa caso, e nel mondo e del mondo io ho sempre cercato due occhi, due mani, un cuore solo è ciò che voglio, ed è il tuo.

Il piantone è appena rientrato di corsa, stasera è il suo turno stare di guardia... non fuori, ma dentro, il suo compito non è controllare le mura ma vegliare sulla tranquilla bisboccia dei compagni più anziani. Questo è il regno dell'arrangiarsi, diventa un postribolo oppure una bisca, una locanda o un confessionale a seconda dei casi... e tu che arrivi così, senza farti annunciare, e nessuno ti aveva invitato mi pare... guarda che anche ai confini dell'umanità ci sono regole da rispettare, e tu hai appena infranto la prima.

Ma non avere paura amore, ci sono io... non dovrai mai averne, te l'ho promesso tanti anni fa e sai che non cambio idea così facilmente. La mia vita è a tua disposizione, non hai che da pretenderla, o sarò io a donarla per primo.

 

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Lei non bussa, che bisogno c’è? Questa è una caserma, lei è il comandante. Alla perplessità del suo colonnello non ha risposto che poche parole di circostanza, le baracche non sono degne? Dovrà pur cominciare da qualche parte, meglio dal fondo.

L'odore non è dei migliori, che quasi rimpiange il fresco profumo di chiuso e di muffa dell'ufficio che ha appena lasciato... qui c’è un sordo odore di disperazione, misto a rabbia e furia cieca, un pizzico di dolore e un accenno di paura... odore di vita di chi è arrivato fin qui perché fuori di qui era peggio.

Possibile?

Dovrà essere giusta e severa, mostrare da subito che è lei che comanda. In un solo sguardo li stringe in un pugno, un pugno di volti scuri ed ostili, ognuno racconta una storia che ora però non ha tempo di stare a sentire; li scorre in rassegna veloce, questi visi di sconosciuti che tenta da subito di mandare a mente, mentre tutti scattano all'"Attenti!" del colonnello. Ci sono uomini e ragazzini, riuniti senza criterio né logica, per loro è solo un lavoro da fare, non un credo o una vocazione, non cercano onori o medaglie o la gloria, ma il pane.

Si domanda com'è vivere con l'urgenza, sfamare il bisogno, colmare un vuoto... ma mentre ricaccia indietro il ricordo della voragine verso cui da un po' di giorni virano testardamente tutti i pensieri che nascono nella sua mente, ora che è vuota e sola anche lei, il suo sguardo si blocca.

No... non è vero, non crede a quello che vede.

Gli occhi si incendiano, un fiume di rabbia la invade e le scalda le guance.

E' come svegliarsi da un lungo letargo, da un sonno di incubi... poi pensa che forse ha sbagliato, che il suo desiderio ha preso la forma più conosciuta e consueta e certo più cara; gli ha dato un viso e i capelli neri un poco scomposti, due occhi verdi e l'espressione ferma e tranquilla di chi ormai non nasconde segreti, non scappa, di chi ha scelto di sopravvivere e potrebbe narrare la storia della sua vita a memoria o a ritroso, perché l'ha vissuta con lei, solo un poco discosto.

Non può essere... cerca i suoi occhi con gli occhi, sente che è tutto uno scherzo, un baluginìo folle, un miraggio... cerca ma non lo trova, lui guarda lontano, appena sopra la sua spalla, fissa un punto qualsiasi sul muro. Ma è lui, senza dubbio.

Si sente le spalle inchiodate, e le mille parole che salgono in gola a precipizio quasi la soffocano. Stringe forte le mani, i guanti appena indossati sono rigidi e ruvidi e le mordono i palmi senza piegarsi alla sua volontà. La rabbia brucia a fuoco lentissimo e lei vorrebbe bruciare anche lui ma non trova i suoi occhi, le sfuggono e non era mai stato così, lui l'aveva sempre cercato per primo il suo sguardo... se non lo intercetta almeno un momento sentirà di aver perso, per la prima volta, un duello con lui.

Eccoli... si incrociano, la sfiora per un attimo occhi negli occhi, per riaprire quella brutta ferita che lei pensava di poter dimenticare, ricucendola in fretta mentre il cuore di lui sanguinava.

Lui, che non si è piegato, e come se fosse nato soldato sta lì sull'attenti e torna a fissare quel punto sul muro... lei pensa per un istante che non deve essere facile con un occhio solo, e una fitta ed un brivido corrono lungo la spina dorsale... li doma e si doma, e fa finta di nulla girandosi legnosamente.

Forse è stata una linea tracciata col sangue a condurli fin lì, e ora che sa di non essere sola le sembra che l'aria sia più leggera... ma lui non deve capirlo, così si toglie dall'imbarazzo e ordinando il riposo in fretta suona la ritirata.

Chiude la porta, e lascia che il mondo la scovi; il cuore che batte veloce come se avesse corso o lottato, e non misurato a passi ritmati il corridoio dalle camerate fin lì. Slaccia il primo bottone che le sega la gola, riparte all'attacco della finestra e prega che lui non la cerchi adesso, non è pronta, non ora. Sa che lo farà perché da un po' di tempo la vita non le fa sconti su niente, ma in quella strana dimensione innaturale dove non esistono che loro due lei sa che con noncuranza, mentre gli altri la stanno già lapidando con i loro commenti impietosi lui scivolerà fuori e contando i passi la stanerà.

Per un attimo pensa malefica che qui lei può tutto, può disegnare la sorte di tutti i soldati con pochi tratti decisi di inchiostro... mandarli al confino, mandarli anche al diavolo. Ma nella sua mente dei volti schierati non ne ricorda che due o tre... uno, uno soltanto in realtà... depone le armi e i pensieri belligeranti e pensa avida ad un armistizio che li lasci vivere in pace.

Con un colpo secco raduna le carte sul tavolo, sarà pronta e perfetta, lontana ed inappuntabile, calma e misurata... i fatti personali, la vita di prima, il dolore, manda via tutto quello che è stato prima, e farà entrare solo lui.

Ma quando sente bussare è già stanca, stanchissima... si siede in bilico sulla scrivania, accavalla le gambe ed aspetta; è contenta che sia già arrivato, meglio farla finita e chiarire le regole... che ognuno faccia la vita e le scelte che vuole, liberi ed insensati, che faccia come gli pare e soprattutto che metta fine a quella dannata commedia.

Non è quello il suo posto, non in mezzo alla soldataglia! Lui che è sempre stato così pacato, nei modi e nelle espressioni, così ordinato, non potrà sopravvivere in questo posto dove nemmeno il sole si degna di indugiare per più di qualche minuto. E poi pensa col cuore in gola alle guardie di notte, in quei vicoli bui da cui tante volte sono scappati dopo serate di eccessi e follia... alle camerate sporche, al freddo ed al caldo. Senza volerlo si trova avvitata nei suoi pensieri e parlano tutti di lui...

Come sarebbe? Dovrebbe arrabbiarsi, odiarlo, e invece si scopre sconfitta a compiangerlo.

Se avesse uno specchio potrebbe rivolgere quel fiume d'odio represso verso colei che lo merita più di tutti, se stessa; la sua debolezza è ancora lì, intatta, e lei che pensava che sarebbe bastato lasciarsi il passato alle spalle...

Lei trema, lui entra e la trova così, intenta a cercarsi un bersaglio. Lo guarda, l'ha appena trovato.

 

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Mi sembra un secolo che non ti vedo, a stento ricaccio in gola la voglia di dirtelo, di stringerti forte... e vorrei chiederti come stai, se sei stanca, se ti sei ricordata di mangiare ogni giorno, stavolta...

Non mi pare... mi sembri più piccola, le spalle un pochino ritratte come se avessi un peso nuovo, un altro da sopportare.

E la tua rabbia... magnifica, ma me l'aspettavo, figurati... eppure non è quella di sempre. E' cupa e contratta, quasi timida, hai la voce che trema come quando tra rabbia e dolore non sapevi che scegliere e rimanevi così, quasi bloccata.

Mio povero amore, non volevo davvero farti sentire così. Ma come posso dirti, spiegarti che tu hai ancora bisogno di me?

Ho provato... mi sono guardato dentro e ho pensato "cambia aria, cambia amici, cambia vita e respira lontano da lei" ... ma vedi, non ho trovato un solo insulso motivo per mettere fine all'amore per te... nemmeno una piccola scusa, niente. Non deve finire il mio amore per te, tu non me l'hai chiesto, io vivo sperando che tu non voglia davvero parlarmi al passato, che è per questo che non hai voluto guardarmi negli occhi... nemmeno ora, mi scruti guardinga, e come faccio io a dirti che c’è qualcosa in te che mi chiama, che non posso far altro che starti vicino?

Oddio... forse temi che torni alla carica con i miei stupidi sogni  d'amore, ma non temere, io sono qui per proteggere te e quel che resta di noi, se un noi c’è mai stato...

In fondo per me è lo stesso che dirti "ti amo".

 

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Lei non ha voluto mandarlo via, e lui non ha voluto andar via.

Pensa che quel precario equilibrio non le dispiace, perché non è sola, e poi lui è stata corretto, è un soldato qualunque e non la cerca se non è necessario; ma le ricorda ogni giorno con la sua presenza che la battaglia che ha scelto è durissima, ed è appena iniziata.

Tutto ciò che alla Guardia reale era dovuto, scontato, qui non esiste. Ha dovuto lottare persino per guadagnarsi la rivista di benvenuto, per quel gesto di sottomissione che i soldati le hanno concesso solo dopo che ha dimostrato che lei è più forte di loro, più forte di tutti... accurata ha evitato lo sguardo di André, ma ha sentito il suo cuore balzargli nel petto: ha avuto paura per lei, ne è sicura, è per dimostrargli che va tutto bene che ha avuto coraggio abbastanza per buttarsi in mezzo alla mischia, e sconfiggere l'odio che la circonda.

Ha vinto, almeno per oggi... senza sapere cosa sta combattendo.

 

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Che paura mi hai fatto, da sola in mezzo ad un branco di lupi. Sei coraggiosa, l'ho sempre saputo, ed ero indeciso se disperarmi o essere fiero di te... eri lì davanti a quel ceffo che in te non vedeva certo una donna, ma una nemica da schiantare, da vincere... e questo ti ha galvanizzata, credo, hai avuto da un losco ed oscuro soldato ciò che mai nella vita hai trovato altrove, essere odiata come un uomo, come un comandante chiunque. Loro non sanno chi sei o cosa cerchi, per loro sei solo il padrone cui vendere caro l'onore e la pelle... sei stata splendida, eri bellissima, nonostante i capelli arruffati e l'uniforme scomposta, ti sei mossa come danzando davanti a quell'uomo e al suo odio per te... hai combattuto, e hai vinto. Non dirò nulla, che l'hai battuto soltanto perché sei veloce e più agile... l'hai battuto perché la posta in palio non era qualcosa di vuoto, lontano, un fregio da mettere in mostra, ma il tuo onore, essere dentro o fuori di qui. Hai combattuto per essere quella che sei, giusta ed altera, abile con la spada quanto lo sei a parole.

Hai vinto, e la Guardia francese ha piegato il capo, abbiamo sfilato davanti a te senza che tu ci lasciassi pensieri o parole, per riempire il nostro orizzonte costretto dietro le mura basti tu, davvero.

Mi basta vederti, per ora mi basta amore.

Ma mi sono tradito, nei gesti, con gli occhi… non so. La commedia è finita, e in attimo ora tutti sanno chi sono e da dove provengo... ma non cosa voglio o chi cerco, è troppo anche per loro.

E' strano, davvero... per anni ho conosciuto a corte il disprezzo e la diffidenza dei nobili per chi non è nobile, per chi non ha titolo e viene lasciato ai margini di tutto, anche della dignità.

Ed ora, qui, agli antipodi di ciò che era, conosco lo stesso disprezzo, solo più forte, non è gelido e statico ma furioso, non ti manda al confino ma colpisce per primo, veloce; l'odio per chi non è come gli altri, si distingue in qualcosa, anche un minuscolo particolare.. sei diverso, e non sei gradito.

La mia colpa è di quelle che non si perdonano così facilmente, forse non c’è scampo per me... ho vissuto servendo i nobili, accettando il pane direttamente dalle mani luride del padrone... sono un cane, così mi apostrofano tutti con disprezzo... e ho l'impressione che nemmeno Alain, che è il loro capo e anche mio amico possa qualcosa. Con una sorta di cupa acquiescenza mi ha lasciato capire che tutto è in gioco... il mio posto in caserma, quel poco di requie che cerco, forse la mia stessa vita; lui non può fare altro che assistere e fare da giudice, ma non può intervenire a mia difesa, passerei per codardo… sarebbe peggio e forse la fine per me.

In fondo è così che è iniziata, una sera di tante che uscivo a cercarti nel mondo… con una rissa scoppiata per caso, per niente, tra sconosciuti. Ed era facile, la mente si allena ed arretra lasciandoti in bocca il sapore di peccati che non hai mai commesso, di ricordi che non avrai più, una volta uscito di lì… è un girone infernale, ma puoi scegliere quello che vuoi, e trovi dannati simili a te, in questo mondo che dura soltanto il tempo di una bottiglia. Ma è un mondo vero con regole certe, che io ho accettato da subito. Se sono buone o cattive, e meglio o peggio, non so giudicare.

"Se hai paura nascondila in fretta, alza la testa e combatti".

Questo mi ha detto.

All'inizio non capivo il perché, devo essere franco, in fondo qui dentro il mio compito è un altro, ma nessuno lo sa.

Cosa o chi dovrei combattere, io non odio nessuno!

Ho visto la sua solita smorfia trasformarsi in un ghigno quasi satanico, il suo sguardo farsi lontano, cattivo...

"Ti basta salvarti la vita? - mi ha chiesto senza guardarmi - ti basta andare a dormire ed essere certo che ti sveglierai al mattino?"

Dunque è questo? Il disprezzo dei disperati è capace di tanto? Non gli piaci per un motivo qualunque, sei lento o strascichi i piedi? Si prendono la tua vita in pegno in cambio dello sgarbo che gli hai procurato, nascere vivere ed arrivare fin qui.

Ho riflettuto una notte.

Ne vale la pena? La voglio una vita così, la voglio diversa?

La vita fa schifo, ma la mia non può ancora finire, davvero!

Fossi stato lo stesso di un mese fa, quella sera, non avrei chiesto di meglio... il buio, la pace della dannazione, la morte consolatrice, e solo perché lei mi aveva voltato le spalle.

Ma al mattino la luce tenue e dolce mi sciolse dal sonno, non mi colpì come lei, e mi convinse a ricominciare insinuando che forse era meglio così... perché a costo di aver guadagnato il suo odio ora lei lo sapeva...ora lo sai, povero amore, e io sono libero. Forse tu nel tuo piccolo ufficio chiudendoti in quella divisa hai scelto l'esilio, ma non capisci se questo è davvero il tuo posto, non sai se la vita che vivi è quella che vuoi... con le dita nervose cerchi sollievo e strattoni il colletto dell'uniforme che però non cede... ti manca il respiro, ti chiude la gola... ti soffoca, amore, la vita che fai?

A volte vorrei liberarti da quella corazza, sciogliere i lacci che serrano il petto e spiegarti con voce sommessa, per non spaventarti, che l'unica cosa che può darti calore e proteggerti non è una spada, uno scudo, la tua uniforme nuova di zecca o il mare di carte in cui ti nascondi... ma sono io. E' semplice, orribile o triste, ma è così, anche se tu non vorrai ascoltarmi.

Ma non importa poi molto... sono qui per proteggerti, ho un compito arduo e importante.

E vale la vita? Io credo davvero di sì.

 

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La prima volta è stato un fragore improvviso, come un tuono senza pioggia né temporale, rumore di vetri infranti e urla che non hanno davvero nulla di umano... i toni e le voci più simili a lamenti di belve chiuse in serragli.

Rimane seduta, testarda, le mani tremanti che senza posa martoriano i fogli muovendo il pennino sottile... non sa nemmeno che sta facendo, ma la grafia si fa aguzza e stentata; uno svolazzo, e l'inchiostro si allarga senza pietà.

Ha sbagliato.

Ora la alzi la testa? Sembra dirle la macchia, irridendola... un'alzata di spalle, e lascia la sedia per la finestra, per cercare là fuori qualcosa su cui concentrarsi... ma il rumore non cessa, il tarlo la rode.

Perché lo sa cosa sta succedendo, gliel'hanno detto due ufficiali sorseggiando tranquilli qualcosa di caldo al rientro dall'ultima ronda serale. Hanno detto che a volte nelle baracche scoppiano liti furiose così, senza senso, o senza un motivo reale... si affrontano senza pietà, soli o a gruppi, a mani nude o all'arma bianca perché sanno che nulla potrebbe evitare loro il buio delle segrete dell'Abbazia se osassero esplodere anche un solo colpo, sanno che le munizioni non vanno sprecate... continua tranquillo il tenente di cui lei proprio non ricorda né nome né titolo.

Per il resto, loro non sanno molto di più; non è affar loro ciò che accade, non sono mai intervenuti, in fondo, bofonchiano prima di congedarsi, se anche ne muore qualcuno ogni tanto non sarà una gran perdita.

Un attenti svogliato, e lei è rimasta da sola a pensare.

Anche ora, in quel frastuono che le rimbomba nel cuore è da sola... non sa bene perché ma ha il respiro affannoso come dopo una corsa. Ritorna a sedersi e cerca di dare risposta al quesito che da qualche giorno danza davanti ai suoi occhi e alla coscienza che da quando è nata non le dà pace.

Com’è un buon comandante? Cosa fa in questi casi un buon comandante? Lei che sa di non esserlo, di non essere andata mai oltre una fiera e orgogliosa obbedienza, ora si chiede com’è... decidere gli ordini, impartirli, ottenere rispetto, vedere negli occhi dei sottoposti non sguardi svuotati, ma volontà. La voglia di essere un unico corpo, di farsi guidare.

Lei proprio non sa cosa dire, e china il capo ferita.

Ascolta i rumori sbiadire nei corridoi, improvvisa come era morta risorge la calma.

Non è successo niente, ripete, non sarà certo accaduto nulla di grave; suppellettili rotte, ma per quello che valgono... forse qualche livido, ma certo niente di irreparabile, in fondo sono ragazzi, ed a dispetto di quanto sono diversi da lei, si specchiano gli uni negli altri.

Un lampo, dei soliti che fanno male, balena nell'anima e la attraversa come una scossa... tutti sì, tranne uno. Uno tranquillo, che non litiga mai nemmeno se obbligato, che ha sempre aggirato gli ostacoli per non venire alle mani, uno che non attacca ma si difende... per non far male, per non doversi pentire poi, perché lui è forte, lei lo sa bene. "Il temporeggiatore", così lo chiamava, e le scappa un sorriso perché ricorda la presa in giro e le risate che mostrava a lui, per non dirgli dell'ammirazione che invece covava segreta nel cuore per quel coraggio tranquillo ed indomito che sembrava crescere assieme a lui ed alle difficoltà.

Scosta la penna, con quel sorriso che proprio non vuole saperne di andarsene, nonostante cerchi di ricomporre l'espressione di sempre, quella lontana ed altera, quella che ha sempre sfoggiato come una maschera. Soffia fuori l'aria decisa e per oggi abbandona la sedia.

Forse è proprio un sorriso rubato che ha smosso il cuore del Conte, che da qualche tempo compare a casa sua, sul suo cammino... sospira ancora, riflette e pensa al povero Girodel che non è stato mai, nemmeno una volta nella sua mente; dopo quello che la sua balia le ha rivelato con l'emozione negli occhi la sera prima ha un altro motivo per avercela con chiunque, col mondo, suo padre e se stessa. Per un altro che dovrà soffrire, perché l'amore insensato ed irriverente gli si è annidato nel cuore, e per scacciarlo ci vorrà tempo, e tanto soffrire.

Lei lo sa bene, in fondo la sofferenza ha indicato la strada che porta fin lì, ed essere causa di simili moti del cuore la mette spalle al muro. Da sola non ce la fa, non può farcela a reggere un simile peso da sola.

Lo sa bene con chi vorrebbe parlare, ma le manca la scusa e l'orgoglio rialza la testa; dovesse cercarlo tutti i suoi sforzi sarebbero vani, no che non lo farà.

Ma il comandante ha tutto il diritto di irrompere nelle camerate, può entrare anche senza un invito... con noncuranza si aggiusta la giacca, con un colpo secco tende la schiena e raddrizza le spalle, smonta di quel sorriso anche l'ultima pallida ombra e la nasconde dietro il viso di sempre. Si fa bella per la sua truppa, tra poco comincia la libera uscita.

Meglio sbrigarsi.

 

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E' stato così che è iniziato tutto.

Sono uscito al mattino, era presto ma volevo un'alba tutta per me, senza clamori e i rumori della caserma che quando si sveglia pare una carovana di saltimbanchi che disfa le tende.

Sono uscito e mi sono seduto sulla gradinata, con gli occhi ad oriente; quello buono regge per ora, e ho visto il disco del sole alzarsi pian piano, il cielo cambiare colore più volte... dopo mesi mi è parso di essere in pace, almeno un momento, quando l'ho vista passare attraverso il grosso portone.

Sto mentendo... forse solo un pochino... io la aspettavo, il sole e anche lei, che viene al mattino ogni giorno più presto. Non è in pace nemmeno lei, e quando arriva sembra già stanca.

L'istinto mi avrebbe fatto scattare a fermarle le briglie, il suo cavallo mi riconosce, lo vedo che allunga il collo verso di me... di César in César, eccoci qui. Lo ricordo il primo, tanti anni fa, il cavallo più bello che avessi mai visto... e lei sembrava davvero una dea in sella al suo fido destriero, lo amava come un amico. Quando morì fu la prima volta che la vidi piangere davvero.

Povera piccola, te ne stavi in ginocchio a carezzargli il muso, con le labbra tremanti e le spalle scosse da mille singhiozzi... eri grande, una piccola adulta, pronta a tutto ma non a vedere finire una vita. Forse per la prima volta hai creduto che amare e soffrire fossero sentimenti inscindibili e compenetrati, forse per la prima volta l'amore ti fece paura, e a me che cercavo di farti capire che avresti potuto donare il tuo amore a un altro César rispondesti furente che tu non volevi nessuno, che nessuno mai avrebbe preso il suo posto.

Ci pensò tuo padre a schiarirti le idee, assestando un sonoro ceffone al tuo viso intristito e portando nella tua vita un altro cavallo; tu che sei dolce dentro quanto sembri dura di fuori lo amasti senza riserve, come sai fare...

Ed eccovi lì, con lui a scalpitare nervoso perché lo stalliere della caserma lo tira senza maniera e lui non gradisce... attento, è suscettibile il vecchio César e si impunterà... se me lo chiedessi potrei darti una mano, lo vedo che anche tu ti stai già innervosendo...ma tu non chiedi, e io questa volta rimango a guardare.

Eppure hai sorriso, ti ho vista. E' stato un riflesso, o cos'altro non voglio nemmeno saperlo, so soltanto che era un sorriso ed era per me.

Devo esserti sembrato ridicolo, seduto lì fuori dopo una notte di guardia, sembravi pronta alla presa in giro tanto che hai fatto due passi verso di  me; il tuffo al mio cuore è stato così rumoroso che forse hai sentito anche tu, ma a me non importava perché lì c'era tutto il mio mondo, ciò di cui ho bisogno per alzarmi al mattino, per vivere... il tuo sorriso, il tuo sguardo che non mi accusa e non ha paura di me, era quello di prima, prima di tutto.

Avrei voluto tirare le briglie di Pegaso, fermare il carro del sole. Ho bisogno di tempo e di spiegarti perché l'ho fatto, di tanto coraggio. Ma quella mattina mi sono sentito leggero e tu sembravi disposta a concedermi udienza, e così avrei voluto dirti "ferma, fermiamoci, vieni qui... ti va di parlare? Hai fame, sei stanca, ti senti sola? Non hai mai voglia di riposare, di essere stretta, di fare l'amore? Magari con me?

Stordirti di domande servirebbe? Butto le carte sul tavolo, forse con un po' di fortuna avresti preso quella migliore...

Vorrei dirti, avrei voluto spiegarti che ho fatto quello che ho fatto e me ne vergogno, ma c’è qualcosa in te che mi chiama da sempre e mi chiede di non darla vinta al tuo orgoglio... a volte penso davvero di averti voluto salvare la vita dal male che solo tu sai farti.

Ma non ho avuto il coraggio né il tempo, il graduato ha ordinato l'attenti alla sentinella e il quadro è sbiadito... ho visto il sorriso svanire rapidamente come se il mondo ti avesse colto in fallo, e tu hai affrettato il passo facendo i gradini quasi di corsa. Ma sfiorandomi hai lasciato uno buffetto al tuo vecchio amico e mi hai detto senza guardarmi "va' a dormire"... c'era qualcosa di magnificamente accorato ed inutile, in quelle parole... cos’è, ti metti a farmi la balia? E' stato meglio di un bacio, ho lasciato le briglie di Pegaso coccolando nel cuore l'idea che forse ti manco, e non mi importa se è giorno o notte. Ho deciso di essere un buon soldato, il migliore che tu abbia mai avuto...  e di obbedirti, se posso.

Poi... non so cosa è stato, forse il piantone ha parlato, forse qualcuno mi ha visto venire da te il primo giorno e ha sentito il mio modo di apostrofarti senza la deferenza che uso al cospetto degli altri; o forse mi sono tradito senza volere, a volte quando ti vedo passare in rivista ti guardo un secondo di troppo e anche tu lo fai con me anche se non te ne accorgi. Lo confesso, il mio sguardo affamato ti segue ogni volta che può.

No, non è quello che ha fatto scoprire le carte, solo la mia povera nonna affettuosa, ingenua come una bimba che è venuta un paio di volte a controllare dove vivono adesso i suoi bambini... lei non pensa che per il male ci sia posto in nessun posto, ha parlato con la sentinella all'ingresso e con l'ufficiale di guardia, raccontando orgogliosa il suo timore per me, e per Oscar. Così adesso quel filo sottile che unisce i nuovi arrivati che avevo nascosto con cura non è più invisibile: è un guaio per lei ma forse è la fine per me.

Me ne sono dovuto occupare subito.

Sono rientrato che ancora sognavo, e ho trovato ad attendermi tra i miei compagni i peggiori, un drappello di oscuri scherani che nemmeno Alain è riuscito a domare; non c’è stato bisogno di molte parole, non sanno molto, non sanno la verità, ma ciò che hanno visto è sentito è abbastanza e io sono colpevole.

Quante storie, ho pensato, e non mi sembrava vero di dovermi giustificare con loro... ma chi siete voi, che ne sapete di me e di lei, di noi, di un bambino senza una casa che in quel palazzo ha trovato un'amica e una strana famiglia? C'era calore, in quei corridoi e in quel silenzio, c'era la luce... come faccio a spiegarglielo, non posso scoprire le carte!

Se penso al passato è più facile… in fondo è così che è iniziata, una sera di tante che uscivo a cercarla nel mondo… con una rissa scoppiata per caso, per niente, tra sconosciuti. Ed era facile, la mente si allena ed arretra lasciandoti in bocca il sapore di peccati che non hai mai commesso, di ricordi che non avrai più, una volta uscito di lì… è un girone infernale, tu puoi scegliere quello che vuoi, e trovi dannati simili a te, in questo mondo che dura soltanto il tempo di una bottiglia. Ma è un mondo vero con regole certe, che io ho accettato da subito. Se sono buone o cattive, e meglio o peggio, adesso non so giudicare, e allora ho taciuto; ho pensato che non mi importava che mi potessero credere debole, o codardo, io so di non esserlo e non voglio guai per nessuno.

Ma non è bastato... non volevano scuse o la mia deferenza, né farmi paura; la loro è una sfida peggiore, e vincere o perdere non è ciò che conta.

Ciò che conta ogni volta, è salvarsi la vita.

E' stato così, ogni volta è stato come gettare sul piatto, coi dadi, la mia intera esistenza.

E per ciò che è accaduto... io non avrei mai sospettato, non avrei mai detto di me, o mai avrei potuto pensare... che mi sarebbe piaciuto.

Non sono un violento, non lo sono mai stato, ma sono forte e questo l'ho sempre saputo  per quanta fatica facevo a non farle del male... lei ha sempre cercato lo scontro e la lotta, quasi a provare a se stessa ed al mondo che lei era un uomo, lo sarebbe stata solo a volerlo; e all'inizio era facile, lei era veloce a sfuggirmi e per quanta energia ci mettessi eravamo pari, alla fine... ma poi siamo cresciuti, ed è stata sempre più dura la guerra, per fermarmi, e non darlo a vedere. Se davvero l'avessi colpita con tutta la forza che avevo, cosa avrei potuto farle...

Ero come sopito, addormentato...

Ma è successo qualcosa, forse un gesto o le oscure parole di scherno del compagno che avevo davanti, forse ciò che hanno detto di lei, io non so, non so...

La ragione, la mia... si è annebbiata, più dei miei occhi, ed è stato allora che istinti mai conosciuti hanno preso il controllo invadendomi come una piena.

E ho colpito per primo. Alla cieca, ancora e ancora, sempre più forte, senza fermarmi, tra le urla sguaiate degli altri soldati, che zittiti all'inizio dalla mia insana reazione hanno subito smesso le parti degli assalitori per incitarmi a finirlo... perché la furia cieca non conosce servi o padroni, e cambia fazione come cambia il vento d'estate...

Colpiscilo, ancora e ancora... perché sei il più forte e il migliore, per non darla vinta alla vita, per essere degno di lei...

L'ho guardato cadere bocconi, esanime e pieno di sangue...

E' stato orribile, come svegliarmi da un incubo, ma ancora peggiore perché era vero.

L'ho fatto io, quello? Sono stato io? Quei lividi, e l'espressione atterrita che ha adesso il mio avversario... ha paura, paura di me? Non ci credo ma mi vergogno, ed è così forte l'angoscia che provo che scapperei da me stesso perché non sopporto la vista di un uomo ridotto così da un suo simile... mi chino sopra di lui per porgergli aiuto, per dirgli che abbiamo scherzato, una stretta di mano e sarà tutto finito, dimenticato.

Ma non è così facile... lui respinge sdegnoso il mio gesto, si alza un po' barcollante e si allontana proferendo minacce all'indirizzo di tutti... non è finita, biascica, non finirà qui. La folla affamata e assetata di sangue ha avuto il suo pasto, per oggi, e per tacito accordo si scioglie, ognuno al suo posto prima che suoni la prima adunata... come se nulla fosse accaduto, come se non fosse stato che niente.

Alain si è avvicinato, sul viso la solita maschera tetra e beffarda...

"Sei uno deciso, mi pare..." e mi ha lasciato con un mezzo sorriso a dubitare di me.

Non so più chi sono... ho immerso la testa nell'acqua gelata per affogare quell'essere immondo che ho visto riflesso nel vetro... l'espressione, la piega amara che danno alla bocca ed al viso un aspetto bieco, torvo...

Chi è quell'uomo? Non sono io, non può essere...l'istinto violento, la furia brutale, quale demone si annida nella mia anima adesso? Io che ho sempre vissuto la vita convinto che ad ogni frattura ci fosse un rimedio, ora rischio di perdermi nel buio della ragione, confuso dal lampo accecante che brucia il mio petto e che mi addolora... perché mi è piaciuto combattere e vincere, vedere il terrore montare negli occhi dell'altro.

Sono un mostro... l'uomo nero dei nostri incubi di bambini... e forse lo sono da sempre? Il senso della privazione che mi ha fatto preda da quando io e lei non siamo che ombre decise a sfiorarsi solo per caso urla la sua bramosia  e chiede di essere tacitato... ho paura, voglio andar via da questa prigione, il buio dell'anima mi spaventa molto di più della notte.

E non voglio che lei se ne accorga, mi veda così... le farei orrore, per lei nonostante i miei sbagli e le sue mille inquietudini sono pur sempre l'amico più caro che ha.

Eppure, è già successo che lei mi guardasse smarrita, chiedendomi muta di risparmiarle l'assurda tortura che stavo infliggendo al suo corpo... aveva capito che dentro di me c'era una bestia che ora ogni giorno chiede nuove conquiste.

Perché dopo la prima ci sono state altre sfide, sempre peggiori... basta un'occhiata, urtarsi per caso nel corridoio, a volte non è nemmeno quello... ma solo l'odore, tra simili ci si riconosce e la violenza ha un puzzo inconfondibile.

E la lotta la cerco, sono io ad attaccar briga da un po'... da quando lui, quell'altro è ricomparso dal nulla, e la cerca, e la vuole.

All'inizio ho pensato che fossero semplici visite di cortesia, il giusto tributo del sottoposto di sempre al comandante tanto stimato, all'amica. Ma c'era qualcosa, qualcosa che trapelava dagli occhi, da quel cercare di lei, frenetico, dimentico del normale contegno usato da sempre... e ho capito.

Tra simili ci si riconosce… e una morsa fredda mi ha preso lo stomaco... lui è come me, cerca quello che forse io ho perso, e la sua fame di lei somiglia alla mia. L'ho capito dallo stupore che gli ha disegnato una smorfia sul viso quando mi ha visto confuso tra gli altri soldati, perché anche lui lo ha capito da tempo che abbiamo lo stesso vuoto nel cuore. Garbato, come sempre, misurato nell'essere nobile e nel credersi superiore o più fortunato di me... forse migliore, non so... non si cura di me se non come un impiccio di cui occuparsi una volta ghermita la preda; non sono un ostacolo, non può credere che nel cuore di Oscar ci sia posto per me; non per alterigia, ma per l'ordine naturale delle cose che crede dia forma all'intero universo, al giorno e alla notte...

Ma questo non è il vostro mondo, ma il mio, mie sono le regole. Se fosse un duello alla pari conte de Girodel, vorrei sfidarvi e vincervi tra le urla smodate degli altri compagni... e allora potrei reclamarla a suo padre ed al mondo.

Ma cadrei desolato davanti al suo sguardo atterrito.

Da allora, la ignoro, la sfuggo come la peste, non voglio che veda la belva ferita ma solo ricordi il compagno di giochi di sempre... non voglio perderla, ma non è così che voglio averla.

Dio mi aiuti...

 

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Che succede? Che sta succedendo?

La realtà che le sfugge di mano, piano scivola via tra le dita come sabbia di mare... e ha paura del mare dopo l'ultima volta, l'ha accolta ululando, l'ha scacciata ridendo, gridava "non è questo il tuo posto, non potrai scappare da loro, da lui..."

Non può scappare... ha orrore della sensazione che le stringe la gola, perché la conosce.

In trappola, un'altra volta.

Con le spalle al muro, un'altra volta.

E non potrà scappare come ha fatto una volta.

Cosa succede? E strazia il foglio senza guardare, il pennino che graffia e non le obbedisce, e non le obbediscono loro che vociano striduli in piazza d'armi, ora come sempre, in libera uscita.

Un colpo secco, un gesto nervoso, posa la penna e appena in tempo ricorda di gettare sul foglio la polvere per asciugare l'inchiostro; si domanda se ne esista una per asciugare le lacrime, vorrebbe piangere sì, piangere fino a non avere più fiato in gola, fino a sfinire la voce e gli occhi... ma non si può, non si può...

Lui la sfugge, e non capisce il perché. Non la guarda negli occhi, le riserva il contegno e il rispetto buono per gli altri ufficiali, un attenti svogliato e più niente. Perché? Ispeziona il passato in cerca di un torto che può avergli fatto, per rimediare, ma ricorda soltanto un mattino di un mese fa quando per cinque minuti è stata felice ed in pace col mondo. In piedi sul marmo della scalinata, nel gelo della mattina con il cuore al caldo e il conforto di parole e sguardi che avevano tutto il sapore di un'offerta di pace... l'ha afferrata prima che lui potesse ricredersi, anche se non è certo lui il nemico, non lo è mai stato... ma ha accettato con gratitudine e si è goduta quei pochi minuti di tregua, prima di aprire gli occhi sul giorno che stava nascendo.

Che succede? Che ti succede, che succede a voi tutti?

I nuovi arrivati sono quelli presi di mira...

Sono loro, i nuovi arrivati... ma non combattono uniti stavolta, e non è mai stato tanto difficile sbagliare... sbagliare da soli.

"Sono bestie, non datevi pena per loro" l'ufficiale sbadiglia senza decoro mentre racconta dell'ultima rissa  senza pietà, con lei che fa finta di niente e intanto si lacera dentro.

Non è più lo stesso, e lei che sperava in quel mondo fuori dal mondo che nulla sarebbe cambiato...

E' piombata nelle camerate come una furia, decisa a farsi obbedire o almeno ascoltare... che non vale la pena scannarsi così. Ma li ha visti, il branco chino sulla sua preda, la vittima di un sacrificio... ha avuto paura, quasi le ha chiuso la gola... se fosse lui lì a terra, ferito? ... Forse morto.

E invece l'ha visto un poco discosto dagli altri, i pugni ben stretti... è stato come conoscere un'altra persona. Lo sguardo cattivo, le labbra tirate, e una piega scura, un'ombra sul viso... non è possibile, lui, anche lui...

Vorrebbe cacciare via tutti perché non si debba parlare del loro passato al cospetto del mondo, e scuoterlo forte... costringerlo ad andar via, a fuggire, lei non ha bisogno di lui né di niente, ma per quel qualcosa di eterno che ancora li lega è pronta al ricatto, a blandirlo e a pregarlo in silenzio... se prova ancora una briciola di quell'amore che urlava, che se ne vada al più presto di lì.

E invece no. Ha chiesto qualcosa a qualcuno, la sua  voce fredda che è rimbalzata dalle pareti all'assito pieno di polvere e sangue fin su di lui... ma le hanno risposto, il ferito sta bene, solo qualche graffio e un mare di rabbia. Così le hanno detto, così non sarà.

E' accaduto ancora e ancora, li sente gridare come maiali, inveire e insultare... lei lo sa che lui è là in mezzo, e non sa che dire, stavolta come tante altre.

Ha paura di perderlo.

Ha paura di perdersi, c’è l'altro che la confonde, il capo chino e la voce sommessa, e la reclama... ora viene sempre più spesso, non è semplice omaggio né deferenza, ma le porte della sua gabbia che stanno per chiudersi ancora… e lei dentro. C’è molto di più dietro al riguardo e al contegno che lui le riserva, ci sono sguardi mai visti, e carezze che solo ad immaginarle fanno arrossire, per quanto le sembrano assurde e contro natura.

Reclama diritti che nessuno gli ha dato, che lei non intende concedere! Ma non è così semplice, le basta guardasi alle spalle e già non ci crede, non crede a una sola parola ... lei è bugiarda, vigliacca, si accusa senza pietà, una debole pronta a scappare che non sa cosa vuol dire disobbedire.

La accusa anche André con quel dolore che si porta addosso come una maschera cupa; l'ha vista una volta mentre con l'altro al suo fianco, messa all’angolo dai suoi convenevoli cercava di non far trapelare il fastidio, e si vergognava senza motivo di essere lì a farsi blandire da chi nella sua vita ha sempre tenuto sotto il suo giogo. E avrebbe voluto spiegargli che non è niente, non c’è nulla di cui preoccuparsi... ma lui se ne è andato, risucchiato dal nero delle camerate.

Lo vede star solo, sempre di più… in mezzo alla folla cammina in silenzio, il viso beffardo, che lo fa somigliare a uno sconosciuto, uno dei tanti che incontra ogni giorno…

Non lui, lui no… sta immolando la parte migliore di sé, possibile che non lo capisca… che non si accorga che sta cambiando?

Eppure anche lei sta cambiando… per quella vita che la infastidisce, che non riconosce vive ritratta e in attesa, con tanta paura di farsi male…

E' successo ancora, succederà ancora, ogni giorno lui come lei un gradino più in basso. E lei che non sa come fermarsi né come fermarlo, come se non ci fosse luce o speranza per loro ma solo due inferni diversi in cui perdersi.

 

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Ora davvero, penso che morire non sarebbe poi un gran male... se la mia vita finisse così come è cominciata, in sordina... non so.

Cosa vuole, cosa reclama in quel suo lento pellegrinaggio, in quel costante umiliarsi al cospetto di lei?

Ho paura che questa sia la fine che bussa alla porta... io sono pronto a dar tutto per lei, rivendico quello che ho sempre creduto mi appartenesse, ma forse non è in questa vita che posso pretenderla.

E non è certo per quello che lui può prometterle o per i sogni che pensa di farle sognare, ma per lei... lei è stanca, la vedo ogni giorno, il suo sguardo che sempre più greve si sposta di viso in viso senza vedere nessuno, ci sfiora appena e baratta quel poco di cauta obbedienza che a volte la truppa le accorda con una sorta di remissione che non conoscevo, non l'avevo mai vista così, e mi spaventa.

Cosa c’è, non vuoi combattere più? Eppure lo vedi, persino i rozzi soldati che servono il regno solo per fame cominciano ad assecondarti, e lasciano che il dubbio si insinui, in loro è nata l'idea che non sia poi così importante che tu sia una donna.

Forse per te troveranno il perdono che a me negano, per me non c’è remissione.

La mia prova è infinita, provo a stare in piedi , a resistere ai colpi e al sapore del sangue che scorre per ricordarti della vita che potrebbe finire in un soffio.

Ormai non ricordo nemmeno il motivo per cui questo stupido gioco è iniziato, ma non voglio smettere ora.

Non oggi, la posta è più alta che mai... la mia vita buttata sul tavolo non vale quanto due dadi spaiati.

Lei si sposa.

Una frase banale, contesa e strappata al normale riserbo del grande palazzo...

Lei si sposa... non è certo, forse sarà, forse è solo uno scherzo... e mia nonna e i suoi occhi pieni di lacrime divise a metà, la gioia per lei e il dolore per me; non sa molto ma forse quello che immagina le fa più paura di tutto. Sono solo poche parole le sue, ma squarciano il velo dei miei sospetti, per un attimo rimangono come sospesi e poi si schiantano contro il mio cuore... non c’è più niente e nessuno, un prima né un dopo... perché un legame così, se pur troppo stretto o carpito con dolo è sacro, non si spezza tanto facilmente e non sarò io ad infrangerlo.

Avevo chiesto tempo, un po' di tempo per far nascere il dubbio, per far luce su ciò che ristagna da sempre nei nostri due cuori.

Ma se tu scegli non ci sarà più tempo per niente.

Forse tu non lo sai che stringi tra le tue piccole mani la sorte di tutti, che noi siamo le vittime; sarai tu a scegliere nell'agone, signora e padrona dei nostri destini, un tuo cenno e sarà la vita o la morte... a te tra le labbra, solo il sapore dolciastro della libertà mai provata, perché ancora una volta come tanti anni fa avrai chinato il capo, e obbedito.

Ma che mi importa, è la tua vita, non certo la mia e nemmeno la nostra... a questo punto, il tuo sortilegio è finito e io sono libero di andarmene al diavolo, di far ciò che voglio, ciò che voglio è finirla... io non chiedo di meglio.

Sono rientrato nelle camerate correndo per nascondere agli altri il dolore che acceca anche l'occhio che ancora ci vede... sembra una beffa crudele, l'occhio sinistro non distingue da tempo la luce dall'ombra ma ancora conosce la sofferenza, e lacrime amare oscurano tutto. Vorrei urlare che no, non è giusto, non c’è stato il tempo per capire e capirsi... che vorrei morire, se solo la sorte fosse benigna almeno una volta.

Se il mio amore per te non ha futuro non è colpa mia… io non mi pento, non mi sono mai arreso… ma sono stanco…e anche se soffoco dentro tutto il male che ora mi annienta ed affogo i pensieri in un mare di rabbia... la rabbia, la mia, ora grida vendetta e si affaccia assetata in cerca di requie.

Ecco... la mia salvezza... lo sguardo annerito dall'odio di quei soldati laggiù, i peggiori, i più anziani... non credono in niente, si cibano come vampiri del martirio degli altri, più deboli o più sfortunati. Cercate una vittima, o compagnia? Sono qui, e sono in vena di sfide oggi... che volete, uno a volte si alza al mattino e qualcosa di storto nel mondo gli mostra una strada qualunque per raddrizzarsi... la mia siete voi.

Getto il guanto di sfida al più terribile... mi guarda stupito ridendo sguaiato, forse crede che io sia impazzito... ma sono più lucido di quello che pensi, è solo che sono nervoso, e la vita stamani non sembra più degna di continuare. io non mi pento, non mi sono mai arreso… ma sono stanco…

E allora? Non c’è dolore o tortura che possa venirmi da voi, che lei non mi abbia già inflitto una volta, cento, o forse di più... ne sfido uno, e anche un altro, cinque saranno abbastanza, tutti gli altri faranno da corte. Ma il mio pubblico fissa attonito e nemmeno urla o inveisce, né incita... assistono increduli alla mia distruzione, e vedo sui visi di tutti la paura, quella vera...e la cupa determinazione ora muove il mio corpo ad infrangersi contro i colpi, quasi a cercarli... colpitemi, fate il vostro dovere una volta per tutte.

Vi sembro pazzo? Un pazzo che lancia una sfida già persa in partenza?

No, non sono pazzo, non è questa la sfida che volevo vincere, la sfida era un'altra ma ho perso, il tempo e anche lei. Ho perso e cerco nel buio un posto tranquillo per riposarmi… non voglio pensieri né preoccupazioni, non voglio saperne più niente…

No, non è vero… non so fare a meno di lei, non posso farcela… ma posso battermi e forse batterli, in una vita diversa, cattiva, impietosa, dove io sono il più forte, il migliore…e questa lotta strenua, la più terribile, forse l’ultima… la dedico a lei.

I colpi arrivano da ogni dove, l'istinto mi porta a difendermi... come un animale che deve morire resisto per quello che posso, e mordo e graffio fino alla fine, ma sono troppi e la mia tracotanza ha scavato nella loro furia il peggio del peggio.

Un colpo, poi un altro... finalmente le gambe cedono, e sono a terra... sento la polvere sulle labbra, non tento nemmeno di alzarmi.

La folla rimane in silenzio, cala il sipario, si chiude.

Ed è solo buio, l'oblio finalmente...

Dio...

Che pace...

Se solo lei fosse qui... se solo tu fossi qui con me amore, e solo per una volta avessi il coraggio di chiedere... di chiederti... che uomo vuoi che io sia? Come deve essere l’uomo che siede al tuo fianco? Coraggioso, nobile, arrogante… deve farti sognare, o soffrire, colpirti con dardi infuocati o coprirti di petali e spuma di mare? A chi chiederai di farti morire e rinascere, di condurti tra le sue braccia dagli abissi profondi fin su, fino all’ultima stella… ?

Non sposarti, non farlo. Fallo per te, e anche per me... non sposarti.

Il dolore mi chiude la bocca, non vedo più nulla...

Se tu fossi qui, amore, se tu fossi qui...

 

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Le voci stavolta sono diverse da sempre... inizia il rumore, come un lamento, ma si fa strada e si srotola per diventare un boato più in fondo, là dove muore la luce.

Non alza la testa, non vuole pensarci, che si arrangino. Lei ha ben altro a cui pensare, adesso.

Lui, quell'altro, l'ha chiesta in moglie, l'ha fatto davvero.

Non è stato sgarbato, non l'ha scavalcata ma graziosamente ha messo sul piatto la sua timida offerta insieme all'amore che prova per lei: il decoro, la nobiltà e una vita tranquilla.

Rifiuterà, fosse soltanto per fare un dispetto a suo padre che trionfante ha già cominciato a rifarle la vita... e lei come Penelope di notte ne disfa la trama, e con voce secca e senza guardarlo gli ha detto che di sposarsi non vuole saperne.

Figuriamoci...

Anche se per un attimo, un attimo solo l'ha sfiorata il pensiero di come sarebbe vivere senza più vivere l'unica vita che ha mai conosciuto. La tranquillità di svegliarsi al mattino senza pensieri, paga di veder nascere il sole, protetta da quell'amore banale e esclusivo che il buon Girodel sembra prometterle. Come sarebbe annoiarsi, strimpellando vecchie nenie al suo pianoforte, bandendo per sempre i tarli che rodono il cuore che non troverebbero posto nel grande palazzo. Come sarebbe morire dentro, diventando una sposa fulgida fuori.

E come sarebbe vivere senza André? Girodel magnanimo le ha perfino offerto di accoglierlo, come se nulla cambiasse con loro sposati. Quello sopra ogni cosa l'ha convinta che non c’è niente che quell'uomo che le sorride con il cuore colmo le possa dare che non abbia già avuto prima. Forse lei è in vendita, ma André e quello che prova per lei no, e non sarebbe lo stesso. Non porterà in dote la loro amicizia che è sacra, non certo agli occhi del mondo ma ai suoi.

Non accadrà nulla, troverà il modo ed il tempo per dirlo anche a lui che da un po' di tempo sembra più cupo, in questa stupida storia è lui a soffrire di più.

Guarda sul foglio la sua firma in calce al rapporto di oggi... come è cambiata la grafia, il tratto è piccolo e fitto come se anche lì lei cercasse di nascondere agli altri chi è, cosa pensa.

Alza lo sguardo, c'è un bel cielo azzurro, è davvero una bella giornata... ma il vociare si è fatto più forte, davvero non può fare a meno di controllare.

Ormai ha capito come domare la vecchia finestra, spinge e poi tira e spalanca lo sguardo sul mondo... un raggio di sole colpisce i suoi occhi e per un attimo le toglie il respiro... l'aria è così ferma eppure frenetica, umida e greve, ma come è possibile... c’è qualcosa di brutto ed orrendo, lo sente, e senza chiedere cerca di mettere a fuoco le grida, di dare una forma alla notizia che sempre più in fretta corre e si spande come un'onda impazzita, di bocca in bocca. Il piantone freme impaziente ed attende un attimo di distrazione degli ufficiali per svignarsela e andare ad assistere allo spettacolo.

E' incredibile, non la solita rissa amichevole, c’è molto di più. Il nuovo arrivato deve essere matto, e ne ha sfidati cinque, forse dieci e tutti in un colpo, una cosa mai vista.

Forza, correte, bisogna vederlo per crederlo, non resisterà a lungo, forse è ferito, forse è già morto.

E' un miracolo... un miracolo se non ha urlato affacciata da quella finestra... e il cielo azzurro è diventato nero e cupo, a tratti striato di rosso. Sarà che le manca il respiro e le gambe rigide per la paura non sembra la vogliano accompagnare.

Gli ultimi arrivati sono loro, lei e André...

Possibile, possibile che sia impazzito a tal punto, che lo stia facendo davvero?

Bisogna muoversi subito... con gesti febbrili lascia il suo ufficio e con il passo rigido e faticoso comincia a seguire il caracollo curioso degli altri soldati; bussa alla porta del suo secondo, gli grida di armarsi e seguirla, il passo che accelera, il respiro affannoso mentre il boato sale e diventa difficile da sopportare, carica la pistola e pensa a cosa farà...

Cosa fa un buon comandante in queste occasioni? Cosa fa, urla, minaccia, per non sembrare indeciso, non lasciare che la paura leghi le mani e spenga la voce? Cosa fa un buon comandante, ammesso che lei sia davvero in grado di esserlo, se lo domanda e ora corre perché non trova più aria per respirare... Cosa farà?

"Cosa faccio, mio Dio cosa faccio?"

Cos'hai fatto, André?

Vorrei chiudere gli occhi e pensare che sto solo sognando, ma non è un incubo... sei tu davvero quel cencio buttato in un angolo sporco, calpestato come una cosa di cui non si cura nessuno... e gli altri, tutti ad accanirsi sopra di te come belve assetate di sangue...

Alzo l'arma, due colpi sparati nel vuoto per fermare le grida e le mani di tutti... un buon comandante agisce sicuro e io ho agito, sparo in alto, non troppo, i miei proiettili fischiano appena sopra le teste, lasciatelo subito o giuro che i prossimi andranno a segno... è abbastanza per ora, per farli smettere e ottengo la prima vittoria, il silenzio.

"VIA DA LI', SUBITO!" cerco di non gridare troppo, un buon comandante non si fa prendere dalle emozioni, deve essere freddo e misurare rigore e clemenza; non guardo nessuno negli occhi, non voglio nemmeno sapere se per un istante avete goduto facendogli male. Potrei uccidervi con le mie mani, perché lui non si muove e respira a fatica, ma un buon comandante mantiene la calma e soprattutto non piange mai... ho le lacrime appena alle soglie degli occhi, le sento bagnarmi le ciglia... ma non posso e non devo, gli farei solo male.

Con calma studiata ricarico la mia pistola e stringo lo sguardo, lo faccio cattivo e imperioso... "Colonnello - lo chiamo senza guardarlo, lo sento fremere alle mie spalle ma tengo ben saldo il comando - portateli fuori - sibilo piano - stendete il rapporto, penserò poi cosa fare di questi selvaggi". Li lascerò sospesi ad attendere, sarà questa per ora la loro tortura... lo sanno che io posso tutto, ma abbiamo tempo... ora ho ben altro di cui occuparmi.

Mio Dio, questo è davvero l'inferno... non c’è grazia per questi dannati né misericordia per chi soffre... mi chino alla fine, gli scosto i capelli dal viso per capire se ciò che vedo è peggiore di ciò che temevo. Ma non devo mostrarmi vigliacca, non devo star male... i miei capelli gli piovono addosso, li fermo con una mano e con l'altra lo sollevo per quello che posso e poso il suo capo sulle mie ginocchia, lontano dal marcio e dalla polvere... se è disdicevole non mi importa, mi serve un medico.

"Alain, chiama il dottore" la mia voce è senza espressione, ho paura di fargli male persino sfiorandolo con il mio sguardo, André si lamenta mentre galleggia nell'incoscienza, svenuto.

Alain non si muove, però... sembra disposto a dividere con me qualcuna delle mie colpe, in fondo gli è amico, avrebbe dovuto e potuto fare qualcosa. Vorrebbe parlare e non sa cominciare, e se ne sta lì, le mani affondate a frugarsi in tasca, senza il sorriso beffardo di sempre... il suo senso di colpa è appena un po' meno ingombrante del mio.

"Avrei dovuto fermarlo - biascica controvoglia, lo sguardo cupo - ma lui... è stato lui a cominciare stavolta, a cercare lo scontro, sembrava volere che lo attaccassero, sembrava contento... ho pensato che stesse cercando la strada più breve verso... verso l'inferno, o forse solo lasciare l'inferno in cui vive".

Alain mi guarda negli occhi, adesso... se sei brava non abbassare lo sguardo, mi dico, ma ho paura di quello che vorrà dirmi.

"Pensavamo che fosse un spia, ma non lo è... perché André è qui, comandante, di certo voi lo sapete... perché vi ha seguita fin qui?"

Rimango in silenzio, col cuore negli occhi... lascio che i miei capelli mi inondino il viso per nascondere la vergogna e con le mani libere gli circondo le spalle attirandolo in una sorta di abbraccio maldestro, quasi materno... André proteggimi e ti difenderò, da tutti se necessario, ma la verità affonda il colpo ed ha il volto di Alain. Perché tu ti risvegli dal tuo torpore, forse il dolore è troppo forte, anche per te... metti a fuoco ma non sono sicura che tu mi veda, hai lo sguardo svagato ed assente... Alain è indeciso "volete che lo portiamo fuori di qui, in infermeria?", lo zittisco con un gesto, tu stai cercando di dire qualcosa. Non a me, né a lui... a nessuno, al mondo ostile, alla sorte, non so...

"Non sposarti - dici, alla fine, il viso bagnato di lacrime - non farlo..." non so nemmeno se ti sei accorto che sono qui, di certo c’è solo il dolore tagliente al cospetto del quale giochiamo a farci del male da un po'.

Dunque era questo? Il mio pianto che sta per rompere gli argini ricorda che non siamo soli, c’è Alain che attende un mio cenno, confuso ed imbarazzato, come se avesse rubato un segreto di stato. Gli faccio segno che sì, ora può andare, le sue domande hanno avuto in risposta le tue parole ed il mio silenzio.

Si volta ma prima di andarsene mormora piano marchiandomi il cuore “Ora è chiaro… quest’uomo vi ama moltissimo… darebbe la vita per voi… “

Sospiro e mi mordo le labbra, tu stai male e io non devo fare rumore.

Oh André, per questo l'hai fatto? Perché non potevi guardarmi negli occhi, hai avuto paura che potessi scordarmi di te? Forse hai visto le ombre stagliarsi sul nostro cammino, tu sei fiero e orgoglioso e alla fine hai voluto agire per primo, voltare le spalle al destino prima di esserne preda.

Hai ragione, egoista come so essere quando si tratta di noi avrei finito per trascinarti e travolgerti, annientandoti per non separarmi da te senza nemmeno chiederti scusa.

Scusa... te lo dico ora che siamo da soli... ho mandato via tutti, lo vedi? Possiamo parlare...

Ricominciamo, ti va? Dall'inizio, uno dei tanti che abbiamo avuto... riannoderò i fili mentre le Parche non guardano per rinsaldare la vecchia alleanza. E prometto che starò ad ascoltarti, ore e poi giorni, mi spiegherai come è stato per più di vent'anni il tuo amore per me... mi dirai quante volte hai penato per non potermi stringere, o tenermi la mano, quante volte i tuoi baci in silenzio hanno solo sfiorato il mio viso o il mio corpo... mi dirai come è stato possibile non morire per questo.

Siamo qui, io in ginocchio e tu svenuto sul pavimento di assi sporche e consunte, ma siamo insieme come una volta, ha visto? Noi due contro i mostri cattivi, l'uomo nero che ruba i bambini, noi due contro il mondo... è sempre stato così, non può essere altro... e io così stupida che ho pensato di poter vivere diversamente. No che non posso, e nemmeno tu... non accadrà più lo prometto, che io decida la mia e la tua vita senza chiedere prima se ti sei mai sentito solo pur standomi accanto.

E' arrivato il dottore, ho sentito la voce nel corridoio... lui sistemerà tutto, le ferite sul corpo ed i lividi passeranno... ma il dolore che opprime il tuo cuore è affar mio, e non posso lasciarti così un minuto di più.

Vedrai, andrà tutto bene... ora ho capito dove è il coraggio che andavo cercando, non ho che da prenderlo e fare ciò che si deve.

Tu sei assopito, e non vedi né senti altro che il male che ti abbiamo fatto... capisco, solo ora purtroppo, che la violenza peggiore che ti ha vinto è la mia... mia è la colpa di questo sfacelo, mio il rimedio.

Ti lascio, ma solo un momento, ho una cosa importante da fare; esco di qui, quando mi rivedrai stringerò la tua mano come se non ci fossimo mai conosciuti... e mi dirai tutto di te e di me, tutto di noi...

 

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Lui ricorda... ricorda l'ultimo colpo allo stomaco, così forte che gli ha tolto il respiro e la vita dal cuore... poi qualcosa di grosso che si è infranto sulla sua nuca, e il buio ha cercato di invadergli piano la mente come un mare di pece... ma non è stato possibile, la mente e i pensieri sono già così intrisi di sofferenza che non c’è posto per nulla.

Ed è rimasto come sospeso in quel limbo dove le ferite del corpo non sono che segni, fregi di cui andare fieri o da nascondere, ma non possono avere la meglio sul male, se questo è davvero signore e padrone di quell'esistenza che ha provato senza successo a dimenticare.

Si è svegliato confuso, richiamato al dovere di vivere dalle cure affettuose del medico, che davvero non sa che pensare... "ma che ci fai tu qui, che fate?" gli ha chiesto, così tanto per dire, perché la risposta la sa, l'ha letta negli occhi e nello sguardo attonito di madamigella mentre si salutavano, ma lei aveva fretta. Il vecchio Lasonne pensa che vorrebbe metterli al muro, per quanto poco rispetto hanno per lui, che senso ha aver dedicato loro le cure migliori se con la vita si scherza così? Ma è una causa persa, lo sa e non fiata se non per rassicurarlo..."guarirai presto figliolo... poteva andar peggio..."

Alain che è rimasto con lui tira il fiato... ancora non riesce a scacciare il rimorso, ma ripensandoci c'era qualcosa di scellerato nei gesti e nelle parole che André ha usato per sobillare la lotta che l'hanno indotto a non intervenire... è rimasto a guardarlo cercare testardo la fine in mezzo alla polvere, senza trovarla. Per questo la chiama sconfitta, e riflette cupo... cosa si dice ad un uomo, quando non sai se davvero ti chiamerà ancora "amico"?

Forse la verità, che brucia più delle ferite ma non sarà vana... ha lui quello che André stava cercando, è un segreto piccolo piccolo e può regalarglielo mentre gli porge il rancio che lui rifiuta.

"E' stata qui tutto il tempo, lo sai? - Alain non lo guarda negli occhi, no, lo dice come fosse normale - è rimasta a tenerti stretto come se fossi suo figlio, ad ascoltarti mentre parlavi... te lo ricordi?" Lo scruta ma non può andare oltre, perché André sbarra lo sguardo... se lo ricorda?

Ora socchiude gli occhi in cerca di tracce, e vede qualcosa, forse ricorda il profumo dei suoi capelli, le mani sottili sul viso... quell'aurea di grazia che sempre la segue, lei era lì, ora è sicuro.

Ma è davvero così? Cerca conferma e Alain annuendo fa finta di niente, non deve sembrare importante... ma è vero, lei non si è mai mossa, non ha voluto lasciarlo a nessuno.

André cerca di muoversi e all'improvviso il peso nel cuore è più lieve, e finalmente c’è spazio per il dolore... gli invade il corpo chiedendo il permesso alla mente, per ricordargli che è vivo... è vivo, ma non è da solo, ora possiede un segreto piccolo piccolo da conservare tra i tesori più cari.

Forse è meglio dormire, deve essere in forza per quando lei tornerà, perché tornerà, ne è sicuro... saprà cosa dirle ma non parlerà, forse vorrà solo ascoltare la sua verità.

 

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Hai visto? Ho sistemato tutto in un lampo... ho messo alla porta quell'uomo e le sue pretese, ho zittito mio padre, che non si provi mai più a dirigere la mia povera vita... accidenti, è la mia, posso farne quello che voglio alla fine!

E' passata... sembra solo un ricordo, un secolo fa, e alla fine troviamo un inizio con noi ancora qui a misurarci... ma non con la spada. Con garbo ricominciamo, gli sguardi e qualche parola, gli scherzi e le occhiate di intesa... è come una volta, anzi è ancora più bello!

Sapresti dirmi ora chi ha più bisogno dell'altro?

Forse io, come sempre.. ma dal modo in cui mi guardi mi sento felice , ora so che anche io ho qualche potere, anch'io posso fare qualcosa per te.

E allora perché continui a sfuggirmi? Cosa ti prende, hai paura di me perché ho avuto paura per te? E' vero, ho sentito il mio cuore spezzarsi, ma sto ancora più male se tu fai così perché non riesco a convincerti a stare con me che per qualche minuto, non parli che a monosillabi... cosa c’è, povero caro?

Hai visto qualcosa che ti confonde? Qualcosa di nuovo in fondo ai miei occhi, è così?

Hai paura che scappi di nuovo?

E' vero, e confonde anche me... ma non scapperò davanti a nessuno, è una promessa... cercherò di capire cos'è che un mattino mi fece pensare che soli era meglio che in due, e alla fine ci ha trascinati fin qui.

Per ora respira con me, te ne prego... anche se pesa il silenzio che ora sembra dividerci, continua a credere che quelle parole che non ti ho ancora detto non le dirò mai a nessuno, perché sono tue...

Devo solo capire, trovare il tempo ed il modo... tu aspetta, accompagnami, non lasciarmi da sola... rimani, rimani con me.

 

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Lui la sfugge... non riesce nemmeno a guardarla negli occhi, perché teme di trovare ciò che ha sempre cercato... e non sa se crederci o no.

Eppure lei lo cerca sempre più spesso, lo vuole con sé in ogni momento... ma lui non sa se ne è ancora degno, forse per la prima volta nella sua vita non sa se può essere l'uomo per lei.

Gliel'ha detto guardandolo di sottecchi, una sera qualche giorno fa, prima di lasciarlo appeso al sospiro più dolce degli ultimi mesi... "non mi sposerò tanto presto, non mi sposerò mai...". Non gli doveva nulla, ma da quel giorno il cielo è più azzurro per l'occhio svogliato di André, l'aria frizzante... e fa tanta paura.

Ha soppesato, riflettuto su quelle parole, per non sognare, per non illudersi...

Forse ha avuto pena per l'amico di sempre vinto dalla disperazione...

No, non può essere... è stato lui invece a provare una pena infinita, e infinito il desiderio di stringerla quando di fronte al padre, al signor generale ferito è crollata a terra smarrita, in lacrime come una bimba persa nel bosco... E' stato difficile, una prova suprema non cogliere dal suo sguardo quel fiordaliso piegato dal vento... ma una mano gentile tesa verso di lei è stato come dirle, di nuovo, "ti amo".

E lei l'ha sentito.

Così ora le sfugge... il confronto finale lo attende al varco, non si può più rimandare... lui non sopporta quel limbo che sembra far terra bruciata attorno a loro, adesso che la caserma intera fa da spettatrice.

Tutti che guardano e aspettano che qualcosa li unisca per sempre o spezzi quel sogno e finisca l'attesa, il dubbio peggiore.

Non c’è più traccia di odio per lui... nessuno sa niente, Alain non ha aperto bocca ma sembra che tutti abbiano inteso... ora i compagni lo guardano senza ombre, per quell'ultima lotta che l'ha visto a terra sconfitto e umiliato ora gli tendono mani amichevoli e gli lasciano sguardi di intesa... per quanto di umano è rimasto dentro di loro hanno compreso che in lui non c’è niente di cui accusarlo, niente da vendicare...

E' solo amore il suo, tragico e disperato, e per quanto difficile da capire non c’è niente, davvero niente di male in questo. Sono pronti ad accoglierlo e a rispettarlo, quello strano ragazzo perbene, pensando con un po' di tristezza a una vita sprecata ad attendere quello che pensano non sarà mai... che non sarà mai che una nobile, se pure diversa e bizzarra come la donna che li comanda divida la vita con lui...

E' strana la logica che li guida a pensare così, non sanno spiegarla ma non c’è davvero altro da fare.

 

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Ti voglio con me ogni volta che posso, non riesco a starti lontana... è come se tutto l'orrore provato quel giorno con te steso a terra mi stesse inseguendo per chiedermi il conto, e io non saprei cosa dire.

Ti ho trovato pronto ad accogliermi a casa, vicino a mio padre ferito al posto di un altro... ho desiderato come mai in vita mia che fossimo soli, per chiederti e darti ciò che aspetti da sempre... ma nella mia mente non ho trovato abbastanza coraggio, se n'è andato via con le lacrime, e sono rimasta in ginocchio ai tuoi piedi a farmi sorreggere e consolare, come sempre e senza vergogna, non c’è posto per lei nella mia vita se ci sei tu.

Avrei voluto per te parole diverse, da me, da mio padre... ma lui è troppo orgoglioso e io troppo sciocca e intenta a guardarti... chissà se hai capito.

Rubo il tempo al dovere e alla vita di sempre e ti voglio con me, è il mio privilegio di superiore, l'unico cui non rinuncio, non lo farò mai a meno che tu non me lo chieda.

E prego che tu non lo faccia... e spero che non lo farai.

Ti porto con me anche stasera a Parigi, sarai il mio punto d'onore... non sei il migliore dei miei soldati, ma il più affidabile e certo il più caro... non dirmi di no...

E' breve il viaggio in carrozza ma posso scrutarti, non vista... mi godo i pochi momenti di quiete al buio, e il calore che avverto sfiorando per caso e per gli scossoni il tuo corpo col mio... è buffo, vorrei scusarmi e anche tu... eppure mai nel passato avrei creduto che toccarti fosse una colpa.

Tu sì... e so anche il perché... ti ho gridato io una sera con l'odio negli occhi che il mio corpo non era per te.

E' strano questo strano imbarazzo che ci tiene divisi dentro questo guscio scuro... invece dovremmo essere uniti adesso, e solidali, perché senza sapere ciò che ci attende, domani e poi nella prossima vita, so che non voglio passarla lontana da te.

Una voce furente risuona nell'anima, diglielo, maledizione!

E invece no, arriccio il silenzio tra le mie dita e ti spio, mentre il tuo sguardo sembra rapito da qualcosa all'esterno; penso con stupido orgoglio che il tuo viso, così nobile e bello, è lo stesso di sempre... né i colpi né le mie parole cattive hanno fatto cambiare la cosa migliore di te, il tuo sguardo... e ancora, quando mi sfiora lieve come una piuma mi sento subito meglio, mi sento al sicuro.

Non voglio lasciarti mai, davvero...

Ora devo pensare a qualcosa di inutile ed altisonante da offrire al generale in cambio del mio soldato che ha avuto salva la vita... a gettargli fumo negli occhi basteranno un paio di frasi ben fatte,  salamelecchi per un ragazzino, a me la certezza di essere stata un buon comandante, stavolta.

Quest'attesa mi snerva, se solo potessimo andare più in fretta... e invece ci stiamo fermando, ma cosa succede? Ti guardo stupita, e anche tu.

Poi un colpo fortissimo sopra di noi, e sembra che il cielo e la terra si aprano a volerci inghiottire... oh, fosse così, se Dio lo volesse, perché l'inferno con tutti i suoi demoni ci ha accolti stasera a Parigi. E' qualcosa, qualcosa nell'aria che ho già respirato, e anche tu... la violenza feroce e furiosa, e l'odio senza speranza, l'accusa senza repliche.

Sei nata sbagliata e devi morire.

Chiudo gli occhi, forse è la fine, ma ti afferro perché non voglio che ti strappino a me. E non devono, non lo permetto, dovessi uccidere, mentire, immolare tutto, tutto di me.

Vedo occhi, bocche sformate e mani adunche, uomini o donne non importa poi molto, e tutti urlano contro di noi che ai loro occhi  siamo dannati... mi aggrappo con tutta la forza che ho alle tue mani, ma non stringo abbastanza e ti perdo, ti lascio soltanto la voce a farti coraggio...

E' la mia? Sono io che sto urlando così? Si sente una voce di donna, le stanno strappando il tesoro più grande che ha... le risponde la voce di un uomo che nella paura di perderla dimentica la paura per la sua vita...è ben povera cosa e le urla dei folli non sembrano dare alcun scampo, a lui come a lei...

Siamo perduti...

Io... mio Dio, perché nessuno mi ascolta, perché una donna non può essere degna nemmeno dell'odio di questi bastardi? Io sono viva, e lui chissà dove...

Pensa veloce a qualcosa da fare, sei il suo comandante e il tesoro più grande che tiene nel cuore, il suo cuore non deve fermarsi... ma non so cosa fare, e questo pianto senza lacrime che mi spezza il respiro è soltanto l'ennesimo segno di debolezza.

Un buon comandante saprebbe nel buio di questo tormento trovare la strada per la salvezza, ma la mia, la nostra ha il volto bellissimo e intenso di Fersen... un attimo, la folla si è aperta davanti al suo sguardo fiero e ai moschetti dei suoi cavalieri.

E' stato facile, per lui, trascinarmi al sicuro in un angolo buio, sciorinare con voce suadente parole morbide che mi confortano... va tutto bene, è tutto passato...

Ma no, cosa dite? Non confondetemi Fersen, non lo vedete che io sto morendo? Lui dov'è, dove l'hanno portato? Lui deve salvarsi, o io morirò. Non mi credete? Cos’è quello sguardo pieno di dubbi ed incredulo, cos’è quella smorfia? Lui è mio, non lo sapevate? Lui è mio, e lo grido fino a mordervi il cuore, conducetelo qui, lui è mio e lo deve sapere! Perché non gliel'ho detto, perché non l'ho fatto...

Star male così per la vita di un uomo, mentre si rischia la propria... pensare di morire se lui non dovesse più vivere…

Capisco il senso supremo delle mie parole solo udendole dalla vostra voce, Fersen… scandite piano la frase, è come un’eco innaturale, è un dono prezioso, bellissimo…

Io lo amo...

Se gli accade qualcosa... io... ma non è possibile, io lo saprei, perché il suo cuore batte allo stesso ritmo del mio...

Il mio uomo è in pericolo per colpa mia, paga i miei troppi silenzi, il mio attendere tempi migliori che non sarebbero mai arrivati... e non posso far niente, posso solo piegare la mia volontà, sgretolare la mia dignità... oh Fersen, commiserate la mia follia, perché la donna che vedo riflessa nei vostri occhi è pazza, e trema per la paura che l'attraversa.

Trema per lui... tremo per il mio André.

Siete buono voi, Fersen... il vostro cuore ha capito ancor prima di voi, e la vostra voce mi rassicura, la vostra calma è il mio balsamo. Vi attenderò qui, ma senza svenire. Deve essere mio il primo sguardo per lui.

Trovatelo Fersen, restituitemelo perché lui mi appartiene, lui è mio e devo dirglielo, che io sono sua, se ancora mi vuole.

 

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La violenza...

io l'ho cercata, è la soluzione, pensavo, la chiave di tutto... e come una nemesi lei mi ha trovato. Se io sia vittima o carnefice non lo so dire, ma per questa vita che sta per finire non ho nulla da dire né da rinnegare.

Ho cercato di essere un uomo, e non so se ci sono riuscito... ho cercato di essere onesto con tutti, ma non so se lo sono mai stato con te...

Non gridare così amore, si accorgeranno che sei una donna, e non voglio che accada... va bene così, che sia mio il loro odio e per me la loro vendetta. Tu scappa, mettiti in salvo, per me ormai è finita. Se muoio sapendo che tu sei ancora viva non sarà stato inutile, no...

Sssh, non così, non farti scoprire, perché urli? Perché urli il mio nome così, come se qualcuno ti stesse strappando via il cuore dal petto?

Amore... no, non adesso, non posso correre e stringerti forte come vorrei... lo vedi? Mi costringono, mi trascinano via lontano da te... il buio è animato soltanto da scintille impazzite di odio, si accaniscono contro di noi come fosse davvero una colpa , la nostra, di essere vivi qui ed ora.

Ma la tua voce... era diversa dal solito, diversa da sempre... ti sento, sei qui con me, e hai paura per me... la mia vita dinanzi alla tua, hai paura per me come io da sempre temo per te, ogni volta che solo l'idea di poterti smarrire mi sfiora con l'aria...

Io lo so perché faccio così, è solo amore il mio,quello che provo da sempre per te, che a volte mi invade la mente e mi annebbia i pensieri, mi chiude lo stomaco... il mio amore per te che vale una vita, la mia.

Ma tu? C'è qualcosa di nuovo che vibra nella tua voce, davvero... sei diversa anche tu da un po' di tempo... da quel giorno nell'armeria. Mi guardi appena negli occhi, e io che ho pensato che avessi paura di me!

E se fosse? Se fosse... davvero, amore, davvero mi ami anche tu?

Sì che mi ami...

Dio, perché proprio ora? Che cosa vuol dire questo supplizio? Che non è la violenza a mostrare la strada, a segnare il passo per vivere, a dettare il ritmo del cuore... ma l'amore?

Ma questi non sono che pensieri vuoti, privi di senso, buoni a niente se io muoio adesso!

Non posso morire, non ora! Moriresti anche tu e io non posso permetterlo!

E allora aspettami, io torno da te... dovessi implorare o uccidere, rimani nascosta e io sarò lì... nonostante la folla che spinge e che urla, nonostante quel cappio che avido attende una preda, non è la mia ora, non ancora... non oggi e non qui.

Non è possibile... ho così tante cose da dirle, da fare... Dio non può chiedermi questo, e non lo farà.. se quegli spari lontani sono per me, se quell'uomo che arriva a cavallo gridando il mio nome è un suo segno lo accolgo, chiunque egli sia.

Anche se è lui a ridarmi la vita lo accetto... mi siano rimessi i peccati, perché colui che stava per togliermi il mondo e ciò che bramo di più riaccende la luce nel buio.

E' questa la mia punizione? E' davvero clemente, benvenuto all'eterno nemico, amico di sempre, riportami dalla mia donna, dimmi che è salva, strappami via a questa folla e lasciami tra le sue braccia...

Il dolore del corpo reclama tributi impensabili, ma lasciami lucido ancora per qualche minuto, perché possa calmare il suo pianto e tranquillizzarla. Un abbraccio, uno solo e poi accetterò in regalo il torpore, pietoso sollievo.

Lo vedi che sono tornato? Ti hanno trattata peggio di me, ti hanno lasciata a morire di dubbi, e ora piangi come non ti ho vista mai.

Cerchiamo febbrili il contatto, rischiamo persino di farci del male...

Come stai? Come stiamo? Siamo vivi, per ora è davvero abbastanza, è un miracolo!

Ma tu... ora ti volti verso di lui, garbato e fulgido come se nulla fosse accaduto; rivolgi a lui sguardi e lacrime e gli stringi le mani sussurrando che hai avuto davvero paura.

No, non farlo ti prego... povero illuso, ancora una volta tradito dal cuore...tu hai avuto paura per lui, hai temuto che la sorte potesse tarpare le ali dell'angelo...

Il volto trasfigurato, adesso... e mormori poche parole che non odo, non voglio ascoltarti! Per quel niente che stringo ancora una volta, per le grida feroci della folla che ancora riecheggiano nella mia testa, per il martirio subito dall'anima, prima ancora che dal mio corpo... mi manca l'aria e mi sembra di soffocare perché non trovo la forza che mi ha fatto credere a una nuova vita, diversa, tra le tue braccia.

Il ronzio nella testa si fa insopportabile, mostruoso... mentre lui parla amabile e misurato come se fosse normale, come durante il corteggio dell'innamorata quel poco che vedo si fa confuso e annebbiato, il tuo viso animato dalla gioia accorata, i suoi modi gentili con te.

Non mi importa di niente, è colpa mia... ho ceduto al canto delle sirene e alle loro profferte, e ora devo pagare... mi sento svenire e credo che non mi opporrò, non voglio vedere e sentire più niente da voi.

Ma ti prometto che al mio risveglio ritornerà l'amico di sempre, sarò sempre io... io che ho sbagliato a pensare di poter prendere nel tuo cuore quel posto che ancora riservi a quest'uomo perfetto... pagherò, la mia punizione sarà guardarti negli occhi ogni giorno, fermo e deciso, e sapere che tu non sei mia.

 

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Il caos non mi lascia un istante... l'angoscia in cui mi dibatto è intrappolata nella mia mente, non mi permette un secondo di requie... devo decidere in fretta, ho troppa paura che tutto possa finire in un lampo e ritorni l'orrore di quella notte.

Del ritorno a palazzo Jarjayes non ricordo che pochi frammenti... ho sbocconcellato insulsi particolari dal chiacchiericcio delle cameriere che da allora si affannano attorno al mio letto. Non ricordo nemmeno cos'ho detto o fatto quando ci siamo rivisti, io e te amore mio... perché avrei voluto soltanto abbracciarti, far sparire tutto il male posando le labbra su ognuna delle tue ferite, sui lividi, ravviarti i capelli e stringerti sul mio cuore fino a farti dormire come un bambino. Ma il pudore ha avuto la meglio, ed è stato solo un brevissimo cenno d'intesa, uno sguardo a sfiorarci l'un l'altra, e poi sei svenuto ed è stato l'oblio.

A Fersen non dirò mai grazie abbastanza, gli devo la vita, la tua... gli devo le mie prime lacrime vere, le prime parole d'amore gridate per te, gli devo tutto ma non sarà stato niente se non mi decido a parlarti, se non trovo la strada per il tuo cuore, se non corro fino a scoppiare e ti raggiungo, ti abbraccio come avrei voluto.

Fersen che mi ha ricondotta fin qui sul mio letto, premuroso come un fratello, tra le sue braccia... chissà se hai potuto vederlo, se hai provato sgomento e sentito un nodo alla gola per questo... oh, io non lo ricordo, lo giuro... e quel piacere sottile che avrei provato una volta per le sue mani a lambire il mio corpo si è trasformato in fastidio anche solo all'idea... lasciate, lasciatemi tutti... André mi riporterà a casa, è lui che da sempre guida i miei passi...

Uscite fuori tutti, non voglio vedere nessuno!

Non dormo, da quella sera... ho paura di chiudere gli occhi e di rivederli, quei visi sformati dall'odio, le dita puntate... e le accuse, che mi perseguitano e non mi lasciano tregua. Perché lui mi ama e deve soffrire più di quanto non abbia già fatto per colpa mia?

Non ce la faccio…

Non voglio dormire da sola, mai più... i pensieri sconsiderati mi sfiorano come carezze, desidero per la prima volta nella mia vita che siano le tue mani a darmi requie, a darmi la pace ed il sonno ed il risveglio. Fersen ha lasciato il mio cuore, ora prendi il tuo posto, mio amore, signore della mia vita, padrone del mio destino.

Ora ho imparato che non si può prendere, prendere senza dar mai nulla in cambio... avresti i miei baci solo per te, il mio desiderio struggente di essere tua, e uno sguardo che non avrai mai visto prima.

E' incredibile... mi guardo attorno nel buio della mia stanza, devo mettere ordine... tu sei sempre e ovunque, nei libri che ho letto, tra le note sugli spartiti, in ogni ricordo che ho, nelle pieghe segrete dell’anima… e non ti ci ho mandato io, o la folla impazzita o il sorriso amaro di Fersen, tu sei sempre stato lì ad aspettare di prendermi tra le tue braccia se fossi caduta... tu lo sapevi che scappando avrei fatto a pezzi la mia vita, ancora e ancora… e che ogni volta ricomponendo il mosaico avrei avanzato una tessera… forse tu le hai serbate per me, e attendevi soltanto di farmene dono…

Come è stato che un giorno ho pensato di poter stare in piedi da sola? Che sola era meglio, che senza di te sarei stata la stessa?

Io non lo so, davvero, ma non ho il tempo nemmeno di disperarmi. Ora devo capire come dirtelo senza morire per la vergogna, o come tacere senza morire per te.

 

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Lei non dorme...

Cammina nervosa nella sua camera come una bestia feroce... e non gli parla, non parlano, non si sono scambiati che poche parole e uno sguardo ferito ritrovandosi quasi per caso davanti a una tazza fumante di cioccolato.

Lei era avviluppata nei suoi pensieri ed ha risposto distratta e cortese alle sue frasi di circostanza... Fersen sta bene, nemmeno un graffio.

Se lei lasciasse uscire i pensieri, se avessero forma e una voce, gli direbbe che non le importa di Fersen né di nessun altro, che da quel giorno non pensa ad altro che a lui... ma quello non pare il momento né il luogo, il dove ed il come perfetti che lei va cercando, c’è troppa gente e troppo rumore.

Lei ha bisogno di poterlo guardare negli occhi per dirgli che l'ama.

Lui sente addosso il peso dell'ultima beffa, l'ennesima... e se non può incolpare nessuno può maledire se stesso, è stato lui ad illudersi che la sua agonia sarebbe finita così.

E non si parlano...

Il desiderio, così forte che puoi sentirlo sul viso, umido di pensieri rappresi ormai vecchi di anni, è sempre più intenso e severo con loro... invece di spingerli al limite li costringe, li intrappola nelle sue spire. La paura di morire che li ha battezzati entrambi e resi uguali davanti all'idea velenosa di perdersi ancora ristagna nell'anima, ma non li fa muovere né parlare... e non è il dolore fisico, o le ferite... ma il timore di dire la cosa sbagliata, di non essere degni, di non saper compiere gesti d'istinto, di non saper dare o ricevere.

E poi c’è la paura di vivere, di essere un po' più felici; stringe le dita sottili attorno alla gola e quasi li soffoca...

Lei vorrebbe ma non lo sa dire... e non sa, nel buio della sua camera, se ora è contenta che quella notte non sia stata lunga abbastanza da darle con la follia anche l'estasi dell'amore scoperto per caso e nascosto da sempre nel cuore. Forse ha perso, in quell'attimo, la testa e anche la pace... perché ciò che in quel vicolo buio sembrava facile e dolce, ora sembra una strada lunga e tortuosa, così difficile da chiedersi se sarà in grado... di dirgli che l'ama, che adesso lo sa cosa prova chi sente di non poter più aspettare che la vita inizi ogni giorno.

Che non può vivere un secondo lontano da lui... e spera che lui lo capisca, e tenda la mano... l'afferrerà questa volta, e la stringerà forte... se non è tutto perduto, se lui ha ancora coraggio anche per lei, e l'ha aspettata lasciando crescere il desiderio insensato di averla per sé.

Solo per questo accetta l'angoscia ogni notte, e di schiudere gli occhi al mattino più stanca di ieri...

La guerra continua, e sente che stanno perdendo.

 

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Scusami ma non ce la faccio.

Perdonami, ma non lo sopporto, non posso farlo.

Ho chiesto al dottore di essere libero da questa tortura, di poter finalmente tornare nella mia gabbia, il posto che mi compete; ma lui mi ha risposto con voce pacata che tu non permetti che io riprenda servizio, che credi che sia troppo presto e io troppo debole per sopportare la vita in caserma.

Ma io voglio andar via, non sopporto il tuo sguardo ed il modo arrendevole in cui mi cerchi e mi parli, da allora.

Non devi scusarti con me che non ho alcun diritto su te, non devi giocare, non farlo, io sono stanco davvero e senza speranza... fammi andar via, ormai non temo più nulla... là starò meglio, lasciami andare.

Te l'ho chiesto tra una parola inutile e uno sguardo estorto a fatica... parlando di Fersen speravo di catturare la tua attenzione, e avrei anche potuto far finta che quel sorriso sbocciato sulle tue labbra malconce fosse per me... ma tu eri lontana, in un altro universo, e ti si è rabbuiato lo sguardo. Scuotendo la testa mi hai chiesto accorata di attendere, di non lasciarti da sola a scontare la pena... mi hai teso le mani quasi piangendo e ancora una volta ho ceduto.

E' insensato soffrire così, ma lo accetto...

Ma cos'hai piccolina, sei così fragile... l'orrore è un cattivo compagno di giochi, ti si insinua nel cuore e strisciando riaffiora ogni tanto, senza preavviso.

Forse è per questo che senza guardarmi mi lasci le mani e rompi in un pianto inatteso e violento, che pare schiantare la forza residua che ancora conservi. E' così forte l'angoscia che a stento governi i singhiozzi, le spalle scosse senza pietà.

Ho paura per te, che tu vada in frantumi come un cristallo... tu così forte, non hai mai pianto davanti a nessuno, mangiandoti il cuore e relegando al silenzio della tua camera vuota le lacrime da contare, una per una...

Non te l'ho mai detto che io ti ascoltavo? Non lo sapevi, bambina, che io sono sempre con te?

Sì che lo sai, anche ora, mentre il pianto si spegne e tu come svuotata apri gli occhi e mi cerchi. Sì, sono qui e ti devo un segreto, perché sei stata debole davanti al mio sguardo; ma non preoccuparti, le tue lacrime sono al sicuro con me, come sempre... ora riprendi il controllo e quasi ti scusi, ma sono io che lo perdo all'istante perché è come in un rito che io e te non si riesca ad essere paghi di una briciola di normalità.

Mi butti uno sguardo affamato d'amore negli occhi, così limpido che quasi mi abbagli anche se fuori è ormai buio, a stento i doppieri riescono a disegnare i contorni del parco...

Non puoi proprio smettere di pensare a quell’uomo distante una vita da te?

Io lo so cosa provi, le labbra che fremono scosse da moti insensati, il cuore che balza nel petto e chiede di essere libero... un cuore non può stare in gabbia, chiede soltanto ciò che gli spetta, che agogna da sempre. Ma tu sei come me, stringi i denti, la fronte aggrottata, i pugni chiusi...

Non parlerai... e lo odio, adesso... lo odio e lo vorrei qui a gettarsi ai tuoi piedi perché non permetto che tu possa star male così...

Sì, lo odio ogni giorno di più.

Ora volti lo sguardo verso un punto qualsiasi, nella notte umida e scura, sei assente, solo un'ombra lontana... davanti a te che sai dominarti così, che imbrigli con tanta maestria i desideri ed ai tuoi sogni sbarri le porte mi sento un debole, un uomo da nulla.

Io ormai cedo ogni notte agli istinti peggiori, da anni, ospito demoni e spettri perché confortino le mie pene, perché sono gli unici ad avere il coraggio di guardare in fondo al mio animo... tu non lo fai da quella notte lontana in cui ti mostrai i miei artigli da belva furiosa... da quella notte conto i miei giorni, scontando la pena di viverti accanto e di starti lontano...

Fammi andar via, stasera, adesso... mandami via questa volta, dimmi di andarmene...

 

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Sei andato via, mi hai lasciata da sola... non l'avevi mai fatto, di voltarmi le spalle così... e non mi hai mai fatta sentire così, sola, come se mi rifiutassi il tuo sguardo, o un sorriso...

Ti ho chiesto, implorando con gli occhi "rimani, ti prego, io non..." ma non mi hai nemmeno lasciata finire, come infastidito, ti sei girato con calma studiata, legnosamente perché le ferite del corpo sanguinano e fanno male... e quelle del cuore? Sono guarite, alla fine, e forse non provi più niente per me... l'amore si è spento, l'ardore è appassito, l'affetto di un tempo è solo un ricordo.

A questo no, non voglio pensare... forse sei stanco, e cerchi soltanto la pace del sonno, la tua coscienza non ha macchie e ti lascia dormire.

Ma per me non c’è niente di buono, non c’è requie né pace, solo incubi e grida... e il tuo viso che mi perseguita, il tempo che scorre, l'amore che cresce nel cuore, e non lo so dire.

Come si può vivere così, come posso vivere e non morire, se tu davvero non senti più niente allora il niente sarà la mia vita, oggi e domani e poi sempre. Sarà la condanna che sconterò, per non aver avuto abbastanza coraggio, per non averti pregato, per non aver ammesso che ho paura del vuoto, di stare da sola, l'orrore ritorna ogni volta che il buio riempie i miei occhi e tu non sei qui... ho paura che qualcosa o qualcuno ti possa strappare da me come quella notte, di vederti sparire inghiottito all'incubo peggiore che io abbia mai visto, la nera realtà.

Ti ho mandato via io, la mia indifferenza e i miei silenzi, non posso davvero chiederti nulla, non ne ho alcun diritto... e soffro, fa male davvero. Ma almeno ora so di essere viva, mai come adesso.

Basta, non si respira senza di te, voglio uscire di qui...

Arraffo il frustino quasi correndo, sbattendo la porta... chi è quella pazza riflessa nel vetro della finestra che dà sul giardino, sono io? No, è lei, l'altra, quella donna debole e senza pudore, la vedo chinata a piangersi addosso seduta sul bordo di una fontana... è colpa sua, lo è sempre stata, ora so che per quella sera di insana follia André non mi ha perdonata. Lui era con me, mi ha vista, ne sono sicura, è come se ancora vedesse le mani di Fersen sfiorarmi le spalle, la mia pelle nuda. E non può perdonare... mi dicesti che ero bellissima, e intanto mi odiavi per quello che stavo per fare.

E' per quello che parli di Fersen? Mi racconti di lui con calcolo freddo, con fare distratto, studiando i miei gesti, contandomi anche i respiri... lo fai per farmi morire un pezzetto alla volta, ti stai vendicando di me che una sera chiesi alla luna di essere desiderabile e bella per lui.

Ma io voglio essere bella ancora una volta, soltanto per te... se tu mi avessi potuto vedere, a Saint Antoine... ho visto il mio volto riflesso negli occhi di Hans... una pazza, un'isterica, il terrore negli occhi e sulle labbra dipinta una smorfia di rabbia, di incredulità... ma ero bellissima, te lo giuro, perché era l'amore che a poco a poco stava prendendo il suo posto nel cuore... eri tu che prendevi il tuo posto nella mia anima e nei miei pensieri, e non sei più andato via.

E' notte fonda, scendo le scale in punta di piedi, non voglio svegliare nessuno... solo davanti alla tua porta chiusa indugio, vorrei che qualcosa guidasse i tuoi sogni, volesse il destino svegliare i miei incubi, come quando ero piccola, per avere una scusa qualsiasi per chiederti aiuto.

Non posso farlo, non ora...

Striscio piano come una ladra verso le scuderie, e in questa mattina senza alba respiro la nebbia estiva, è umida e scura, si beffa della lanterna che ho acceso per non perdermi in casa mia e mi obbliga ad immaginare ogni passo, ogni ostacolo... chiudo gli occhi, ed immagino che invece ci sia tu ad aspettarmi, con il tuo sorriso e quell'aria di sfida un po' buffa... "vediamo chi arriva prima", per poi farmi vincere, sempre, e lasciarmi credere che ero brava, più brava di tutti.

E' una lunga storia la nostra, ma non è mai iniziata.

Si può sentire nostalgia di una cosa finita prima che le fosse concesso di esistere? Si può impazzire per troppo amore?

Ho paura, perché io sono già pazza, e quando raggiungo la stalla mi par di vederti chino a contare le tacche sul legno... "sono più alto", dicevi, indicando orgoglioso il taglio sotto al tuo nome... sì, eri più alto, e più forte, e più saggio... sei sempre stato migliore di me, l'uomo migliore che Dio mi ha concesso di amare, l'uomo che amo e che amerò fin che avrò vita.

Alzo il lume, e il fantasma proietta un'ombra tremula sul muro... allora sei tu?

Ma... cosa fai qui? E' ancora buio... non stai bene?

Mi guardi come se fossi uno spettro, o la cosa che odi di più... ma per tutto il dolore che ti ho provocato, è ben poca cosa da sopportare, non è niente, mi dico, è colpa mia. Il tuo sguardo mi inchioda alla porta, e mi manca il coraggio. Rimango ferma ad attendere, che tu mi dica se arrendermi o continuare, se posso sperare in qualcosa o solo morire per te.

 

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C'è qualcosa di strano nell'aria stanotte, e non dormo, non posso dormire... mi manca qualcosa, mi manca il dolore, conforto degli ultimi giorni passati con te... non sento nulla, ho paura persino di non essere vivo, di non essere un uomo, e mi fanno orrore i pensieri mostruosi che crepitando nella mia mente mi tengono vigile e sveglio, all'erta come durante le notti di guardia.

Sto bene qui, tra gli animali... non sono forse anch'io, un animale? L'uomo, la bestia peggiore di tutte, la stessa che ti ha lasciata da sola qualche ora fa. Ma è stato meglio, credimi, meglio per tutti, se fossi rimasto a guardarti un minuto di più, io... tu non lo sai chi sono davvero, non so nemmeno io chi è l'uomo che incrocia il mio sguardo se guardo attraverso uno specchio. Ho paura di farti paura.

E sono scappato. E anche adesso vorrei scappare, davvero.

"André? Le ferite ti fanno male, qualcosa non va?"

Vorrei sapere perché il destino malefico si accanisce così, perché sei venuta qui adesso, in piena notte? Vorrei pensare che una forza invisibile ti possa aver fatto arrivare sin qui, e due mani gentili spingerti fra le mie braccia...sembra un sogno, e invece è il solito incubo. Hai gli occhi arrossati, hai pianto, e scommetto che hai pianto per lui... Dio, non lo sopporto, nemmeno lo sguardo dolce e gentile che mi getti addosso come una vittima, ora, e che so non è nato per me... soffri per lui, ma io sono qui, vero?

Attenta, vai via, vattene... tu non sai cosa potrei farti ora, cosa vorrei...

"Non ho sonno, tutto qui" ecco, una frase qualunque, per saldare i miei debiti e fare rumore, io ho bisogno di tempo che tu non vuoi darmi, aspetta un momento, lascia che indossi una maschera, una qualunque, tu ti fidi di me ma non sai quanto sbagli... "meglio mettere al sicuro questa, non credi?" ma per il brivido che mi percuote mentre sfilandoti la lampada dalle mani ti sfioro le dita, sento la furia bruciare... e cerco di dominarmi, assicuro il lume ad un gancio lontano dal fieno... ho sempre avuto paura del fuoco quando sto qui, basta niente, una scintilla... i cavalli scalpitano, sono all'erta, lo sanno sempre quando qualcosa non va, respirano l'odio degli uomini assieme all'aria e ne hanno paura. Noto il frustino che stringi per farti coraggio, e dovrai averne tanto, più di me... mi volto, cerco rifugio nel buio, per nasconderti quello che provo e la voglia di prendermi ora quello che voglio da sempre. Sarebbe semplice, sprangare la porta e non ascoltare il tuo pianto o le grida... ma soltanto i miei desideri per te.

Saresti mia, vittima e prigioniera, giudice della coscienza, carnefice della mia anima.

No... parto all'attacco, per quel poco che resta di me, ho deciso che i demoni non vinceranno, ed a loro e anche a te venderò cara la pelle.

 

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Ancora quello sguardo torvo, e cattivo... l'ho visto un momento solo, prima che tu mi togliessi anche quello.

E mi hai fatto paura, lo sai? E' solo che non mi aspettavo che tu fossi qui, mi sembra uno scherzo o un miracolo...

E adesso?

"E tu perché non dormi? Non puoi cavalcare lo sai, te l'ha detto il dottore" la tua voce mi arriva gelida, mi parli senza guardarmi, senza volermi in realtà, e forse per questo decido che d'ora in poi ci sarà posto soltanto per la verità... a partire da subito "Io... ho paura... - prendo fiato, e coraggio - ho paura del buio e di stare da sola, li vedo ogni volta che provo a chiudere gli occhi, ho paura che tornino a farci del male..." parlo e tengo occupata la mente, mentre mi chiedo come sarebbe se adesso ti confessassi tutto, se ti dicessi "ti amo".

Ma a te non importa, lo vedo... è solo che sembri impaurito, e noto le mani che tremano mentre tenti senza riuscirci di assicurare la vecchia lanterna lontano dai guai...

E penso, indago, mi faccio violenza, mi frugo nel cuore...

Cosa fa in questi casi una donna? Come agisce una donna quando è innamorata? Prega, implora, supplica, si getta in ginocchio?

Io non lo so, davvero... ma è inutile, è inutile crederlo... e penso che almeno una volta potrei provare ad esserti amica, potrei fare qualcosa per te.

Un passo, un altro... mi avvicino abbastanza, allungo una mano e ti sfioro la spalla... mi sembri a due vite lontano da qui, non vuoi proprio ascoltarmi ma solo farti ascoltare.

"Hai avuto paura... è colpa mia, non sono riuscito a impedirgli di farti del male... se non fosse stato per Fersen..."

Ancora... perché mi parli di Fersen, non voglio sentirlo il suo nome, io ho avuto paura per te...

Ma tu... che stupida, stupida che non sono altro... tu non c'eri, e nessuno te l'ha raccontato... le grida, la follia di una donna malata d'amore per te, aggrappata al pensiero di poterti vedere ancora una volta per dirti "ti amo"... non lo sai quanto ho urlato e pregato, che avrei immolato Fersen per riaverti con me, e che se le forze mi fossero state amiche sarei venuta io a riprenderti, amore; non hai visto nulla, solo il mio vuoto contegno e le poche parole spese per dirgli grazie. E capisco che ora forse in me vedi soltanto la donna rapita d'amore per lui, persa nei sogni, e sorda ai richiami del cuore... è incredibile che tu mi ami ancora, ora so che mi ami e non hai mai smesso, forse non mi hai mai amato così come in questa mattina di spettri; ed esulto, sciocco che sei, sto per dirti che per una volta non hai capito nulla di me, e mi ascolterai, sei mio prigioniero.

"Hai ragione, per quanto gli devo non ringrazierò Hans mai abbastanza" mi avvicino, perché tu non vuoi proprio saperne di guardarmi negli occhi, ma non importa... ho il cuore che batte furioso e la voglia di mettermi a urlare per quanto ho bisogno di te, in silenzio ti passo le braccia attorno alla vita, piano per non farti del male, e appoggio il viso alla tua schiena... lo sento che anche il tuo cuore batte furioso, lascio il frustino e ti sfioro le mani che tremano, sei come un bambino indifeso... "gli devo la vita dell'uomo che amo, la tua...".

Ora lo sai cosa voglio.

Rimango come sospesa nel vuoto e lascio alle mani il compito di continuare a parlarti... le lascio giocare con le tue dita, e aspetto... perché tu non reagisci, sento il tuo corpo tendersi ma dalle tue labbra nemmeno un cenno... libero piano un sospiro e mi stringo a te, nemmeno l'aria deve dividerci, devi sentirtelo addosso il mio amore... ma voltati, per favore, dimmi qualcosa, riempi i pensieri con la tua voce gentile, accetterò tutto ma non il silenzio.

"André... dimmi qualcosa... se mi ami ancora, e non è troppo tardi..."

 

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Come faccio a voltarmi, e a guardarti negli occhi? Mi sento un idiota e uno stupido, sopraffatto dalla vergogna... e poi dico di amarti... se ti amassi davvero, avrei dovuto capire, avrei potuto sentire nel cuore che era me che volevi... sarebbe bastato allungarti la mano e l'avresti afferrata, come hai fatto ora che premi il tuo corpo al mio così dolcemente che posso sentire il tuo cuore, contarne i battiti. E lo dici tremando, che mi ami, se ti amo... Mio povero amore...

Se ti amassi... se mi ami... sì che mi ami. L'amore è sfuggito al controllo, e ti fa splendere come una fiaccola... per me.

Ora lascia che guardi il tuo viso impaurito, lascia che veda quanto sei bella, come sei sempre stata...vieni qui, fatti abbracciare, ma senza stringere per non farti male, e lascia che baci quella tua bocca piena di tagli, povera piccola, che posi le labbra sui lividi e sulle ferite... ma ora calmati e raccontami tutto, dal primo istante... mi dirai com'è stato scoprire l'amore nel cuore, sentirlo crescere e poi traboccare... parlerai e parlerò, abbiamo tempo, ma delle tue prime emozioni voglio anch'io la mia parte... io così stupido da credere di essere forte, respinto e avvilito e orgoglioso di esserlo... così preso a cercare trionfi da non vederti soffrire per me. Da brava, appoggi il viso qui sulla mia spalla, con gli occhi socchiusi... da qui vedo il mio nome ed il tuo incisi nel legno, e mi sembra davvero che l'amore sia scritto da sempre, nei secoli, nella tua storia e la mia.

La tua voce sommessa e impietosa non lascia scampo all'immaginazione, perché senza tregua per te stessa enumeri fredda e precisa quelle che credi le colpe più grosse commesse dal tuo cuore acerbo contro di me... ma che sono il tuo amore io lo sapevo, lo speravo... ora basta, ti bacio di nuovo per farti tacere, il mio cuore non chiede tributi, e certo non sei tu a doverti scusare ... tu che chiedi se siamo in tempo, se ti amo ancora? Se fossi lo stesso di ieri godrei qualche istante del tuo cupo sgomento lasciandoti inerme a risorgere un poco per volta... ma quello era l'altro, quell'uomo nero e cattivo... io sono l'amico e fratello di sempre, il compagno di giochi, la tua ombra fedele... smetti di piangere e stringimi forte, e credi che non lascerò che ti prendano ancora, mai più...

Se ti amo...

Un bacio, e poi un altro, e vorrei... e vorresti anche tu, lo dicono le tue poche parole confuse, e le tue mani che si posano caute sulle bende che stringono forte il mio petto... sono uguali alle tue... le stesse che il medico ha assicurato prima di dirmi che non devi sforzarti e che devo tenerti lontana dai guai, e di dirlo anche a te. Non poteva saperlo che il tuo guaio più grosso sono io, adesso. Siamo vecchi e impacciati, e curiosi e inesperti, e avidi e forse ridicoli, ma mentre scongiuro qualcosa o qualcuno che mi fermi e ci fermi mi chiedo perché Dio mi abbia donato, peggiore tra tutti gli orpelli, il giudizio del saggio, il fare assennato, perché tocchi a me dirti "Ora basta", io voglio essere pazzo, insensato e furioso ed amarti fino a farti scordare di tutto, presente e passato. E invece mi tocca guardarti negli occhi con fare severo... ti farei male, ti faresti male, e non posso permetterlo.

La vita fa schifo... fa schifo davvero.

Ma mi viene da ridere, e anche a te... è tanto che non ridiamo di noi, così, e penso che in fondo per come mi guardi, per quanto sei bella così abbandonata tra le mie braccia... non chiederò altro alla sorte stanotte, non mi importa di niente se posso sfiorarti le labbra ogni volta che voglio e tu non protesti, mi passi le mani sul viso e tra i capelli e con voce ubbidiente mi dici persino "Hai ragione".

E' incredibile. Che siamo vivi, è incredibile... siamo andati e tornati dall'Ade così tante volte da sapere la strada a memoria, ma che importa... e se non è felicità, questa, non so davvero come chiamarla, ebbrezza o follia, o voglia di vivere, o di te.

Aspetta... hai le mani che tremano ancora, ora calmati... per tutte le cose che abbiamo da dirci e da fare non basteranno una notte ed un giorno, meglio rientrare, il giudizio potrebbe appannarsi, l'obbedienza potrebbe sfiorire... sei davvero la cosa più bella che io abbia mai visto... sei sempre stata nascosta al sicuro, nella parte migliore di me.

Io sono già dentro il tuo cuore.

La vita non fa così schifo... è bellissima, se soltanto la guardo attraverso i tuoi occhi. Nell'amore profondo e segreto che ancora dobbiamo scoprire, vedrai sarà il caso a guidarci... è soltanto questione di tempo, e di lui non mi importa... io ho te.

Vieni fuori, ti porto in giardino a contare le stelle rimaste. Ti tengo stretta, non avere paura del buio. L'uomo nero non può farti alcun male, ora è qui accanto a te, ti sorride... ti mormora frasi dolci e insensate, ti accarezza i capelli.

Sono tornato, amore dolcissimo... sono tornato e non me andrò mai più via... sono io, il tuo André.

 

 

Postfazione

Sono d’accordo con Alessandra quando sostiene che uno scritto non dovrebbe essere spiegato (in Controluce, mi pare…) ma io devo qualche spiegazione a me stessa… e se volete approfittare di questo soliloquio, benvenute tutte…

Questo racconto nasce da una scintilla creativa di Laura Luzi che leggendo “E se domani” ha isolato la frase che ho riportato nel sottotitolo, intravedendo “sviluppi”.

Le riflessioni che ne sono scaturite mi hanno un po’ spaventato all’inizio, perché viravano tutte decisamente verso il chiaroscuro, il bianco e nero, senza speranza… forse perché ogni frase è nata alle prime luci dell’alba, e l’autunno è parco di colori, confonde la notte con il giorno così bene che a volte non sai se sei sveglia davvero…

Volevo raccontare il disagio, la difficoltà di due esseri costretti per ragioni diverse a vivere una vita non chiesta, e per André frutto di una scelta obbligata: seguire lei ad ogni costo per non scontare il male di viverle lontano. La porta della baracca mi ha sempre evocato l’ingresso dell’inferno dantesco, ma “qui si va tra la perduta gente” mi sembrava un’epigrafe troppo aulica per una caserma, e ho optato per quel “la vita fa schifo”…

Poi come sempre le strade si sono aperte a ventaglio, e al crocevia ho incontrato “l’uomo nero”… ho deciso di ospitarlo, chi meglio di lui poteva aiutarmi a descrivere i gesti e le passioni di due “ombre”? L’uomo nero, non il cattivo che turba i sonni infantili ma la proiezione della parte celata di noi, di Oscar e di André... quel lato oscuro che vive nascosto e costretto dai freni della ragione, dalle convenzioni, dalle consuetudini… ma basta un nonnulla, un sussulto a farlo uscire allo scoperto… per André basta una frase… “lei si sposa”… per Oscar l’orrore di veder morire lui… ed ho lasciato spazio ad un André furioso e disperato, e ad una Oscar debole e stanca, tanto stanca.

L’uomo nero non è necessariamente peggiore o migliore, “solo diverso” (by Catrioscar)… è una parte di loro e di tutti, esegeta discreto e sincero dei pensieri “anomali” che a volte ti sfiorano, lievi e insistenti… puoi accantonarli ma non scappare per sempre da loro… ti troveranno, e ti troverà l’uomo nero.

Vada come vada… grazie a Laura, come sempre!

 

 

pubblicazione sul sito Little Corner del gennaio 2006

 

mail to: luly_thelilacat@yahoo.it

 

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