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IV parte
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10.
Erano le prime ore di un bellissimo pomeriggio estivo, un pomeriggio di riposo. L'armonia della campagna circostante e i canti degli uccelli facevano da contrappunto al silenzio in cui era immersa la casa dopo il desinare. Sembrava, in quelle giornate calde e quiete, che il tempo si prendesse una pausa e interrompesse per un paio d'ore il flusso delle attività quotidiane, come a recintare per tutti una zona franca nella quale era consentito vivere al di fuori dei quotidiani doveri.
Il generale Jarjayes era tornato a palazzo nella mattinata e si era ritirato subito nei suoi appartamenti per certi affari che aveva da sbrigare, cosicché non aveva ancora potuto vedere nessuno della famiglia. Oscar e André erano usciti per una cavalcata molto presto ed erano tornati dopo che lui si era alzato da tavola, dunque non si erano visti neanche per il pranzo.
La giornata era serena e il pomeriggio accaldato invitava a godersi la bellezza del giardino . All'ombra del grande olmo dietro l'edificio alcune ragazze della servitù si erano accomodate a chiacchierare tra loro durante l'ora libera. Il generale uscì dal suo studio e si diresse verso la propria camera: voleva prendere un libro che aveva lasciato sul comodino e poi andare nel patio a passare un po' di tempo a leggere. Percorse i corridoi immersi nel silenzio, facendo istintivamente meno rumore anche lui nel camminare, per non disturbare quella pace.
Passando davanti alla camera di Oscar gli sembrò di udire un bisbiglio, delle voci, e allora pensò che avrebbe potuto fermarsi a salutare sua figlia, scambiare due parole con lei. Bussò sommessamente alla porta dell'anticamera per chiedere permesso. Poi, visto che non riceveva risposta, mise la mano sulla maniglia ed entrò.
L'appartamento era immerso nella penombra, con tutte le imposte socchiuse. I raggi del sole entravano caldi dalle fessure delle ante accostate e disegnavano un reticolo di morbida luce nel pulviscolo silenzioso. Il generale stava per aprir bocca, ma qualcosa, in quell'atmosfera, lo fece istintivamente tacere. Mosse qualche passo in direzione della stanza da letto, poi capì in un attimo e si ritrasse. Non poteva voltarsi e andare via senza essere sentito, in quel punto: si nascose dietro lo stipite per timore di essere scoperto, il cuore che aveva preso a battere furiosamente per lo stupore e il disagio. Oscar non era sola.
Oscar era a letto con un uomo: i loro corpi si distinguevano chiaramente nella penombra, le loro voci gli arrivavano spezzate all'orecchio. Per quanto gli facesse orrore il solo pensiero di assistere a un tale spettacolo e desiderasse ardentemente sparire, dovette rimanere immobile per qualche istante e non poté evitare di essere catturato suo malgrado dal fascino della scena. Oscar era a letto con un uomo e i loro corpi appena coperti dal lenzuolo erano intrecciati e percorsi da fremiti di piacere; la luce filtrata dalle imposte carezzava a tratti la loro pelle, risplendendo in brevi bagliori inattesi. Le loro bocche si cercavano, le mani si stringevano sul cuscino, l'uomo dai lunghi capelli scuri le era sopra e si muoveva ritmicamente in lei, racchiudendola nel suo abbraccio, dandole baci senza fine. Oscar rispondeva a quei baci e sussultava alle sue carezze con una voce sconosciuta e arresa, una voce che disse: “Ti amo” in un gemito sconvolgente e perduto.
Oscar si dava a un uomo, si faceva possedere da un uomo, e quell'uomo era André.
Il generale si ritrasse muovendo due passi all'indietro, trattenendo disperatamente il respiro. Senza fare il minimo rumore uscì dalla stanza, lasciando la porta chiusa dietro di sé.
André giunse alla fine della sua corsa cadenzata e intensa e, nella luce quieta del meriggio, tra le braccia di Oscar, si abbandonò con un grido a un'ultima spinta profonda, dentro di lei.
11.
Era stranamente serio, suo padre, mentre la guardava di fronte a sé, nel suo studio, dopo averla fatta chiamare dalla governante. Ovvero, non era strano che fosse serio: era serio in un modo strano. Triste, si sarebbe detto. Oscar piegò un poco di lato il capo, istintivamente, incuriosita da quel contegno: “Volevate me, padre?”, disse.
“Sì, Oscar, vieni avanti.”
Sedette sulla poltrona davanti alla scrivania, chiedendosi che cosa ci fosse di nuovo. Suo padre era a casa da una settimana ma non aveva minimamente accennato, fino a quel momento, a volere un contatto maggiore con lei. Era stato anzi più distante del solito: quasi avrebbe detto che la evitava. S’impensierì un poco per quel comportamento inusuale.
“Oscar...”
“Dite, padre, vi ascolto.”
“Oscar, senti...”
Sembrava che non sapesse come iniziare il discorso, altro fatto del tutto anomalo: se Oscar conosceva una persona che sapeva come andare dritto al punto, quello era certamente il generale. Ma era chiaro che questa cosa non sapeva proprio come dirla. Lo vide fare mille sforzi per trovare la frase giusta, e innervosirsi perché non gli veniva, alla fine, e cedere all’irritazione per questo, come era proprio del suo carattere. Così iniziò nel modo peggiore: “Tieni sempre la porta aperta quando t’intrattieni con i tuoi amanti?”, le chiese, nascondendo il viso tra le mani.
Oscar impietrì, divenendo pallidissima, si alzò in piedi. Comprese immediatamente quanto era successo e ne rimase sconvolta. Tuttavia reagì, e, dopo aver respirato profondamente, rispose: “No, di solito chiudo a chiave. Ed è un solo amante.”
Lo aveva detto col coraggio della disperazione, ma anche con un dolore ferito, amaro. Il generale la guardò e se ne accorse: “Ed è André...”, mormorò con un tono quasi avvilito.
“Sì padre, è André, il mio attendente. Il vostro servo, scudiero, o stalliere se preferite. è proprio lui e non un altro, mi dispiace. Mi dispiace soprattutto per voi, che non sapete vedere il valore di una persona se non con l’albero genealogico alla mano.” Era profondamente turbata, ma aveva una voce sempre più delusa mentre gli parlava,
“No, Oscar, aspetta. Aspetta, per favore, abbiamo iniziato in modo sbagliato. Siedi, ti prego.”
Lei sedette di nuovo, col cuore che tremava. Ma stupita, anche, per quella reazione quasi condiscendente di suo padre, date le circostanze. E subito stupì ancora di più: “Perdonami” fu la parola che udì provenire dall’altra parte della scrivania. Il generale stava quasi piangendo, con una mano sulla fronte.
“Padre...”
“Perdonami Oscar, è stata tutta colpa mia, del mio assurdo capriccio e della mia odiosa ostinazione se siamo arrivati a questo. Non avrei dovuto crescerti come un uomo. Non avrei dovuto farti mancare le consolazioni cui avevi diritto secondo la tua natura. Comprendo benissimo perché è accaduto questo e ne sono l’unico responsabile.”
“Padre, non...”
“Ti sei presa ciò di cui avevi bisogno come potevi, infine, per cercare un po’ di felicità...”
“Non continuate, padre, vi prego: mi state offendendo e non ve ne rendete conto. Io non sono un po’ felice, lo sono moltissimo. Io sto bene, padre, e non vorrei una vita diversa da questa. Né un uomo diverso, per nessun motivo.”
“André...”
“Sì, André, e ringrazio ogni giorno il cielo che vi ha ispirato la decisione di mettermelo vicino alla nascita: se non lo aveste fatto non lo avrei mai conosciuto e avrei perso ogni possibilità di dare un senso alla mia vita. Non è il mio amante, padre, è il mio compagno, da molti anni. Sarei impazzita se non lo avessi avuto vicino. è mio marito, è proprio come se lo fosse, e non sarà certo un pezzo di carta a fare la differenza.” Lo aveva detto stringendo i pugni e con un tale fervore che il generale non ebbe dubbi.
“Oscar... dunque tu lo ami... veramente?”, mormorò colmo di stupore.
“Sì, padre, lo amo. E mi dispiace se non corrisponde ai vostri canoni, ma la cosa non ha nessuna importanza: niente mi farà cambiare idea, perché corrisponde ai miei.”
“Oh, Oscar!”
Fu ancora maggiore la sorpresa, allora, perché il generale le prese entrambe le mani sopra la scrivania e la guardò con gli occhi lucidi, scuotendo il capo con una consapevolezza vissuta, come se avesse davanti a sé l’unica risposta giusta che fosse possibile al mondo.
“Oscar, se tu lo ami, allora c’è davvero una speranza di salvarci dopo tanti sbagli, dopo tanto dolore. Se lo ami così tanto non ti ho in tutto rovinato la vita. La tua vita è salva. La tua vita è salva, Oscar... e lo è anche la mia...”
12.
Il giorno che partirono, in una carrozza carica di bagagli, a salutarli c’erano solo due persone: la nonna di André e il generale.
“Tu capisci, figlia mia, che non possiamo fare proclami su una cosa come questa. Credi alla mia sincerità se ti dico che non lo faccio per paura di uno scandalo, ma per non creare dei problemi a voi due.” Questo gli aveva detto il padre quel giorno, seduto alla scrivania del suo studio. Era stato un lungo pomeriggio, e aveva voluto anche parlare con André, prima di decidere.
“Lo so, padre, e vi ringrazio di tutto”, gli aveva risposto Oscar chinando il viso.
Partire era una decisione che avevano accarezzato per molto tempo, ma le difficoltà pratiche erano notevoli, e in più entrambi erano addolorati di dover abbandonare completamente la famiglia, fuggendo senza dire nulla. Il generale invece aveva risolto le cose. Ci aveva messo delle settimane, ma aveva mantenuto la sua promessa.
“Se rimanessi qui, Oscar, la vicinanza con la corte ti imporrebbe - e imporrebbe a tutti - certi comportamenti. In più ci sarebbe un continuo rischio, e tu sai certamente meglio di me quanti sacrifici la cosa vi costerebbe. Non possiamo certo pretendere di cambiare il mondo, te ne rendi conto: io sono tuo padre e ti voglio bene, ma non troverai nessuna solidarietà nel nostro ambiente.”
“Certo, ne sono consapevole, non dubitate.”
“Oscar - le aveva detto poi parlandole da solo a sola, col cuore in mano -, io sono un uomo all’antica e non sono certo avvezzo a cose del genere: se un giorno qualcuno mi avesse detto che avrei aiutato mia figlia a fuggire con un attendente, lo avrei come minimo schiaffeggiato. Però la vita ci cambia, e le cose sono sempre molto più difficili di come sembrano. Ho fatto dei gravissimi errori con te, li ho fatti per anni e anni, e tu sei una figlia che amo. Che, al di là di ogni cosa, desidero sapere felice. Per quanto un’unione tra te e André possa essermi sembrata inaccettabile a causa dei vostri diversi ranghi, io lo conosco da tanto e so che giovane serio e affidabile è. Inoltre so che ti ama, lo so da molto tempo. So bene quanto ti ama, ed è per questo che, se fosse stato nobile, avrei visto di buon occhio un matrimonio tra voi, perché sapevo che ti avrebbe fatta felice. Siete cresciuti insieme per mio volere, quindi io sono il primo responsabile di quanto in seguito è avvenuto tra voi, e voglio farmene carico. Oscar, se tu me lo consenti, vorrei fare quello che posso per aiutarvi, per aiutarti a essere felice. Se davvero lo ami, se è con lui che vuoi stare, se hai bisogno di André per essere felice, ebbene lo avrai.”
Sia lei che André avevano vissuto quel periodo sospesi tra l’incredulo e il frastornato, e avevano parlato pochissimo, in realtà, perché tutto ciò che avrebbero potuto dire era reso vano dalle intenzioni manifestate dal generale.
Sembrava sereno mentre li salutava, compatibilmente con le impennate naturali del suo orgoglio.
“è un posto lontano da qui, ma proprio per questo è ideale perché nessuno vi conosce. Posso ugualmente procurarmi delle entrature. Dovrete cercarvi una casa e anche qualcosa da fare: non sarà sempre facile, e mi addolora soprattutto il pensiero che non potrò sapervi sposati. A meno che tu non rinunci al tuo titolo e al tuo rango, figlia mia, e invero io questo non lo vorrei... Ma potete sempre rivolgervi a noi se avete bisogno di aiuto. Se poi, Oscar, tu vorrai continuare la tua carriera nell'esercito francese, se vorrete, vi ho già detto che là posso muovere delle pedine.”
Lei e André si erano guardati, soprappensiero. Alla fine avevano sorriso.
“E perché no, padre? Magari potremmo provare anche a cambiare il mondo...”
“A meno che tu non abbia in mente un altro genere di carriera, Oscar... So che il desiderio della battaglia brucia dentro di te come un fuoco incontenibile... ma non è detto che tu non possa tentare un’esperienza diversa... come dire, più femminile...”
“Certo che detto da voi, padre...”
André rise e scosse il capo. Osò per la prima volta stringere Oscar alla vita, abbracciandola lievemente.
“Ma io parlavo sinceramente...”
“Ci credo. E perché no, padre?”, disse ancora lei, misteriosa.
Salirono sulla carrozza. Oscar stese un braccio fuori per salutare il generale, con affetto.
“Be’ - mormorò lui a bassa voce, mentre la figlia partiva -, non dovresti avere problemi nemmeno in questo: le donne di casa Jarjayes sanno fare figli... anche se solo femmine.”
Lei scoppiò a ridere, e mentre la carrozza prendeva il passo, gli donò nel lasciarlo il sorriso più radioso che gli avesse mai fatto: “E chi può dirlo, padre? Non si sa mai!”, gli gridò lieta, ascoltando il suono delle ruote sul selciato coprire le sue parole.
Fine pubblicazione sul sito Little Corner novembre 2013
mail to: alessandra1755@yahoo.it
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