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La cosa più semplice

Hot PWP

III parte

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

        

7.

 

Oscar non riesce più a sostenere la vicinanza di André che le parla in questo modo. Non sostiene la sua vicinanza e basta, a dire il vero. Lo sa anche lei che sono due mesi che non la tocca, le sue mani le mancano.

André però è arrabbiato e sta dicendo cose pesanti.

Le è mancato il suo corpo, in questi due mesi. Le è mancato il sentirlo addosso.

André è arrabbiato ed è arrabbiato per niente, l'accusa di cose che non ha fatto. Fa discorsi che non ha mai fatto. Oscar si sente offesa, e poi non vuole dargliela vinta.

Prende il mantello e se lo getta addosso, tira su il cappuccio: va verso la porta dove c'è lui per girargli attorno e uscire.

Lui ha i pugni chiusi, la testa bassa, e non la guarda. Non si sposta dall'uscita. Allora gli passa accanto strisciando contro lo stipite e sul suo fianco, i visi vicini.

Mentre gli scivola addosso André fa un passo verso la porta ed il suo corpo la blocca. I veli vaporosi della gonna si gonfiano, trattenuti nella stretta della sua presenza. È fermo contro di lei, il petto si alza e si abbassa nel respiro.

“Non andare.”

Non si muove, le dice solo di non andare. La sta fissando ed è ferma contro il suo corpo, sono uno contro l'altro in mezzo a una porta aperta sul corridoio.

André tiene le braccia immobili lungo i fianchi, le mani chiuse.

“Ci vedranno”, lei dice.

“Chi se ne importa.”

“André...”

Lo forza appena e subito è libera, scivola via leggera lungo le scale.

“Oscar...”

André è con lei, la sta seguendo per la scalinata. Le prende il polso sul corrimano, Oscar si volta a guardarlo: la sta stringendo e le dice non andare, resta qui con me. Oscar trema un poco a quel contatto e lui se ne accorge.

“Allora vengo io con te.”

 

L'ha accompagnata alla carrozza, l'ha aiutata a salire ed è salito dopo di lei. Il cocchiere ha ricevuto da un André stranamente asciutto l'ordine di andare a Versailles e non ha riconosciuto la donna avvolta nella cappa bianca. Sono in viaggio da qualche minuto e lui le è seduto di fronte, la guarda.

“È inutile che tu sia venuto a sorvegliarmi, non scenderò da questa carrozza”.

“Questo è già un risultato - le risponde piano -. Peccato, però, che non possano vederti così in ghingheri”.

Oscar si sente all'improvviso triste, abbassa il capo sul petto chiuso tra veli: “Puoi anche smettere di rimarcarlo, so benissimo di non essere bella”.

Gli manca il respiro: “Cosa?”

“Hai sentito.”

Lui resta in silenzio e la fissa: come può pensare una cosa simile?

“So di non essere femminile, questo abito mi rende ridicola. Deve divertirti molto.” Una lacrima segreta le scende sulla guancia velata.

Ad André viene da piangere come lei, invece: un pianto pieno d'amore e di commozione

“Non mi sto divertendo affatto, Oscar, e non riderei mai di te”. Lo dice in un sussurro, poi le sfiora la mano guantata che tiene in grembo. “Come fai a non capire?”

“Cosa c'è da capire? Io volevo solo provarci... provare a essere come una donna.”

“Come puoi pensare di non essere in tutto e per tutto una donna, Oscar? E di non essere bella? Con tutto quello che c'è stato tra noi, che abbiamo fatto insieme? Non te l'ho dimostrato abbastanza quanto sei donna, col desiderio che ho di te da sempre?”

“Noi abbiamo iniziato insieme, eravamo amici da piccoli, io sono un'abitudine per te, un'abitudine strana. Non ti poni nemmeno questo problema, andiamo a letto e basta, senza tanti fronzoli. E probabilmente è un altro il tipo di donna che popola anche i tuoi sogni. Casa nostra è piena di belle ragazze, e sono sicura anche disponibili.”

“Cosa? Oh, Oscar, e tu credi che se non ti trovassi bellissima e femminile io farei l'amore con te ogni volta che posso da dieci anni? Che ti sarei fedele da tutto questo tempo senza essermi mai nemmeno accorto che esistano altre donne? Che sarei fuori di me come lo sono ora nel vederti uscire da sola per andare a un ballo?”

è questo che voleva sperimentare? Per questo si è vestita così? Per andare a Versailles e farsi dire che è bella dal conte di Fersen?

S'inginocchia davanti a lei e le prende tutte e due le mani, se le porta al viso. Chiude gli occhi e le bacia, sui guanti, parla pianissimo: “Oscar, che conferme cercavi? Quali conferme che non ti ho dato? È stata colpa mia? Perdonami, ti prego perdonami, non dovevo farlo, dovevo dirti ogni giorno che donna meravigliosa sei, quello che provavo per te. Ma sei tu che me lo hai impedito, che mi hai sempre vietato di dirtelo, di parlarti, come se parlando potessi rompere non so quali complessi equilibri, e avevo paura di perderti, così ti ho sempre obbedito... ma Oscar... Oscar, non c'è stato giorno, non c'è stato minuto della mia vita in cui non ti ho desiderato con tutto me stesso e non ti ho visto come la donna più bella e desiderabile del mondo...”

La sta abbracciando, ha il viso contro il corpetto, sente il suo seno profumato.

Solleva il volto, la guarda dal basso in alto scuotendo il capo, e ha deciso che da oggi in poi non le obbedirà più.

“Io ti amo. Ti amo, Oscar, è la cosa più semplice. E voglio che me lo dica anche tu.”

La fissa muto, turbato, finché nel silenzio di lei accoglie con le lacrime agli occhi una carezza tremante sulla guancia.

*

È bellissimo e morbido il suo vestito, e sentirne la seta tra le dita, delicata e liscia, lo fa impazzire. La sta tenendo così, in una danza, mentre la carrozza procede con moto regolare verso la reggia. C'è ancora tempo per Versailles e lo stanno facendo in silenzio, pianissimo. Non le ha sciolto il corpetto e sta attento, non vuole gualcirla, vuole che ci arrivi bellissima come è partita e vuole mostrarla a tutti, bellissima e ancora bagnata di lui. Con la mano la stringe a sé da sopra l'abito, si porta in lei appassionato e costante, e lieve, si fa avvolgere da quel mantello morbido, da quelle stoffe, dalla carezza delle calze che la fasciano irresistibili. L'ha già fatta venire, è venuta subito appena le è entrato dentro, respirando nel suo tenerissimo bacio, diventando cera morbida nelle sue mani. Ed è ancora in lei, fino alla fine del viaggio e ogni istante come se dovesse fermarsi, perché non resiste più. Non vuole uscire da lei, i sedili di quella carrozza sono morbidi e lei è caldissima e pronta a venire ancora, lo sente da come trema adesso, da come lo stringe e asseconda i suoi movimenti, è quasi il momento. L'attendente di Casa Jarjayes si sta godendo una sconosciuta dentro una carrozza e quella sconosciuta è Oscar, ma nessuno lo sa. Non vuole uscire da lei, vuole venirle dentro ora che ha sentito di nuovo il suo piacere sciogliersi e lei è così tenera e cedevole tra le sue mani. Si sente quasi al culmine ma non vuole uscire.

È lei a farglielo fare, a dargli, in una tacita offerta, quello che hanno scoperto insieme una volta, tempo fa, in un momento di eccitazione e piacere ardenti. Gli s'inarca contro in un gesto che lui conosce benissimo e lo fa uscire di senno, perché vuol dire una cosa sola, e André allora ha un gemito stupito e una reazione immediata, la lascia e poi le si fa contro per riprenderla di nuovo, ma cerca adagio una strada segreta in lei, accarezzandola con le dita, sentendola pronta e umida. Gli sembra d'impazzire mentre la penetra in questo modo sconvolgente e proibito e fa piano, pianissimo, non si muove e lascia che a  dargli il tempo sia il movimento della vettura sulla strada, le lievi scosse dell’andatura, il vibrare uniforme delle ruote sul selciato. Ansima e geme reprimendo il piacere che monta inarrestabile, ormai. Poi si spinge in lei più intensamente, del tutto fuori di sé, la prende con fremente lentezza come non ha mai fatto anche le altre volte che lo ha fatto, e all'improvviso scopre che non ce la fa più e le si abbandona completamente, esplode fino quasi a svenire. L'ultima cosa che sente prima dell'oblio è la voce vellutata di Oscar che gli dice che lo ama.

 

8.

 

E pensare che non voleva che andasse a corte, che quella sera era folle di gelosia. Quando erano partiti era salito con Oscar in un gesto disperato: l'aveva guardata, seduto davanti a lei, e non aveva osato toccarla, sconvolto dal pensiero di perderla.

Quando arrivarono alla reggia la teneva abbracciata a sé, il suo capo poggiato sulla spalla. Era bellissima e sua, le diede un bacio indugiante e intimo sulla bocca.

Ordinò da dentro al cocchiere di aspettare.

“Torniamo a casa...”, lei mormorò.

“No, amore. Sono pazzo di te e stanotte voglio che tutti ti ammirino, che vedano quanto sei bella. Voglio che ci vedano insieme”. Le stava parlando all’orecchio, dolce e appassionato. “Non ti ho accompagnato per guardarti mentre qualcuno ti invita a danzare. Mia signora bellissima, stasera ci sono io e voglio che balli con me, voglio farlo davanti a tutti.”

“André, ma...”

“Non vuoi?”

“Sì, veramente sì, lo vorrei tanto, André...”

“Hai paura di quel che possono dire?”

Lei tacque un istante: “Un po’ sì... Non sarà come sempre. Tu non hai mai ballato a corte, e neanch’io...”

“Dimentichi quella volta che mi hai fatto fare da cavaliere a Rosalie.”

Oscar rise: “O da balia, come dicesti allora. Me l’hai rinfacciato per anni.”

“Appunto, questa è un’occasione per ripagarmi - sorrise lui -. E allora nessuno trovò da ridire.”

“Stasera però accompagni me.”

è questo che adoro, che sei tu. Ed essere l’unico accompagnatore del mio bellissimo colonnello in abiti femminili. Far morire d'invidia tutti.”

“Probabilmente non mi riconosceranno nemmeno.”

“Meglio. Ma anche se ti riconoscessero, e riconoscessero me, non potrebbero dire molto. Sono il tuo fedele servitore da sempre”.

“Non usare quella parola.”

“Perché? A me non dispiace affatto essere il tuo servo - le disse sommessamente all’orecchio -. Anzi, il tuo schiavo, completamente tuo, per qualunque cosa...”

“André...”

è stato bellissimo quello che abbiamo fatto, ti amo da impazzire.”

Lei sospirò piano e gli strofinò il viso sulla spalla, chiudendo gli occhi.

“Dimmelo anche tu.”

Oscar tremò nel dirlo: “Ti amo, André.”

“Promettimi che me lo dirai sempre.”

“Te lo prometto.”

Parlavano da dieci minuti a voce bassa, nella carrozza ferma davanti alla reggia.

“Sei sicuro che vuoi andare a questo ballo?”

Annuì, baciandola dolcemente sul collo, sussurrò: “Sì, questa sera è nostra, ce la prendiamo”.

“Guardami, prima che esca. È tutto a posto?”

“Be', io ero stato attentissimo a non rovinare nulla...” Sorrise e avvampò al pensiero: “Ma poi il viaggio ha preso una piega alquanto... movimentata...” Rise, e l’abbracciò, mentre anche lei rideva. Strofinò il viso sul suo, sospirando. In un sussurro: “Devo ammettere che a un certo punto ho perso completamente il controllo, amore mio”. Si staccò un poco, tenendola per la vita: “Lasciati guardare, adesso... Sì... sei perfetta.”

“E ti è piaciuto, André?”

“Oh, Oscar... è stato... incredibile. Tu sei incredibile, e quando mi fai fare queste cose io...”

La baciò ancora, con languida urgenza.

“Torniamo a casa...”

“No... no... smetto... adesso smetto...”

“Oh, André, è bellissimo... è bellissimo pensare...”

“Cosa...”

“Che ti faccio questo effetto... ma è vero...”

Se è vero? Guarda...”

Scivolò con la mano sopra la sua, se la portò addosso, sui vestiti, in un gesto intimo che aveva fatto tante volte con lei. Lei lo accarezzò indugiante, sospirò emozionata sentendo tutta la sua eccitazione. André sussultò con voce arrochita dal piacere: “Basta, Oscar, o davvero non ti faccio scendere...”

*

La reggia era tutta uno scintillio quella sera, piena di luci e musica. C’era un vociare allegro nella sala. Quando lei entrò fasciata in quell'abito, le spalle nude, buona parte della sala ammutolì per l'ammirazione e lo stupore. Oscar esitò: anche se una sottile maschera le copriva gli occhi, si sentiva scoperta come non mai. Ma c'era André al suo fianco: “Visto l'effetto che fai, amore? Gli sguardi di tutti sono su di te.”

“E su di te...”

“Quella si chiama invidia, non è la stessa cosa. Comunque aver preso questa maschera all'ingresso è stato saggio, e per fortuna che avevano anche una giacca della mia misura. Sarebbe stato un po' eccentrico farti danzare indossando solo una camicia.”

“Scherzi? Ho visto un paio di marchese che sbavavano sui tuoi avambracci, nel guardaroba.”

André rise: “I miei avambracci sono al tuo completo servizio, non dimenticarlo.”

Prese due calici di champagne da un valletto che passò loro vicino e gliene porse uno. “A una serata tutta per noi”, disse.

Oscar sorrise e brindò, poi bevve un sorso e un delicato rossore si diffuse sulle sue guance, per quella situazione in cui non si era mai trovata. André pensò che non era mai stata così seducente e pura, e pensò che quella era davvero una notte inebriante da vivere insieme. “Voglio danzare con te fino all'alba, che tutti vedano il nostro amore. Posso togliermi questa maschera quando vuoi.”

“Cosa vuoi dire, André...”

Lui la baciò dolcemente a un angolo delle labbra: “Tutto quello che significa questa frase...” Oscar chiuse gli occhi, incurante di tutto, e si affidò a lui. La baciò in pubblico tra le danze e le risa e molti guardarono con indiscreto stupore. 

*

Non l'abbandonò un istante per tutta la sera. Danzarono insieme in un'armonia divina, al centro degli sguardi dei presenti. Uomini e donne che vedevano Oscar ogni giorno non la riconobbero, e nessuno riconobbe il suo bellissimo cavaliere. Trasfigurati dal ballo, dall'audacia raggiante di quella sfida, dalla notte speciale, anche se i loro occhi erano celati da maschere, emanava dalle loro persone unite un'aura straordinariamente voluttuosa ed emozionante: tutta la sala era rapita dalla perfezione dei loro gesti concordi e tutti si chiedevano chi fossero i due sconosciuti che, come un'apparizione celeste, si erano materializzati davanti a loro. Come in un racconto fiabesco popolato da principesse e da draghi, i presenti furono coinvolti per un'ora in quella gioia incantata, comparse e spettatori di una scena non scritta per loro, mentre il sorriso di Oscar risplendeva sul suo volto bellissimo e le braccia di André la custodivano come una cosa preziosa.

“Voglio che ricordi questa sera per sempre”, le disse accostando le labbra alla sua guancia rosea. Oscar gli posò una mano sul braccio e gli fece cenno di fermarsi a riposare un istante. Le avvolse la vita e uscirono sfilando sul balcone, nell'aria carezzevole e fresca della sera estiva.

“Vado a prenderti qualcosa da bere?”

“Sì, ti prego, ma torna presto...”

André rientrò nel salone, e, mentre si faceva versare un calice di champagne, sentì alle sue spalle una voce nota: “Eppure io vi conosco, signore, e mi sembra di aver già visto anche la vostra dama. Ma non riesco a ricordare dove ci siamo incontrati.”

Si girò, e guardò fisso negli occhi il conte di Fersen, che aveva riconosciuto da tempo, dietro la maschera veneziana che gli nascondeva metà del viso. Sorrise abbassando il volto e fece per allontanarsi col bicchiere in una mano.

“Aspettate, vi prego, non vorrei sembrarvi indiscreto ma la mia curiosità è autentica: è un'ora che osservo voi e quella stupenda creatura danzare e non riesco a capire chi siete, eppure qualcosa dentro di me mi dice, mi assicura che vi conosco.”

André si girò verso Oscar che osservava la scena da lontano. Anche lei aveva riconosciuto Fersen, lo capì dalla punta d'apprensione che le vide passare per un istante sul viso: probabilmente si stava chiedendo cosa si stessero dicendo. Ma gli sorrise da lontano, e poi strinse dolcemente i pugni portandoseli alle labbra, fissandolo con un tremito di desiderio e di gioia.

Allora decise di rispondere: sapeva che la sua voce sarebbe stata riconosciuta.

“Un vero peccato non saper andare oltre le apparenze, conte di Fersen. Scusate, come vedete sono atteso.”

“Non è possibile, ma voi siete...”

André non disse nulla e lo fissò serio.

“Ma allora... allora lei... lei è...”

André fece per andarsene, ma Fersen lo trattenne istintivamente per un braccio. Lui si ritrasse e lo afferrò per un polso, stringendolo, fuori della vista di tutti. Lo disse a voce bassa, con un tono calmo e grave: “È  qualcuno da cui dovete stare lontano, conte. Molto lontano.”

 

 

9.

 

Sembrava incredibile che fosse successo così, eppure tutto era cambiato e Oscar si  chiedeva da giorni come avesse potuto nascondersi la verità per tanto tempo, cosa le facesse tanta paura. Quando erano tornati a palazzo, il giorno del ballo, avevano dormito insieme fino a tardi nel grande letto nella sua stanza, con la porta chiusa a chiave. Al risveglio André l'aveva tenuta a lungo tra le braccia, l'aveva coccolata. Poi aveva di nuovo fatto l'amore con lei, in modo dolcissimo.

Ora che non gli impediva più di manifestarle i suoi veri sentimenti, la colmava di attenzioni che non aveva mai immaginato di poter avere per sé. Non si trattava di cose eccezionali, di gesti enfatici, ma di piccoli particolari importanti che davano valore a interi discorsi, ad ogni giornata. Il suo comportamento non sembrava cambiato di molto rispetto a prima, eppure c'era tanta, tantissima differenza. E anche lei era diversa: era più felice, più appagata. Era più serena, e non c'entrava niente il sesso, perché in passato, anche quando lo facevano nell'intimità più profonda, avvertiva un senso d'oscura inquietudine nel cuore, che ora sembrava sparito. Una sorta di insoddisfazione spirituale che l'amore, il riconoscere e accogliere quell'amore, aveva curato. André aveva ragione, era la cosa più semplice, e lei si chiedeva ancora incredula come avesse potuto per tanto tempo costruirsi un castello di bugie così ostinato, pretendendo che lui vi si conformasse. E come André avesse potuto accettare. Questo la commosse ancora di più perché le diede la misura del suo amore per lei. Avvertì il bisogno di chiedergli scusa e di ricompensarlo con tutta l’autenticità di cui si sentiva adesso capace. Dovette anche, d'altra parte, comprendere e assolvere un po' se stessa, perché la sua vita non era una vita facile e forse quella era stata una via di fuga, l'unica che aveva trovato per andare avanti. André, infatti, non le aveva mai dato alcuna colpa.

 

Il fatto, adesso, era che non avevano più voglia di nascondersi. O meglio, non avevano più tanta paura d'essere scoperti quanta ne avevano prima. Sia lei che André non facevano mistero del loro grande affiatamento, della loro intesa. Era una cosa strana, a pensarci: ciò che prima sembrava loro di dover celare accuratamente, come se il non essere scoperti fosse vitale per il mantenimento della loro relazione, adesso, in fondo, faceva poca differenza. Oscar si disse che forse, a far loro veramente paura, non era stato il rischio che altri venissero a conoscenza della loro storia, ma l'incertezza del loro legame, e il pensiero che una cosa del genere potesse romperlo.

 

La prima a capirlo, ovviamente, fu la nonna, che per un pezzo non disse proprio niente e poi fece di tutto per coprirli. E, un giorno che aveva trovato il letto di Oscar sottosopra e la marsina del nipote tra le lenzuola, andò su tutte le furie e gliela riportò personalmente, facendo ad André una memorabile scenata sottovoce in camera sua. Ne uscì, naturalmente, soggiogata dal suo fascino, con lui che la teneva per la vita e le schioccava un bacio sulla guancia. “Per lo meno sii prudente!”, gli aveva detto bisbigliando, in completa agitazione. Però era contenta, si vedeva che era contenta anche se preoccupata, e aveva cominciato a preparare delle colazioni ricchissime. Non fece raccomandazioni a Oscar, invece - che del resto sarebbero state superflue - ma prese a controllare con estrema attenzione il calendario ogni mese.

“Bisognerà darle dell'oppio per calmarla”, commentò André.

 

Però che erano diventati imprudenti era vero, e questo andava bene fino a un certo punto. Già prima, da tanto tempo, la loro vicinanza aveva fatto fare dei pettegolezzi: ma l’attitudine riservata e severa di Oscar li aveva messi tutti a tacere. Ora non era solo il fatto che fossero molto vicini a notarsi, ma il cambiamento del loro modo di stare insieme davanti agli altri. In particolare il cambiamento di Oscar, che era veramente radiosa e non faceva nulla per nascondere il suo piacere di stare con lui, la preferenza per la sua compagnia.

André era il ritratto della serenità, del disincanto consapevole e silenzioso. L’amava e gli bastava questo. Non c’era niente di particolare che volesse in più, ora che aveva lei e sapeva di averla: davanti alla sua reazione tranquilla e piena di buon senso ogni preoccupazione s’infrangeva, e Oscar - ma come lei la nonna - aveva dovuto ammettere che non c’era niente di davvero preoccupante nell’accaduto.

A dover definire la cosa dall’esterno si sarebbe dovuto dire che si vedeva, che potevano vederlo bene tutti. Già prima non si poteva considerare André uno come gli altri, ma ora il legame che aveva con Oscar era talmente palese e naturale che erano in molti a regolare i propri comportamenti su quest’idea. Si rivolgevano ad André se dovevano dire qualcosa a madamigella, lo consultavano per diverse questioni. E li lasciavano tranquilli: non li disturbavano, si ritiravano quando erano insieme, perché, se loro due erano insieme, in realtà c’era poco spazio per tutti gli altri. E tutti lo sapevano.

 

In effetti c’era sempre il rischio che succedesse qualcosa a rivelare la verità, che qualcuno ponesse fine a quell’equilibrio. Ma Oscar e André vivevano in quella casa e si amavano. Non si mettevano in mostra e si amavano: la cosa era così naturale e vera, e così poco riguardava il resto del mondo, che il resto del mondo si tenne in disparte dal loro amore, lo lasciò vivere e fiorire senza mettersi in mezzo.

 

*

Passarono delle settimane, poi dei mesi così. Oscar tornava dal suo lavoro, lasciava scivolare a terra l'uniforme, ed entrava nuda e bellissima nel letto del suo compagno. Passarono degli anni così, e furono buoni anni, nell'insieme felici.

 

 

Continua

pubblicazione sul sito Little Corner marzo 2013

 

mail to: alessandra1755@yahoo.it

 

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