Community
 
Aggiungi lista preferiti Aggiungi lista nera Invia ad un amico
------------------

Crea

Profilo
Blog
Video
Sito
Foto
Amici
   
 
 
 
Community
 
Aggiungi lista preferiti Aggiungi lista nera Invia ad un amico
------------------

Crea

Profilo
Blog
Video
Sito
Foto
Amici
   
 
 

La cosa più semplice

Hot PWP

II parte

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

        

4.

 

L’immagine che lo specchio gli rimandava, mentre, facendo estrema attenzione, si radeva in piedi davanti al mobile da toeletta di Oscar, era quella di un uomo sazio con due gloriose occhiaie. Il corto telo di lino che gli circondava i fianchi, fermato con un nodo lento e palesemente precario, si modellava prodigo e leggero sui muscoli delle cosce e del fondoschiena. Passandogli alle spalle fasciata nel lenzuolo, che si tirava dietro come uno strascico, Oscar gli insinuò una mano lieve tra i glutei. Si soffermò piano in quella carezza e scivolò poi sul davanti, sopra il panno leggero, a verificare l’effetto di quell’iniziativa. André vide riflesso sulla superficie lucida il sorriso malizioso di lei e il proprio sguardo improvvisamente agitato.

“Mi farai tagliare”, disse.

“Finisci dopo”.

Non c’era verso che riuscisse a resisterle. Mentre si rotolavano sul pavimento avviluppati nel lenzuolo e nell’odore del sapone emolliente asciugato in fretta, André ebbe una gran voglia di venirle dentro, di scoparla fino in fondo in pura lussuria. Lei gli lesse negli occhi e ansimante allungò un braccio e la testa fuori dal lenzuolo. Sfilò da un necessaire nel cassetto una lucente guaina di seta.

“E questo dove l’hai preso?”, chiese sconcertato.

“Letture istruttive... - rispose lei in un ansito -, poi ti dico come lo chiamano...”. Si spinse su di lui con un moto più intenso, facendogli perdere all’improvviso il controllo.

“Cazzo Oscar...”

Lei si sfilò e glielo mise, risalendogli sopra subito: “Ma fai in fretta, poi esci”.

Bastò il solo pensiero: esplose in un piacere violento prima che finisse la frase. Gli parve di impazzire per qualche istante, mai aveva goduto in quel modo. Le afferrò i fianchi e spinse ancora in lei mentre sentiva l’orgasmo travolgerlo, una, due scosse forti, poi l’oblio più assoluto. Lei lo lasciò e gli si pose a fianco, lo guardava eccitata tra le lenzuola.

“Cazzo...”

“Com’è stato?”

“Incredibile...”

“Vuoi sapere come lo chiamano?”

“No...”

“Va bene, non ora”.

“Ma comprane un migliaio...”

“Se te lo saprai guadagnare...”

Oscar posò il viso su di lui, accostandogli l’orecchio al petto: il cuore batteva all’impazzata.

“Se mi lasci ti uccido”, le disse.

“Ma che razza di discorsi fai...”

André si voltò ad abbracciarla, scendendo verso il suo ventre. Le affondò il viso tra le gambe, con un gemito quasi selvaggio, e un singhiozzo.

 

Era sempre più difficile tenere tutto sotto controllo. André era completamente travolto: in quei giorni aveva dovuto riconoscerlo spesso con se stesso e la cosa gli costava notevole preoccupazione. Nonostante fossero dieci anni, ormai, che aveva regolari rapporti con lei, invece che rilassarsi in un’abitudine coniugale era preso sempre più da un’incontenibile frenesia. Quell’intimità assoluta aveva marchiato la sua anima, rendendolo ogni giorno più ardente. Non passava ora che non fantasticasse almeno una volta sulle cose da farle, se non poteva averla immediatamente. Provava un misto di eccitazione e ansia nel rendersene conto, quanto più si accorgeva che la cosa stava sfuggendo al suo controllo.

I loro rapporti potevano definirsi in ogni modo tranne che regolari, a dire il vero. In tutti i sensi: perché erano amanti clandestini, perché era una relazione proibita, e perché quello che facevano, decisamente, non aveva niente della routine. Era un’intesa naturale e selvaggia, senza discorsi. Era andata così e Oscar aveva assecondato questo sviluppo, impedendo che ne parlassero mai davvero. Quasi inconsciamente, forse: era come se volesse intendere che andavano a letto insieme ma questo non aveva niente a che fare con la loro vita di tutti i giorni, coi loro doveri e con ciò che da loro si aspettavano gli altri. Quei momenti insieme erano una realtà totalmente separata, parallela, in nessuna relazione col resto. Forse si amavano in modo tanto sfrenato proprio perché lo facevano in una terra di nessuno, nei confini della quale tutto era lecito, e che virtualmente non esisteva. Le veniva in bocca e un’ora dopo doveva darle del voi. Il pensiero lo infiammava e lo tormentava, violento e ricorrente come un’ossessione, insieme alla paura di perderla. Anche se lei non lo rifiutava mai, era sempre più assalito dal timore che potesse farlo. Oscar era sua, eppure gli sfuggiva. Veniva a letto con lui e non gli dava niente in cambio.

Di fatto i patti erano questi: poteva farle tutto, ma non dirglielo.

Di fatto, formalmente, era soltanto sesso. Quanto ne voleva, ma senza altre complicazioni.

 

5.

 

Quella sera notò subito che c’era qualcosa di diverso. Non aveva detto una parola quando era tornata da Palazzo Reale, dopo essere stata via fino a tardi per accompagnare Sua Maestà in una delle scorribande notturne di cui tanto si chiacchierava, insieme al conte di Fersen. Nel farle il segno d’intesa con cui le dava appuntamento nella sua stanza, aveva notato con sorpresa le sue labbra curvarsi in un moto che gli era parso molto vicino al disappunto. Lo aveva ricevuto senza farsi pregare, però, quando, mezz’ora dopo, aveva bussato alla porta nel silenzio della casa dormiente. E, con altrettanta sorpresa, l’aveva scoperta tempestosa e avida.

All’inizio gli era sembrata quasi fredda. Si era fatta sfilare, restando immobile, la camicia da notte, così in silenzio che aveva sentito l’indumento scivolare a terra; ed era rimasta in silenzio, in piedi e nuda accanto al letto, mentre lui le baciava il seno, succhiandole dolcemente i capezzoli; mentre scendeva con la lingua lungo il suo ventre, inginocchiandosi e insinuandosi a lungo in lei. Non si era fatta sfuggire nemmeno un gemito per tutto il tempo che aveva continuato ad amarla così, dandole un esperto piacere con la bocca: solo un impercettibile tremare verso la fine. Ma poi era venuta all’improvviso con un grido così forte e dimentico che l’aveva immediatamente spinta sul letto premendole una mano sulla bocca per soffocare il rumore. Aveva pensato che l’avessero sentita fino al giardino e si era eccitato da impazzire, al punto da prenderla vestito com’era, senza neanche togliersi gli stivali: aveva estratto il pene dai pantaloni e gliel’aveva infilato tra le gambe, scopandola impetuosamente, con la mano che le premeva ancora piano la bocca, a far tacere i suoi gemiti sempre più violenti. Le aveva ordinato sottovoce di stare zitta muovendosi con affondi rapidi e intensi, in un piacere vorticoso e reciproco mentre i calzoni gli scivolavano sui glutei e sentiva di aver perso del tutto la ragione. La stava baciando con passione quando lei era venuta di nuovo, e aveva sentito in bocca la sua saliva e in testa tutta la loro follia. Oscar lo aveva girato sulla schiena e gli era montata sopra, si era mossa su di lui come un’erinni, nuda e sudata, facendolo impazzire di piacere fino a un istante prima che l’orgasmo lo raggiungesse; poi, con tempo perfetto e istintivo, si era sfilata e glielo aveva preso in bocca con passione. Era venuto quasi con rabbia, mentre lo succhiava, era venuto lungamente.

Lei aveva continuato a far l’amore in questo modo per molte settimane, con una frenesia insana. Come se si stesse ubriacando. E André aveva dovuto capire perché.

 

All’inizio, non rendendosi del tutto conto - o forse non potendo credere alla gravità della cosa -, aveva messo a tacere le sue inquietudini dicendosi che, se ciò che passava per la testa a Oscar la portava a comportarsi così, non c’era molto da preoccuparsi. Se il beneficiario dei turbamenti che sembravano agitarla era comunque lui, e lei lo cercava e si faceva amare con tanto trasporto, significava che, al di là di qualsiasi improbabile fantasia che potesse esserle venuta, l’unica cosa vera e reale erano le loro notti, le loro mani, i loro sospiri pieni di passione, e Oscar non poteva non capirlo. In fondo era giovanissima quando aveva iniziato a stare con lui, e che un giorno potesse guardarsi intorno, soprattutto date le circostanze, era una cosa che André aveva messo in conto con timore da molto tempo. Qualsiasi cosa avesse, e anche se non diceva una parola a riguardo, la sera tornava sempre da lui e lo rassicurava con i suoi gesti, col suo abbandono. André si diceva che niente poteva dimostrare più chiaramente che lo amava, anche senza dirglielo.

Ma ben presto aveva cominciato a sentire un dolore e un disagio insopportabili. Seguendola a corte aveva capito immediatamente chi era l’oggetto della sua attenzione e questo lo aveva fatto andare fuori di sé. Tanto più fuori di sé quanto più si sforzava di fingere di non essersene reso conto. Come aveva potuto Oscar fargli questo? 

Gli successe una cosa che non gli era mai capitata, e che lo lasciò stupefatto: provò un senso di nausea al pensiero di toccarla.

Oscar però tornava a farsi toccare, e André cedeva sempre, ovviamente.

La prendeva tra le braccia e faceva di tutto per non pensarci. A volte l’amava con urgenza e rabbia per dimenticare, la stessa rabbia che sentiva in lei. Tanto che lei sembrava calmarsi, e lo guardava vedendolo nuovamente. Allora André diventava mite come un cucciolo e implorava senza dire niente le conferme di cui aveva disperato bisogno: ma proprio per questo non le otteneva.

I loro incontri divennero dolorosi e inquieti. Appuntamenti temuti e mai differiti in cui cercavano disperati di trovare la smentita alla paura che puntualmente li coglieva.

André non riusciva a non pensarci. Ci pensava continuamente.

Chi cazzo era quello, e come si permetteva Oscar di interessarsi a un altro? Di non dormire la notte? Come poteva essere, cosa significava? Non riusciva a credere a ciò che vedeva. Cosa cercava in quell’uomo, se aveva lui? Con tutto quello che faceva con lui?

Allora davvero era sesso, soltanto sesso, ciò che li legava da tanto tempo.

Si rese conto che era una cosa orribile se era così. E che quell’alibi, quelle giustificazioni elaborate della reticenza di lei che si era dato quando rifletteva tra sé con la certezza di possederla - e che nell’esercizio della pura teoria gli erano sembrate accettabili, per la stranezza della vita di Oscar e la particolarità del rapporto con lui - adesso, con davanti una situazione del genere, non stavano in piedi in nessun modo. Venivano smascherate una a una nella loro inconsistenza.

Oscar era attratta da un altro. Quindi non le importava niente di lui. E da quando non le importava? Non le era mai importato, forse?

Non contavano nulla tutti quegli anni, tutta la loro intimità, tutto quello che avevano costruito insieme? Sì, lo avevano costruito. Si erano costruiti insieme. Questo era un fatto inoppugnabile. Lo era per lui. Ma per lei non lo era, Cristo?

La prima volta che gli venne in mente che forse Oscar pensava al conte di Fersen mentre stava tra le sue braccia gli venne voglia di vomitare. Era solo nelle scuderie e giurò a se stesso che non l’avrebbe più sfiorata con un dito finché lei non lo avesse supplicato in ginocchio confessandogli che lo amava.

Prese il cavallo e uscì, restando fuori due giorni.

 

Sapevano entrambi di non poter andare avanti così.

Quando tornò, Oscar non disse niente, e smise di cercarlo.

 

6.

 

Oscar combatteva una lotta su due fronti.

Con Fersen, che la faceva sentire strana senza averla mai nemmeno sfiorata, e con André, che le faceva mancare l'aria non sfiorandola più.

Fersen era affascinante e pieno di mistero. E proibito, e ambiguo nei sorrisi, negli sguardi, nei sottintesi. André era offeso e ferito, mortalmente arrabbiato e insopportabilmente lontano.

Non avrebbe voluto smettere con lui: aveva bisogno del suo corpo e della sua voce, delle sue mani. Le mancava in modo terribile.

Ma era confusa, e André era un maledetto testardo. Cosa pretendeva da lei? C'era un patto tra loro, da sempre: non erano mai andati oltre fino a quel momento. Soprattutto negli ultimi anni quell'accordo tacito era stato un rifugio sicuro, un sostegno vitale per Oscar: che conduceva una vita da uomo nella clausura di una caserma e aveva un amico meraviglioso e virile che faceva l'amore con lei ogni volta che ne aveva bisogno, che lo desiderava.

Questo non c'entrava affatto con Fersen. Fersen le faceva complimenti galanti, la faceva arrossire. Era diverso perché era incostante ed emozionante, perché giocava in modo adorabile, e a dire il vero a lei non importava molto di sapere come fosse a letto. Non ci aveva neanche mai pensato, se André ci teneva tanto a saperlo, e, se si forzava a immaginarselo, allontanava l'idea perfino con fastidio. Fersen la faceva pensare a passeggiate notturne in giardino, piuttosto, a fiori ricevuti in regalo, a indovinelli impertinenti e leggeri. La faceva pensare a un mucchio di cose cui non aveva mai prestato attenzione prima.

Per questo André era fuori di sé, si disse in un momento di lucidità. Ma André non sarebbe stato geloso, se avesse saputo quanto, e in che modo, le mancava.

Era decisamente confusa, e aver rotto con lui non aiutava affatto.

 

*

 

La lavorante di Madame Bertin gli passò davanti mentre, seduto a un tavolo dell’officina di palazzo Jarjayes, stava smontando e ripulendo una delle pistole italiane col calcio in avorio che il generale aveva regalato a Oscar il giorno del suo primo - e per fortuna unico - duello. Era un lavoro di precisione e non avrebbe alzato gli occhi se la ragazza non lo avesse interrotto, chiedendogli come trovare Mademoiselle de Jarjayes.

“Mademoiselle de Jarjayes?”, chiese.

“Sì, per una consegna dall’atelier Bertin.”

“Non vorrei che vi sbagliaste - disse perplesso -, di che si tratta?”

“Di un abito, direi, visto che vengo da una sartoria - rispose la ragazza, con sempre meno fiducia nelle capacità intuitive di André -. Urgente e personale per Mademoiselle de Jarjayes.”

“Certo - sorrise André tra il divertito e il piccato -, perdonate se vi sono sembrato tardo a comprendere. Ma il fatto è che, vedete, qui non c’è nessuna...”

Non finì la frase e il sorriso gli morì sulle labbra: “E che genere di abito?”, esclamò allarmato.

“Un abito da ballo, signore...”

 

*

 

Aver bevuto aiutava, decisamente. Si era fatto tardi, Oscar era nella sua stanza a vestirsi da donna, e la quantità di vino ingerita era quella richiesta dalla situazione. La quantità sufficiente a fargli vedere la cosa con calma, per così dire. Quando Oscar gli aveva preso dalle mani l’incarto col vestito non lo aveva nemmeno guardato negli occhi e gli aveva chiuso la porta della camera in faccia prima che potesse parlare. Sicuramente non aveva previsto che fosse lui a farle la consegna, visto che aveva provveduto accuratamente a non informare nessuno della cosa: solo nella rimessa stavano preparando una carrozza, ma l’incaricato era un altro e non sapeva neanche la destinazione della corsa. Per il resto la casa era in un silenzio finanche insolito per quell’ora: Oscar doveva aver dato la libera uscita alle cameriere.

Non lo aveva premeditato, ma salì le scale. Il corridoio era deserto e il guardaroba accanto alla stanza di lei aveva la porta socchiusa. André scivolò dentro e vide una lunga cappa femminile, con un cappuccio molto ampio, pronta sull’attaccapanni.

L’ideale per fuggire come una ladra, pensò. Complimenti, Oscar, hai organizzato tutto. Passò una mano sul morbido velluto champagne, e le sue dita si chiusero lentamente, stringendolo.

La porta interna che dalla camera di Oscar dava al locale guardaroba si aprì in quel momento, e lei gli apparve davanti, bellissima. Costernata di vederlo lì.

André non poté trattenere un fremito di stupore, e di rabbia.

“Cosa ci fai qui?”

“Perché? Non volevi testimoni?”

“Non sono affari tuoi.”

“Su questo avrei qualcosa da ridire.”

Gli diede le spalle. Era stranamente calmo. Non era mai stato così calmo, negli ultimi due mesi, in cui non avevano fatto altro che litigare.

“Hai bevuto?”

“Decisamente sì. Ma sta’ tranquilla, non corri alcun pericolo.”

“Non penserai che la cosa mi spaventi. Che cosa vuoi?”

“Come, ti ho portato anche il vestito... non merito di vedertelo addosso?” Le girò intorno soppesando: “Niente male davvero, in abito da sera fai la tua figura... non avrà di che lamentarsi. Cos’è, oggi la regina non c’è e hai pensato di intrattenerlo tu?”

“André, come ti permetti?”

Lui la fissò con gli occhi che si velavano: era incomparabilmente bella. “Ah, io, come mi permetto...”, mormorò.

“Ti prego.”

“Mi preghi? E di fare cosa? Di dirti brava? Stai uscendo vestita... così... per incontrare un altro e ti sembra normale? Dovrei trovarlo accettabile? Ma chi sono io per te, niente?”

“La stai facendo tragica, sto solo andando a un ballo, e oltretutto in maschera. Non abbiamo mai detto che questo fosse vietato.”

è vero, non l’abbiamo mai detto. Forse perché andare a un ballo in maschera, e oltretutto in abiti femminili, non era tra le tue attività abituali?”

“Forse perché non abbiamo mai parlato di avere obblighi del genere.”

“Verissimo, hai ragione. Si è sempre parlato solo di scopare, in effetti. Anzi, parlare si è parlato anche poco. Più che altro abbiamo soddisfatto le nostre voglie in molti modi.”

“Sai benissimo che non è stato... non è solo questo.”

“Non è stato o non è? Ti confondi, Oscar? La cosa è di un certo rilievo, direi. Anche perché, tra l'altro, visto che sono due mesi che sto a digiuno, mi potrebbe interessare, ora come ora, darti una ripassata.”

“Perché parli in modo così volgare? Sai benissimo che non è solo questo.”

“Ah, sono volgare perché lo dico. Farlo e basta come fai tu, invece, è molto civile.”

“Non ho fatto un bel niente, ho preso solo una serata libera, tutto qui.”

“Giusto, una serata libera per fare due chiacchiere in amicizia, tra un bicchiere e l’altro. Cosa c’è di più innocente di questo? E come pensi che reagirà il gentilissimo conte, se è un uomo, a vederti strizzata in quel corpetto di seta?”

“Reagirà da gentiluomo, comunque.”

“Ho dei serissimi dubbi su questo, e faresti bene ad averli anche tu. A meno che non sia proprio quello che cerchi, ovviamente. Un’avventura coi fiocchi, non c’è che dire. O anche qualcosa di più?”

“E a te cosa importa?”

“Cosa m’importa? Cosa m’importa? Ma COSA DICI, Oscar? Di cosa dovrebbe importarmi se non di questo? Di cosa al mondo dovrebbe importarmi di più?!”

“André...”

“Oscar, tu non ti rendi proprio conto di quello che stai dicendo, non ti rendi conto di quello che fai. Che razza di assurdo alibi ti sei costruita per credere di poter agire in questo modo? Per pensare di trattarmi così? Ma che razza di uomo credi che io sia per permettertelo, Oscar? Guardami, guarda veramente una buona volta: non vedi cosa c’è veramente tra noi? Non  vedi che cosa c’è stato da sempre, sotto tutti i pretesti che andavamo cercando stupidamente? Pensi che fosse solo andare a letto insieme per procurarci qualche orgasmo? Non te lo sei mai chiesta solo perché eri sicura di trovarmi sempre lì ad aspettarti, e ora bastano due moine idiote di un coglione qualsiasi a metterti in smanie come un’adolescente?”

Si passò una mano tra i capelli, voltandosi. “Ma è questo che mi fa più male, è proprio questo. Che tu non lo vedi. Tu non te ne rendi conto. E forse non te ne rendi conto perché niente di quello che io sto dicendo vale anche per te, niente”.

“Non è vero, André, io...”

Si voltò a fissarla, parlò a bassa voce, senza sfiorarla: “Comunque complimenti Oscar - sussurrò agro -. Sei riuscita davvero a diventare come un uomo, stavolta. Brava. Distingui sesso e amore proprio come farebbe un uomo.”

Continua

pubblicazione sul sito Little Corner dell'ottobre 2012

 

mail to: alessandra1755@yahoo.it

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage