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La cosa più semplice

Hot PWP

I parte

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

        

A Laura, ispiratrice prima, perché da uno scambio con lei è nato, inatteso fuori tema, questo racconto; prima lettrice, perché si è sottoposta con generosità e piacere ai miei esperimenti di fidelizzazione; titolista geniale, perché da un suo intervento risolutivo tra le mie ipotesi è nato il felicissimo e necessario "Hot pwp" d'accompagno. La (grave) responsabilità di tutto il resto ricade ovviamente su di me.

1.

Nel chiarore ombreggiato di quel rifugio campestre, protetto dalle lunghe foglie del salice i cui rami scendevano fino a terra, il profilo di Oscar addormentata era di una luminosità rarefatta. Si distingueva soffuso, qua e là tra il verde brillante delle fronde mosse dal vento, il biancore naturale della sua carnagione carezzata dal tepore della giornata primaverile. Il suo respiro era lieve e regolare, come mostrava l'alzarsi e l'abbassarsi senza tremiti del seno candido, sfiorato dalla brezza che aveva asciugato e irrigidito i capezzoli. Il ventre tenero e disteso offriva completamente al suo sguardo la sua nudità, e, posando gli occhi sull'interno della coscia destra, che teneva mollemente piegata sull'altra, percepì ancora il luccicore umido del suo piacere.

André sospirò e abbassò gli occhi a guardare il proprio corpo. Ebbe un breve sorriso, appena venato d'ironia: non era passata mezz'ora da quando lei lo aveva fatto venire ed era eccitato di nuovo, ce l'aveva così duro da sentirsi mancare il fiato. Per fortuna si era lavato nel fiume prima e non doveva interrompere quel momento di grazia per non correre il rischio di metterla incinta: lei non avrebbe apprezzato, i patti su questo erano chiari. Si girò con ardore verso di lei e le fu sopra, coprendo il suo corpo ancora addormentato. La penetrò velocemente, in silenzio, tenendole le mani strette sui glutei, e iniziò a muoversi con lenta veemenza, soffocando in un bacio pieno di passione il sussulto sorpreso che le aveva strappato.

“Zitta, voglio scoparti ancora”, disse.

***

Gli faceva tuttavia sempre un po' male al cuore quando al mattino, in perfetta tenuta da scudiero, l'attendeva fuori dai suoi appartamenti e se la vedeva comparire davanti, all'ora fissata, in perfetta tenuta da colonnello. Gli sembrava quasi grottesco. Le passava con compitezza il mantello e lei lo prendeva seria, accennando un breve ringraziamento. Scendevano silenziosi la grande scalinata centrale e restavano muti fino alle stalle dei cavalli: anche quando erano soli, Oscar non abbandonava quel suo stile composto, quel piglio educato e deciso. Gli chiedeva di fare qualcosa con il tono di un ordine, lo ringraziava con un sorriso gentile dopo che aveva eseguito, montava a cavallo e lo spronava al trotto, sottintendendo che dovesse venirle dietro.

Questo era il profilo che aveva scelto per quella storia con lui, ed era assolutamente impeccabile, senza l'ombra di un cedimento. Non c'era un solo momento, mentre era impegnata nelle attività del suo ruolo, in cui gli desse maggior confidenza di quella riservata a un attendente, anche se non c'era persona a sentirli. Era capace di una freddezza da gelare il sangue.

Poi però capitava che, all'improvviso, alla fine della giornata e mentre erano ancora nel suo ufficio di comandante a Versailles, lei chiudesse la porta col chiavistello e gli finisse addosso, spingendolo supino sulla scrivania, gli aprisse i pantaloni e salisse su di lui, facendosi scivolare fino alle caviglie  i calzoni dell'uniforme, senza nemmeno toglierli; e poi lo facesse entrare in sé stringendolo ai polsi sopra la camicia. La vedeva muoversi e godere in un fremito silenzioso e poi prendersi cura di lui, tenendolo dolcemente in bocca, con un ritmo attento e incalzante. Dopo l'orgasmo che gli procurava in quel modo gli permetteva di abbracciarla, di premere il suo capo a sé con un gemito soffocato infilandole le dita tra i capelli. Gli permetteva di dirle: “Ti amo” e restava in silenzio ad ascoltare quella frase, per minuti e minuti.

Ma lei non lo diceva mai.

 

A volte André si era chiesto se scegliesse quegli approcci improvvisi perché la eccitavano di più. E cosa provasse nel cuore mentre lo baciava in quel modo, con le lingue che s'intrecciavano febbrili.

Ma quella era stata la via che Oscar aveva scelto, lo spazio di libertà assoluta che si era costruita a dispetto del mondo. L'aveva costruito e ci aveva messo dentro lui, con un'intensità e una passione da levare il fiato. Senza dare spiegazioni e fare progetti, perché questo era ciò che avevano stabilito fin dalla prima volta, e che lui aveva solennemente promesso perché capiva. Perché Oscar glielo aveva chiesto mentre piano si faceva strada in lei, vincendo in un gemito affannoso la docile ritrosia del suo corpo mai toccato prima. In un dono puro e reciproco, e André pensava che era stato incredibilmente fortunato già solo a farne parte.

 

2.

La cosa che gli piaceva di più, che gli era sempre piaciuta di più, era baciarla. Forse perché lo facevano da sempre, da quando erano giovanissimi: si nascondevano in un angolo clandestino della casa, nelle stanze per gli ospiti chiuse coi mobili coperti da teli, e passavano pomeriggi a baciarsi di nascosto. Oppure uscivano e andavano lontano, nei campi con le spighe dorate, in mezzo all'erba alta, in posti che sapevano solo loro: e si abbracciavano stesi sul prato toccandosi dappertutto. André aveva imparato da allora, da quando aveva quindici anni, le forme tenere e segrete del suo seno in boccio. E Oscar aveva capito fin da adolescente in cosa, esattamente, i loro corpi fossero diversi. Ma la baciava soltanto, la baciava a lungo, perdendosi in quegli abbracci che duravano ore. A spogliarla e fare qualcosa d'altro proprio non ci pensava, non gli veniva in mente. Gli  era capitato perfino, soprattutto i primi tempi, di non trattenersi e di venire all'improvviso mentre si stringeva a lei: ma non glielo diceva, imbarazzato. Lei però aveva capito che c'era qualcosa di diverso in quei suoi sospiri repentini, e lo guardava con affascinato interesse. Era tutto dolcissimo e naturale a quel tempo, con poche complicazioni perché Oscar non aveva ancora iniziato la sua carriera di comandante, e il loro regno erano prati e stanze per rincorrersi; per fare ancora, in modo diverso, i giochi che avevano fatto da bambini.

 

Ma tutto era cambiato in un solo giorno, con quella folle storia dell'uniforme e del fare l'uomo. Oscar aveva avuto un vero trauma nel rendersi conto di cosa significasse concretamente quel nome che le avevano dato e di cosa ci si aspettasse da lei. All'inizio aveva cercato di opporsi ma poi aveva deciso di eseguire il compito per cui l'avevano scelta: l'amore e il rispetto che aveva per suo padre, il senso del dovere con cui era cresciuta, l'avevano convinta che fosse quella la cosa giusta e che dovesse obbedire a chi aveva più esperienza di lei. Era giovanissima e aveva ceduto. Inoltre aveva un temperamento forte e tagliato per comandare, così la cosa le piaceva anche, nei suoi aspetti più concreti. Se non fosse stato per quel volerla credere un uomo e trattarla, parlarle come un uomo. Suo padre, che fino al giorno prima si era quasi disinteressato della sua vita, facendola seguire da maestri di scherma e da precettori, improvvisamente si era messo a curare di persona la sua introduzione in società: l'aveva voluta ogni giorno con sé, le parlava di esercito e strategie, la portava a corte e la presentava come “suo figlio” a tutti. Oscar aveva sperimentato sulla sua pelle, per la prima volta, cosa questo significasse, e ciò le era parso del tutto incompatibile con quei baci nell'erba. Si era sentita confusamente in colpa e lo aveva allontanato spaventata, erigendo una barriera invalicabile tra di loro.

Così il periodo arcadico era finito e lui si era ritrovato solo e terrorizzato, e aveva capito in un giorno che l'amava. Che non avrebbe più smesso. E se non fosse stato il generale stesso, del tutto ignaro, a ridargliela giusto in tempo, sarebbe morto o avrebbe ammazzato qualcuno per riprendersela.

Era diventato suo attendente con un sospiro di sollievo.

 

Quando si erano ritrovati insieme per la prima volta, dopo un mese di quel trattamento, erano totalmente cambiati tutti e due. André si sentiva più vecchio di dieci anni mentre in camera di lei, nel cuore della notte, la implorava con ogni mezzo di volerlo ancora. E quando Oscar lo aveva respinto opponendogli il suo dovere e la sua scelta, lui le aveva detto che avrebbe accettato qualsiasi vita avesse deciso di fare, ma che non aveva il diritto di distruggere ciò che erano. Che non poteva cancellare la verità. Che sarebbe stato il suo schiavo per sempre e l'avrebbe amata in silenzio fino alla morte, ma che aveva bisogno di lei più dell'aria. Oscar lo aveva abbracciato all'improvviso strofinandosi al suo volto spaurito e gli aveva dato un bacio pieno di appassionato dolore. Aveva detto piangendo che non poteva mancare al proprio dovere. Gli aveva fatto giurare di rispettare la sua indipendenza e di essere suo in eterno, senza curarsi della contraddizione. Erano giovani e usavano con sicurezza parole definitive: André giurò e capì di essere come l'aria per Oscar. La prese in braccio, la portò a letto e fece l'amore con lei.

 

3.

Lo avevano fatto molto tempo prima, quando erano ancora adolescenti. Adesso André aveva ventisei anni e non rimpiangeva neanche un solo istante di quelli seguiti a quella decisione. Col tempo si era reso conto che non aveva altro modo per continuare a stare con lei, e che ciò che Oscar gli concedeva con ardore nel più totale segreto, quando gettava la maschera composta che indossava ogni giorno, era molto più di quanto qualsiasi uomo, per non parlare di uno con le sue origini, potesse mai sognare da una donna, e da una donna come lei. Oscar era una creatura inestimabile: ed era tutta sua, completamente sua, più di quanto non fosse mai stata di nessun altro. La loro intimità fisica, nata precocemente e modellatasi sull’irruenza del trasporto reciproco in quegli anni, era assoluta. Si dicevano e si facevano delle cose inaudite con la più totale naturalezza. Con piacere e con gioia. Con competenza, anche. Erano passati i tempi in cui era un ragazzino troppo emozionato per trattenersi. E per fortuna, rise tra sé: Oscar era decisamente esigente a letto e per starle al passo ci volevano passione e metodo.

Passione, metodo e resistenza. Rise di nuovo: la sera prima aveva impiegato un’ora a farla arrivare al culmine, e a un certo momento aveva dovuto immaginarsi le cose più spiacevoli per non finire prima di lei, o peggio, insieme a lei: tipo il generale che li sorprendeva, o sua nonna in punto di morte.

“Povera nonna, sapessi...”, pensò tra sé addentando una mela dalla sua ricca provvista.

Quanto al metodo, essendo entrambi privi di esperienze precedenti, lui e Oscar avevano sperimentato. E, sì, si erano anche documentati insieme, tanto tempo prima, su dei libri illustrati rubati negli scaffali più alti della biblioteca. Vecchio maiale il generale, valutò con benevolenza.

Ma soprattutto era il fatto che fosse pazzo di lei la sua risorsa: era questo che lo rendeva instancabile. Lui l’amava perdutamente. E, per quanto potesse sembrare strano, considerato il numero di volte che la scopava se appena ne aveva l’opportunità, quello a cui teneva di più non era tanto il sesso, ma certi particolari. Il vero volto di Oscar, che era quello che aveva tra le sue braccia, e che nessuno aveva visto. Le parole che dicevano a letto, i discorsi a bassa voce di quei momenti, il modo confidenziale con cui commentavano i fatti della giornata, le persone che conoscevano. Quelle erano cose che appartenevano solo a loro due, a loro due insieme.

 

Però, sì... che Oscar gli dicesse di amarlo, e che potessero apertamente parlare di questo, lo avrebbe proprio voluto. Cosa avrebbe dato per sentire di nuovo quella frase che solo una volta le era sfuggita, tanto tempo prima, a vent'anni... Erano stati lontani una settimana e, quando l’aveva avuta tra le braccia in camera sua, e l’aveva presa subito, con urgenza, in piedi contro la porta che aveva chiuso in fretta, le era uscito dalle labbra un fremito concitato, gli aveva detto ti amo mentre una lacrima le rigava il viso. André non aveva smesso di baciarla e spingersi in lei, sperando che glielo dicesse ancora, finché non erano finiti a terra lentamente. Ma non era successo, non era successo mai più.

Chiederle che lo dicesse non sarebbe stato giusto: ne avevano parlato tante volte all’inizio, quando avevano deciso, e lui stesso si sforzava di non pronunciare quella frase. Avrebbe fatto troppo male dirselo, perché dirselo avrebbe avuto un significato che non potevano permettersi di affrontare, soprattutto lei. Sarebbe stato un tormento per tutti e due.

L'amore è una cosa impegnativa, perché esige che si prendano delle decisioni. Mette a repentaglio intere esistenze, costringe a rivedere le scelte fatte. Come poteva Oscar permettersi questo, quando tutta la sua storia era impostata in modo contrario? Contrario al riconoscimento stesso della sua identità femminile? Doveva rinnegare ogni cosa: e per fare cosa, con lui? Non era nemmeno qualcuno che potesse convenientemente sposare, per dire. Sì, le aveva salvato la vita, questo lo sapeva bene: lei lo aveva detto tante volte, mentre moriva tra le sue braccia. Ma André non poteva pretendere di andare ancora più in là del privilegio già impensabile che gli era accordato.

E poi per tanto tempo non erano proprio stati in grado: troppo giovani anche soltanto per ipotizzare di trovare una strada da soli, troppo condizionati dai loro ruoli. Da un contesto certo non facile.

Sapevano di non doverne parlare. I momenti che passavano insieme erano meravigliosi e così si erano tenuti stretti il loro segreto, senza avere il coraggio di dargli un nome. Di dirsi che glielo avevano dato.

André glielo aveva dato da tanto tempo. E lei... lei...

Convenne come ogni volta che non doveva pensarci.

Ma, all'interno di quel confine preciso, Oscar non accettava regole che non fossero le sue, le loro: silenziosa e impudente si riprendeva ciò che le avevano negato con la rabbia di una rivincita, con la docilità di una resa. Si raggomitolava contro il suo petto e si faceva cullare senza dir nulla. Lasciava che lui insinuasse la lingua a lambirle i capezzoli attraverso l'apertura della camicia, che li mordesse attraverso la stoffa umida, lentamente. Lasciava che la voltasse e la accarezzasse in mezzo alle gambe, bagnandosi al tocco delle sue mani. Che si portasse dietro di lei e la prendesse in quel modo a lungo, il più a lungo possibile. Lo stringeva e respirava tremando sul lenzuolo.

Continua

pubblicazione sul sito Little Corner del giugno 2012

 

mail to: alessandra1755@yahoo.it

 

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