Le tre scelte

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E va bene, questa volta confesso… in questi mesi, guardando ancora qualche episodio di Lady Oscar e leggendo finalmente il manga Le rose di Versailles 1, ho dovuto riconoscere quanto questo personaggio mi abbia impressionata e influenzata, e quanto poco questo sia cambiato. Chi è questa donna che riesce ancora ad affascinarmi, dopo tutti questi anni? Da bambina mi incantavano il suo spirito di libertà e il suo coraggio, da adulta ho scoperto nuovi aspetti in lei, che dapprima mi hanno irritata, ma dopo qualche riflessione non mi richiedono meno ammirazione. Seguendo le sue vicende da bambina o da ragazza, l’impatto è un po’ diverso; chi non vorrebbe essere come lei, così viva, libera di fare ciò che vuole, e così forte e sicura di sé da essere quasi sempre all’altezza di qualsiasi situazione, e, sia letteralmente che in senso figurativo, assolutamente padrona di se stessa? Da adulta ho imparato ad apprezzarla sotto questi, ma anche sotto altri aspetti, e voglio tentare di riassumerli.

La prima scelta di Oscar avviene a quattordici anni, quella di essere un soldato. La scelta è effettivamente fatta da suo padre, ma la sua educazione da maschio apre a Oscar una porta che è esclusa alle altre donne. Nel XVIII secolo la situazione sociale della donna era oltremodo difficile: di norma non aveva un proprio patrimonio e quasi tutte le occupazioni le erano precluse. Una donna era quindi – ammettiamolo pure – quasi sempre prima la schiava della propria famiglia e dopo della famiglia del marito. Oscar accetta questa scelta perché grazie ad essa è libera: libertà simboleggiata dal cavallo, gli abiti semplici e i capelli sempre sciolti. Vuole vivere “sciolta”, a modo suo. Non pretende mai di essere un uomo, vuole semplicemente essere se stessa. Un destino come il suo può essere vissuto particolarmente bene o particolarmente male, e lei è decisa a farsi onore, a dare senso e ordine a un’esistenza che potrebbe essere o sembrare assurda. Ambiziosa per natura, dovendo riconoscere di non poter seguire né il modello e le aspettative di suo padre (raffigurato come estremamente maschile) né quelli della madre (raffigurata come estremamente femminile), Oscar accetta la sfida e decide di svilupparsi in un modo suo, seguendo il suo istinto, sempre pronta a imparare e migliorare. Diventa così molto più che non i suoi genitori o quello che i suoi genitori avrebbero voluto: né un soldato, né moglie e madre. I suoi genitori li vediamo raramente, è ovvio che non hanno molto a che fare con lei; Oscar è una creatura del tutto estranea, che deve trovarsi, riscoprirsi, svilupparsi e farsi valere ogni giorno di nuovo, mentre, contemporaneamente, anche il mondo intorno a lei cambia. La Rivoluzione francese non aveva un personaggio chiave, e Riyoko lo ha creato con Oscar, simbolo di ciò che l’Europa dell’Illuminismo e in particolare il popolo francese desiderava – la libertà. 2 Forse (ma questa è speculazione da parte mia) la fratellanza è rappresentata dal suo “fratello” André, e l’uguaglianza da entrambi, perché nonostante le diverse classi sociali a cui appartengono trattano sempre chiunque da pari a pari.

Quella di Oscar è una femminilità tutta particolare, nella sua assenza totale delle caratteristiche che abitualmente si definiscono “femminili”, come la civetteria, i pettegolezzi o i capricci. Non è vanitosa e non ne ha bisogno perché la sua è la bellezza naturale e spontanea di una persona che non ha paura di essere se stessa; non è né pretende mai di essere debole per farsi proteggere; non vive per i “soliti” scopi femminili come sposarsi e avere dei figli, e non è interessata a possedere niente e nessuno. Una rara svolta del destino le ha permesso di trarre il meglio di entrambe i modi di vivere, quello maschile e quello femminile, e di muoversi con disinvoltura in mezzo a entrambi i sessi. La cosa affascinante è che il suo modo di essere non le impedisce ma anzi permette di vivere una vita attiva, completa e appagata, di amare due volte nella vita con molta intensità, e anche di essere amata da un uomo. Non è che non sia una “vera donna”: non è meno di questo, ma di più. Non è il fatto un po’ piccante di trovarsi davanti una donna in una posizione, un abito e atteggiamento così insolito, è la sua sensualità tutta particolare a creare quello strano fascino androgino che confonde sia uomini che donne. Gli abiti e l’atteggiamento da soldato non fanno che sottolineare la sua femminilità per contrasto, e il fatto che sia molto riservata riguardo ai suoi sentimenti più intimi dimostra che in questa parte di sé è estremamente vulnerabile.

Di norma le società, e quella della Francia del XVIII secolo ancora più rigorosamente della nostra, suggeriscono che chi non si adegua al ruolo da lui previsto finirà come un espulso, disprezzato da tutti. Oscar è la prova del contrario. Non interpreta un ruolo, è semplicemente se stessa, ed è proprio questo che la rende ammirata da quasi tutti e amata da molti. Non desidera il matrimonio eppure sa farsi rispettare dagli uomini che incontra, non desidera la maternità ma sa essere materna e protettiva, vedi con l’amica Rosalie o, per breve tempo, con il principino Joseph. Lontana dall’esagerata paura di molte donne di accettare il lato maschile della loro personalità, rompe con ogni tradizione in merito. I soldati della Guardia Francese all’inizio la respingono perché non vogliono farsi comandare da una donna, ma anche questa che è la prova più dura della sua vita, Oscar la adempie a modo suo. Non a caso Riyoko le fa affrontare questo compito da adulta, perché richiederà tutto ciò che ha imparato nella vita. Non è solo con l’abilità e il coraggio, ma soprattutto dimostrando rispetto per i suoi soldati ed essendo leale e solidale che prova di essere un vero comandante e che li convincerà a seguirla come un sol uomo. E’ un vero soldato, dura quando necessario, e accetta sempre le sfide che la vita le presenta, ma soprattutto ha gran cuore. Al di là di ogni ruolo, di ogni modello, ogni strada prescritta, Oscar va la sua strada da sola. Non c’è nessuna idea preconcetta che si adegui a lei, è al di fuori di tutto. Non potendo e non sapendo adeguarsi a ciò che le viene imposto segue solo il suo cuore, e vive una vita piena e appagata nonostante il suo destino così insolito.

Oscar è uno “spirito libero”, di questo tutti si accorgono; e per questo quasi tutti provano fiducia e stima per lei, e questo sin da quando è molto giovane. All’inizio della sua storia la conosciamo come una ragazza estremamente seria per la sua età, rigida e controllata, quasi fredda. Ma sotto a quella corazza brucia un fuoco: Oscar è piena di energia e di vita, sembra avere l’argento vivo addosso, i capelli sembrano fiamme, gli occhi ardono. E con il passare degli anni accetta sempre di più il lato sensibile del suo io, il che si nota anche esteriormente dai capelli che diventano sempre più lunghi, addolcendo i tratti del viso. Il fuoco lentamente scoglie la sua crosta di ghiaccio, i due poli opposti del carattere di Oscar si fondono. Con il tempo sviluppa anche la sua sessualità, ma anche qui in maniera tutta sua, senza diventare una “donnetta”: indimenticabile la scena del manga, dove per impedire il fidanzamento con Girodel la farabutta recita la parte della lesbica al ballo dato in suo onore. 3 Per la prima e unica volta fa uso del suo ambiguo fascino sessuale, per dimostrare al mondo quanto sia assurda l’idea che proprio lei debba adeguarsi a essere “una brava mogliettina”. Ancora una volta, rifiuta di farsi chiudere in un ruolo: Oscar vuole essere se stessa, realizzare tutto ciò che è, senza farsi prescrivere niente. E’ la protagonista assoluta della sua vita e non ne renderà mai protagonista nessun altro, neanche un uomo.

Leggere il manga mi ha aperto gli occhi sulle difficoltà che avevo a tratti con l’anime: credo oggi che sia stato un po’ “occidentalizzato” pur tentando di non alterare troppo la storia – difatti fu lanciato negli Stati Uniti ma poco apprezzato in Giappone perché non abbastanza fedele al manga –, e a volte sia caratteri che avvenimenti sembrano non quadrare. Guardando l’anime pare di seguire la vicenda di una donna che rifiuta la sua femminilità (sottolineata dal nominativo – sbagliato – di “Lady”, che è inglese e denomina una donna sposata, mentre lei non è né inglese né sposata) e del suo malcapitato principe azzurro. Si direbbe quasi che, “come si deve”, sia André il vero eroe della vicenda, anche se l’anime spesso gli fa fare la figura dello stupido, forse per mantenere la forma ma lasciando, in linea generica, l’impressione che lui sia più eroico di lei. E’ lui a tirarla sempre fuori dai guai, e rimane spesso quasi incomprensibile perché lui continui ad amarla con tanta tenacia, dal modo in cui lei lo tratta; mentre lei, forse per contrasto, appare ancora più dura e severa che nel manga. Basta dunque un po’ di sarcasmo per vedere la vicenda di Oscar come quella di una donna che vuole “sfuggire al proprio destino”, cioè che non può vivere senza un uomo, o almeno, non una vita completa. Molto diversamente, il manga la descrive come una donna che va incontro al proprio destino, lo accetta e ne trae il meglio, per quanto questo, nella sua situazione di vita, sia difficile e spesso pericoloso. La Oscar del manga – e io, francamente, l’ho vista così sin dall’inizio – è una personalità che ispira coraggio, sia alle persone intorno a sé che al lettore / spettatore, invita ad accettare ciò che è di “divino” in ciascuno di noi, a non smettere mai di evolversi, svilupparsi, crescere, migliorare, tentare strade nuove, allargare il proprio orizzonte. Attraverso lei, vediamo André diventare eroico, Rosalie prendere in mano il suo destino, Charlotte sfuggire il suo, il principino Joseph andare incontro alla morte senza paura.
L’anime dà l’impressione che una donna possa essere davvero felice solo nel suo ruolo “di donna”, e che si tratti di accettare questo e darsi ad un uomo. Nel manga non sono i sentimenti “femminili” con cui Oscar deve rappacificarsi, ma i sentimenti in generale. Amore, disperazione, sconforto e dolore lo conosciamo tutti, uomini e donne, e lei li controlla per essere forte, non perché rifiuta la femminilità. Si trovano forti divergenze in molte scene chiavi: nell’anime Oscar decide apertamente di diventare un soldato, mentre nel manga questo non è mai messo in dubbio, si vede anzi che lei lo fa sin dall’inizio per sua spontanea volontà. E’ André a salvare Oscar dal famoso lampadario cadente, e non viceversa. E’ lui a spingere Oscar a decidersi per la contessa du Barry o Maria Antonietta. E’ anche lui che per primo s’interessa alle idee della Rivoluzione; inoltre fa spesso da cronista, accentuando così l’impressione che Oscar capisca poco di ciò che le accade intorno. E’ lui che decide di interpretare il falso Cavaliere Nero, mentre nel manga è contrario ed è lei a convincerlo, ed è ancora lui a suggerirle di donare la libertà a Bernard Châtelet, non è lei a deciderlo. Nell’anime Oscar va al Palais Royal per cocciuta determinazione di catturare Bernard, non per liberare Rosalie che lui aveva rapito. Nell’anime la famosa scena del bacio e della camicia strappata accade quando Oscar decide di “vivere come un uomo”, ferisce nell’animo e perfino schiaffeggia André, mentre nel manga questo accade perché lui, reso più ardito dopo la sua avventura come Cavaliere Nero, finalmente esterna la sua gelosia verso il conte di Fersen (la definizione “limone verde” è più che azzeccata, e la famosa frase “Una rosa sarà sempre una rosa ecc.” non viene mai pronunciata, al contrario, solo poco prima Oscar dice ad André di aver capito che senza di lui al suo fianco non porterebbe mai niente a conclusione.) Nell’anime dopo questo fattaccio il loro rapporto risulta dilaniato e Oscar verso di lui è distante e quasi crudele, per esempio non gli parla né lo assiste dopo che è stato picchiato a sangue dai suoi compagni d’armi, o dopo che si è offerto al generale Jarjayes di morire per lei; nel manga lo comprende e perdona, pur rimanendo lontana dall’apprezzare il suo comportamento. Nell’anime André si arruola nella Guardia Francese per sua propria volontà, non per ordine del generale de Jarjayes. La loro notte d’amore sembra il vero inizio della loro relazione, nel manga un evento eccezionale, cito i pensieri di André dopo che i due si sono trovati: “Vorrei che tu fossi completamente mia, anche per una sola volta” 4; in cambio i due si trovano un po’ prima e ci sono diverse scene teneri tra loro due, così il finale della loro vicenda non risulta così estremamente tronco e deprimente. Nell’anime Oscar va in battaglia con André sapendo che è quasi cieco, nel manga è ignara; André muore praticamente per sbaglio, invece che sacrificando la vita per lei, come si era giurato dopo l’incidente a cavallo di Maria Antonietta. Infine, durante la notte del 14 luglio Oscar piange amaramente l’amore non condiviso con André, alimentando ancora una volta l’impressione che il loro rapporto quasi non avesse validità prima che facessero l’amore, e muore senza neppure aver visto cadere la Bastiglia, e pensando ad André, non con le parole “Vive la France” sulle labbra. Anche lo scottante tema dell’omosessualità nel manga non viene omesso: si intende benissimo che Charlotte e Rosalie sono innamorate di Oscar, e che Girodel in fondo preferisce gli uomini e s’interessa a lei solo per la sua ambiguità.
L’anime dà l’impressione che circa verso la metà degli episodi André sia abbastanza maturo per essere l’uomo di Oscar, e che entrambi perdano anni e anni di felicità spesi da lei a fuggire a “ciò per cui è nata”. Rimane quindi l’impressione che si tratti “solo” di una storia d’amore inappagata, senza il lieto fine. Ma vederla così non basta: come spiegherebbe lo spessore unico, quasi magico di questa storia? Le rose di Versailles risulta così speciale perché è un miscuglio tra un epico di eroismo, come si raccontavano anche in Europa nel Medioevo, una storia romantica come vennero di moda appunto verso la fine del XVIII secolo, a esempio con “La nouvelle Héloise” di Rousseau (che compare anche nel manga) 5, le storie di cappa e spada, quelle a sfondo storico e / o in costume, i shojo, cioè storie giapponesi per ragazzine, e diversi riferimenti al mondo delle leggende. Riyoko si serve riccamente di tutti questi generi ma non ne fa un pasticcio confusionario, ne sa anzi tessere un racconto convincente e trascinante, ricco di temi antichissimi eppure infinitamente attuali; esattamente come Oscar trae il meglio da ciò che impara, diventando una personalità infinitamente sfaccettata, ma così vitale da sembrare quasi più reale di una donna vera. Forse per questo l’anime è stato “adattato”, perché probabilmente si presumeva che a noi “occidentali” non piacessero tanto le storie di eroismo, tipiche per il Giappone, abituati dalla loro cultura a una vita difficile, dura, seria, impegnativa, che richiede soprattutto impegno e responsabilità, dove gli interessi personali di norma vanno a discapito del bene comune, di una causa. Una vita insomma che non lascia molto spazio per il divertimento, il romanticismo, dove l’amore e l’amicizia sono fatti in primo luogo per far andare avanti la vita e non vengono visti, come di solito da noi, come qualcosa che caschi dal cielo con lo scopo di rendere la vita un eterno godimento. L’obbiettivo del racconto di Riyoko non è la felicità dei suoi eroi, ma lo sviluppo delle loro anime e il compimento dei loro destini. L’anime sembra un po’ “romanticizzato” e orientato alle classiche storie occidentali (magari con qualche allusione a Romeo e Giulietta e La bisbetica domata J). Oscar è sottilmente stata staccata dal suo ruolo di eroina e personaggio simbolico e stata tramutata in una classica donna delle storie nostrane, cioè che fa tutto con, per o contro un uomo: suo padre, il conte di Fersen, André.
Anche la storia d’amore di Oscar e André è un miscuglio: all’inizio il loro rapporto è “combinato” (come quasi tutti i matrimoni di quel tempo) dal padre di Oscar che le sceglie un compagno di sesso maschile, ma poco a poco si sviluppa una storia d’amore romantica. Non è la “solita” storia nostrana, dove alla fine “i buoni vincono”, l’eroe sposa l’eroina “e vissero felici e contenti”, dove gli eroi fanno sempre – o quasi sempre – la cosa giusta e dopo mille peripezie ricevono “la giusta ricompensa”. I protagonisti affondano le radici dei loro caratteri nel mondo delle leggende, ma ciò che colpisce e li rende tanto convincenti è che la loro psicologia personale sia, in modo parallelo, altrettanto stringente. E’ il fatto che sono tanto umani a renderli eroici: nonostante tutti gli aspetti simbolici, mitici e “da favola”, la loro vicenda è assolutamente realistica, gli eroi non lottano e vincono rimanendo incolumi, ma crescono, imparano, soffrono, sbagliano, perdono, muoiono e proprio per questo diventano indimenticabili. Per raggiungere lo scopo per cui erano nati le loro personalità devono soccombere, e questo rende l’esito della loro vicenda, per noi occidentali, dura da accettare. Alla fine, anche l’eroica Oscar è una perdente: perde tutto, anche la vita. Lei e André sono due eroi sfortunati, che dopo tutto quello che hanno vissuto e passato insieme non trovano neppure molto tempo per vivere il loro amore. I tempi nuovi li portano insieme, colmando l’abisso sociale tra di loro e portandoli sempre più vicini tra mille pericoli e avventure, e poi li dividono con la violenza della Rivoluzione. Ma è forse proprio per questo che riesce così facile identificarsi, riconoscere se stessi dentro di loro. Aggiungiamo a questo che il loro rapporto è molto inusuale perché proprio opposto a quelli che conosciamo solitamente, nelle storie “occidentali”: qui è la donna a indicare la via e l’uomo a seguirla, ed è lei a dover imparare a essere più pacata, e lui a dover sviluppare la fiducia in se stesso.

E’ una storia che più prosegue più diventa malinconica, che ricorda quanto sia triste dover crescere e diventare adulti, soprattutto dopo aver conosciuto una gioventù spensierata. Ma è anche una storia che ci dice che se c’è una cosa per cui vale la pena di lasciare l’infanzia dietro di sé e di affrontare un mondo pieno di pericoli e incertezze, questo è l’amore. E’ l’amore che ci fa dimenticare le nostre paure e avventurarci nelle imprese più impensate. Anche André non aveva la stoffa dell’eroe (mi perdonino le sue tantissime ammiratrici): all’inizio è un personaggio assolutamente secondario, un ragazzo goffo, scialbo e un po’ pigro, che amerebbe vivere senza doversi scervellare e faticare troppo. Ma ha il dovere sin da bambino di correre dietro a una femmina impulsiva, perfezionista, testarda e prepotente, e la sua natura affettuosa glielo fa compiere di buon grado. Questo lo costringerà a sopportare per anni un amore non corrisposto, a dover osservare come lei si innamora di un altro uomo che non la vuole, senza vedere che c’è qualcuno vicino a lei disposto ad amarla senza farla soffrire. Ma lei è onesta e gli vuole bene a sua volta, e così i sentimenti per lei non lo distruggono ma rincuorano; e un po’ spingendolo, un po’ con il suo esempio, gli insegna a lottare per ciò che gli sta a cuore. E’ l’Illuminismo che si sparge a fargli capire che ha il diritto di amare Oscar e non è costretto a guardarla solo da lontano; ma lui l’amerebbe comunque, non può sfuggire ai suoi sentimenti perché gli danno la ragione di vivere. E sarà questo amore a fargli conoscere dolori intensissimi, lo costringerà senza pietà ad affrontare se stesso invece di annegare, come suo solito, i suoi problemi nell’alcool, e lottare contro tutti i suoi fantasmi, lo porterà via via alle vette più alte dell’eroismo per essere vicino a lei (scopo per cui dovrà, ironia della sorte, letteralmente dare un occhio); ma che gli donerà anche una tenacia e sicurezza di sé, gioie e un’intensità della vita che probabilmente, senza conoscere Oscar, non si sarebbe neppure sognato. Stefan Zweig, nell’introduzione della sua biografia di Maria Antonietta 6 – che aveva ispirato Riyoko alla stesura del manga – la chiamava un “carattere mediocre” e aggiungeva che lo sviluppo del carattere mediocre, la sua crescita al di là di se stesso è solitamente più accattivante di quello eroico. Questo è lo quello che succede ad André; e anche Maria Antonietta, che inconsciamente dirige i primi passi di Oscar verso la scoperta della sua natura umana, guadagna sempre più dignità e responsabilità, diventando infine veramente una persona regale.

E’ una delle beffe più conosciute della Storia che a Maria Antonietta, una donna dal “carattere mediocre”, fosse toccato essere la regina in un tempo difficile e pericoloso come quello prima e durante la Rivoluzione francese. Riyoko le pone al fianco una sorta di alter ego, cioè una donna straordinaria che non la Storia non ricorderà, e le lega l’una all’altra chiamandole “Le rose di Versailles”. Le due donne si assomigliano per l’onestà, la gentilezza e la purezza d’animo, ma Oscar possiede esattamente la serietà, la disciplina e il senso del dovere che così deplorabilmente mancano alla regina. Anche le loro storie d’amore un po’ sono simili e un po’ divergano: entrambe fanno l’esperienza di un amore tenerissimo, ma consumato una sola volta nella vita. (Almeno riguardo a Maria Antonietta, questo è ciò che accade nel manga 7, e mi sembra plausibile: a quei tempi era molto più difficile per una donna sposata avere un amante, e a mio sapere nessuno storico ha mai potuto trovare prove documentate o testimoniate su questo.) André, come il conte di Fersen, decide di stare vicino alla donna che ama e assisterla, se già non può averla. L’amore tra Fersen e Maria Antonietta è un amore romantico, melanconico e alla fine tragico. L’amore tra Oscar e André è un amore classico (non a caso nel manga vengono spesso paragonati a divinità greche), fondato sull’amicizia, duraturo, fedele, che dà a entrambi forza e coraggio “nei giorni migliori e nei giorni peggiori”, insomma di vivere veramente, non nel mondo dei sogni come lo fa Oscar per Fersen. Si potrebbe dire che con lui conosca l’innamoramento, con André l’amore vero e proprio. Ma per lei è davvero il grande amore, o una seconda scelta? Nel manga non rimane alcun dubbio, nell’anime la loro storia d’amore lascia un po’ l’amaro in bocca. Anche la famosa notte del 12 luglio gli dice “Ti voglio bene”, non gli dice mai “Ti amo.” E’ l’impulso femminile di una donna spinta dai suoi trentatré anni a farle scegliere André?

Forse Oscar si innamora di Fersen un po’ anche perché non sa che altro fare; quando lo conosce ha diciott’anni, i suoi impulsi più intimi si stanno sviluppando, e per non trovarsi intrappolata da essi si innamora – più o meno inconsciamente – di un uomo che è già, come lei sa bene, perdutamente innamorato di un’altra. Segue l’esempio di Maria Antonietta innamorandosi dello stesso uomo, e osservando i due finisce per credere che l’amore debba per forza significare tristezza e sofferenza. Inoltre è stata “abituata” da suo padre a non essere mai apprezzata abbastanza per ciò che è. Quanto ci spiega – lasciando a parte il romanticismo – l’episodio del ballo. Proprio Oscar, che di è solito l’onestà stessa, ora si “traveste” e cela perfino il suo nome. Riconosciuta dal suo “principe” Fersen, Oscar scappa via come Cenerentola, solo che invece di perdere la scarpina si accascia vicino alla fontana, in un turbine di sentimenti perché “lui” l’ha tenuta tra le braccia per pochi minuti. Che dramma! La nostra cara Oscar tende a prendersi un po’ troppo sul serio. Non ha neppure tentato di vincere il cuore di Fersen, non si è vestita e comportata da donna perché sarebbe pronta a farlo per sempre se lui l’amasse: lo ha fatto perché sa benissimo che lui non l’amerà mai, e appunto per questo il suo innamoramento di lui, le sue sofferenze e tutta questa messinscena solo per strappargli un breve abbraccio. Il “rovescio della medaglia” sarà Girodel, anni dopo, quando vorrà sposarla. Ma lui vede solo il suo fascino sessuale, mentre Fersen vedeva in lei solo l’amico. Nessuno dei due la comprende, accetta e ama completamente, con tutte le sue sfaccettature: André si adatta, con una generosità d’animo che non hanno né Fersen, né Girodel, né Oscar stessa. Dapprima scuote la testa, non capisce perché voglia interpretare il ruolo della damina, ci ride perfino sopra. Eppure, quando la vede rimane incantato. Nel manga la scena è ancora più chiara: Oscar va a un ballo per incontrare un uomo che non l’apprezza, e mentre esce di casa André la segue con lo sguardo pensando con tenerezza “La mia Oscar!” 8 Non c’è ma che tenga, sembra dire questa scena: qualunque cosa faccia, Oscar è legata ad André e a nessun altro.

La psicologia dell’anime diventa a tratti perfino contraddittoria. Perché Oscar dovrebbe innamorarsi di André? Vicino a lei egli spesso perde la sua dignità, si dimostra più debole, e questo fino alla fine. Ricordiamo le scene della Normandia, dove c’è un inequivocabile confronto tra André e un vecchio lupo! Anche la famosa notte del 12 luglio ha luogo perché i due cadono in un’imboscata e André – non lei, naturalmente – viene colpito, perde i sensi e lei lo deve salvare, prima di decidere – sì, è ancora lei – di cambiare strada per andare a Parigi. E ancora, lei lo vuole mandare a casa perché lo sa ormai quasi cieco. Ma in ogni caso, sia nell’anime che nel manga è davanti alla sua incrollabile lealtà, al coraggio da lui dimostrato a non dirle delle condizioni della sua vista per rimanerle vicino, la sua generosità e la tenacia ad amarla in tutti questi anni che la resistenza di Oscar cede. Non è solo lui a maturare sempre di più, ad avvicinarsi sempre di più a lei, dimostrando di essere degno di lei, controllandosi, essendo anche più testardo di lei quando occorre, e proteggendola soprattutto da se stessa. Anche Oscar matura, comprende le proprie debolezze e imperfezioni, capisce di essere solo un essere umano come tutti, e che ha bisogno di almeno una persona di cui potersi fidare. Per tanti anni sembrava – e probabilmente si credeva anche lei stessa – invincibile, ma l’incalzare della Storia e il susseguirsi di eventi tragici le dimostrano sempre più che sbaglia. La tensione tra la sua solidarietà per la famiglia reale e quella per il popolo francese, insieme al dover decidere se donare tutta se stessa a un uomo la lacerano: dopo la proposta di Girodel avverte dentro di sé che il suo destino sta per compiersi, e comincia a bere. Anche la sua tubercolosi e la cecità di André l’aiutano a rappacificarsi con ciò che teme di più, i suoi sentimenti più intimi, ricordandole che la vita non dura in eterno e che deve decidersi ad accettarli. Sin da bambina è stata incoraggiata in tutto e abituata a credere di averla sempre vinta, ma infine deve piegarsi al destino.

Stranamente, cosa succede nell’anime? Dopo la loro notte d’amore, Oscar si vede come compagna di André, e all’improvviso gli vuole lasciare la decisione di andare in battaglia. Un’idea tanto superflua quanto ridicola, che difatti nel manga non compare. André e lei hanno gli stessi ideali, ma lui non è un “leader”, e lo sanno entrambi. Forse lo fa per mantenere la forma davanti agli altri; ma non è da lei nascondersi dietro alle formalità. Sembra che Oscar non sappia accettare il fatto di aver dato il suo cuore a un uomo e non appartenere più esclusivamente a se stessa. Sembra confusa, e confonde anche lo spettatore. Oscar nel ruolo della mogliettina? Assurdo. Che senso avrebbe creare una donna insolita come lei per poi relegarla nel ruolo della donnetta? Non vede altro modo di essere insieme al suo uomo? Assurdo ancora di più ricordando la scena del quadro, dove André la vedeva raffigurata come la dea Atena, e distintamente con la spada al fianco. Nel manga questo non accade e la psicologia sia dei personaggi che dell’intreccio finale della vicenda rimane intatta. Ma anche qui, nel giro di due giorni muoiono entrambi. Il che ci porta immancabilmente alla domanda che si sono poste innumerevoli lettrici / spettatrici: era davvero necessario questo finale così tragico?

Era improbabile che una donna giovane e bella come Oscar non conoscesse mai l’amore, e inoltre avrebbe deluso l’affezionata lettrice / spettatrice J. E’ la storia di una donna che si evolve; anche nei titoli iniziali dell’anime si vede la rosa bianca, il simbolo di Oscar, diventare poco a poco rossa. E’ un personaggio d’azione, e guardare se stessa, scoprire i propri sentimenti e affrontarli è il suo maggiore problema, a cui sfugge per tanti anni dietro all’uniforme e all’amore non corrisposto (non a caso viene paragonata tanto spesso a una rosa – le spine non mancano!) La situazione di André non è particolare come quella di Oscar; non ha il problema della dualità sessuale che ha lei, e ama una sola volta nella vita. Per lui la scelta è una sola, e la segue fino alla fine, anche quando gli rimane solo la forza della disperazione. André comincia a conoscere e sviluppare il suo valore senza perdere mai la modestia, sapendo bene che non è un eroe per ambizione, ma perché è un uomo innamorato che deve raggiungere la donna che ama perché sa che questa, anche se gli vuole bene, non si adeguerà mai a un compagno al disotto del suo livello e che se vuole rimanere con lei, anche lui deve diventare un eroe. (Mi riferisco espressamente al manga: diversamente dall’anime, qui si vede benissimo che nessuno dei due è più forte, ma che i due combaciano perché lei è forte dove lui è debole, e viceversa.) E André non è irritato da questo fatto perché lei lo fa inconsciamente, senza ogni malizia. All’inizio André è inferiore a lei, ma anche qui l’amore si rivela la virtù più alta di tutte, che può riscattare qualsiasi debolezza personale. E Oscar, dal suo canto, deve imparare a portare pazienza e accettare i propri limiti umani, senza per questo abbandonare i suoi princìpi.

Il 13 luglio, per amor suo e del popolo francese Oscar rinuncia al suo titolo e a ogni ricchezza e rinnega la sua famiglia. Tutta la sua vita è stata irrequieta, come in cerca di qualcosa a cui donarsi interamente; ora sembra averla finalmente trovata e fa la sua seconda grande scelta: desidera amore e libertà, una nuova vita per sé e tutta la Francia, ed è pronta a lottare con tutta se stessa per questo. E proprio con questo si rivela troppo “divina”, troppo innocente, troppo poco a conoscenza del mondo che la circonda, troppo abituata ad averla vinta. Non le era venuto in mente che André potesse morire in battaglia; non aveva pensato quanto a lungo potesse durare la Rivoluzione, che questa potesse significare la morte per il re e la regina che le sono stati amici tutta una vita. Viziata da amore e ammirazione per tutta la vita, Oscar è troppo sicura di sé. E’ se stessa, ed è questo che la rende tanto affascinante; ma è solo con la morte di André che Oscar se ne rende conto. La battaglia più grande della sua vita l’ha condotta con se stessa: ha speso la vita a scoprire chi è e com’è veramente, nel profondo del suo cuore, e quando lo scopre, è al prezzo della vita. In una cosa soltanto lei e André sono esattamente uguali: nella paura di perdersi l’un l’altro, e soffrono e si trovano solo dopo tanti anni perché lei, per essere se stessa, non lo vuole sapere, e lui, sempre per essere se stesso, lo sa fin troppo bene.

Per tanti anni Oscar non si era resa conta dell’amore di André per lei, o meglio, non voleva saperlo. André non glielo dice per lungo tempo, un po’ per via delle loro diverse classi sociali, un po’ perché non la vuole costringere, un po’ per timidezza e l’orgoglio maschile di non volerle confessare il bisogno che ha di lei. Nell’anime questo conflitto è più esplicito che nel manga: l’egotismo di Oscar tocca il vertice quando, dopo aver troncato con Fersen, in pratica licenzia André, togliendogli l’unica cosa che gli aveva fatto sopportare gli anni di amore non corrisposto – poterle essere vicino – e lui è così portato alla disperazione da perdere per una volta il controllo. Oscar, che temeva sempre di non essere “abbastanza donna” per via della sua ambiguità, deve apprendere nel modo peggiore che c’è un uomo che la desidera alla follia, venendo quasi violentata; e anche André scopre la sua mascolinità nel modo peggiore, atterrito dalla ferocia che ha dentro di sé. Dopo questo choc i due impiegano anni, sempre alle prese con le crisi politiche sempre peggiori e i problemi con la Guardia Francese, prima di riuscire, almeno per breve tempo, a essere insieme sotto ogni aspetto. André diventa uomo attraverso Oscar, come lei attraverso di lui diventa donna; questo simboleggiato anche qui dal cambiamento esteriore, i capelli più corti. Oscar diventa finalmente “umana”, con tutto ciò che ne consegue, e André diventa eroe per esserle vicino anche come compagno. Eppure, non c’è spazio per il lieto fine. Ancora una volta: perché?

Credo che non dobbiamo mettere in discussione che sia Oscar che André siano due eroi. Allora chiediamoci, da che cosa si riconosce un eroe? André, soprattutto nell’anime, si trova spesso nel ruolo del perdente. Eppure porta pazienza, gli basta essere vicino a Oscar per continuare con la sua vita. Non pretende mai di essere qualcosa di speciale perché ha una naturale autostima; si abbandona ai propri sentimenti per Oscar e non vive per nient’altro, perché solo con lei sa chi è. La sua indole passiva, pronta ad attraccarsi a qualcuno più forte di lui, diventa il fondamento delle sue qualità migliori: modestia, tenacia, generosità, fedeltà. Lui che già dall’inizio non possiede praticamente nulla fuorché il suo amore per lei, con la vista perde ogni possibilità di continuare a starle vicino, e il suo amore e la sua determinazione crescono sempre di più insieme alla sua disperazione, quando l’amore per lei è l’unica certezza che gli rimane nella vita. E’ l’altra metà di Oscar, è la sua amicizia sincera a darle l’appoggio per essere se stessa, per vivere quella sua personalità profondamente autentica. Oscar è la personificazioni di tutti i suoi sogni, la sua amica, la sua sorella, la compagna di tante avventure, la sua donna, la sua dea, e solo lui la conosce interamente. Sa che è difficile, per chi ama l’indipendenza come lei, dover accettare di essere così profondamente legata a qualcuno: ed è implicito che una donna come lei non potrebbe mai amare o essere resa felice da un uomo che tenterebbe, in qualsiasi maniera, di imprigionarla. E’ lui a darle appoggio, ma quello che lei sa creare da questo suo appoggio lo affascina e stravolge ogni volta. Una delle sottili ironie del racconto è che con André, posto al fianco di Oscar da suo padre per esserle un compagno maschile, lei impari ad affrontare i propri sentimenti e non a reprimerli e diventare “dura” e “maschile”, come avrebbe voluto suo padre. André sa che, per quanto severa e inflessibile, Oscar è profondamente buona, e per questo la segue in ogni impresa, o la trattiene quando rischia di essere infedele a se stessa. Anche nel ritratto non la vede come il violento Marte, ma come Atena, la dea vergine che lotta solo per difendere. Come lei, è leale, onesto, coraggioso, e il coraggio significa anche guardare e accettare se stessi. E’ questo che denota un vero eroe, e che prova che anche lui lo è.
Oscar è una donna insolita con la sua grinta che non le impedisce di essere profondamente femmina, bellissima nei suoi abiti semplici proprio nel periodo del Rococò, quando le donne si ornavano di pizzi e nastri a chi più ne ha più ne metta, non dolce ma buona, comprensiva ma non sottomessa, sicura di sé, determinata, solitaria, fiera, selvaggia e impetuosa come un mare in tempesta o un’animale selvaggio. Rappresenta, insomma, “l’essere umano ideale” secondo Rousseau. Inoltre, personificando la libertà, ricorda le creature divine che compaiono in molte leggende, che per poter compiere una missione devono fare l’esperienza dell’umanità. Né possiede né raggiunge mai nulla di particolare; è qualcosa di particolare. Ora, nel nostro mondo odierno è abbastanza “normale” che le donne vivano indipendenti (anche se meno degli uomini, grrr… quindi rimane giusto e credibile che la libertà sia raffigurata da una donna). Sorprende di più André, un uomo che non cela o cerca di lottare contro la sua innata sensibilità diventando uno smidollato o uno spaccone, ma la accetta e impara a farne la sua forza più grande. Anche con quel lieve alone di fragilità che lo circonda fino alla fine, è profondamente uomo. Ha la fortuna di crescere con Oscar, che accetta la sua sensibilità, mentre se fosse cresciuto tra degli uomini probabilmente sarebbe finito schiacciato: quando poi vive in un ambiente maschile che più non si può, tra i soldati, è già abbastanza sicuro di sé da farsi rispettare, e da trovare un amico in Alain, il peggior “bestione” di tutti. Mentre lei scopre la sua umanità, lui, facendo di necessità virtù, sviluppa ciò che ha di divino in sé.
Ciò che prova che quello di Oscar e André è amore vero è che ognuno sappia trarre dall’altro il meglio di sé, che ognuno conosca sia i pregi che i difetti dell’altro, e che uno sappia sostenere l’altro perché si rispettano profondamente a vicenda. Lui l’ama e l’ammira proprio perché è così diversa, rifiutandosi di essere “solo” donna, e questo gli fa rispettare anche la sua castità, per quanto possa desiderarla; da qui anche le rose bianche che ama tanto, a simboleggiare che è innamorato di una vergine. (D’altronde, guardando bene lei lo seduce di continuo – non a fare l’amore, ma a scoprire e sviluppare il meglio di sé.) E la sua imperfezione, la dignità naturale che gli fa accettare le sue debolezze lo rendono il personaggio più umano e toccante di tutta la vicenda, e il più interessante, perché è quello che si evolve più di tutti. André è un uomo pacifico, lotta solo quando è assolutamente necessario; e Oscar, a sua volta, sa che in situazioni difficili o disperate non serve tirarsi indietro, ma bisogna correre rischi. Ed è proprio questo a rendere il loro rapporto così speciale, così lontano dalle solite ripicche e le lotte per dominarsi l’un l’altro che prevalgono in tantissime coppie; non è fondato sui “soliti” pilastri come il romanticismo e l’attrazione fisica, ma sull’amicizia, saldata da una profondissima conoscenza, stima e fiducia l’uno dell’altra. Oscar e André imparano insieme ogni cosa, ognuno è artefice della personalità dell’altro, condividono ogni cosa, perfino – altra ironia – l’esperienza dell’amore non corrisposto: André comincia a struggersi per Oscar proprio mentre lei sospira dietro a Fersen. Eppure questo triangolo non è pervaso da odio e gelosia: bellissima la cena insieme dopo il ritorno del conte dalle Americhe, dove si vede distintamente che tutti e tre i personaggi si apprezzano e rispettano a vicenda, al di là di ogni interesse personale. Oscar e André letteralmente vedono l’infinito l’una negli occhi dell’altro; ciò che conta di più per loro è poter essere insieme, perché sanno che insieme possono sormontare ogni ostacolo. Sono fatti per completarsi: lei è una persona di gran veduta, lui è realista, lei guarda al domani, lui all’oggi, è lei a iniziare le cose e lui a portarle a termine rispettivamente aiutare lei a portarle a termine. Ognuno è custode del cuore dell’altro, e nessuno sa essere felice se l’altro non lo è a sua volta. In questa maniera vivono un rapporto armonioso per venticinque anni, il che è probabilmente più di quanto non possano dire molte coppie, sposate e non, che hanno un rapporto a livello romantico-erotico.

Oscar ha vissuto nell’unico modo possibile per lei, perché vivendo come una donna “comune” avrebbe prima o dopo dovuto sposare un qualsiasi nobile scelto per lei da suo padre, e quanto ad André, probabilmente non si sarebbero mai più rivisti. Dopo aver finalmente accettato i suoi sentimenti si sente viva, anima e corpo: il giorno dopo, proprio per questo, sa di essere morta. Credeva che lei e il suo compagno sarebbero stati insieme per un tempo indeterminato, e proprio ora, dopo avergli donato tutto di sé, lo ha perduto. Solo dopo la sua morte si rende conto di che cosa è sempre stato il fondamento della sua vita: non è solo una natura forte e coraggiosa, ha anche gran cuore, pur se per lungo tempo non lo vuole ammettere. Come molte persone di sentimenti profondi li rinchiude in se stessa, per esempio dietro alle palpebre abbassate, una sua posa tipica. Ma in fondo sono i suoi sentimenti, che tanto teme, la sua vera forza. La sua vita non è dettata unicamente dal codice d’onore nobiliare, duro e inflessibile, imparato dal padre; i suoi sono ideali vissuti non solo nella mente e nel braccio ma innanzi tutto nel cuore, e questo lo può fare perché si sente amata. L’affetto che riceve – certo non solo, ma soprattutto da André – tramuta la sua natura irosa in un forte senso di responsabilità, di dovere di difendere e proteggere: la famiglia reale, Rosalie, lo stesso André, chiunque altri ne abbia bisogno. Tipica caratteristica di un’eroina, Oscar non solo non vuole, ma non riesce ad essere infedele a se stessa. Fa ciò che il dovere improntato dal padre le richiede, ma solo fino a dove glielo permette la sua propria coscienza. E’ questo che la rende veramente nobile, non solo per titolo come tanto spesso accadeva nel tempo in cui vive, quando la maggior parte degli aristocratici pensava solo a godere dei propri privilegi senza vedere la loro posizione anche come un dovere.

Le rose di Versailles comincia come biografia di Maria Antonietta per poi raffigurare gli sfondi storici e personali che portarono alla Rivoluzione francese: uno dei suoi temi principali è la storia d’amicizia e d’amore tra una nobile e un uomo di origini semplici, e richiedeva di conseguenza un finale che mantenesse la parallela con la Rivoluzione. André, come dice lui stesso, è l’ombra di Oscar. Simbolicamente ”ombra” significa “anima”, ed è innegabile che è in gran parte l’amore di André ad “animarla”. Ma quando mai luce e ombra si congiungono completamente? La notte d’amore di Oscar e André è un evento eccezionale come un’eclissi, la prima unione doveva per forza rimanere l’unica. Non è l’inizio della loro relazione ma il completamento, la conclusione, la perfezione finalmente raggiunta. E’ forse il momento più bello delle loro vite, ma anche l’ultimo momento bello che condivideranno, prima della catastrofe ormai inarrestabile. Alla fine sono riuniti, sì, ma solo nella morte, forse in un mondo migliore. Dopo tutti gli anni che André ha rincorso lei, infine è Oscar a dover dare la vita per ritrovare lui. Il suo destino si compie, diventa finalmente una vera eroina, ovverosia una via di mezzo tra essere divino e umano. “L’eroina senza causa” sembra aver passato tutta la vita a prepararsi all’assalto della Bastiglia, a fare dinanzi al mondo ciò che ha fatto per una vita: lanciare la sfida a tutti coloro che vogliono imprigionare ciò che Rousseau chiamava “la libertà dello spirito”, entrando non nella Storia ma nella leggenda.

Il vero ostacolo del suo carattere non è dunque la femminilità ma l’imperfezione: impiega vent’anni prima di trovare i suoi limiti, vedere che è “solo” un essere umano, accettare che ha bisogno dell’affetto che le può dare un uomo. Anche qui è libera: tagliata fuori da ogni ruolo sessuale, non è sottoposta a nessuna aspettativa e può aspettare che il suo compagno la raggiunga. Forse non se ne rende neppure conto, ma la mia impressione era sempre che fosse lei ad attendere lui, e non viceversa. Lei e André hanno sempre diviso tutto, era scontato che diventassero una coppia, e credo che entrambi lo sappiano; ma Oscar non vuole decidersi per André solo perché “tutto a lui la guida” (altra parallela: è il titolo dell’ultimo capitolo del manga nonché la frase incisa sull’anello che Maria Antonietta diede al cavaliere de Jarjayes (!) l’ultima volta che la vide, nella Conciergerie, perché lo desse al conte di Fersen 9), ma solo quando entrambi saranno pronti a vivere un sentimento così grande. Oscar vuole darsi completamente a un uomo o non darsi affatto. Ma il lato negativo è che, anche qui come Maria Antonietta, Oscar vive bene perché non capisce cosa sia veramente il fondamento della sua vita. Versailles con il suo rigido protocollo, i suoi intrighi, i suoi svaghi, lontana dal resto del mondo, cela a entrambe la realtà esterna, e si trovano in netto contrasto con il nuovo mondo fondato sugli ideali di Voltaire e Rousseau. Scena chiave quella dopo l’incidente a cavallo di Maria Antonietta, dove Oscar, il conte di Fersen e Maria Antonietta si lanciano alla difesa di André minacciato di morte. Il re appare esageratamente duro e severo, forse un po’ come a volte i nostri genitori o qualche maestro di scuola J. Ma ecco schierarsi contro di lui questi quattro personaggi tutti al disotto dei vent’anni, dimostrando il loro gran cuore e il loro profondo senso di giustizia noncuranti dell’appartenenza alle loro diversi classi sociali. Eppure la loro generosità, che in questo momento ci affascina, si rivela fondata sulla sconoscenza della vita. Per quanto il loro idealismo sia ammirevole, tutti e quattro hanno sempre vissuto una vita abbastanza facile fino a ora, e con gli anni si troveranno senza scampo in rotta di collisione con la realtà. André e Oscar in fondo sono fortunati a morire presto e non dover vedere gli anni dopo la Rivoluzione, dove i loro sogni di una Francia libera e più giusta annegano nel sangue. Oscar vede molto più in là degli altri, giustamente la sigla dell’anime la raffigura su una roccia, scrutando l’orizzonte. Maria Antonietta non ha visioni, sceglie sempre la via più facile, per poi scoprire che si è scavata la propria fossa. Oscar capisce la situazione sia alla reggia che in Francia meglio di lei, e vede anche vie di soluzione, ma alla fine deve piegarsi a non poterle imporre a nessuno. Deve accettare di essere “solo un minuscolo ingranaggio nella ruota della Storia”, come dirà ad André nel manga 10. Diventa un’eroina nel senso classico della parola, cioè non qualcuno che fa sempre la cosa giusta e vince sempre, ma qualcuno che dà tutto di sé ai propri ideali, anche la vita.

Le rose di Versailles è un racconto basato sulle scelte, cioè della paura che abbiamo tutti di fare una scelta e inseguirla per scoprire troppo tardi che era sbagliata. André fa la sua scelta presto nella vita, quella di vivere per Oscar, e attraversa dure sofferenze finché lei non gli dichiara di ricambiarlo, confermandogli che la sua scelta era giusta. Oscar decide solo dopo molto tempo di vivere per la Rivoluzione (ultima ironia da parte di Riyoko: dal casato dei Jarjayes, da sempre fedelissimo ai Borboni, ha fatto nascere la persona che simboleggia la libertà, e che guiderà la Rivoluzione! Altro tema della sua vicenda, sempre attualissimo, è quindi l’insubordinazione della nuova generazione contro quella vecchia). Aveva deciso di servire Maria Antonietta molti anni prima, tra lei e la contessa du Barry, e voleva rimanere fedele a questa decisione. Decidere ora di essere la donna di André e di battersi per il popolo sono tutt’uno per Oscar, è la decisione del suo cuore: ma è l’antico dramma della vita che nessuna scelta è mai perfetta. La sua diserzione può sembrare sbagliata, ma Oscar non ha gran alternativa nella sua situazione, convinta ormai dalle teorie della Rivoluzione e legata a un uomo di origine borghese. Inoltre, se non avesse deciso per la Rivoluzione non si sarebbe decisa neppure per André, il che avrebbe compromesso la decisione di lui. Da un lato, Oscar è una vittima del destino non meno della regina; dall’altro (anche qui il suo destino è orientato diagonalmente a quello di André), le sue qualità migliori sono anche i suoi peggiori difetti. Riguardo ai sentimenti personali è lei a essere mezza cieca, non André. La sua ambizione verso se stessa è sempre alta, troppo alta forse. Sa che è nata per compiere qualcosa di speciale, e sembra che voglia riuscirci a ogni costo, usando tutte le qualità e opportunità datele dalla vita, ragione di più per cui non sarebbe più né stata se stessa né felice nella tranquilla vita borghese che l’avrebbe attesa con André al suo fianco. L’anime suggerisce, particolarmente durante la sua ultima notte, che Oscar ha scelto male la sua vita e che avrebbe fatto meglio ad accettare il suo “destino di donna”. Forse sarebbe stata più felice così, forse basta davvero che una donna renda felice un uomo, e che questo valga di più di cambiare il mondo. Ma che senso fa Oscar ancora, senza la spada in mano? Il personaggio perderebbe tutta la sua particolarità. Oscar era un soldato perché questo le permetteva di vivere per i suoi ideali di libertà e giustizia, e sarebbe assurdo illudersi che il suo sogno segreto fosse quello di essere una brava mogliettina e madre, invece di “sprecare” la vita a inseguire cose che in verità né voleva, né erano adatte per lei.

Oscar sapeva sempre che quando occorre bisogna lottare; ma non ha mai capito quanto possa essere alto il prezzo della battaglia fino alla morte di André. Scopre per propria esperienza gli orrori della guerra, deve capire che in guerra c’è sempre qualcuno che perde; e proprio lei, abituata ad averla sempre vinta, subisce la perdita più grande quello stesso giorno. Sembrava sempre che si sentisse viva solo quando combatte per o contro qualcosa; troppo tardi ha scoperto che si sente viva perché ama e si senta amata. Non si pente mai della sua prima scelta, anzi, nel manga arriva al punto di ringraziare il padre di averle donato questa vita, che le ha permesso di vedere la vita intera e non solo lo squarcio di norma riservato alle donne 11. Ma come la Rivoluzione, volendo tutto, perde tutto. Nel corso di trentasei ore perde davvero l’innocenza, in ogni senso. Voleva a tutti i costi essere eroica, e a proprie spese ha dovuto imparare che non è la perfezione a rendere eroici, ma proprio il saper affrontare i propri difetti, gli sbagli, le paure, i dolori. Ad André l’amore aveva sempre aiutato a vincere la paura di vivere; a lei farà vincere la paura di morire. Oscar non ha mai temuto nulla che potesse combattere con la spada o le pistole, o a pugni; temeva se stessa, perché in fondo sapeva che non può vivere senza amore e che da sola, senza appoggio, non concluderebbe nulla. E difatti, dopo la morte di André, tutta la sua esistenza crolla come un albero senza radici. Ma anche qui, dimostra grandezza: non fugge il suo dolore, lo accetta fino a spezzarsi.

Oscar è sempre stata una donna tutta d’un pezzo, non è fatta per i compromessi. André l’aveva aspettata per anni perché non poteva vivere senza di lei, ma anche perché aveva sempre la speranza di poterla conquistare. Anche Oscar capisce finalmente che non può vivere senza di lui, ma non le rimane niente, neppure la speranza. Con la sua seconda scelta ha bruciato i ponti e lasciato tutto dietro di sé: la sua casa, la famiglia reale, tutta la sua vita. Sorretta dall’amore di André credeva di poter conquistare il mondo, come era sempre riuscita a fare fronte a qualsiasi prova perché c’era lui al suo fianco. Il suo gesto è indispensabile per il proseguimento della Storia, perché è con Oscar quale comandante della Guardia Francese che i rivoluzionari vinceranno l’assedio della Bastiglia: ma per lei è la fine. Capisce ora che cosa è sempre stato più forte di lei, ed è l’amore. Era l’amore di cui e per cui ha vissuto tutta la vita, ed è stato proprio volendo essere fedele a se stessa e “compiere la sua missione”, cioè andando in battaglia, che ha distrutto sia il proprio futuro che quello del suo compagno. Il timido André, attraverso l’amore, muore come eroe; da questo segue che lei, che le aveva sempre vinte tutte, attraverso l’amore debba morire distrutta, vinta. La Rivoluzione è imminente, la tisi la sta soffocando: Oscar sceglie di morire.

La donna che si credeva e sembrava sempre capace di tutto comprende di essere “solo” umana e che senza sentirsi amata è perduta, e fa la sua terza e ultima scelta. Il giorno dopo la lotta sotto alla Bastiglia è comandata da una donna che ha sempre simboleggiato la libertà, che lotta per le cose in cui crede, ma anche da una donna tormentata dal dolore per la perdita del suo compagno e dallo spasimo nei suoi polmoni, e che sa che non ha più nulla da perdere. Il suo destino si compie, dea e donna diventano una persona sola, un’eroina senza compromessi. Oscar muore per fedeltà agli ideali che ha sempre vissuto, ma non c’è dubbio che se avesse sopravvissuto alla battaglia non si sarebbe mai ripresa dalla tisi. L’anime suggerisce che muoia per un cuore spezzato, ma secondo me non è proprio così. Sono i due aspetti del suo io a fondersi finalmente: la dea muore per i suoi ideali di libertà e di giustizia, la donna muore perché non vuole stare neanche un giorno separata dall’uomo che ama. La morte di André ha qualcosa di consolante, perché suggerisce che i due si ritroveranno in un altro mondo. E, ultima parallela con la Storia, con loro muoiono anche gli ideali della Rivoluzione lasciando il posto al regime del Terrore. Lo slancio, la fede e la convinzione che hanno portato all’inizio di una nuova era non durano di più dell’unione completa di Oscar e André: il 14 giugno è un giorno indimenticabile e festeggiato in Francia fino a oggi, quello della caduta della Bastiglia, a simboleggiare per sempre la libertà dell’individuo, il potere e la solidarietà della comunità, ma che portava già in sé il seme della catastrofe, esattamente come l’unione dei nostri due eroi. Quello a cui anelavano sia la Rivoluzione sia il rapporto d’amore tra Oscar a André era troppo grande per poter esistere in questo mondo, l’unione perfetta tra due elementi così diversi come libertà e fraternità è qualcosa che fa, in ogni caso, “tremare la terra”, che può durare solo per un breve periodo, seguito da distruzione e tristezza. Tornando quindi alla mia speculazione iniziale, abbiamo la spiegazione per la loro morte, che sembra prematura: perché lei e André possano rimanere loro stessi e insieme, la vita di entrambi deve chiudere il cerchio. Così André morendo si sacrifica per lei, e lei apre la via a una nuova Francia. E, ultima parallela con la Rivoluzione, se la fratellanza non poteva vivere senza la libertà, ora è la libertà a morire senza la fratellanza.

Oscar è e rimane per me un personaggio ammirevole perché riesce a unificare due aspetti della donna che per me sono i più belli, ma anche i più difficili: la dea e la femmina. Personalmente a distanza di tutti questi anni non ho conosciuto nessun’altra donna, reale o inventata, che ci riesca in maniera così bella e completa. Non che io creda che tutte le donne debbano essere come lei, ma ammiro ancora il suo invito a prendere in mano il nostro destino, a vivere invece di essere vissuti. Non ci sono molte eroine femminili di questo tipo, combattive e spavalde, che inseguono i loro ideali in maniera quasi donchisciottesca. (A parte, forse, Giovanna d’Arco... J ma lei è “la Pulzella” e quindi non può essere femmina. Forse è una delle sante più conosciute non solo per il suo eroismo, ma anche come avvertimento, perché come tutte le donne che osano troppo, cioè escono dal loro ruolo tradizionale, secondo le aspettative comuni “meritava” di finire male.) Oscar è una persona assolutamente libera, la realizzazione dell’impossibile sogno di libertà e indipendenza incondizionata, e la sua sola esistenza è come uno schiaffo in faccia, paragonabile forse a Capitan Harlock, un altro eroe della mia infanzia e – guarda caso – anche lui non destinato a un qualsiasi tipo di lieto fine. L’anime sembra, soprattutto verso la fine, voler ricambiare lo schiaffo: “Ragazza, ma ti sei dimenticata dov’è il tuo posto?! Una vera donna si sottomette alla volontà del suo uomo (che naturalmente la sa più lunga di lei) e non fiata! E se non lo vuoi capire, la pagherai cara!” Eppure i personaggi ideati da Riyoko sono talmente vivi da sopravvivere anche a questo assalto abbastanza incolumi, senza finire come due ridicole pedine sulla scacchiera della Storia, lui vittima di lei, lei vittima della propria presunzione. In verità è vittima del suo idealismo: è nata come essere divino, e fallisce perché comprende troppo tardi che le regole divine – fin troppo spesso – non sono valide su questa terra. Alain, che è un po’ il suo alter ego maschile, sopravvive perché lui conosce le bassezze umane per propria esperienza, e quindi lo sa.

Non c’è posto per il lieto fine in terra per un essere “divino”; neppure per André ormai, che si è avvicinato troppo a lei. Oscar vuole essere fedele a se stessa, André vuole essere fedele a lei, e nella loro situazione, solo la morte offre loro di poter rimanere così. Se avessero sopravvissuto, non sarebbero mai più stati loro come li conosciamo: il personaggio di Oscar non è nato per il lieto fine, ma proprio per cambiare il mondo. Anche la Rivoluzione francese in un primo luogo non riuscì a migliorare la vita del popolo di Francia, ma è rimasta fino a oggi una frattura nella Storia, un momento da cui in avanti tutto cambiò per sempre. Oscar è nata per dimostrare che una donna può vivere per i suoi ideali a costo della vita, a discapito del fatto che ha l’uomo giusto sotto mano – si fa per dire; che vera femminilità e spirito eroico non devono escludersi e che nessuna donna è nata solo per la sottomissione e la dolcezza. E guardiamoci intorno: quante lettrici e spettatrici questa donna e la storia della sua vita ha impressionato e cambiato per sempre, il nostro modo di pensare, di vivere, di vedere il mondo? Credo che sia per questo che l’amiamo e ammiriamo tanto: perché persone come lei, anche se fittizie, hanno una personalità così credibile e autentica da farci credere e sperare che questi ideali esistano, e che ci siano al mondo persone capaci sia di vivere che di morire per essi. Oscar doveva morire giovane per rimanere per sempre giovane e bella nella sua leggenda, brandendo la spada e sfidando chiunque voglia compromettere la libertà e l’indipendenza dell’individuo, ricordarci per sempre i nostri sogni, invitarci a seguire il nostro cuore e pensare per noi stessi, dimostrare che una persona può essere al di là da ogni dogma, ogni aspettativa e ogni formalità eppure vivere una vita appassionata e appagata, ed essere amata e ammirata da molti. E’ soprattutto per questo che il finale della vicenda è così deprimente: Oscar e André sono diventati così ammirevoli e contemporaneamente così disperatamente umani che ci siamo affezionati a loro al punto di non poter accettare che debbano morire, quasi a lasciarci soli, anche se riusciamo ad comprendere che non poteva andare diversamente.

Non c’è un momento in questa storia che non sembri traspirare la frase: “Segui il tuo cuore.” Troppo bello per essere vero? Non che io creda che persone e rapporti simili esistano solo nella fantasia, ma sono certamente rari. Forse questo tipo di vita e di amore sono possibili soltanto in circostanze molto più estreme che non la nostra vita odierna, che è’ più facile e sicura, ma anche più superficiale, e rende molto più rari non solo forti dolori, ma anche grandi gioie e passioni. Non è certo molto “divertente” essere un eroe, ma dà un senso alla vita, e anche alla morte, mentre nella nostra cultura occidentale l’argomento della morte è pressoché tabù. Nell’ambito culturale giapponese l’idea della rinascita è normale (nel manga, Charlotte poco prima della morte esprime il desiderio di rinascere in una famiglia comune 12, e il principe Joseph di rinascere forte e non ammalarsi mai 13) rispettivamente si ritroverà in un mondo etereo (nel manga, sopra il letto di morte della nonna di André si vede lo spirito di lui insieme a quello di Oscar, che si tengono strettamente uniti 14). Ciò che rende tanto credibile e travolgente questo racconto è che anche i suoi protagonisti “buoni” non sono per niente perfetti, ma profondamente umani, tormentati: veri eroi perché non lottano unicamente per vincere, ma per lottare. La loro storia è stata escogitata da una donna giapponese, e che il popolo e la cultura giapponese si trovarono pressoché annientati durante la Seconda Guerra Mondiale, con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. E si osserva fino a oggi come i superstiti e i loro eredi inventano storie di guerra in ogni variazione nel tentativo di guarire le ferite orrende dovute a questi avvenimenti. E gli elementi vitali per questo sono lottare per ciò che ci sta a cuore, ma anche, quando non si può più fare nulla, accettare il proprio destino in bene e in male. La profonda autostima di Oscar e André si basa sul fatto che, anche se inconsciamente, conoscono e accettano i propri destini: lei quello di accendere una luce nel mondo, lui quello di assisterla e sorreggerla in questo compito.
Parlando di realismo, questa a mio sapere è anche l’unico anime giapponese tanto “adulto”, dove compaia una notte d’amore, esplicita per quanto discreta; ed è anche l’unica (o una delle poche), a mio sapere, con un finale talmente tragico. I due protagonisti rubano solo un breve periodo d’amore a un mondo che non può, non deve, non vuole concepirli insieme, e sembra quasi volerli punire per invidia della rara bellezza e armonia del loro rapporto. Ma è proprio la tristezza che l’attraversa a rendere questa vicenda così avvincente. I momenti veramente belli che sono rari, e proprio per questo sono più preziosi. L’amore tra i due protagonisti è nato dalla disperazione, dall’atrocità della loro solitudine. Mentre tutto il mondo cade in pezzi intorno a loro, la loro amicizia si tramuta in un amore leggendario, sconfinato, troppo grande per questo mondo. Sarebbero stati così vicini se non avessero vissuto insieme tutte quelle avventure e disgrazie? Molto probabilmente no, dato che sono così differenti. Sono due persone sole, fuori da ogni norma, destinate a vivere una vita quasi senza sicurezze esterne, costrette a trovare la propria strada, pensare per se stesse, fare le proprie decisioni e scoprirsi giorno per giorno, e lottare per le proprie convinzioni invece di fare ciò che il mondo che li circonda vorrebbe imporre loro. Due eroi, appunto. E sembra quasi incredibile come possano diventare due persone come loro, che vastissima gamma di qualità, una più bella dell’altra, sappiano sviluppare vivendo al di fuori di ogni convenzione e ogni contesto sociale, ogni ruolo prescritto, appoggiati l’uno all’altra, al loro fortissimo legame, alla loro complicità, al saper trovare rifugio solo l’uno nell’altro. La loro vita è per me innanzi tutto un esempio di come potrebbero o dovrebbero essere la vita, l’amicizia, di quanto possa crescere un’anima che non segue altri che il suo cuore.
E’ una storia molto triste, sì. Ma non è questo il peggio. Il peggio è doversi chiedere, a distanza di vent’anni e più, quanti di noi che sono cresciuti con queste storie davanti agli occhi, siano riusciti a sviluppare anche solo lontanamente ciò che hanno di “divino” ed “eroico” in se stessi, o avere anche un solo rapporto, nella loro vita, simile a quelli mostrati qui, un’amicizia o un rapporto d’amore fondati sulla sincerità e la fede l’uno nell’altro; rispettivamente di vivere la propria vita con gli stessi o simili ideali, senza farsi abbindolare dai falsi compromessi e abbandonare i propri sogni.
 
 

 

pubblicazione sul sito Little Corner dell'ottobre 2006

 

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Note
1 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003
2 Alla base di questa mia interpretazione è l’essay pubblicato su www.ex.org/4.3/36-manga_versailles.html
3 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo IV, pag. 94 – 99
4 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo V, pag. 133
5 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo IV, pag. 109 – 110
6 Stefan Zweig: Marie Antoniette, Bildnis eines mittleren Charakters, Fischer Verlag, Frankfurt am Main 2002, pag. 10 – 11
7 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo VI, pag. 93 – 96
8 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo III, pag. 77
9 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo VI, pag. 145
10 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo V, pag. 54
11 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo IV, pag. 164 – 165
12 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo II, pag. 180 – 181
13 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo IV, pag. 186
14 Riyoko Ikeda: Die Rosen von Versailles, Carlsen Comics, Hamburg 2003, fascicolo V, pag. 281