Inferi - Processo alle intenzioni

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Premessa

 

Queste “riflessioni in libertà” nascono da un fitto brainstorming pomeridiano che ha impegnato la sottoscritta, mia sorella e un barattolo di una nota conserva alimentare al cioccolato (!!) e hanno avuto il coraggio di finire scritte su un foglio dopo la lettura, nella sezione Essays di Little Corner, degli interventi di Alessandra Veri uomini (e altri animali), Laura Su André: risposta a… e Sydreana La potenza delle immagini: un po’ come una talea, e oplà dal rampo principale germina un’altra pianta..

 

Sono capitata su questo sito per caso, e la prima impressione è stata di trovarsi “tra amiche” .

Eccole, ho pensato, le altre fidanzate di André, tutte coloro che a trent’anni o forse più e magari con un matrimonio felice in corso d’opera ancora arrossiscono un pochino e d’istinto abbassano lo sguardo di fronte a certe scene o sentendo certe frasi. Perché quando è troppo è troppo, meglio socchiudere gli occhi e lasciarsi affogare senza remore in un mare di dolcezza sconfinata, poco importa che ad esprimere tali sentimenti siano… due esseri di carta.

Non ho mai pensato che André, o Oscar, o nessuno degli altri fossero di carta, due esseri inanimati; mai per un solo momento… e non è perché ero piccola, non lo penso nemmeno adesso: troppo forte la carica umana ed emotiva che muove assieme a loro, direi che in un tessuto sociale spesso arido come il nostro sono molto più “uomini” (e donne, s’intende) di tanti altri .

Buona parte del merito alle voci, insuperabili, perfette, tanto da riscattare anche il film e certe sue cadute di stile; io ho visto il cartone in francese, in giapponese, ho conosciuto voci e parole diverse perché in alcuni casi la traduzione diverge, direi che la nostra è più sfumata, lieve, lascia alcune cose al “non detto” e alla mercè della nostra immaginazione più fervida (per un po’ ho rimpianto che Oscar non dicesse mai, nemmeno una volta ad André vivo che lo amava… con gli anni ho imparato ad apprezzare tantissimo quel “ti voglio bene” detto con la voce piena di pianto, come una liberazione, che ripaga non solo un uomo innamorato, ma il fratello, l’amico di sempre di anni di amore soffocato in silenzio).

André è stato il mio primo fidanzato (ed ha resistito molti anni insuperato), o, meglio, lui era la sublimazione di tutte le cose che avrei desiderato trovare in un ragazzo… timido ma non troppo, pieno di riguardi, allegro, uno di quelli che non ti abbaglia con imbarazzanti apprezzamenti su varie parti del corpo ma ti offre dei teneri complimenti al contrario (del tipo “non sei bassa”); mi viene in mente il riferimento alla diversa maturità di Oscar e della principessa pure coetanee, e, udite udite, persino lei sospetta il vezzo adulatorio della frase, oppure semplici incisi strumentali a qualcos’altro (del tipo come vuoi fare a mascherarti da Cavaliere Nero se sei bionda con una figura esile ed elegante)… a richiesta avrebbe negato fino alla morte che si trattasse di complimento, ma tant’è…

Insomma, se non è amore poco ci manca... ma veniamo al sodo.

La prima volta che io ho visto Lady Oscar avevo 11 anni ma ero “piccola” dentro, poco più che una bimba… morale, dell’episodio 28 io capii nulla, o meglio quanto segue:

che i miei due eroi avevano litigato (e di brutto);

che André per fare un dispetto ad Oscar la strattona e la prende a spintoni (lo strappo alla camicia poco più di un incidente).

Del resto - vere o presunte intenzioni- il nulla…

Una delle amichette, più sveglia, tentò di istillarmi il dubbio (lei i fatti della vita li conosceva già) ma io niente…

Ho capito qualche anno dopo, e la cosa mi fece paura. Cominciai a considerare quella una puntata “cattiva” anche se realmente non potevo credere che il mio André – che poi è quello di tutte- potesse aver solo pensato di commettere un’azione così vile e umiliante…

Anche nelle intenzioni, si intende… anche un’intenzione di per sé esecrabile può essere sufficiente a farti dubitare di una persona, portandoti a domandare a  te stessa “da che parte stai”? Lui, lei, nessuno, tutti?

In dubbio, “pro reo”.

Allora (al solo scopo di scagionarlo, si intende) ho cercato di ricostruire come si arriva a piangere su quel letto.

Il percorso fatto a ritroso rivela la descensio ad inferos di due anime che si affannano a nascondere l’un l’altra le proprie debolezze, scendendo fino al gradino più basso dell’autodistruzione, per poi risalire, confondendo di volta in volta i ruoli di carnefice e vittima: osservandoli agire solo in apparenza nell’episodio nr. 28 i ruoli sono chiari, sebbene su cosa voglia un uomo da una donna quando la schiaccia sotto di sé in quel modo c’è ben poco da dire.

Ma ognuno all’inferno dà la forma e il senso che vuole, lo secolarizza o lo ammanta di sacralità a seconda di cosa si possa temere o cercare nel luogo dell’eterno tormento (o dell’estasi!).

Inferno può essere la solitudine, inferno può essere l’amore se fa soffrire e diventa una lunga e triste agonia, il buio, le fiamme che bruciano nel camino (qualcuno ha mai fatto caso che da un certo punto in poi il camino a palazzo è sempre acceso?) o incendiano il sole al tramonto e rendono il cielo rosso, come il sangue o come la passione.

Le cose cambiano con l’episodio 20 (che Sydreana ha giustamente celebrato per quei fotogrammi struggenti sotto la pioggia); ricordo che dopo le prime inquadrature pensai “i ragazzi sono cresciuti”… emozioni da grandi, dolori da grandi, i tratti del  viso che si fanno più pensierosi e meno inclini alla risata per André, e più affilati e tesi per Oscar… la Oscar dei se e dei ma.. .

Cosa teme Oscar, di cosa ha paura? Ce lo dice lei stessa nella prima puntata… ha paura di crescere, di dover fare delle scelte. E fare i conti con quel dolorino sordo che sente in fondo all’anima deve essere una vera tortura, visto che ormai pensa di aver trovato una sua identità, per distorta che sia.

André potenzialmente non ha paura di niente… tranne che di lei, e ben presto si trova a destreggiarsi con una Oscar diversa, che non lo sgrida né lo tiranneggia, ma a modo suo lo ignora. Peggio, molto peggio.

Il titolo dell’episodio, “Una amore impossibile” a prima vista è chiarissimo, lapalissiano.. però…

Quale e di chi è l’amore impossibile?... il coro risponde quello di Fersen per la Regina, improponibile, irrealizzabile nei fatti; ma il loro è amore vero, vivo, che si consuma (nel senso anche biblico del termine) , che i protagonisti sbocconcellano rubando pochi momenti per sé; amore proibito, non impossibile.

Amore impossibile quello di André per Oscar? Sembrerebbe di sì, per come lei lo ignora, per come ignora le sue parole e i suoi silenzi, per come non vede lo sguardo con cui la accarezza prima di mandarsi al diavolo da solo alla fine della puntata, dopo averle chiesto se intende salutare Fersen… vai a salutarlo, come dire congedalo, fallo uscire dal tuo cuore e fai posto per me… lei di spalle sembra non sentire e piange; forse nemmeno sa perché.

Oppure amore impossibile quello di Oscar per Fersen? Decisamente, visto che se lei sapesse qualcosa in più dei fatti della vita forse capirebbe subito che è inutile sperare: l’amore di Fersen e Maria Antonietta, proprio perché forgiato alla fiamma distorta del sacrificio e della rinuncia, è più forte della privazione che lo incarna, ha il crisma dell’eternità, e niente lo può spezzare. Lei non vede e non sente però, sente solo la rabbia perché sta male e non sa perché, e in attesa di fare a fettine il mondo decide di sfogare su André le sue frustrazioni; lui le ha detto qualcosa di sé, “c’è chi ama senza che l’altro se ne accorga”, ma lei fa finta di niente, forse davvero non coglie la struggente dichiarazione di intenti di lui; forse Oscar pensa che stia parlando di lei, che lui le abbia letto nel cuore l’indefinito, che sappia anche meglio di lei cosa le sta capitando, e che parli di lei appesa ad un pensiero irrealizzabile - del resto André la conosce bene. Non è dato sapere fino a che punto Oscar capisca o non voglia capire, sta di fatto che davanti a lui questa volta come tante altre credo si sia sentita nuda e indifesa senza esserlo davvero, perché non c’è piega dell’anima che André non conosca, e nessuno più di lui “fa sul serio”.

Eppure André la disarma senza fatica… meglio di un sedativo, la coccola con quel mantello fradicio posato sulle sue spalle nel primo ed unico vero abbraccio, le toglie la rabbia dagli occhi quando lei nella stalla, magnifica ed incoerente alza i pugni e grida contro il mondo (dopo aver detto a lui di non alzare la voce); così lei la sera si mette il suo vestito bianco più bello, poco importa se è un’uniforme perché forse lui glielo suggerisce, la sostiene, la porta lui al ballo, accompagnandola con lo sguardo, perché quella sera lei non è di nessuno ed è tutta sua. Ma è solo un bagliore, un’illusione; in quella ragazza che insegue il suo sogno che parte, c’è il segno che il processo di autodistruzione è iniziato, perché lei ha scelto di soffrire e di far soffrire, pur non sapendo il perché.

I primi gradini verso gli inferi.

Non vorrei dire che le puntate che occupano lo scandalo della collana siano una fase di passaggio, perché non lo sono… e troviamo il buon André impegnato a far divertire le “sue ragazze” in Normandia (così diversa da quella fosca che accoglie Oscar, o quella bellissima e struggente ma purtroppo solo sognata dell’episodio 39); gli eventi incalzano e la mente si perde un pochino, ma otteniamo l’ennesima dimostrazione del fatto che Madamigella d’amore capisce pochissimo nell’episodio della morte di Jeanne, perché nessuno le spiega che invocare qualcuno come lei fa con André -che miracolosamente sente- non è per caso.

Fersen aleggia nell’aria come una presenza eterea, sottintesa, c’è ma viene evitato, da lei che non vuol ammettere che ci pensa, da André e il perché è chiaro… lui non torna, l’unica autorizzata a soffrirne legittimamente è Maria Antonietta, tutto il resto è fumo negli occhi.

Ma tant’è…

Quello che mi spinge a pensare agli episodi 20 e 25 come ad un continuum è un particolare iconografico… la scena dell’addio a Fersen con lei che cerca insensatamente di fermarlo, trova la sua ripresa ideale nella scena con cui si chiude la premessa dell’episodio 25 - lei che gli corre incontro e rinuncia al suo naturale autocontrollo tanto che quasi inciampa: la prima volta è l’alba, ora è quasi il tramonto, colori rosati e soffusi nel primo caso, il rosso del sole che muore nel secondo.

Sono fortissimi i contrasti che ci vengono proposti; forte il contrasto con i pochi fotogrammi precedenti nei quali Oscar appare serena, il clima è disteso, tutto secondo la norma, tanto che lei snocciola persino uno dei suoi famosi sorrisi ad esclusivo uso e consumo di André (o della mela); la sua attenzione è tutta sulla mela, ma il conte che ritorna (e da par suo torna “col botto”) rompe l’incanto, manda in frantumi la mela e il cuore di André; forte è il contrasto di Oscar festosa con lui che si staglia sul fondo, impassibile, e con gli occhi tristi.

André è paziente, rimetterà assieme i pezzi del suo cuore, ma un altro piccolo passo verso l’inferno è compiuto, perché con l’arrivo del conte lui perde il suo posto - accanto a lei, a tavola, come al “cafè Jarjayes “ (il tavolino della colazione della mattina), come amico (il conte le dirà poi di aver cercato di essere il suo migliore amico), come confidente, come tutto… forse capisce da solo che il processo è ineluttabile, non ostacola la presenza del conte a palazzo anzi la incoraggia, e non credo che sia per un malinteso masochismo cosmico, ma perché da fine conoscitore di Oscar quale è forse capisce che ormai bisogna arrivare fino in fondo alla china per poterla risalire. Lui lo sa perfettamente cos’è l’amore, e sa che il conte Oscar non la ama, né la amerà mai.

Questo non vuol dire che non soffra però…

La potenza delle immagini, in questo episodio, ci offre un esempio muto della sofferenza di André, un’immagine che da sola può far commuovere; quella della sua mano che stringe, stritola con forza disperata la spugna con cui sta lavando il cavallo; l’immagine di due persone distanti, nello spazio (lei in camera e lui in cortile), nella condizione (la nobildonna che suona il pianoforte e lo scudiero che attende alle sue mansioni), ma vicine in quella sofferenza sorda che li accomuna. André lo sa che quel suono lamentoso è la prova che Oscar si strugge silenziosamente; quell’acqua che gli scivola tra le dita sono le sue lacrime per lei, le lacrime di Oscar per il conte che non tradisce la regina, il cuore di entrambi che sanguina.

Per contrasto, la mente richiama alcuni fotogrammi in cui sono ancora le mani protagoniste; le mani di Oscar posate sulle spalle di André quando uno sparo infrange la finestra, centrandola… non è per aiutarlo, lui si alza da solo, ma sollecitudine, e le mani indugiano a lungo in quel gesto affettuoso, come se volesse essere sicura che André è ancora lì, vivo e vegeto; lei non lo sa ma l’istinto non mente, e quello è il suo André, nel corpo come nell’anima.

André ha i suoi buoni motivi per sperare di non andarci, all’inferno.

E che dire di Oscar? A sua discolpa solo che nessuno dell’amore le ha mai spiegato niente, e da autodidatta non è un granché... diciamo sicuramente che si innamora dell’amore, dell’essenza del sentimento, e indubbiamente Fersen è un ottimo bersaglio, come dire, lo amano tutte, perché lei non potrebbe (il condizionale lo usa lei, “l’unico uomo che potrei amare in vita mia”)? In fondo con lui si sente a suo agio, lui è affabile e quasi cameratesco, e non dimentichiamo che al suo ritorno da una guerra lunga e crudele è lei che cerca per prima. Ce n’è abbastanza per obnubilare la mente, ma, certo, se fosse meno ingenua Oscar non mancherebbe di cogliere le prove a discarico che il conte le offre… lui che si chiede perché mai sia nata donna, che parla di se stesso e del tramonto dei suoi sentimenti per la regina come di un auspicio e non come qualcosa di reale: non è sufficiente contare fino a tre e dire “Non la amo più” per mettere la parola fine all’amore, se è amore vero. Oscar non lo sa, vuole credergli e gli crede, e in questo è molto femminile.

E allora? Allora anche stavolta si mette un bel vestito bianco, ma non lo fa per assecondare André; anzi lo lascia a casa - e con lui giudizio e coscienza -, e va a demolirsi alla fiera delle vanità dove non troverà altro che la cruda realtà. Ho desiderato spesso da ragazzina di darle un colpetto sulla spalla per farle notare lo sguardo ammaliato di André quando suo malgrado è costretto ad assistere alla metamorfosi, perché forse è ciò che lei cerca senza trovarlo negli occhi di Fersen; il conte galante e compito ammira grazia e portamento della bella sconosciuta, André ammira lei, e poco gli importa dell’abito che indossa o di quello che fa.

Lei non se ne accorge, e scivola ancora un po’ più giù.

Con la parentesi del Cavaliere Nero si volta pagina, almeno per un po’; è innegabile che gli stati d’animo di entrambi escano provati dall’esperienza e in più le individualità cominciano nettamente a divergere, arrivando in alcune occasioni a contrapporsi.

Credo che Oscar non avesse mai considerato prima l’idea che André avrebbe un giorno potuto desiderare una vita diversa da quella che lei, per amore o dovere, gli propone nel quotidiano… è irrequieta, la ragazza, perché André se ne va per i fatti suoi, e nemmeno le dice dove; comincia ad abbrustolirsi davanti al camino, a fare la moglie gelosa che non va a dormire finché lui non rientra, a chiedergli con noncuranza studiata dove va, e i furti notturni c’entrano fino ad un certo punto… che André abbia dei segreti Oscar sembra non averlo previsto, e in fondo non tollerarlo.

Lei non capisce o ha il timore di capire di quale nuova era le stia parlando lui… per lei la vita è a senso unico, non supera di molto i cancelli di Versailles, i suoi compiti sono chiari e definiti, forse non sa bene perché le viene chiesto di agire in un certo modo ma sa che deve farlo, fosse solo perché qualcuno più in alto di lei glielo ordina.

Come rapportarsi agli altri in una società dove non ci sono differenze ma tutti possono guardare tutti negli occhi? Essere liberi può anche essere insopportabile, perché poi bisogna scegliere, anche da che parte stare e lei non è ancora pronta.

Nemmeno quando André la porta con sé alle riunioni serali che frequenta: lo guarda come se lo vedesse per la prima volta, e cerca di appiattire tutto, “un ladro è sempre un ladro”, ma le pizzica l’anima la distonia dei loro pensieri sempre paralleli e complementari fino a quel momento. Grandissima Cinzia de Carolis per il tono stizzito con cui Oscar apostrofa André quando gli dice che per quello che la riguarda lui può fare “quello che vuole”, o per il modo volutamente insinuante con cui lo informa che, ad affare “Cavaliere Nero” finito, potrà anche tornarsene alle sue riunioni, se vorrà, lasciando sospesa la domanda “ci andrai ancora? E senza di me?”. Ed è talmente evidente che la cosa le sembra incomprensibile, sbagliata o sgradita che incredibilmente in un moto di orgoglio pacato lui la rimbecca seppure senza animosità; la frase di risposta di Oscar che gela lui e il pubblico rimarcando che tanto lui non è nobile e non ha nulla da temere suona stonata per noi che sappiamo il seguito; per tutte le volte in cui André vede la morte in faccia solo per starle accanto, una su tutte l’episodio di Saint Antoine; in questa occasione Oscar lo grida al vento che lui non è nobile, quasi eco di se stessa, ma non le serve a niente, e il contrasto tra le due situazioni ha il sapore delle promesse non mantenute.

Fare i conti con “l’uomo” André non è semplice per lei, da questo momento in poi. Lui cerca di mostrarle il mondo con i suoi occhi, ma lei non vuole o non glielo permette, continua testarda per la sua strada con l’animo cupo. Le ferite sul corpo di colui che comunque rimane l’unico uomo nella sua vita diventano la traccia indelebile dei suoi sbagli, credo che lei sappia bene di mentire quando rinfaccia ad André che vuole salvare l’uomo che lo ha reso privo di un occhio: André è menomato perché è andato a cercare lei così orgogliosa da voler fare tutto da sola, consciamente ha scelto il rischio e lo accetta senza troppi drammi arrivando a consolarla, ad alleviare quel senso di colpa con cui d’ora in poi Oscar dovrà fare i conti.

Perché quello di André è un inferno anche fisico, fatto di lampi di luce accecante seguiti dal buio, di cuore che pulsa impazzito, occhi che non ti obbediscono, distorcono la realtà, e fanno sembrare tutto più arduo, anche i gesti più semplici, anche vivere.

L’inferno di Oscar invece germina nella mente e si ciba dei suoi pensieri più oscuri; lo sbaglio di un amore cercato a chi amore non può dare brucia l’animo proprio là dove è più sensibile, nel suo voler essere donna; e poi c’è André che porta sul corpo le stigmate che lei ha causato e non le offre nemmeno il sollievo della sua rabbia da cui guardarsi; vederlo mentre nonostante tutto non la abbandona e pensare “sono stata io” è un tutt’uno, meglio distogliere lo sguardo, meglio far finta che davvero vada tutto bene, che André possa tranquillamente affrontare i suoi assalti all’arma bianca come prima, e trovare un modo per annientare la debolezza.

E’ necessario eliminare ogni traccia di quei pochi istanti di follia che l’hanno spinta, distruggere tutte le prove.

A costo di cambiare tutto purché tutto sia come prima l’Oscar dell’episodio 28 è una donna che scappa da se stessa, sempre più fosca, sempre più chiusa; chiude gli occhi e non vede l’amico di sempre soffrire nel corpo e nell’anima, decisa com’è a non offrire più il fianco agli assalti della vita.

Essere donna l’ha resa vulnerabile, e allora lei sarà un uomo.

Appoggiarsi a qualcuno la rende vulnerabile, e allora rifiuterà ogni aiuto.

Oscar è il carnefice, di se stessa e di André; Oscar che si accontenta delle rassicurazioni di André circa la sua vista senza scavargli nel cuore, che nella sua camera sorride alla sua vittima prima dell’affondo finale, che lo strattona con la cattiveria negli occhi, perché la verità non la vuole sentire, perché sa che André “comincia col darle ragione e poi alla fine le dirà che sta sbagliando tutto” (episodio 1), Oscar che consciamente lo provoca e lo sfida, e sembra non percepire che nell’aria c’è così tanta disperazione da spezzarli tutti e due.

André è la vittima, almeno all’inizio; André che mente a lei per tutta la puntata, mente a sua nonna, cerca di mentire anche a se stesso senza riuscirci, e stancamente abbandonato sulla sedia cerca di ricomporre i pensieri neri che lo affliggono; per la prima e l’ultima volta gli sentiamo dire al dottore che ha paura, umanissimo, perché in realtà la cosa che gli fa più paura è che qualcosa lo allontani dalla donna che ama molto più di se stesso.

Il mix è potenzialmente esplosivo, il duello senza regole. Oscar pensa che le regole ci siano, le solite… lei con la sua furia che travolge tutto, lui che alla fine cede, soccombe.

Ma qualcosa si rompe, e non è più come al solito; Oscar è attonita, all’inizio forse non capisce.. com’è che André le fa male? Come può essere che abbia così tanta forza nelle mani? La risposta è scritta, lui è un uomo, lei no… la può schiantare solo con la forza fisica che negli anni ha trattenuto, e non basta dirgli di smettere.

Questo la disorienta e le confonde le idee abbastanza per farle abbassare la guardia, e Oscar si trova con le spalle al muro, ora è lei la vittima potenziale.

Nelle intenzioni André non ha scuse, poiché non esistono motivi sufficienti per prendere a una donna ciò che lei non vuole darti; solo lei lo può scagionare.

Chiedo scusa alla sensibilità di tutte se parlando così ferisco qualcuna, del resto io non sono una psicologa, però sono pur sempre una donna e sono sicura di stare dalla parte delle donne.

Con il suo comportamento, conscio oppure no che sia, Oscar lo scagiona... Oscar, che certo non ha la forza di un uomo, ma non è inerme, perché sa come difendersi e potrebbe tentare ma non si divincola se non all’inizio; che gli intima di lasciarla o chiamerà aiuto, ma non chiama nessuno; e, sopra tutte, una cosa che mi sembra importante, non gli dice mai “no”. Ho sempre pensato che se il terrore ti invade fino al punto da toglierti la forza di muoverti e di urlare, ti rimane solo una possibilità di scampo, e cioè dire o supplicare “no”, che non vuoi.

La paura di Oscar è umiliazione, ed è consapevolezza; André non vuole dimostrare altro che il suo amore per lei, e così le dimostra anche che lei non è “anche “ una donna, è “solo” una donna, perché un uomo la desidera, così tanto da arrivare ad un passo dalla dannazione.

Lui non si danna perché si ferma sull’orlo del baratro; lei nel chiedergli cosa “vorrebbe farle” sembra sapere che non alzerà un dito… la voce di Oscar è scossa e tremante (ancora brava, bravissima Cinzia) ma la domanda rimane sospesa… e lei in attesa di qualcosa che forse non è sicura di non volere… se lui non si fermasse, lei non dovrebbe più scegliere o fuggire, non dovrebbe più fingere ma solo essere una donna.

Ma deve essere lei a capire e a scegliere, per poter essere libera. Questo lui lo sa, e nemmeno l’istinto, la rabbia o la passione possono tanto da spingerlo a forzarle la mano. In una situazione così irreale la più grande prova di amore che André offre è la sua resa, e forse lei, ora che gli ha graffiato anche il cuore, inconsciamente lo capisce.

All’inferno ci arrivano insieme.

L’inferno di Oscar è la Normandia solitaria e inospitale, il mare in burrasca e l’immagine di quel relitto sulla spiaggia, dove un cane, l’unica forma di vita la sfugge come fosse lei randagia.

E’ sola, solissima.

L’inferno di André è nel buio delle osterie, (scrivendo mi è venuto in mente in un paragone poco riguardoso - scegliete voi per chi - il Renzo manzoniano all’osteria della Luna Piena…); ma qui non servono l’acqua del Lete, e per quel poco di stordimento e consolazione dopo ci si sente più male di prima…

Meglio risalire la china, meglio se in due.

André ha scoperto le carte, ora nei confronti di Oscar può essere l’uomo che vuole essere, forte e protettivo; può guardarla negli occhi, può dirle chiaro e tondo che lei ha bisogno di lui, offrirle consolazione e farsi consolare quando piangendo le chiede di non sposarsi; può affrontare il generale, può anche rifiutarsi di accompagnarla a casa per rimanere con i suoi compagni, lasciando che sia lei a chiederlo, quasi timida… può dirle che è bella senza remore, guardando il suo ritratto con gli occhi spenti, perché forse sente che la resa della sua donna è vicina, e l’inferno è solo un ricordo.

Oscar si rialza dal suo letto con il corpo dolorante, ma con una sensibilità diversa e tutta femminile; forse ha capito che non deve essere perfetta ed inappuntabile per poter dare e ricevere amore e comincia impercettibilmente a domandarsi cosa sente, cosa prova André; a preoccuparsi dei suoi sentimenti.

Potrebbe lasciarlo a macerarsi nei sensi di colpa, quale vendetta migliore? Ma si affretta a dirgli che è acqua passata.

Lo trova tra i suoi soldati , potrebbe anche mandarlo al diavolo o farlo spostare, ne ha tutti i poteri. Ma abbassa lo sguardo, come stanca di scappare…

Dice ai soldati e intanto a se stessa che lei non è violenta né aggressiva per natura, ma è stata allevata (addestrata direi) a misurarsi con chiunque… affronta qualsiasi cosa, tranne lo sguardo franco di André.

Quasi mortificata dalle parole del padre, che chiede ad André di accompagnarla al ballo in suo onore, lo rassicura, con gli occhi e poi a parole prima di andarci, perché in fondo quello che vuole fare lo può fare anche da sola.

E’ il tempo giusto per questa Oscar gentile e garbata, che nei rapporti umani accetta senza paura il confronto, così diversa dalla ragazzina un po’ ruvida che strapazza tutti all’inizio; ed è davvero bellissima questa ragazza che sorride al complimento sincero di Diane, che concede al povero Girodel almeno la sua compagnia, perché la sofferenza, di qualsiasi forma, merita rispetto; che non frusta con voce imperiosa ma lascia le frasi a metà, perché forse ha paura di quello che vorrebbe dire. Cede, finalmente, quando il terrore le toglie tutti i freni, e per un gustoso contrappasso proprio davanti all’uomo che ha creduto di “poter amare”. André è suo, ora ne ha la consapevolezza… e chissà se, seduta al suo tavolo con la consolazione della cioccolata o vedendosi riflessa nella grande vetrata, è indulgente con se stessa o se, almeno una volta, si dà della stupida…

E’ difficile dirlo, però sorride, placata; l’inferno è lontano, c’è tanto azzurro nell’aria tersa dopo il temporale, ora è solo questione di tempo.

 

Mi fermo ma potrei continuare per ore… ho guardato Lady Oscar centinaia di volte, lo rivedrò altrettante, e so che ogni volta scoprirò che c’è qualcosa di nuovo, qualcosa che non avevo colto, significati diversi alle parole che conosco quasi a memoria; che imparerò qualcosa, sulla vita e anche su di me, e sarà come sempre, bellissimo, affascinante, emozionante… ora che sono sicura di essere in compagnia, lo sarà ancora di più!

Baci a tutte!

Luana- adulta ancora in fase di crescita…

 

pubblicazione sul sito Little Corner del settembre 2005

 

Mail to luly_thelilacat@yahoo.it

 

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