Intervista a Sonia

di Tania

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"La vita, pensavo, dovrebbe essere intervallata da virgole, punti e virgola e puntini di sospensione, e lo penso ancora. Il punto fermo arriverà in ogni caso un giorno o l'altro"

Bjorn Larsson, La saggezza del mare, Iperborea

 

 

Cara Sonia,

grazie del tempo che dedicherai per rispondere a queste righe. 

Osservando il sommario del "little corner" non ci si può non rendere conto della tua presenza:

- 24 capitoli, nella sezione fanfic, con la partecipazione al “gruppo misto” nella redazione di “bei wacth”

- 28 capitoli da dividere per 8 racconti, con 2 introduzioni e il sequel del sequel.

- 1 capitolo, recentissimo, nella sezione essay

 

Una produzione notevole votata alle fanfiction ed alle più ridanciane fun.

Considerando le ff, si nota subito la costanza della collocazione cronologica dei racconti, che è quella dei personaggi del manga/anime. La scelta del secolo XVIII rimane in ogni storia, mentre si evolve la scrittura ed il punto di vista.

Ci sono i primi dialoghi interori, la narrazione in prima persona di Fersen ed Oscar, per arrivare alla terza persona, che tutto vede, punteggiata dai numerosi dialoghi, che molto raccontano di ciò che accade.

Curioso è che il primo racconto sia dedicato a quel Fersen che, nella produzione parallela fun, viene costantemente bistrattato. Talmente tanto che, nell’incipit, senti il dovere di motivarne la scelta.

Con “una piccola chiesa” nasce un piccolo romanzo, che tra sequel e contro sequel, accompagna i nostri eroi in un possibile storicamente documentato.

Un aspetto particolare del tuo modo di scrivere è l’egida del  “non mi prendo sul serio”, mi spiego: dalle note furoreggia un’allegra risata, che dissacra, che si prende in giro, che abbassa il tono. Non sono semplici note, un po’ asettiche, che evidenziano un aspetto, sono presenze vive che si fanno sentire.

 

Osservando oggi i tuoi racconti e il tuo romanzo, cosa potresti dire di quei momenti, di quel tempo in cui hai scritto. Ti sei mai concessa il lusso di riflettere a posteriori sulle tue storie e i suoi loro perché?

 

Quel periodo è stato intenso e bellissimo. Vorrei poterlo rivivere in tutto, anche nelle sue asprezze. Io sono una zuccona, una testa dura, quando mi metto in testa una cosa ci punto tutto e se fallisco crollo. Devo ancora imparare a creare un filtro tra me e i ceffoni della vita. All'epoca stavo dando la tesi. Con tutto ciò che essa comporta: l'addio al mondo a suo modo protetto dello studio, le speranze, il primo affacciarsi sul mondo del lavoro, il ridimensionamento delle aspettative che una ventitreenne con la sindrome di Peter Pan ancora aveva. Probabilmente l'arco delle fanfiction copre tutte le emozioni di quel periodo. Avevo delle idee in testa dai tempi dell'insonnia adolescenziale che popolavo di film mentali e le sviluppai con impeto. Ora dormo come un ghiro, mannaggia. In realtà tra quei tempi e oggi c'è un abisso: i casi della vita hanno toccato la mia famiglia prima e i miei sogni poi. Inevitabile cambiare bruscamente e non capirci più nulla per un bel po'. Ora spero di ritrovare anche un po' della vena creativa di allora, pur se i presupposti sono diversi e io, si, sono diversa.

Il povero Fersen è stato vittima narrativa, feticcio voodoo degli incontri che capitano a tutti nella vita. In fondo gli sono affezionata: manca di tatto, che ci si vuol fare? Ma Fersen è necessario e preso nelle giuste dosi non fa male, anzi,  è omeopatico. È una tappa, a volte necessaria a volte no: se lo conosci puoi valutare se evitarlo o meno. Non è cattivo: è divertente prenderlo di mira dopo la scena del ballo ma, alla fine, è un tipo diverso di uomo e di amore. Mi sono tolta la soddisfazione di rendere André un pochino più decisionista, ho faticato come una bestia ad affrontare certi temi ma sentivo di doverlo fare (depressione, propaganda politica, scelte vincolate, l'ideale sporcato dal reale, la maternità nonostante il mio istinto in tema sia pari a zero), ho letto e scoperto realtà sull'epoca che non conoscevo, ho riflettuto molto. Un'avventura anche per me, insomma. Un amore particolare, però, lo nutro per "Alain", perché è l'unico racconto che resterebbe invariato anche se lo riscrivessi oggi e, in fondo, Alain lo sento vicinissimo. Certo, è facile amare un racconto nato spontaneamente, quasi senza sfide mentali. Ma ognuno ha il suo cocco. Mi stupì una scrittrice sensibilissima e una cara amica quando mi fece notare che in quell'Alain c'era tanto di me. Io caddi dal pero: non me ne ero accorta, ero proprio andata a braccio, visceralmente. Sullo sdrammatizzare e non prendermi sul serio... come potrebbe essere diversamente, dopo la premessa di cui sopra? A parte gli scherzi, non posso proprio prendermi sul serio. Le risate ci salvano perché ci distanziano dalle cose e a distanza se ne vede la misura. Ci aiutano a sopportarle, ad onorarle, ad avvicinarle senza farci fagocitare dalle stesse. Potrei valutare l'idea di non autotritarmi se mi chiamassi Yourcenar o Tolstoj ma sono Sonia e ho solo scritto qualche fanfiction per farmi compagnia. In generale il mio approccio all'esistenza è sempre molto autoironico e, se possibile, dissacrante e quello alle fanfiction poi è stato quanto di più naif e istintivo possibile.

 

Su “Alain” avrei voluto chiederti quello che hai già risposto, quindi ne approfitto per aggiungere un’altra domanda. Perché piace così tanto? A lui sono state dedicate pagine e pagine, oltre che racconti tutti interi. Perché diviene protagonista di quel “possibile” che colui sembra “ancor più possibile”?

 

Forse perché è il personaggio che più facilmente potremmo incontrare nella vita di tutti i giorni. Perché è imperfetto e concreto e quindi diventa anche una sorta di voce della normalità che può permettersi di far notare e commentare ciò che noi tutti vediamo ma che può sfuggire a chi è immerso in una sensibilità fuori dalla norma.

I personaggi secondari spesso vorrebbero agire per cambiare le cose oppure agiscono a questo fine ma, per la loro normalità e il loro essere calati nella realtà, non riescono. Affrontare questo li rende eroi.

 

Perché hai scritto ed hai scelto il “corner”?

 

Perché ho scritto? Mh, mi verrebbe da dire per concretizzare delle fantasie in cui tutti hanno una seconda possibilità, sia di scegliere che di evolversi. Soprattutto perché Oscar e André vengono fatti fuori appena "crescono" e, se da un certo e parziale punto di vista è un vero peccato, è stata soprattutto una parte della storia che per molti anni non sono riuscita ad accettare. In particolare mi era caro immaginare che qualsiasi cosa avesse potuto fare Oscar della sua vita, non sarebbe mai stata scontata e banale. Non ho mai amato molto certi mutamenti repentini e miracolosi che le vengono attribuiti. Oscar non può essere banale, mai, perché quando sceglie non aderisce al modelli indotti. Mi è sempre piaciuto immaginarla padrona, pur a fatica, dei suoi mutamenti, delle sue evoluzioni. Tra scatti in avanti, battute d'arresto e faticose arrampicate... come nella vita.  Questo forse è stato il primissimo impulso. Poi da cosa nasce cosa e mi sono trovata ad esplorare tematiche che non prevedevo. Ora l'impulso sarebbe un po' diverso: seguire dei percorsi di crescita, ovunque essi conducano, ingiusta morte inclusa, cecità inclusa.

Come sono approdata al Little Corner... dunque, mi ero innamorata di Rape - Racconto d'inverno. Da lettrice passiva che ero, in un bel pomeriggio luminoso, seduta davanti al computer che era di mio fratello, nella sala di una casa che non è più mia ho fatto il grande salto. A volte basta una piccola mail per cambiare la vita. Non è stata solo un'avventura di penna, è stata ed è ancora oggi un'avventura umana. Abbiamo stretto amicizie, abbiamo affrontato periodi belli e brutti condividendoli, abbiamo superato divergenze, imparato vicendevolmente. Sono cambiate tante cose, ma molti legami sono rimasti e non è poco, anzi, è la cosa più importante!

 

Cosa mi dici del saggio, prima che uscisse mi ero convinta che non fosse il tuo “genere”. Qui sbaglio io, che attribuisco a questa sezione un che di “scolastico”, di recupero e controllo delle fonti… Insomma di più “serio” rispetto a tutto il resto. In ogni modo, è stato un ritorno alla scrittura. Com’è stato tornare al Corner con un saggio in punta di penna?

 

Temo di non saper rispondere in maniera esauriente: sono troppo consapevole dei miei limiti per scegliere uno stile invece di un altro per un motivo definito. Se esce qualcosa, evento mio malgrado sempre più raro, lo fa d'istinto e come vuole lei. Tant'è che il saggio è stato una mail nata dall'entusiasmo di una ri-proiezione in solitaria durante una delle rare serate da single. A ben pensarci, lo stesso messaggio può essere veicolato nelle più disparate confezioni e sarebbe divertente cercare di dire la stessa cosa tramite varie forme espressive. Non come Gorgia, ma quasi. A volte viene più facile la riflessione organizzata, altre la creazione.

Quanto al ritorno... non è che me ne fossi andata, sono sempre qui :) A parte gli scherzi, in realtà non mi sono mai allontanata da un certo fandom. Ciò da cui mi sono allontanata, non per mia volontà, è una forma espressiva. Purtroppo anche ritornarvi non è una scelta. O meglio, si sceglie, ma non vuol dire che si riesca, che accada.

 

Come senti l’atto della scrittura e come fai a vincere la pagina bianca?

 

Scrivere è qualcosa di meraviglioso, un modo di vivere vite, esplorare possibilità, è mimesi e catarsi insieme! Ma è faticoso, è una sfida trasformare il pensiero in vita, è come farsi uscire Atena dal cervello. Chiunque abbia scritto almeno una pagina di racconto comprende il mal di testa di babbo Zeus.

Dolente nota è la vittoria sulla pagina bianca. Per scrivere devo essere costante. Devo sedermi e mettermi lì: in pratica ho il sedere collegato a qualche circuito neuronale. Come sento la sedia sotto le chiappe - si può dire in un'intervista, chiappe? - si accende la mente. Il punto è che non sempre ci riesco, quando si tratta di creare. Più che il tempo fisico è l'energia mentale a servire. Sedersi al tavolino e riuscire a respirare, a isolarsi da tutto, a essere tu e la pagina - o foglio Word che dir si voglia - bianca. Sono fatta male, mi faccio infognare nei problemi, si insinuano tra i sogni e le fantasie. È un difetto che cerco di vincere, per ora m'ha fregata ma è solo una battaglia della guerra e io non lo do a vedere ma mi piace vincere.

 

Come sei arrivata al "little corner"? Al “gruppo misto”?

 

Al Little Corner, come ti dicevo, sono arrivata per puro caso. Da lettrice che ero, e che sono rimasta, accanita e con dei chiodi fissi, mi sono trovata dall'altro lato. Mi sentivo piccinissima... e lo ero, per certi versi.

Al gruppo misto? Per il caldo! A parte gli scherzi, è stato un brain storming spontaneo e superenergetico, una di quelle cose che succedono magicamente, di quelle consonanze beate. Da battuta nasce battuta e per Beiwatch fiotti di lacrime dal ridere sono stati versati sulla tastiera e non solo.  Roba da tenersi la pancia, giuro. Quando ti diverti con persone con cui sei in sintonia nascono i frutti migliori, tra cui alcuni appellativi dedicati al nostro svedese preferito che, ormai, si sono auto-ufficializzati nel fandom! Mi piace pensare a una frase di Baden Powell, il fondatore degli scout "Il buonumore è più contagioso degli orecchioni." Ridere di una storia che si ama è come fare un brindisi con un bel vino rosso in suo onore. Ancora adesso, a sette anni di distanza, mi è difficile pensare alle bufale pontine senza immaginare Alain che si porta il pelo negli States per clonarle, o vedere le mise inguardabili delle veline in calore senza pensare i bikini di M.A. Io sono convinta che gli autori di "Boris" ci debbano qualcosa...

 

Scrivi di: testa, orecchio, gusto, pelle, pancia?

 

Probabilmente di pancia, il che forse è anche un male, perché la pancia può permetterti di scrivere fiumi e fiumi impetuosi ma andare anche incontro a lunghe siccità. Colpi di genio e cantonate imbarazzanti. Come sempre, devo imparare a usare la testa. Diciamo che sto iniziando. E poi con gli occhi: certe scene le vedo.

 

L'edizione ha modificato il tuo modo di scrivere e di sentire la scrittura?

 

Caspita, tantissimo! Specie rileggendo e ripensando con il senno del poi. Nell'immediato senti più la trama, le emozioni, i personaggi anzi, quasi ti dispiace di aver finito. Poi a mente fredda noti come cambia il ritmo, gli accorgimenti, tante cose in più. Spero di aver imparato a notarle contestualmente. È stata una grande scuola che non mi ha lasciata indifferente. Ho fatto tesoro di quest'esperienza, utilissima per altro anche nel mondo extra fandom.

 

Posso chiederti un'altra cosa...

Qual è l'aggettivo che più ti piace, che senti più tuo o quello con maggiore capacità evocativa ed il verbo? 

 

Dunque, per gli aggettivi non so se ne esiste uno in particolare, sicuramente però - ripensando a tutto quel che ho scritto e che provo a scrivere, quindi un lasso di tempo lungo - è rimasta costante una certa tendenza a usare accostamento tra colore, elemento della natura e stato d'animo o di carattere. Verbi preferiti non saprei, in realtà mentre la mia passione per il rapporto tra la natura e l'uomo è costante, i verbi dipendono molto dal mio stato d'animo del momento e ciò che magari mi veniva istintivo nel 2001 è seppellito nel 2008.

 

Grazie mille,

spero di poter leggere presto una tua nuova storia.

 

Tania, aprile 2009. Pubblicazione sul sito Little Corner dell'aprile 2009

Vietati la pubblicazione e l'uso senza il consenso dell'autore

 

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