Intervista a Fanny

di Tania

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Un incipit, rigorosamente in inglese perché è così che l’ho letto la prima volta, perché mi ha cambiato la vita, ha condizionato scelte fondamentali, il mio modo di pensare, il mio modo di leggere e anche, tantissimo, il mio modo di scrivere.

 

The sky above the port was the color of television, tuned to a dead channel.
"It's not like I'm using," Case heard someone say, as he shouldered his way through the crowd around the door of the Chat. "It's like my body's developed this massive drug deficiency." It was a Sprawl voice and a Sprawl joke. The Chatsubo was a bar for professional expatriates; you could drink there for a week and never hear two words in Japanese.

 

(Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.
– Non è com'ero abituato. – Case lo sentì da qualcuno, mentre si faceva largo tra la calca, a gomitate, per infilarsi nella porta dello Chat. – È come se all'improvviso il mio corpo fosse affamato di droga, affamato da morire. – Era la voce d'uno di quei disperati che pullulavano abitualmente in quei quartieri multiformi e caotici chiamati in gergo «Sprawl». Il Chatsubo era un bar per espatriati professionisti: potevate berci per un'intera settimana senza mai sentire due sole parole in giapponese).

 

[William Gibson, Neuromancer]

 

 

 

Ciao Fanny,

grazie della disponibilità, della  pazienza e del tempo che vorrai dedicare a queste righe.

Partiamo dal sommario:

- 2 titoli nella sezione fanfic, di cui i 13 capitoli di “Capodanno di Fine Millennio” e l’episodio one shot  “Una volta ancora, una vita ancora”.

- 1 titolo nella sezione fun, “Torneranno a fiorire le rose”.

 

Come primissima cosa, avresti mai immaginato il giorno in cui hai scritto le prime parole della tua prima ff di arrivare a questo punto?

 

Direi assolutamente no. Per tutta una serie di motivi, primo fra tutti il fatto che sono terribilmente incostante: l’entusiasmo iniziale con cui mi butto nelle cose è direttamente proporzionale alla velocità con cui mi stanco di esse. Non credevo sinceramente sarei nemmeno riuscita ad arrivare alla fine di Capodanno.

E invece, dopo quasi dieci anni e qualcosa come una cinquantina (ma forse più) di fanfiction scritte, più un paio di racconti originali, posso dire che la scrittura è una passione che non mi abbandona mai, pur con qualche alto e basso. Cambia il fandom ma non la voglia di scrivere.

Ci terrei però a precisare una cosa, per amor di onestà: non mi ritengo assolutamente una scrittrice, ma solo una a cui piace scrivere fanfiction. Io prendo a prestito personaggi inventati da altri e gli costruisco intorno delle storie. Gli scrittori sono un’altra cosa.

 

Possiamo considerare quasi il decennale di “Capodanno di Fine Millennio”, che senza dubbio segna un passaggio importante nel panorama dei racconti scritti sui nostri eroi, e che si può definire la più rock tra tutte le narrazioni del Corner.

Sì, “Capodanno di Fine Millennio” è proprio rock; e come la buona musica, anche dopo un decennio, mantiene inalterate le sue caratteristiche di robustezza e carica. Questo grazie alla colonna sonora, ed è strano per un racconto scritto… (ma non si può dimenticare certo “Alta Fedeltà” di Horby come esempio) avere una componente musicale così forte, caratteristica e ampliamente condivisa da chi legge. Sarà forse a causa di una certa vicinanza generazionale… ma non c’è niente da fare… l’impatto soundtrack è davvero forte e trascinante.

 

Ti ringrazio, la musica ha da sempre un ruolo fondamentale nella mia vita e, in questo caso, si è rivelata anche un’ottima fonte di ispirazione. Ho usato la stessa impostazione in un altro paio di fanfiction (non a tema oscariano) e devo dire che ha reso molto bene.

 

Altra cosa, “Capodanno…”, può essere considerata come una “dogana” temporale.

Proprio perché così rock, riesce ad essere convincente e ad appassionare. Avrai avuto notizia del suo successo, è piaciuta ed ha smosso gli animi.

 

“Capodanno…” è un racconto “a puntate”, come ti sei trovata in questa avventura? Si è trattato della tua prima esperienza di scrittura?

 

Non è stata la mia prima esperienza di scrittura in assoluto ma è stata di sicuro la mia prima esperienza “produttiva” nel mondo delle fanfiction. Non sapevo assolutamente cosa ne sarebbe venuto fuori, non sapevo quanti capitoli avrei scritto, non sapevo se l’avrei mai finita e, sopratutto, non sapevo quale sarebbe stata l’evoluzione della storia. Il “plot” si genera nel momento stesso in cui scrivo. Posso avere un’idea generale ma, quasi sempre, viene modificata in corso d’opera.

Sono felice di essere riuscita ad arrivare fino in fondo.

 

Cosa c’era prima che tu scrivessi? Citi spesso Alessandra – ave magister – ma quale era il panorama fanfiction a quel tempo e che tempo era?

 

All’epoca, che credo fosse qualcosa come dieci anni fa (sigh), leggevo solo qualche fanfiction in inglese su X-files. Ho scoperto per caso il fandom oscariano mentre cercavo in internet credo qualcosa sull’architettura di Versailles. Ho letto per prima cosa una ff di Alessandra e questo è stato un bene perché il primo impatto per me è fondamentale. Mi sono innamorata dei suoi racconti e da lì è nato tutto.

 

 

Come hai conosciuto il  "little corner"  e come è cambiato il tuo modo di rapportarti con questo spazio virtuale e reale dopo queste esperienze di scrittura?

 

Come dicevo prima, sono arrivata assolutamente per caso. Ma ero già a conoscenza e, in parte, frequentavo, alcune community virtuali, se non ricordo male, legate al cinema e alla letteratura cyberpunk, sia perché il mio lavoro era fortemente inerente al mondo del web, sia perché internet, pur con i suoi mille difetti e incognite, offre una straordinaria opportunità al nostro ego di mettersi in mostra, di rendere pubblico in modo assolutamente gratuito e immediato ogni nostra produzione, buona o cattiva o che sia, permettendoci, allo stesso tempo, di non esporci completamente grazie alle distanze virtuali e alla protezione offerta dal fatto di essere al di là di un monitor.

Considero ancora il web il mio luogo privilegiato dei rapporti perché mi ha permesso di conoscere tantissime persone, alcune delle quali poi sono diventate amiche e amici anche nella vita reale, pur mantenendo una buona dose di distacco, che per una persona insofferente e gelosa dei propri spazi come me è vitale.

In particolare, l’esperienza di scrittura su Little Corner mi ha fatto venire voglia di continuare a scrivere.

 

Pensare “non avrei mai creduto di…” è comune a tutte quelle che dopo aver letto vengono mosse dalla scintilla di “ma adesso ci provo… ho qualcosa da dire”, e così arriva il primo racconto e poi c’è chi continua e chi si ferma. Come hai affrontato il secondo racconto, “Una volta ancora, una vita ancora”?

 

Con molto entusiasmo perché era una storia che mi girava per la mente da un bel po’. E anche con il desiderio di provare qualcosa di diverso, a livello di stile, rispetto a Capodanno. Volevo vedere se ero capace di adattare il mio modo di scrivere al contesto del racconto (è una cosa su cui mi sono fissata tantissimo nel corso degli anni). Se devo essere sincera, amo forse di più “Una volta ancora”, nonostante il titolo orrendo, di Capodanno. In merito alla scelta insolita di un pairing Girodel/Oscar, beh, ho sempre privilegiato e continuo a privilegiare i personaggi marginali perché, in un certo senso, lasciano più spazio di elaborazione e di sviluppo.

 

Oltre al fatto di amare un personaggio, che di solito viene sempre bistrattato, cosa ti ha smosso. E come ti è sembrato passare dal clima rock a quello del XVIII secolo?

 

Mah, è stato un passaggio abbastanza coerente con quello che sono visto che non mi dispiace andare in controtendenza. Mi ricordo di aver fatto un paio di letture “d’epoca”, nulla di impegnativo, ma qualcosa che mi aiutasse un po’ ad entrare nello spirito del tempo. Come dicevo sopra, è stato un “mettermi alla prova”, vedere se riuscivo ad adattare il mio modo di scrivere al tipo di storia e di periodo in cui ero ambientata. Ed è stato una buona opportunità per cercare di migliorarmi, di evitare gli stessi errori e ingenuità del primo racconto.

 

Non si può dimenticare l’incursione nella sezione funcorner, con “Torneranno a fiorire le rose”, e poi… perché non hai più scritto? Hai continuato a leggere storie di  e con i nostri eroi? Le cose cambiano ed anche le passioni, forse c’è il tempo in cui si trasforma l’energia dei pensieri e dei desideri in qualcosa di esternabile e “concreto” ed altre in cui, pur mantenendo una certa propensione, ci si adopera per altre cose, altre idee. E poi… per scrivere ci vuole: tempo, passione, energia ed una buona idea. A te cosa serve per scrivere?

 

LOL! Sorrido perché “Torneranno a fiorir le rose” me l’ero dimenticata... Sì, ho scritto qualche crackfic ma sono proprio casi rari, anche perché sono le più difficili da scrivere. È molto più facile scrivere angst che far ridere!

Non ho più scritto nel fandom di Lady Oscar un po’ perché, come spiegavo nella prima risposta, sono volubile come il tempo irlandese; ho una necessità vitale di nuovi stimoli e questo, riportato nel nostro ambito del fandom e delle fanfiction vuol dire che, se scopro un altro universo che mi piace e mi ispira, è lì che rivolgo il mio interesse. E, infatti,  nel frattempo, erano usciti il film de Il Signore degli Anelli, e, con essi, c’è stata la scoperta dello slash (corrisponde allo yaoi dei manga, per intenderci)... Da lì è cambiato tutto.

Cosa mi serve per scrivere? Direi tempo, in primo luogo. Una buona idea di base, dei personaggi “forti” e quella che io chiamo “la folgorazione”, cioè, un’immagine, una frase, una musica... qualcosa che faccia da propulsore. Le mie fanfiction difficilmente nascono con una trama e una struttura, sono quasi sempre lo sviluppo di un piccolissimo nucleo attorno a cui, man mano che scrivo, si costruiscono le vicende.

E devo sempre avere a portata di mano il dizionario della lingua italiana (o inglese) e dei sinonimi/contrari.

 

Cosa provi per quello che hai “già” scritto? C’è qualcosa che senti più vicino rispetto al resto? Qual è il rapporto tra le parole scritte, i racconti ed il tuo oggi?

 

Ci sono storie a cui sono molto legata e altre a cui lo sono meno, inevitabilmente. Ci sono ingenuità che mi fanno rabbrividire e momenti che mi suscitano un moto di orgoglio. Soprattutto ci sono personaggi che mi sono entrati nel cuore e da lì non si schiodano.

Le ff a cui sono più legata sono, di sicuro, una AU de Il Signore degli Anelli che, per molti versi, ha una struttura analoga a Capodanno (anche se i protagonisti sono due maschietti e anche se, alla fine, forse l’unico legame che mantiene con Il Signore degli Anelli è il nome dei protagonisti e il fatto che, nella vita precedente, erano Elfi); una fanfiction scritta per un contest in inglese su una trilogia di libri, The Wraeththu, che mi ha dato una grandissima, immensa, soddisfazione, e tutte le fanfiction scritte su la serie manga/anime Weiss Kreuz che è a tutt’oggi il fandom che amo di più (anche queste, rigorosamente yaoi). E, lo dico con molta sincerità, sono particolarmente orgogliosa di tutte le fanfiction che ho scritto in inglese perché la scrittura in quella lingua mi dà un piacere immenso, difficile da descrivere, sopratutto per quanto riguarda le scene erotiche, che nei miei racconti sono fondamentali. Amo l’inglese più dell’italiano, questo è un dato di fatto.

Comunque, pur con tutti i loro infiniti difetti, voglio bene a tutte le mie “creature” perché ci ho sempre messo tempo, anima e cuore, attenzione e rispetto per chi le avrebbe lette.

 

Come superi l’inizio di una storia, la famosa pagina bianca come diventa un capitolo?

 

Paradossalmente, il mio grande problema non è l’incipit. Anzi, è forse il momento che mi diverte di più, quello più ispirato. Il problema è la conclusione. Ho sempre grandi difficoltà a trovare un modo per concludere un capitolo, o un racconto, senza che sembri brutalmente decapitato. Forse perché, ora della fine, ho già la testa proiettata altrove...

 

L'edizione, quindi il rapporto con l’editore ed il lettore/pubblico, ha modificato il tuo modo di scrivere e di sentire la scrittura?

 

Solo per alcuni aspetti. Ovviamente, vedere che le proprie fanfiction piacciono, che ricevono complimenti e che hanno un buon seguito fa immensamente piacere ed è uno stimolo essenziale per continuare. Ma scrivo anche perché ho bisogno di dare una forma concreta ed esteriore alla mia strabordante fantasia, quindi, per alcuni versi, scrivo anche per me stessa e quindi il giudizio altrui ha un’importanza relativa.

Ma ho un grande rispetto per chi dedica anche un secondo del suo tempo a leggere qualcosa di mio, e questo mi spinge a cercare di fare sempre del mio meglio, quindi, di sicuro, rispetto ai primi racconti che magari erano meno curati e più ingenui, la mia attenzione al tutto ora è cambiata. In questo senso, il rapporto con chi legge è stato certamente determinante.

 

Scrivi di: testa, orecchio, gusto, pelle, pancia?

 

Mah, mi verrebbe da dire di pancia, proprio in virtù di quanto spiegavo prima su come nascono le mie ff, non da una trama ma da un’ispirazione.

Ma credo che, in realtà, ci sia un po’ di tutto. La testa è fondamentale perché bisogna dare concretezza, struttura, forma, al racconto, così come bisogna cercare di essere il più possibile curati nella grammatica e nella sintassi e plausibili nella trama. L’orecchio aiuta perché permette di “sentire” cosa va e cosa non va e, forse, anche a mettersi nei panni di chi leggerà e provare a percepire le cose da un punto di vista esterno.

Il gusto è fondamentale, è quello che dà e toglie piacere all’atto dello scrivere. La pelle ti permette di capire se sei in sintonia con ciò che stai scrivendo. Non so, credo sia veramente un mix di tutte le cose.

Di sicuro scrivo per divertirmi e finché sarà così, non smetterò di farlo.

 

 

Grazie mille Fanny,

è stato davvero interessante e piacevole fare questa chiacchierata con te.

 

Tania, aprile 2009. Pubblicazione sul sito Little Corner dell'aprile 2009

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