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Racconti


 
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-=Introduzione=-

 

Data di creazione : 13 giugno 2006

Ultima modifica : 21 giugno 2006

 

Introduzione

 

Il racconto in questione è una raccolta di episodi che ho deciso di scrivere provando a calare alcuni ben noti personaggi del fumetto e (purtroppo oserei dire visto i film che hanno realizzato su di loro) del cinema.

Si tratta di un testo demenziale e al contempo un omaggio a dei personaggi che per molti anni ho seguito appassionatamente sulle pagine dei fumetti Marvel.

Quelli che ho scelto non sono esattamente i miei preferiti ma semplicemente quelli che più si prestavano a quello che avevo in mente di fare. Chissà, magari un giorno aggiungerò altri episodi, magari su Gambit e Onslaught…staremo a vedere.

Nel frattempo, vi auguro buona lettura e spero che le situazioni che ho ricreato almeno un po' possano farvi sorridere!

 

 

 

-= Giornate X =-

 

Alle poste

 

Il vecchietto se ne stava allo sportello da così tanto tempo che ormai lo si poteva considerare parte dell'arredamento e dell'ufficio postale.

Quando era entrato di certo non si aspettava di perdere così tanto tempo solo per pagare due bollette.

In coda c'erano soltanto due vecchietti prima di lui.

Sfortunatamente c'era solo uno sportello aperto e quindi era ovvio che bisognava pazientare un poco.

Un poco, certo…. ma non ore!!

Il primo vecchietto c'aveva impiegato qualcosa come quindici minuti prima di liberare il posto mentre quest'altro sembrava intenzionato a voler trascorrere gli ultimi anni della propria vita in compagnia dell'addetto postale.

E nel frattempo il tempo trascorreva e lui diveniva sempre più impaziente.

E nervoso.

Tanto più che non poteva accendersi nemmeno un sigaro e nessuno degli altri impiegati sembrava intenzionato ad aprire uno sportello soltanto per lui.

Cosa stessero facendo sembrava avere la priorità assoluta su tutto. Quanto li odiava…

Si impose di rimanere calmo e di pazientare ancora un poco. Prima o poi quel vecchio avrebbe finito, avrebbe preso la sua cazzo di pensione e se ne sarebbe andato altrove.

Cazzo!

Guardando l'orologio si rese conto che erano ormai venti minuti che attendeva.

Passarono altri minuti, altri preziosissimi minuti strappati alla propria vita.

Beh, di certo questo non era un problema per un tipo particolarmente longevo come lui ma ugualmente era umiliante e stressante dover trascorrere così tanto tempo solo per pagare qualche stupida bolletta.

Qualche istante dopo, mentre era intento a sbirciare gli impiegati dietro il vetro che separava i clienti come lui dagli addetti ai lavori posti a contatto con la grande macchina delle poste e delle bollette statali, una sbirciatina indagatrice per verificare se qualche cambiamento poteva davvero verificarsi oppure no, un uomo si pose in coda dietro di lui.

Un tizio per bene, in giacca e cravatta scuri su di una camicia bianca immacolata.

Aveva provato anche a protestare, chiedendo che si muovessero lì allo sportello con il risultato di inimicarsi il vecchietto che, voltandosi verso di lui, praticamente l'aveva prima fulminato con lo sguardo e poi mandato a quel paese.

Ma nonostante questo, nuovamente si era imposto di stare calmo e di non arrabbiarsi: non ne valeva la pena.

Dopotutto, era una persona civile e non una bestia. Anche se di certo in più di un'occasione, beh, aveva dimostrato tutto l'opposto.

Trascorsero altri minuti mentre il vecchietto e l'impiegata continuavano a dialogare di chissà cosa.

“E allora, ci diamo una mossa o devo morire di vecchiaia qui in coda?” sbraitò esasperato verso di loro.

Nuovamente l'occhiataccia del vecchietto mentre lui iniziava a sbuffare visibilmente spazientito.

“Certa gente non ha proprio pazienza…” esclamò l'altro “ecco, ho finito. Bastava aspettare un attimo! Le consiglio di imparare un po' di educazione e di rispetto per gli anziani, giovanotto”

“Certo, certo” disse lui, ironico ed incazzato, mentre avanzava verso lo sportello trattenendo a stento la furia che covava dentro di sé a causa dell'inutile spreco di tempo e della faccia tosta del vecchio.

Mancavano ancora un paio di passi quando l'altro tizio, quello in coda dietro di lui, cercò di superarlo fiondandosi verso l'impiegata.

“Se non le dispiace…visto che ha le bollette…faccio in un attimo: devo chiedere solo una cosa!” gli disse sorridente mentre lo superava in velocità.

Snikt!

Solo un fugace rumore metallico e un unico movimento, rapido come quello di un felino: tre artigli di adamantino erano spuntati dalla mano destra dell'uomo che ora stava bloccando, e al contempo minacciando, il tizio (non più sorridente) in giacca e cravatta.

“E invece mi dispiace eccome!” disse glaciale puntando gli artigli direttamente verso di lui.

Balbettando per la paura, questi si arrese e indietreggiò: “c-c-certo…p-prego…dopotutto è il suo…” deglutì mentre i suoi occhi incrociavano quelli dell'altro “…è il suo turno…p-prego..”

E accompagnò le parole con un gesti della mano a lasciargli libero il passaggio verso lo sportello.

“Grazie!” rispose l'altro, un tipo tozzo e muscoloso con dei lunghi basettoni scuri ai lati del viso e capelli neri leggermente volti all'insù.

Ancora con gli artigli estratti, a sottintendere che la sua pazienza era definitivamente esaurita, appoggiò le bollette sul bancone dello sportello.

L'impiegata appariva letteralmente pietrificata dalla paura e continuava a fissare ora l'uomo ora i suoi artigli.

“Se non le dispiace” disse lui, furibondo a causa della lunga attesa “avrei un po' di fretta…”

 

 

 

(Wolverine)

 

 

 

 

-= Giornate X =-

 

Al supermercato

 

Era in coda alla cassa e pazientemente attendeva il suo turno.

La spesa era tutta ordinatamente disposta sul rullo che, a singhiozzo, lentamente la trasportava verso la cassiera, una signora di mezz'età dai capelli chiari.

Mentalmente si ripeteva la spesa appena fatta e controllava i prodotti scelti.

Sembrava non mancare nulla…il latte, il tonno, le patate…e poi carote, merendine, acqua…

Si, c'era tutto quello che aveva sulla lista.

Scelse anche un paio di borsette per imbustare la spesa e le appoggiò sopra il rullo: era ormai questione di pochi istanti e sarebbe toccato a lui.

Il cliente prima di lui stava ultimando il pagamento oramai.

Poi il saluto della cassiera e quest'ultima che si girava verso di lui.

Gli sorrise, di certo colpita dal suo bell'aspetto e dal fisico possente e muscoloso.

“Buongiorno!” la salutò mentre lei pareva persa nell'osservare i suoi pettorali e i poderosi muscoli delle braccia e sembrava non badare al tesserino magnetico che lui le porgeva.

Qualche secondo dopo, sempre sorridendo, gli rivolse la parola comunicandogli che doveva pazientare un poco: la cassa richiedeva un prelievo, ovvero il conteggio dei soldi in eccesso e la loro consegna a chi di dovere.

“Non c'è problema” disse lui “appoggiò qui il tesserino intanto”.

Lei iniziò quindi la proceduta mentre il ragazzo aggiungeva alla sua spesa un pacchetto di chewing gum preso da una dispensa nelle vicinanze.

Qualche istante tutto tornò in funzione e quindi la commessa cominciò a passare i prodotti sul lettore ottico.

Il ragazzo si spostò quindi dall'altro lato della cassa per recuperare e imbustare i prodotti ma nell'attraversare le barriere dell'antitaccheggio queste si misero a suonare.

Parve stupito e divenne tutto rosso.

La commessa, conciliante, disse “stia tranquillo: alle volte capita che suonino per niente! Ultimamente poi le hanno rese ancora più sensibili che suonano per ogni cosa.”

Poi, dopo un breve istante di silenzio aggiunse: “Ad ogni modo, se per cortesia può ripassare un'altra volta tra le barriere…”

“Nessun problema” disse lui ma nuovamente queste suonarono.

“Forse è per qualcosa che ha addosso…non so, ad esempio portachiavi, catenine…qualcosa di metallico…di solito suonano per questo…”

Il ragazzo imbarazzato per la situazione, sentendosi gli occhi di tutti puntati addosso, si frugò nelle tasche ed estrasse tutto quello che aveva e infine lo appoggiò sulla cassa: erano il suo portafoglio, le chiavi dell'auto e un paio di monetine.

Ripassò e nuovamente le barriere suonarono.

Un'altra commessa, qualche cassa più in là rispetto a quella in cui si trovavano, aveva notato il ragazzo sin da quando si era messo in coda e successivamente aveva assistito a tutta la scena, poiché nemmeno per un istante l'aveva perso di vista.

Scherzosamente allusiva provò allora a suggerire alla collega: “Forse è la fibbia della cintura dei pantaloni…”

“Non credo..” cercò di confutare lui iniziando a comprendere la causa di quanto stava accadendo.

“Beh,” iniziò la prima cassiera “in effetti questi cosi suonano in reazione al metallo…per cui…se vuole togliersi la cintura…”

Il ragazzo era sempre più imbarazzato e rosso ma provvide a fare quanto gli suggeriva la donna.

Ma quando nuovamente passò le barriere suonarono.

La donna allora segnalò la cosa alla sicurezza tramite un pulsante nascosto sotto il lettore ottico e tentò di risolvere la situazione in attesa di “rinforzi” che perquisissero il ragazzo alla ricerca di ciò che aveva trafugato.

“Beh, facciamo così…intanto andiamo avanti con la spesa…se poi ha la cortesia di attendere qualche istante…così arriva qualcuno della sicurezza e capiamo perché le barriere suonano al suo passaggio…”

“Va bene” rispose lui.

“…così è più tranquillo e si risolve il problema anche per le prossime volte che viene!” concluse poi scambiando il silenzio del ragazzo per un ammissione di colpa, testimonianza dell'imbarazzo che l'esser colto in flagrante comporta.

Non ci si può proprio fidare delle apparenze, si ripeteva mentre recava scorrere uno dopo l'altro i prodotti sopra il lettore ottico, un così bel ragazzo…e invece è pure un ladro…

In lontananza due ragazzi della sicurezza già si stavano muovendo in direzione della cassa che aveva segnalato l'allarme.

E nell'osservarli mentre gli venivano incontro, Piotr rifletteva su come meglio agire : avrebbe dovuto perdere tempo con loro mentre invano lo perquisivano e lo setacciavano alla ricerca di qualcosa che non aveva rubato oppure doveva rivelare loro che era in grado di trasformarsi in un autentico colosso d'acciaio?

 

 

 

(Piotr Rasputin - Colosso)

 

 

 

-= Giornate X =-

 

La doccia

 

“Aeeeriiiaaals….in the skyyy…”

L'acqua scrosciava dal getto della doccia a coprire le parole del ragazzo che, felice, canticchiava un motivetto ascoltato poco prima.

“When you lose small miiind…mm…mm…”

Con gli occhi chiusi provvedeva ad insaponarsi e a sciaquarsi pensando a cosa avrebbe potuto fare nel pomeriggio.

Aveva del tempo libero, certo, però nessun progetto particolare.

“you free your liiiife…”

Strano a ben pensarci!

Sempre con gli occhi chiusi allungò la mano sino alla mensola con lo shampoo. Afferrò un flacone e ne rovesciò un poco sulla mano.

L'acqua era calda al punto giusto e lavava via ogni pensiero e ogni preoccupazione.

E mentre provvedeva a lavarsi i corti capelli castani trovava ironico che uno come lui non avesse un piano per il proprio futuro.

Sorrise mentre proseguiva nel canticchiare e mugugnare le note della canzone che sin dal mattino continuava ad ossessionarlo.

“Aeriaaaals…”

Ponendo la testa sotto il getto d'acqua sciacquò anche i capelli

“… so up high…”

Poi rimase ancora qualche istante sotto l'acqua corrente, giusto il tempo di cullarsi ancora un poco nell'assenza dei mille pensieri che un capo come lui aveva sempre ad affollargli la mente.

Non era semplice il suo ruolo, questo no, ma gli riusciva bene.

Aveva la stoffa del leader…un po' come suo fratello…peccato però per quei suoi strani poteri…

“When you free your eyes eternal prize!“ l'ultima strofa della canzone e poi la chiusura del getto della doccia.

Sempre ad occhi chiusi aprì il separè del box ed uscì appoggiando i piedi sul tappettino posto subito di fronte ad esso.

O, meglio, questa era la sua intenzione.

Probabilmente si era rilassato un po' troppo e quindi calcolò male di quanto alzare la gamba destra ed urtò con il piede sul bordo.

Un improvviso dolore, insopportabile, lo colse sulla punta del piede, come se si fosse distrutto le dita del piede e a causa di questo incespicò in avanti.

Fu per questo che aprì gli occhi.

Un gesto istintivo per non cadere alla cieca e ferirsi andando a sbatter contro il water.

Sarebbe stato a dir poco umiliante.

In ogni caso fu un errore.

Potenti raggi ottici di colore rosso partirono improvvisi ed incontrollabili dai suoi occhi, uno diretto contro il lavandino e uno a ridosso dello specchio che prontamente lo deviò sul muro poco distante trapassandolo come fosse burro.

E nel poco tempo a disposizione per controllare la caduta, il ragazzo ebbe solo la certezza che sarebbe caduto sul pavimento.

Protese quindi le mani in avanti e attutì la caduta.

Se la cavò con un'altra botta, al ginocchio questa volta.

Imprecò sommessamente.

Si rialzò lentamente e, a tentoni come se fosse un cieco, cercò i suoi occhiali speciali, quelli con lenti al rubino, gli unici in grado di resistere e controllare il potere che da i suoi occhi era in grado di far scaturire.

Se li mise e si osservò per un istante allo specchio.

“Ah, ciclope ciclope” si disse mentre scrollava la testa “se ti vedessero i tuoi compagni chissà cosa direbbero del loro capo!”

Poi sorrise e prese ad asciugarsi.

Osservando poi il buco sul muro ed il lavandino scheggiato a causa dello spiacevole incidente di poco prima, il ragazzo pensò che forse aveva trovato come occupare parte del suo tempo libero.

 

 

(Scott Summers - Ciclope)

 

 

 

 

-= Giornate X =-

 

L'auto ed il camion

 

L'auto sfrecciava a velocità folle lungo il rettilineo, una strada di campagna che tagliava per i campi e i paesini di periferia.

Aveva una fretta del diavolo e non poteva assolutamente permettersi il lusso di perdere quel treno.

Gli altri lo stavano già aspettando e di certo, oltre al ritardo che già aveva accumulato, doveva tenere in considerazione il tempo che avrebbe dovuto perdere per cercare un parcheggio.

Certo, avrebbe potuto comportarsi in tutt'altro modo.

Ad esempio, anziché guidare avrebbe potuto benissimo attingere ai propri poteri e spiccare il volo.

E invece si era lasciato convincere a non abusare dei propri poteri al contempo cercando di vivere come un umano.

“Insomma, devi cercare di essere un po' più umano e meno simile ad Erik, Joseph!”

Si ripeteva mentre continuava a pigiare sull'acceleratore.

“Sei il suo clone, hai i suoi poteri ma devi essere diverso da lui”.

La lancetta del tachimetro continuava a spostarsi verso destra in un crescendo di cifre e miglia orarie.

“Non devi considerarti superiore agli altri e per questo trarre vantaggio dal dono che ti è stato concesso…”

Saggi insegnamenti, vero, ma quanto difficili da mettere in pratica.

Da distante la sua auto sembrava un puntino luminoso, una cometa lanciata in una gara di velocità con la luce.

Ma ciononostante il camionista decise che poteva farcela a far manovra in tutta tranquillità. O forse nemmeno si era accorto della smaniosa velocità con cui si muoveva l'auto di Joseph.

Fatto sta che il camion si mosse, la sua pachidermia mole in un movimento che sarebbe sembrato lento persino ad una tartaruga zoppa.

Lentamente occupò quasi tutta la strada mentre l'uomo sterzava per immettersi in strada.

Joseph lo vide da lontano e tentennò: anche se avesse rallentato si sarebbe schiantato ugualmente.

Forse il camion ce l'avrebbe fatta a lasciare libera almeno una corsia così da permettergli un sorpasso, azzardato ok, ma pur sempre meglio che un incidente.

Si diede dell'idiota per la fretta che l'animava e l'incoscienza con la quale stava conducendo l'auto.

Tentò allora di rallentare ma tutto appariva invano.

“E non abusare dei tuoi poteri…” si disse ironico, scuotendo la testa, mentre si vedeva costretto ad utilizzarli.

In un istante quindi, manovrato da una forza invisibile, il camion si sollevò da terra di circa cinque metri.

L'auto di Joseph sfrecciò quindi sotto di esso lasciando un allibito camionista ad osservare il mondo da un'altezza nuova a lui certamente non congeniale.

Sotto di lui vide una vettura scura mentre dal finestrino lato guidatore abbassato il braccio di un uomo dai lunghi capelli bianchi lo salutava pacatamente.

Poi, docilmente, il camion tornò ad appoggiare le proprie ruote sul terreno mentre l'auto di Joseph scompariva all'orizzonte lanciata in una folle corsa contro il tempo.

“Tutto sommato,” convenne tra sé e sé “essere il clone di Magneto ha anche i suoi vantaggi…”

 

 

 

(Joseph)

 

(Erik Magnus Lensherr - Magneto)

 

 

 

-= Giornate X =-

 

L‘autobus

 

Faceva caldo, un caldo torrido ed opprimente con una percentuale di umidità tendente al 80% se non addirittura di più.

Non poteva dirlo con esattezza ma di certo l'afa lo stava annientando.

Figurarsi!

Le persone boccheggiavano e cercavano refrigerio riparandosi all'ombra degli alberi o degli edifici. Chi poteva si dissetava con una salvifica bevanda ghiacciata o al limite ricorrendo ai benevoli effetti del gelato.

Tutti soffrivano per il caldo.

Ma lui più di tutti a causa della sua folta pelliccia blu scuro.

Voleva solo arrivare a casa e farsi una doccia e cercare un po' di rilassarsi senza pensare al caldo…

Ma la vita aveva altri progetti per lui.

Il treno su cui viaggiava aveva avuto un ritardo di qualche ora e di conseguenza nessuno dei suoi amici e compagni lo stava aspettando in stazione. O almeno, questo era quanto aveva avuto modo di constatare…

Aveva provato ad avvisare del suo arrivo ma nessuno, alla scuola, aveva risposto al telefono.

E nemmeno coi cellulari aveva avuto fortuna visto che il suo aveva deciso di spegnersi definitivamente non appena messo piede in stazione.

Aveva invano sperato in un qualche miracolo, come ad esempio un contatto telepatico oppure un jet che scendeva a prenderlo atterrando in un luogo relativamente vicino e poco in vista…

E invece niente…

Suo malgrado si era quindi diretto verso la fermata dell'autobus.

Aveva caldo e sudava in modo esagerato.

Puzzava e di certo non aveva un bell'aspetto.

Non migliore del solito, gli avrebbe risposto qualcuno dei suoi compagni…magari proprio Bobby...

Chissà dov'era in quell'istante il suo amico ghiacciolo mentre lui era lì, sotto il sole cocente, a patire la calura.

Si era sbottonato la camicia e tolto la giacca e con un giornale cercava di ventilarsi in attesa di un autobus leggermente in ritardo rispetto a quanto riportato sulla tabella degli orari.

Non era proprio la sua giornata.

Che poi, visto che non possedeva il biglietto, se avesse anche solo tentato di fare il furbo come tutti gli altri di certo, con la fortuna che quel giorno pareva proprio non avere, si sarebbe imbattuto in un controllore..

Di tanto in tanto passava qualche auto a dissipare i miraggi che sull'asfalto arroventato gli occhi delle persone credono di vedere ma nessuno di essi assomigliava ad un autobus.

Prese quindi a camminare avanti e indietro, impaziente e nervoso. Posti in ombra sembravano proprio non essercene e di chiamate telepatiche nemmeno l'ombra.

Chissà dov'erano tutti gli altri? Magari in missione…no, in quel caso l'avrebbero di certo avvisato…

Di conseguenza era oltremodo probabile che se ne stessero in ozio oppure a bighellonare in giro senza nulla da fare.Qualcuno, magari, chiedendosi dov'era finito lui…

All'improvviso, finalmente apparve all'orizzonte il veicolo tanto atteso.E a mano a mano che questo avanzava, Henry ebbe la conferma dei suoi sospetti. Nel periodo estivo, purtroppo, proprio quando le condizioni climatiche sono sfavorevoli anche il servizio di trasporto umano peggiora e gli autobus divengono impietosi contenitori di esseri sudati e stressati, tutti pigiati l'uno sull'altro.

E come da copione anche l'autobus che si fermò era pieno di persone.

Sospirò e si fece coraggio.

L'autista, nell'osservarlo, apparve molto più che sorpreso e perplesso.

Come tutti gli altri passanti che l'avevano scorto mentre attendeva l'autobus : dopotutto, era una sorta di rarità con quel suo fisico possente e il lucido pelo blu!

A fatica si inserì tra la massa umana dei passeggeri e si fece largo causando lo spostamento di alcuni di loro.

Forse per via del suo aspetto. Forse per la puzza bestiale che emanava…

Era tutto drammaticamente umiliante per uno scienziato come lui, si ritrovò a pensare proprio mentre l'autobus ingranò la marcia e partì chiedendo le porte per la salita e la discesa.

Tutti i presenti ondeggiarono.

Lui compreso.

A causa della propria massa finì quindi addosso ad un signore di mezza età che gli dava le spalle e che non si era accorto del suo ingresso probabilmente perduto nella contemplazione del vuoto che dal finestrino si poteva scorgere.

Ma non appena Henry lo urtò, questi si riscosse e si girò verso di lui arrabbiato.

“Giovanotto, non spingere! Non vedi che qua siamo stretti come…”

Le parole gli morirono in bocca mentre, giratosi completamente, osservava con stupore l'imponente scienziato dalla pelliccia blu che poco prima l'aveva spinto accidentalmente. E quest'ultimo, ironicamente e con voce pacata, finì per lui la frase rimasta a metà“…come bestie?”

 

 

(Henry McCoy – Bestia)

 

 

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Commenti ricevuti via form mail:

da bohh (04 marzo 2007):

belle immagini. Non potevi intitolarli la famiglia x-mem? (by leo: a un minuto di distanza dal commento illuminante su Suggerimenti Trenitalia giunge quest'altro...mi domando cosa siano gli x mem comunque il testo era quello in alfabeto. Grazie lo stesso per la visita )

 

 

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