Micerino            

                              

 

 

Dopo il bisnonno Snefru, il nonno Cheope e lo zio Chefren, per Micerino (in egizio Men-kau-ra), raccogliere l’eredità di simili antenati era davvero difficile, anche a livello di edilizia monumentale: le piramidi di Cheope e di Chefren, infatti, costituivano già una meraviglia architettonica, ma per costruirle, i suoi due parenti avevano dato fondo a tutte le risorse dello Stato, affamando letteralmente l’Egitto e, per tacitare le coscienze, non avevano esitato perfino a chiudere tutti i templi, sia per incamerare le ingenti risorse di quest’ultimi, ma soprattutto per impedire che i sacerdoti fomentassero rivolte. Più gravosa ancora l’eredità di Snefru, che in Egitto veniva addirittura venerato come la vera e propria incarnazione di Ra, il faraone che sapeva capire i bisogni del popolo, colui che aveva varato le più coraggiose riforme in favore della gente. Così il primo atto di Micerino fu quello di riaprire i templi dopo ben ventisette anni di chiusura e, poi, a poco a poco dare inizio ai lavori per la costruzione del suo tempio funerario che non avrebbe potuto che essere un’altra piramide. Racconta Erodoto, nel secondo libro delle sue Storie, che allo sfortunato Micerino morisse il primogenito e, dopo di lui, la sua unica figlia, per cui, pur avendo in qualche modo cercato di lenire le empietà dei propri parenti, sembrava proprio che gli dei si accanissero, invece, contro di lui. E c’è di più. Sempre secondo il Padre della Storia, un oracolo della città di Buto gli aveva predetto che sarebbe vissuto solo sei anni, morendo nel settimo. Al che, il povero Micerino si convinse davvero che il pantheon degli dei egizi l’avesse proprio con lui e, allora, dopo aver mandato messaggeri al santuario di Buto “lamentandosi e muovendo biasimi al dio, ricordandogli che suo padre e suo zio, i quali avevano chiuso i templi e non si erano curati degli dei, ma che anzi avevano oppresso anche gli uomini, erano vissuti a lungo, mentre a lui era stata riservata una vita brevissima”. Dall’oracolo gli giunse una risposta paradossale: era stata proprio questa sua pietas per il divino a perderlo. Egli si era, infatti, accorciato la vita, andando contro il volere stesso degli dei, i quali avevano deciso per l’Egitto centocinquant’anni di tribolazione, Cheope e Chefren lo aveva capito, mentre egli, riaprendo i santuari, aveva in qualche modo ostacolato i voleri celesti... In un’epoca in cui il senso del religioso permeava profondamente l’uomo egiziano ( si pensi a questo proposito che i faraoni spendevano circa il 30% dell’intero patrimonio annuale della nazione, del PIL, diremmo noi oggi, per importare il preziosissimo incenso verde, da bruciare nelle cerimonie religiose), il crudele responso dell’oracolo calò come un maglio sulle speranze di Micerino (si ricordi che non solo il potere del faraone era di stretta origine teocratica, ma che il sovrano stesso era considerato il figlio di Ra), per cui non gli rimaneva che rassegnarsi o smentire in qualche modo la profezia. E Micerino si aggrappò a quest’ultima speranza. Mobilitò tutti gli artigiani dell’Egitto per fabbricare un enorme quantità di lucerne e, quando calavano le ombre della sera, le faceva accendere tutte e, invece di dormire, si dava ai bagordi. “Vagava per le paludi e per i boschi, precipitandosi là dove gli riferivano che c’erano i luoghi più piacevoli e belli”. “ Aveva escogitato tutto ciò - conclude Erodoto- volendo dimostrare che l’oracolo era falso: i sei anni, infatti, erano diventati dodici perché aveva trasformato le notti in giorni”. In realtà, secondo gli egittologi, Micerino, quarto faraone della IV dinastia, regnò circa 28 anni, fino al 2533 a.C. e di lui, oltre alla piramide, ci rimangono numerose statue, una delle quali di splendida fattura (è posta all’ingresso della seconda sala del Museo del Cairo), dove il sovrano è ritratto, in atteggiamento sereno, con la grande consorte reale. Se, tuttavia, fino a qualche decennio fa, i racconti di Erodoto (che in Egitto aveva vissuto circa due anni, visitandolo da un capo all’altro) erano considerati dagli studiosi nient’altro che “storie”, in questi ultimi anni, le sue descrizioni, anche qualcuna all’apparenza la più incredibile, hanno avuto dei precisi riscontri archeologici. Quando, per esempio, il grande letterato di Alicarnasso, aveva raccontato di aver visto, sotto la piramide di Cheope, addirittura un santuario posto nel bel mezzo di un canale del Nilo, perfino Auguste Mariette, cui l’Egitto e l’egittologia debbono parecchio, non poteva trattenere un sorriso di scherno. Ebbene, malgrado lo scoperto tentativo di “advertising” turistico e la sua altrettanto molesta gigioneria nei confronti della giornalista televisiva Lorenza Foschini , il direttore della Soprintendenza Archeologica di Giza, Zehi Awass, quel sarcofago divino ce lo ha mostrato in diretta, a Rai Uno, qualche sera fa, proprio come lo aveva visto Erodoto 2.500 anni fa. Ma c’è dell’altro. Per tornare a Micerino, lo storico greco aveva anche raccontato che la morte della figlia non era avvenuta per un’improvvisa disgrazia, ma che si era addirittura impiccata dopo aver subito una storia d’amore col padre (questi incesti non devono meravigliare eccessivamente, in quanto non erano rari i matrimoni tra i faraoni e le figlie o le sorelle), e che Micerino, forse per il rimorso, anche perché alle ancelle che avevano consegnato la figlia al padre, furono tagliate le mani per ordine della regina, fece costruire una vacca in legno, all’interno della quale fece seppellire l’infelice fanciulla, ordinando di venerarla come una divinità. “Tutto il resto della vacca è coperto da un manto di porpora - si legge nel racconto di Erodoto-mentre si vedono la coda e la testa indorate da uno strato d’oro molto spesso, mentre tra le corna è raffigurato in oro il disco del sole. La vacca non sta dritta, ma è piegata sulle ginocchia e viene portata fuori dalla camera mortuaria tutti gli anni, quando gli Egiziani si percuotono per il dio che qui io non nomino, in quanto, secondo quando dicono i sacerdoti, la figlia morente chiese, come ultimo desiderio a Micerino, di poter vedere il sole una volta l’anno..” Bene, esattamente un anno fa, una missione archeologica tedesca rinvenne, nei pressi dell’antica Menfi, un ipogeo, con un sarcofago in legno di sicomoro a forma di vacca. La prima ipotesi fu che si trattasse di un santuario della dea Hathor (l’equivalente dell’Afrodite greca), che veniva, appunto, rappresentata con la testa di vacca e con tra le corna un disco solare, simbolo del dio primigenio Aton. Successivamente, il filologo Athanasius Kerk ipotizzò che potesse trattarsi proprio della sfortunata figlia di Micerino (anche perché Hathor non era stata mai ritratta anche con il corpo di vacca) e, attualmente, in attesa che il solito Hawass se ne vanti in diretta con la finta ingenua Foschini, questa, per gli archeologi, appare l’ipotesi più plausibile.