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La cucina ebraica tradizionale deve
tener conto di un sacco di limitazioni che datano
dallepoca dellEsodo (Levitico 11,1-23 e
Deuteronomio 14,3-21). In principio ce nera una
sola, di limitazione
. ma si sa, più passa il tempo
e più le cose si complicano
Dunque, tutte le ricette che seguono devono rispettare certe regole, inclusa quella che latte, latticini ed affini non possono entrare a far parte di un pasto in cui viene servita o utilizzata della carne. Quindi: niente maccheroni affogati nel ragù e sepolti sotto una nevicata di parmigiano come ricorda certa nostra letteratura Le ricette e il disegno in copertina sono tratti interamente dal libro Buon appetito, Elia! di Elena Loewenthal pubblicato da Baldini & Castoldi. Antipasti:Haminados ovvero uova stracotte di tradizione sefardita8 uova dignitose la buccia di 8 cipolle rosse 1 cucchiaio di sale 2 cucchiai di olio 1 presa di pepe nero Mettete tutti gli ingredienti in una teglia da forno e coprite dacqua. Chiudete ermeticamente il recipiente e mettete in forno gentile (100/120°) per un tempo memorabile, cioè possibilmente tutta la notte, altrimenti non meno di 6 ore. Lasciate raffreddare e servite queste uova per antipasto, con qualche salsina o un po di techina. Sono indicibilmente morbide e si sciolgono in bocca. N.d.R. e come si sigilla il recipiente?!? semplice, basta fare un poco di pasta di acqua e farina, farne un grissino e utilizzarlo a mo di guarnizione per tenere incollato il coperchio alla pentola. Assolutamente da evitare quello con la manopola in plastica mentre va benissimo la pesciera della nonna La techina o tahina è una pasta di sesamo che si trova in tutti i negozi intorno a Porta Palazzo, e va allungata con succo di limone e olio doliva. Sefardita, significa: di origine spagnola Proseguiamo? Uova ripiene alla mostarda dette anche uova sataniche8 uova 4 cuccchiai di maionese 1 cucchiaio di senape 1 cucchiaio di erba cipollina tritata fine paprika dolce sale q.b. olive e foglie dinsalata per guarnire Rassodate premurosamente le uova (circa 20 minuti), sgusciatele e tagliatele a metà per il lungo e togliere i tuorli che schiaccerete prima da soli e poi aggiungendo, man mano gli altri ingredienti tranne la paprica Rimettete un poco dimpasto nellincavo dei bianchi, disponete tutto su un piatto da portata e cospargete con la paprica. Derliz ovvero gelatina di piede di pollo20 zampe di pollo 500gr di frattaglie e ali di pennuto 1 cuore di sedano 2 rossi duovo 2 uova sode 2 cucchiai di aceto bianco 1 spicchio daglio schiacciato qualche foglia dinsalata per guarnire Buttate in pentola, ma con una certa grazia, le zampe ben lavate, le frattaglie e le ali. Unite il sedano e coprite dacqua. Come al solito, secondo me una foglia dalloro e una di salvia non guastano affatto. Fate bollire sin quasi a disfacimento. Filtrate il liquido, unite aceto e rossi duovo, togliete la carne dalle ossa e tagliatela a striscioline, poi ributtatela, con la solita grazia, nel brodo chiarificato. Affettate le uova sode e deponetele sul fondo del recipiente riservato alla gelatina, che lascerete colare subito dopo. Quando è pronta, rovesciatela su un piatto, contornata dalle foglie dinsalata. Primi piatti:Cholent (N.d.R. probabilmente il nome cholent deriva dal francese: a fuoco lento chaud lent.) Piatto unico ante litteram prima che simponessero i dietologi della moderazione, in realtà il cholent di moderato non ha proprio niente: né calorie, né tempi di cottura, né sapori. È un autentica bomba nutritiva con un sovraccarico di storia e memoria. Nonché un infinita varietà di versioni, che vanno dallo Yemen alla Scandinavia, passando per ogni terra abitata, Italia compresa, e per varie metamorfosi lessicali. Veniamo al dunque, il cholent veniva approntato nel pomeriggio del venerdì, allapprossimarsi del Sabato, preso e portato dal fornaio del paese, lasciato lì per il seguito della giornata, la notte intera e la mattina del Sabato. Terminata la funzione in sinagoga, il pentolone tornava finalmente a casa, sospeso fra due asciugamani per non bruciarsi le mani, e mangiato come pasto sabbatico. Confortantemente caldo, raggirata in questo modo la proibizione di accendere il fuoco in cucina (N.d.R. ma anche nelle altre stanze ) diciamo anche che era costume sigillare il coperchio con una striscia di pasta da pane, e che presso i fornai più frequentati si provvedeva a consegnare uno scontrino con numero a corrispettivo di ogni pentola, di modo che il giorno seguente ognuno ritrovasse il proprio, di cholent, non quello del vicino. Fatte tutte queste premesse intimidatorie, possiamo finalmente dire che il cholent non è affatto male, anzi è decisamente buono, che si può far cuocere anche di giorno, sulla piastra o anche nel forno di casa, e che è persino molto facile da preparare: questo piatto è la più valida dimostrazione di ciò che il tempo, il calore e la pazienza sanno fare, quando vanno di comune accordo il che, malgrado le apparenze, non sempre capita: 1 Kg. e ½ di polpa morbida e degna di manzo 1 Kg di patate intere senza buccia 250 Gr. di fagioli bianchi, secchi, lasciati a bagno per una notte 150 Gr. di fagioli rossi, come sopra, (facoltativi) 150 Gr. di orzo perlato 1 uovo intero (con il guscio opportunamente lavato) per ogni commensale 2 cipolle intere 2 spicchi daglio olio di semi sale e pepe q.b. la tradizione vorrebbe semplicemente depositare gli ingredienti in un pentolone ampio a sufficienza, preferibilmente di coccio, sommergere dacqua e lasciar cuocere some sè detto, rigorosamente coperto. Fra le molte raffinatezze che questo piatto certo non raffinato ma piuttosto verace, ammette, eccone alcune: - Soffriggete la cipolla ed un eventuale mazzetto di aromi, poi la carne, e infine tutto il resto. - Un bel pizzicone di paprika non guasta - Per parte mia consiglio di aggiungere lorzo a fine cottura non più di unora prima di servirlo. Perché si rispetti, il cholent deve cuocere almeno 4-5 ore a fuoco molto, molto basso in forno se vi va ma anche sulla piastra elettrica se siete in grado di sorvegliarlo. Sempre ben coperto. Deve risultare una zuppa densa, senza acqua, da mangiare con il cucchiaio ma anche senza difficoltà con la forchetta. DayenùCi sarebbe bastato, ritornello scandito in uno dei canti della celebrazione pasquale, in cui tanto per cambiare si inneggia al Signore, e in questo caso si fa qualche complimento intorno alle sue opere: Se ci avesse fatti uscire dallEgitto senza aprire il mare, ci sarebbe bastato e via di seguito, secondo il tipico modello piemontese del per carità, non si disturbi E in effetti piemontese per non dire piemontesissima è questa ricetta pasquale: 1 litro e ½ di buon brodo di carne 4 rossi duovo 3 fette di azzima grossa francese divisa in due Quando il brodo bolle vivace, buttate lazzima. Deve cuocere un quarto dora più o meno, sino a diventare trattabile con il cucchiaio, ma non troppo molliccia né tantomeno disfatta. Un attimo prima di servire buttate i rossi e agitate il cucchiaio di modo che non si rapprendano ma si amalgamino al brodo. In tavola bello caldo. Qualcuno aggiunge al brodo una timida presa di cannella, se non di zenzero in polvere che a me piace moltissimo ma che trovo un po esotico per questa minestra così domestica, familiare, almeno al mio palato. Ruote del faraone per Shabbat bescialach500 Gr. di tagliatelle alluovo 100 Gr. di dadini di prosciutto doca 60 gr. di uva passa rinvenuta 60 Gr. di pinoli olio o grasso doca Le tagliatelle andrebbero fatte in casa, ma è altrettanto lecito comprarle, possibilmente fresche. Cuocetele al dente e fermate la cottura bagnandole con acqua fredda e scolandole per bene. Conditele con olio o con lintrovabile grasso doca. Preparate il sugo con il prosciutto doca (o eventualmente dadini di carne soffritti quando non bresaola), luvetta, i pinoli. In teglia uno strato di pasta, uno di sugo e infine ancora pasta, una passata in forno e poi in tavola. Le regole della tavola di Pesach (Pasqua) sono, per così dire, la sublimazione dei divieti alimentari: a memoria della precipitosa fuga dallEgitto che impedì ai figli dIsraele la lievitazione della quotidiana focaccia, il lievito è bandito per sette giorni. Ma non solo il lievito: ogni base o preparazione soggetta a lievitazione, fosse anche naturale, e a fermentazione, va eliminata dalle mura di casa. alla vigilia della festa ha infatti luogo una cerimonia fra il simbolico e il reale, in cui grandi e piccoli frugano negli angoli più riposti alla ricerca di briciole di pane, avanzi di biscotti, ombre di cereali. Ogni residuo di chametz , cioè di cibo contrario alle regole di Pasqua, andrebbe bruciato o venduto. Lastinenza da ogni cibo lievitato, non è solo rievocazione storica, ma anche un invito allumiltà, alla modestia, contrapposte al gonfiore del corpo e dellanima, in altre parole alla superbia di chi guarda dallalto in basso, malgrado la sua vera statura. Come al solito, il biblico precetto relativo al pane azzimo, senza lievito, è esteso dai rabbini che, per scrupolo e rispetto della legge, preferiscono come al solito abbondare in precauzione piuttosto che cadere nellapprossimativo. A tale proposito, le opinioni degli uni e degli altri discordano: gli askenaziti (gli ebrei di rito tedesco ) si astengono, per tutta la festa da ogni cereale e farina riso compreso. I sefarditi non rinnegano il riso, e ammettono un impasto di farina e uova, purché non veda ombra dacqua. Secondi:Adamo ed Eva erano, senza tema di smentita, sicuramente vegetariani. Il Signore concesse loro luso ed il consumo di erbe, spezie e foraggio del giardino dellEden, e tanto doveva bastare. I profumi del paradiso li hanno perduti per sempre, e tutti coviamo nel fondo dellanimo qualcosa che assomiglia alla nostalgia, contornata da unombra di rimorso, per quelle delizie che non hanno fatto in tempo ad assaggiare e che con tutta probabilità non incontreremo lungo la nostra strada. La carne, invece, è il contentino che il Signore concede a Noè come premio di buona condotta dopo la faccenda del Diluvio. Il salvataggio di tutte le specie animali meriterà pure una bistecca, un arrosto, uno spiedino alla brace, si sarà detto il vecchio fra sé e sé, ed il Signore non ha potuto che dargli ragione. Appena le acque cominciano a ritirarsi, Egli dichiara: La paura di voi e il terrore di voi siano in tutti gli animali selvatici ed in tutti gli uccelli del cielo, come in ognuno che striscia sulla terra e in tutti i pesci del mare, essi sono dati in vostro potere. Tutto quello che si muove e ha vita sarà vostro cibo; come già la verde erba, do a voi tutto (Genesi 9,2-3). Da quel giorno in poi, ma non un minuto prima, dice fra le righe la Bibbia, lasciandoci dunque intendere che luomo era stato creato per essere vegetariano, e il fatto che si permetta di sgozzare, eviscerare tagliare e cuocere gli animali è soltanto la conseguenza di un modesto incidente di percorso. Non per nulla, infatti, togliendo la carne dal regime alimentare ebraico, le restrizioni della kasherut si riducono a ben poco, a quasi nulla e quel quasi nulla potremmo chiamarlo rispetto della vita, soprattutto se nuova: a segno che in fondo il Signore preferirebbe se evitassimo di cibarci di carne. Mi trova perfettamente daccordo. Così come trovo affascinante la lettura che qualcuno ha dato della concessione post-diluviana, e cioè che servì a fronteggiare sul momento un caso demergenza, perché con tutta lacqua che era venuta giù non cera modo per Noè e per i suoi, di trovare qualche erba di campo, qualche sparuto albero da frutto, qualche semina, e in attesa del nuovo raccolto non gli restava che consumare ciò che aveva a disposizione, per una semplice questione di sopravvivenza. Passato il primo momento, ha detto questo qualcuno, è implicita limposizione del ritorno ad un più sano e innocuo regime vegetariano. ( ) Ed è proprio vero che in una certa misura, mangiare carne mette a disagio la tradizione ebraica, come svela questo aneddoto che traggo dalla stessa fonte: Un giorno in paese arrivò un giovane macellatore rituale, in sostituzione del vecchio defunto. Dopo qualche tempo, gli ebrei locali ebbero questa discussione. Uno chiese come va il nuovo macellatore? Un altro rispose: fa il suo dovere. Recita le preghiere? Si, le recita. Affila il coltello? Certamente. E inumidisce la lama? La inumidisce. Allora, cosa cè che non va? replicò il secondo. Rispose il primo: Sai, il fatto è che il nostro vecchio macellatore era solito inumidirla, la lama, con le sue lacrime. Già, lebreo benedice il pane e la primizia di stagione, benedice luva e i frutti della terra, ma non benedice mai la carne che si appresta ad azzannare. Gibba di cammelloIl nome non vi tragga in inganno, è un semplice polpettone, ovvero klops 800 Gr. di carne di manzo tritata 125 Gr. di grasso di vitello anchesso tritato 2 cipolle 1 spicchio daglio 1 uovo 2 fette di pane prezzemolo timo e alloro sale e pepe in grani Lavorate devotamente, la carne, il grasso, le cipolle tagliuzzate finemente, laglio affettato, luovo e il pane previamente inzuppato e strizzato, con sale e pepe macinato (se vi va). poi, su un piano infarinato formate un rotolone. Una volta composto, disponetelo in una teglia da forno con gli aromi, il sale e il pepe in grani. Cuocete non troppo (tre quarti dora non più) a forno moderato. Aringa di fine digiunoConsumata a chiusura del giorno di Espiazione, vale a dire il Kippur, degli ebrei dellEuropa orientale, soprattutto quando non potevano permettersi nulla daltro. Malgrado questa premessa e il nome che porta, non è strettamente necessario digiunare un giorno intero prima di gustarla. 12 biscotti secchi 4 mele verdi (non nel senso di acerbe, nel senso di qualità) 4 uova sode 4 aringhe sotto sale 60 ml di aceto di mele una presuccia di cannella (facoltativa) un cucchiaio di zucchero pepe una manciatina di prezzemolo fresco Le aringhe le pulirete e le lascerete a bagno una notte a perdere il sale. Tritate i biscotti nel frullatore, e dopo, molto brevemente le mele tagliate a spicchi (per le quali sarebbe meglio usare la mezzaluna). Poi tritate anche le uova e le aringhe, che lavorerete per un fuggevole istante per non ridurle in pasta. Versate gli ingredienti in una ciotola, unite laceto, il pepe, lo zucchero ed eventualmente la cannella. Guarnite con il prezzemolo e servite freddo di frigo. Non è raccapricciante come pensate, basta provare. DolciEcco un dolce tipico di Kippùr: Pastine di schiuma di Jerushalaim 1 bicchiere di mandorle ½ bicchiere di zucchero un albume montato a neve soda. Tritate le mandorle fini fini e unitevi lo zucchero, poi lalbume. Con la pasta spianata, formate dei dischi, che farete cuocere in forno moderatissimo per una decina di minuti. Non devono scurire. E un altro tipico di Purim: Orecchie di Aman , dette anche frappe4 uova 100 gr. di burro 100 gr. di zucchero 2 cucchiaini di brandy (se volete) 300 gr. di farina Scorza grattugiata di un limone Cannella modica Una presa di sale Si lavora bene la pasta, si stende fine, si taglia a strisce e si frigge in olio caldissimo. CharosetUna specialità tipicamente pasquale è il charoset, un miscuglio grossolano di frutta, fresca e secca, e altri ingredienti a piacimento, che simboleggia la malta con cui gli schiavi ebrei costruivano i mattoni per le piramidi nel tirannico Egitto, e riveste un preciso ruolo nel rituale del Seder, con cui si apre la settimana festiva. Esistono innumerevoli versioni di questa dolcezza che può essere servita al cucchiaio, sullazzima o con i biscottini, in fine pasto. Ecco la versione piemontese: 150 gr. di mandorle spellate 50 gr. di mandorle con la buccia 2 cucchiai di zucchero 2 tuorli duovo sodi 2 mele gialle la spremuta di un arancio un azzima 100 gr. di castagne bollite Amalgamare tutti gli ingredienti (anche nel mixer). La frutta secca non necessita di essere tritata a parte perché è bene sentirla fra i denti. E per chi volesse saperne di più:
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