Sono nato senza un passato, o meglio, mi sono reso conto di essere vivo quando ormai avevo già perso la mia vita. Il mio primo ricordo sono le carceri nelle quali mi svegliavo, non so quanti anni avevo, ne so quanti ne ho ora, so solo che ogni mattina mi svegliavo al buio, l'unica luce che vedevo era quella che filtrava da una piccola fessura nella mia prigione. Non sapevo, e ancora non so, come, quando, perché ero finito in quella situazione,, chi mi c'aveva portato, di quale reato mi ero macchiato. Lontano dal tempo, lontano dalla vita ho speso giorni, mesi o forse anni chiuso in quella buia gabbia, senza mai vedere il mio carceriere, l'unica persona che conobbi era il mio compagno di cella, un vecchio cieco che aveva perso ogni speranza nella vita. Ed è stato quel non capire la realtà che mi circondava a darmi la forza per cambiare la mia vita. Iniziò tutto un giorno, o meglio una notte, perché la mia cella era avvolta nel buio più totale, fù il vecchio a farmi capire, ad aprirmi gli occhi. Era la prima volta che mi parlava, e sarebbe stata anche l'ultima, la sua voce roca risuona ancora nella mia testa, disse poche parole che sempre ricordo: "Nessuno può tarpare le tue ali, in te c'è tutto ciò che cerchi, abbi la forza di trovarlo". Nell'oscurità, cercai la piccola porta della mia cella, con rabbia, piangendo la spinsi, cercavo di aprirla, mi rendevo conto dell'impossibilità del mio gesto ma era la disperazione a guidarmi, colpii la porta con le mani nude, le nocche iniziarono a sanguinare, urlai mi disperai, ma la porta non si apriva. E mentre ogni speranza era ormai persa il carceriere si avvicinò alla cella per controllare cosa stesse succedendo, aprì la porta, e con l'ultimo gesto del cane con le spalle al muro saltai fuori, corsi via, non so per quanto tempo, non capii dove stavo correndo, non capii dov'ero, che cos'era la mia prigione, l'unica cosa a cui pensavo era scappare. E alla fine il sogno divenne realtà, la luce del mattino per la prima volta colpiva i miei occhi, e mi faceva male, non ero abituato al sole al calore, ed ogni raggio era per me una pugnalata. Continuai ancora a scappare, ma stavolta non più da un nemico che non avevo mai visto in faccia, ma dall'astro che bruciava la mia carne. L'ombra degli alberi fù a lungo il mio sollievo, ancora lontano dal tempo rimasi nel bosco e ne feci la mia casa, pian piano il mio corpo iniziava a sopportare la luce del sole, ma il cuore ormai conosceva solo l'ombra, e solo la forza di odiare per ciò che avevo passato. Nessuna morale, solo il male nella forma più pura albergava in me, l'istinto, la volontà di odiare qualsiasi cosa. Ma la mia eterna fuga, il mio eterno pellegrinare non poteva finire lì, sentivo in me la forza crescere, sentivo in me il bisogno di ampliare la mia conoscenza, la rabbia che ribolliva nelle mie vene aveva bisogno di uscire fuori, di esplodere, di non rimanere a bruciare dentro, dovevo elevare la mia potenza, avevo il bisogno di qualcosa che riuscisse a realizzare il mio male. La volontà mi condusse a lasciare quel bosco che era stato, chissà per quanto tempo, la mia casa. Vagai senza una meta, di contrada in contrada, di paese in paese, ma mai placai la mia voglia di portare il mio male alla sua estrema potenza. Nulla mi soddisfò, nulla era ciò che cercavo, nulla mi completava. Ma un giorno capii la mia via, c'era un modo per poter esprimere il mio male, le vie della conoscenza si potevano aprire, il mio male poteva essere completato e realizzato, solo con uno strumento, l'arte arcana, la magia. Ed è ora che sento ribollire in me l'arte magica, sento il bisogno di realizzare il mio male, di innalzarlo alla perfezione grazie all'arte magica. Solo l'ombra trova spazio in me, ed è solo la sete di conoscenza che può portare la mia vita, il male che è dentro di me, alla sua forma più completa, solo il male può calmare il mio tormentato animo.

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