IL PECCATO ORIGINALE

 

 


 

L'idea di impurità del sesso sulla quale si basava il matrimonio bianco dei chierici latini aveva un fondamento abbastanza generico ed incerto: non la si riusciva a conciliare con quella della bontà naturale della materia, mentre erano difficili da tracciare i confini tra colpa cosciente e istinto biologico. Ci volle il genio di Agostino, il maggior teologo dell'antica Chiesa latina, vissuto tra il IV e il V secolo, per poter non solo giustificare dottrinalmente la condanna della sessualità umana in sé, ma aggravarla pesantemente, trasmettendo  alla cultura dell'Europa occidentale l'idea del sesso come peccato. Egli gli rivolse, infatti, una delle peggiori accuse che si potesse immaginare: quella di essere conseguenza e mezzo di trasmissione del peccato originale, cioè dell'ingresso del Male nel mondo. Proprio questo fu il contributo del grande vescovo e filosofo africano al dibattito sull'argomento, solamente qualche decennio dopo l'instaurazione della castità obbligatoria per il clero latino sposato.

Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca l'uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio[1].

 

Queste parole  testimoniano il rapporto conflittuale di Agostino con la sessualità. Posseduto da una natura fortemente sensuale, nella giovinezza egli seguì lo stile pagano del libero scatenamento degli istinti ed ebbe due relazioni concubinarie ed un figlio naturale, Adeodato, che morì a diciottanni. Agostino non viveva l'attrazione verso la donna come un modo per realizzare una dimensione simbiotica che avrebbe creato quel tertium nuovo rispetto alle individualità dei due partner che avrebbe coinvolto e soddisfatto i bisogni sentimentali, psichici e fisici di entrambi. Egli la riduceva invece ad una elementare genitalità del tutto inferiore come qualità di sentimenti e di relazione all'amicizia maschile:

 

Io non vedo per quale aiuto la donna sia stata fatta per l'uomo, se si esclude il fine della procreazione. Perché tuttavia se si esclude questo scopo io non lo capisco: se la donna non è stata data come aiuto all'uomo per generare figli, per quale altro aiuto sarebbe stata data? Forse perché insieme dovessero lavorare la terra? Se per questo scopo fosse stato necessario un aiuto, allora l'uomo sarebbe stato un aiuto migliore per l'uomo. Lo stesso vale per la consolazione nella solitudine. Quanto è più gradito per la vita e la consolazione che due amici abitano insieme piuttosto che un uomo ed una donna abitino uno accanto all'altra[2].

 

Una sessualità vissuta esclusivamente come sfruttamento del corpo dell'altro non poteva non comportare una reazione psicologica di natura opposta: un pressante desiderio di liberarsi dall'antitesi possesso/mancanza della passione, un vagheggiamento di purificazione e di fuga verso il mondo dello spirito e dell'oltremondano. Infatti, durante quelle relazioni egli era stato un seguace prima del Manicheismo e poi della filosofia neoplatonica. La religione fondata dal persiano Mani nel terzo secolo era stata l'ultima grande espressione dello spirito gnostico. Si basava, quindi,  sulla solita concezione dualistica: il mondo della materia e dei corpi era stato opera di un Principio malvagio e l'anima umana era una scintilla divina imprigionata nell'oscura carnalità. Bisognava dunque riunirsi col Dio spirituale buono con l'ascesi totale: il fedele manicheo perfetto si asteneva quindi totalmente dalla sessualità, invece il grado inferiore degli uditori al quale apparteneva Agostino, si doveva impegnare a non procreare nuovi spiriti umani imprigionati nel corpo con un metodo anticoncezionale analogo all'Ogino/Knaus. L'adesione al neoplatonismo, l'ultima grande filosofia greca, opera del pensatore Plotino che, a detta dei suoi contemporanei, sembrava vergognarsi di avere un corpo, comportò sì il ripudio del dualismo, ma non quello della concezione della materia come dell'elemento più lontano da Dio, come non essere. Del Manicheismo conservò tuttavia il sentimento negativo nei confronti del mondo per il quale egli riteneva la vita del creato in maniera evidente dominata dal male. Quei suoi precedenti furono determinanti nella scelta che egli fece di spiegare l'universale diffusione del peccato con la connessione tra di esso e la sessualità. Le sue argomentazioni, più che ai fondamenti biblici o patristici, facevano appello ai pregiudizi dell'uomo medio e alle banalità della cultura popolare. Le inibizioni dell'uomo comune e delle leggi romane verso le manifestazioni dell'amore umano furono canonizzate ed assolutizzate come la voce della coscienza universale che ne denunciava la natura negativa.

 

L'occasione per occuparsi a fondo di quest'argomento gli fu data negli ultimi anni della sua vita dalla violentissima polemica con i Pelagiani, gli "eretici" che rifiutavano la teoria del peccato originale. Di fronte ad avversari che basavano tutto il loro ragionamento sulla bontà della natura del mondo in quanto opera di Dio, Agostino elaborò la sua teoria della sessualità umana.  La distinzione dei sessi faceva parte del piano originario di Dio, ma se Adamo non avesse peccato la sua sessualità sarebbe stata di una natura realmente diversa da quella che l'umanità conosce. Agostino entra nei particolari, creando con la fantasia un modello di unione sessuale in cui l'unica cosa che si voleva salvare era la riproduzione:

 

Giustamente si prova pudore soprattutto di questa libidine e giustamente si considerano oggetto di pudore quegli organi che essa stimola o inibisce con una propria prerogativa, per così dire, e non in base a una nostra autodeterminazione. Non furono così prima del peccato dell'uomo. Si dice infatti nella Scrittura: "Erano nudi e non si vergognavano"(Gen. 2, 25) e non perché la propria nudità fosse loro sconosciuta ma non era ancora invereconda... Venuto a mancare lo stato di grazia, affinché la disobbedienza fosse colpita da una pena corrispondente, si realizzò nel funzionamento del corpo una vergognosa novità, per cui la nudità divenne sconveniente... Era giusto che la pena apparisse soprattutto in quell'organo con cui si propaga la specie umana, perché da quel grande peccato fu mutata in peggio... Quindi quell'accoppiamento, degno della felicità del paradiso terrestre, se non vi fosse stato il peccato, avrebbe generato figli da amare senza la libidine di cui vergognarsi... Dunque con gli organi genitali, mossi dalla volontà e non eccitati dalla libidine, l'uomo avrebbe fornito ilseme  per la prole, la donna l'avrebbe ricevuto tutte le volte e nella misura che occorreva.Infatti non muoviamo ad arbitrio soltanto le membra che si articolano con ossa poste in connessione, come le mani, i piedi, le dita, ma anche quelle  che si snodano con muscoli flessibili. Quando vogliamo, le muoviamo scuotendole,  le allunghiamo stendendole, le pieghiamo voltandole, le induriamo stringendo... Il marito si sarebbe unito alla moglie senza lo stimolo sensuale della vampa lussuriosa nella serenità dell'anima e senza la perdità dell'integrità del corpo. E' un'esperienza che oggi non si può verificare. Però si deve ritenere che anche se quegli organi non erano eccitati da un turbolento ardore, ma li usava, come converrebbe, una libera facoltà, ugualmente il seme virile avrebbe potuto essere calato nell'utero della moglie, salva l'integrità dell'organo femminile. Ancor oggi, quando viene emesso il flusso mestruale di sangue, l'integrità dell'utero di una vergine resta intatta. Identico è il percorso con cui il seme viene immesso,  il flusso emesso. Come, infatti, per il parto non il gemito di dolore, ma il pieno sviluppo del feto avrebbe allargato l'utero della donna, così per la fecondazione e il concepimento non lo stimolo libidinoso, ma un atto di volontà avrebbe congiunto i due sessi.[3]

 

 

Ogni reale meccanismo fisico e mentale dell'incontro fra l'uomo e la donna, quale la natura lo ha modellato, era assente nella descrizione della sessualità originaria: il motus erettivo mancava e di conseguenza la donna nel rapporto manteneva l'integrità verginale, conservata anche durante e dopo il parto; non vi era una passione che raggiungesse il suo apice nell'orgasmo, ma la lucida consapevolezza di compiere una doverosa funzione riproduttiva; le cellule seminali avrebbero risalito i canali del flusso mestruale ed Eva sarebbe diventata madre senza soffrire a sua volta le doglie. Queste fantasie raggiungevano lo scopo desiderato: creare una sessualità vera e originaria da riportare a Dio e poter così condannare quella attuale e naturale, emblema delle tendenze peccaminose dell'uomo e caratterizzata dalla libido, forza potentissima e negativa che privava l'uomo della libertà e della razionalità e lo incatenava alla Terra. Essa era comunque una punizione escogitata dalla Provvidenza divina per rendere l'uomo consapevole che il suo ideale di autonomia non aveva prodotto altro che il dominio del male sulla sua stessa natura. Solo la grazia di Dio permetteva all'uomo santo di non acconsentire con la volontà alla concupiscenza che necessariamente agiva in lui, mentre l'uomo peccatore necessariamente la assecondava, aggiungendo peccato a peccato. In quanto punizione che riguardava l'intero genere umano, aveva in se stessa il meccanismo per diffondersi: le nuove modalità del concepimento (l'erezione concepita con la morte)[4] contaminavano tutti coloro che venivano generati dopo l'espulsione dall'Eden. La morte, la sofferenza, il peccato, il castigo ultraterreno: erano queste le conseguenze del peccato di Adamo che l'atto riproduttivo veicolava di generazione in generazione. Neppure l'appartenenza alla Chiesa metteva pienamente al riparo dal male insito nell'uomo dopo la caduta: non erano solo i pagani ad amarsi e a riprodursi nella libidine e a generare nel peccato i figli, bensì anche i genitori cristiani:

A causa di questa (concupiscenza) avviene dunque che i bambini, anche se generati in un giusto e legittimo matrimonio di cristiani, non nascono figli di Dio, ma figli del mondo[5]...

 

Il battesimo per Agostino rendeva figli di Dio ma non liberava definitivamente dal male della concupiscenza: infatti essa era, naturalmente, sempre presente e pronta a far ricadere nel peccato il rigenerato nella fede. L'uomo non avrebbe raggiunto mai la perfezione su questa terra e avrebbe dovuto essere sempre definito un peccatore a causa della presenza della concupiscenza nell'anima e nel corpo e per il perenne conflitto che vi instaurava:

 

Nel battesimo non si ottiene che la legge del peccato... si cancelli del tutto e non esista più[6].

 

Solo la morte del corpo avrebbe messo fine alla presenza del peccato. La spiritualità agostiniana sosteneva, come si vede, la continuità fra l'uomo vecchio e quello rinato al fonte battesimale, in opposizione a quella della discontinuità tipica del Cristianesimo delle origini. Anche la santità di Cristo venne relazionata all'asessualità della sua incarnazione:

 

Fu dunque di Maria la materia corporea dalla quale Cristo nacque, ma non fu una concupiscenza maschile a fecondarla. Perciò, anche se Lui nacque da un corpo e col corpo,  somigliava agli altri uomini ma non era come loro, generati nella carne del peccato: egli, che toglie agli altri il peccato originale con la rinascita, non poteva contrarlo con la nascita[7]

 

E' chiaro secondo queste premesse che Cristo in quanto uomo, una volta cresciuto, non conobbe mai gli stimoli del desiderio fisico:

 

La fede dei cristiani non si vergogna a dire che Cristo abbia avuto i genitali; sei tu piuttostoa doverti vergognare, anzi a dover provare timore quando dici che i genitali di Cristo contro la sua volontà (mai infatti avrebbe potuto volere ciò, Lui che scelse di vivere celibe) siano stati talvolta stimolati da tale libidine, e che quella parte del suo santo corpo sia andata in erezione a dispetto delle sue sante intenzioni, producendo degli effetti sconvenienti... Ma se non osi dire che i genitali di Cristo contro la sua volontà si siano eccitati ed eretti per il desiderio, perché, infelice, osi pensarlo? [8]

 

Agostino divenne in breve tempo, dopo la sua morte, il più autorevole teologo della Chiesa latina e le sue idee, che facevano della sessualità il segno rivelatore del dominio del peccato e la idealizzavano come l'antitesi dello spirito[9], diedero un tale contributo al rafforzamento delle tendenze spiritualistiche e dualistiche della cristianità occidentale che, centocinquant'anni dopo, il papa Gregorio Magno arrivò finalmente a definire atto colpevole l'unione sessuale all'interno del matrimonio legittimo[10].

 

 


 

 

[1]Agostino, Soliloquia 1:10, Opera Omnia III-1,  Roma 1970,  408.

[2] Idem, De Genesi ad litteram 9: 5, Op. Om. IX-2, Roma 1989, 458.

[3]Vd. Idem, De civitate Dei, 14, 17-26, Op. Om. V-2, Roma 1988, 336 - 358.

[4]Vd. Idem, Epistola ad Attico  5, 5. C.S.E.L. 88,II,6.

[5]Idem, De nuptiis et conc.1: 18, Op. Om. VII-1,  Roma 1978, 426.

[6]Idem, De pecc. mer. et rem. 1, 26:39, Op. Om. 17-1, Roma 1981, 68.

[7]Idem, Contro Giuliano op. imp. VI, 22, Op. Om. 19-2, Roma 1994, 1126.

[8]Ibidem, IV, 54, 712.

[9]Vd. S. Kierkegaard, Don Giovanni, ... solo col Cristianesimo la sensualità è divenuta il correlativo dello spirito, ed. it. Milano 1981, 65.

[10]Gregorio M., Ep. ad Agostino di Canterbury, S.Ch. 371, Appendix 11, c. 8.

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