L'Architettura funeraria
nel corso dei tempi
Teologia e legislazioni in proposito
Fin dall'antichità
l'architettura funeraria ha avuto un posto di rilievo tra le opere d'arte,
basti pensare che ben 2 delle 7 meraviglie del mondo sono costruzioni a carattere
funerario(le Piramidi e il famoso Mausoleo di Alicarnasso). A questa breve
introduzione seguirà una trattazione sull'argomento, ripercorrendo
cronologicamente i passi fondamentali e più significativi di questa
particolare branca dell'architettura prima tanto stimata e ora in lento degrado.
Attraverso esempi tecnici, partendo dalle Piramidi di Giza fino ai cimiteri
di oggigiorno, analizzeremo due aspetti critici riguardanti questo argomento:
l'evolversi delle leggi urbanistiche atte a riorganizzare il territorio, ed
un aspetto più legato alla teologia e al significato della "tomba"
nel corso dei tempi.
In particolare faremo riferimento a sei periodi specifici, che ci aiuteranno
a capire i motivi e ad illustrarci meglio la situazione.
- Preistoria;
- Antico Egitto;
- Etruschi;
- Romani;
- Medioevo;
- Epoca napoleonica fino ai giorni nostri.
PREISTORIA
Alcune testimonianze
di costruzioni funerarie risalgono a tempi assai remoti circa 100.000 anni
fa con l'uomo di Neanderthal (anche detto "homo sapiens"), è
importante notare come questo tipo di attività sociale non legata alla
sopravvivenza sia un elemento di differenziazione fondamentale dagli animali.
Le tombe erano caratterizzate da fosse nel terreno, ricoperte da lastre di
pietra, al cui interno sono stati ritrovati, oltre che i resti del defunto,
alcuni oggetti appartenutigli in vita, in genere attrezzi da lavoro e cibo,
nella convinzione che la vita continuasse anche dopo la morte.
La completa adesione dell'uomo alla natura porta alla definizione, intimamente
legata ai quattro elementi allegorici, dei diversi sistemi di sepoltura: così
l'inumazione trarrebbe origine dalla terra, la cremazione dal fuoco, l'essiccazione
dall'aria, l'immersione, pratica usata soprattutto dalle primitive popolazioni
nordiche, dall'acqua. Alcuni studiosi affermano che probabilmente i primitivi
temevano in qualche modo i defunti, attribuivano loro dei poteri speciali
e spaventosi, per questo motivo era necessario pacificarli con doni e con
il necessario rispetto.
Da sempre la sepoltura è stata caratterizzata da aspetti magico-religiosi,
per motivi evidenti, nella morte si nasconde il mistero, e in ogni civiltà
ne abbiamo prova; le prime civiltà erano politeiste e riconoscevano
un Dio in ogni fenomeno naturale, in questo ambito è necessario ricordare
le prime costruzioni megalitiche ( dal greco mégas = "grande"
e lithos = "pietra") dedicate a divinità naturali, come in
Inghilterra, a Stonehenge, dove ritroviamo una serie di massi di pietra di
enormi dimensioni detti "dolmen", un primo esempio di trilite, disposti
a formare un cerchio, tutt'ora non ci sono certezze su come riuscissero a
costruirli.
Esistono alcune ipotesi sulla loro costruzione, che si possono sintetizzare nell'immagine seguente.
Un'altra forma di "costruzione preistorica" è il "menhir",
una grande lastra di pietra posta in posizione verticale quasi a voler creare
un legame tra cielo e terra, solitamente non sorgono isolati, ma disposti
a semicerchio, alcuni esempi possiamo ritrovarli in Francia, nella zona della
Bretagna, e nella zona di Callanish, nelle isole Ebridi, poste ad ovest della
Scozia.
In seguito vedremo che col passare degli anni, la concezione preistorica dell'aldilà, il significato della morte, sostanzialmente non cambiano e ritroveremo molteplici analogie nelle civiltà che andremo ad analizzare.
ANTICO EGITTO
La civiltà egizia
è considerata da sempre la più duratura, risalente a circa 5000
anni fa, cominciò la sua decadenza intorno al 1085 a.C. e dopo molteplici
occupazioni da parte di Assiri e Persiani, il Regno Egiziano scomparve definitivamente
nel 30 a.C. quando divenne una provincia dell'Impero Romano.
In tempi antichi le due rive del Nilo erano due mondi antitetici : la destra,
verso levante, era il regno dei vivi, con giardini e templi, animata da commerci
e feste; la sinistra era la sede delle dimore eterne, con templi funerari
edificati in una pianura arida e quasi desertica. Tebe divenne la nuova capitale
all'inizio della XII dinastia, quando Montuhotep riuscì a riunificare
il paese, e lo rimase dal Medio Regno fino alla fine del nuovo per circa 1500
anni, raggiungendo il massimo splendore tra la XVIII e la XX Dinastia.
Un settore caratterizzato
da uno sviluppo straordinario è quello delle costruzioni monumentali,
strettamente legato al potere regio e sacerdotale, destinato a costituire
un simbolo della gloria e dell'immortalità dei potenti sovrani del
paese.
Le tombe più antiche dette dagli studiosi "a màstaba"
(cioè "a panca" caratterizzate dalla forma di un tronco di
piramide), in principio costituite solamente da masse in muratura piena e
successivamente ornate all'interno con bassorilievi policromi ritraenti scene
di vita del defunto e della sua famiglia, erano molto semplici. Le mastabe
sono tombe del tipo a camera, all'interno delle quali sono ricavate una o
più stanze che costituiscono l'infrastruttura destinata a contenere,
oltre al corpo del defunto, le offerte (corredo funerario) al Ka (il cosiddetto
doppio) e da un tumulo che forma la sovrastruttura per indicare il luogo della
sepoltura e costituire un punto d'appoggio per il culto funerario. Lo scopo
era quello di proteggere il corpo del defunto il quale raggiungeva la prima
immortalità attraverso le statue che perpetravano il Ka. L'accesso
della tomba (sempre rivolto ad oriente), era in genere un pozzo in fondo al
quale vi era l'ingresso alla camera funeraria. Successivamente alla costruzione
il pozzo veniva riempito di pietre per evitare l'ingresso ai violatori di
tombe. Questo tipo di tombe era riservato ai nobili, ai funzionari e agli
artisti.
La tomba a màstaba in seguito si evolse in un particolare tipo di piramide,
la piramide a gradoni, ne abbiamo un esempio nella Valle dei Re, dove l'architetto
Imhotep, visir del faraone Zoser (2680 - 2650 a.C.), della III dinastia, costruì
per il suo faraone un monumento funerario diverso dai precedenti, sovrapponendo
alla màstaba, che per tradizione si costruiva sulla tomba (posta in
un pozzo a 28 m di profondità), altre sei màstabe con il risultato
di ottenere una piramide a gradoni, una sorta di scala verso il cielo.
L'evoluzione successiva
della piramide a gradoni, fu la Piramide con le classiche pareti lisce, gli
esempi più eclatanti li ritroviamo a Giza, le famose piramidi di Cheope,
Chefren e Micerino, tra cui la prima è considerata una delle sette
meraviglie del mondo antico.
Molti misteri avvolgono questi imponenti monumenti funerari riservati ai faraoni,
gli studiosi per anni si sono domandati come venivano costruiti e da dove
provenissero quegli enormi blocchi di granito usati per costruirli. Secondo
gli egittologi, la cava era situata ad Assuan, luogo ricco di granito e calcare,
il problema è che Assuan è situato a circa 1000 km a sud di
Giza, gli egiziani ovviarono a questo problema trasportando più di
5 milioni di tonnellate di roccia con barche e chiatte lungo il Nilo.
Riguardo ai metodi di costruzione ci sono ancora molti dibattiti, le ipotesi
più accreditate sono due; la prima prende in considerazione il fatto
che i massi venissero fatti slittare su una rampa inclinata a bassa pendenza
cosparsa di una miscela di limo e sale bagnato, tuttavia questa ipotesi non
viene tenuta in grande considerazione perché, ipotizzando pendenze
ridotte, si sarebbe dovuta costruire una rampa di quasi due Km; la seconda
ipotesi prende in considerazione l'idea di una rampa a spirale che gira intorno
alla piramide salendo sempre di più. Quest'ultima è la più
accreditata dagli storici anche se non ci sono prove certe.
La piramide all'interno era costituita da un labirinto di cunicoli e false
camere sepolcrali, così da ingannare i predatori di tombe, e pare che
gli architetti venissero fatti uccidere dopo la costruzione per evitare che
rivelassero l'ingresso.
L'interno è interamente affrescato, solitamente gli episodi essenziali
della vita del faraone, e il viaggio nell'aldilà venivano raffigurati
con la tecnica dei geroglifici, di cui sopra possiamo vederne un esempio.
La piramide di Cheope è la più alta mai costruita, qui di seguito
sono elencate alcune caratteristiche tecniche e curiosità inerenti
a questo antico monumento:
LARGHEZZA: LATO NORD mt 230 e 25,05 cmLATO SUD mt 230 e 45,35LATO EST mt 230 e 39,05 cmLATO OVEST mt 230 e 35,65 cmPENDENZA:51°50' | PESO:5.273.000 TonnellateBLOCCHI DI PIETRA:2.300.000PESO MEDIO DI OGNI BLOCCO:2,5 TonnellateLASTRE DI CALCARE:140.000SOMMA SPESA:1600 Talenti d'argento (secondo Erodoto) |
Le quattro facce della
grande piramide sono rivolte esattamente verso il nord, il sud, l'est e l'ovest.
Recenti calcoli hanno poi dimostrato che la differenza con il polo nord magnetico
è appena di tre minuti di grado (0,015%), un valore impressionante,
soprattutto se si pensa che l'uomo moderno quando ha cercato di orientare
un edificio (l'osservatorio astronomico di Parigi) ha ottenuto una distanza
di ben sei minuti. Come se tutto ciò non bastasse, la piramide di Cheope
è situata proprio nel punto dove si incrociano il 30°meridiano
ed il 30°parallelo, cosicchè essa potrebbe essere definita come
"il centro del mondo". Infine, giusto per far capire che non si
tratta di coincidenze, prolungando le diagonali N.E. e N.O. della grande piramide,
otteniamo un cono che racchiude il delta del Nilo, una delle due diagonali
inoltre è perfettamente allineata con la piramide di Chefren.
Analizzando i dati della piramide di Cheope è possibile scoprire una
serie di "segnali" che sono ben lungi da poter essere considerati
delle semplici coincidenze; qui di seguito ne riporto alcuni:
DISTANZA TERRA SOLE:
Si ottiene moltiplicando l'altezza della piramide per un milione.
PESO DELLA TERRA:
Si ottiene moltiplicando il peso della piramide per un miliardo.
PI GRECO:
Si ottiene dividendo il perimetro della piramide per la metà dell'altezza.
Quelli che inizialmente si pensava fossero dei semplici condotti di aerazione,
si rivelarono dei veri e propri cunicoli stellari, puntati con la massima
precisione verso le costellazioni in direzione delle quali il faraone sarebbe
andato una volta morto; infatti, secondo gli egizi, l'anima del faraone dopo
la morte del corpo si tramuta in stella imperitura.
Il motivo per cui gli
egiziani scelsero la forma a piramide per costruire questi colossi immortali
è che cercarono il modo per rappresentare i raggi solari nella pietra,
quei raggi che nei rilievi e nei dipinti si irradiano a cono sugli abitanti
dell'Egitto: da questa idea si creò una struttura sulla quale questi
raggi potessero scivolare formando una piramide di luce e unendo umano e divino.
La piramide era anche il simbolo del monte iniziale da cui si generò
il mondo sorgendo dal caos acquatico e oggi rappresenta il simbolo dell'Egitto
perché esprime in pura forma geometrica la concezione di un faraone-Dio
separato dagli altri uomini, ma responsabile di mediare tra questi e la divinità.
L'ultimo tipo di tombe di cui abbiamo informazioni certe sono le cosiddette
"Tombe a siringa" chiamate così perché sono delle
tombe scavate nel granito situate nella Valle dei Re, proprio per proteggere
il più possibile queste dimore eterne dal saccheggio.Altre costruzioni
degne di nota, sono il famoso Tempio di Luxor, iniziato da Amenophis III,
dedicato al dio sole Amon-Ra, situato lungo le sponde del Nilo,l'altro grande
complesso architettonico è il Tempio di Karnak, situato ad un paio
di chilometri dal centro di Luxor, è frutto di quasi 2000 anni di lavori
e presenta un susseguirsi di templi, statue, obelischi e pareti incise : l'accesso
del tempio è costituito da un solenne viale costeggiato da sfingi con
la testa di ariete, infine il famoso Tempio di Abu Simbel interamente scavato
nella roccia caratterizzato da una facciata enorme in cui sono scolpiti i
faraoni.
Sopra possiamo vedere
raffigurata la facciata del tempio di Abu Simbel e l'accesso del tempio di
Luxor.
I Templi raffigurati sono, in ordine, il tempio di Luxor e il Tempio di Karnak.
Infine a destra
si può osservare una fotografia di un maestoso tempio funerario,
il Tempio di Deir El-Bahari fatto erigere dalla regina Hatshepsut,
(XVIII dinastia, 1479-1457 a.C.) che fu l'unico faraone di sesso femminile,
un'affascinante donna che governò l'intero Egitto e aggiunse
molto alle glorie di Tebe e ai templi di Karnak, tra cui due obelischi,
(uno dei quali, alto 32 m, sorge ancora fra le rovine di Karnak),
eretti in memoria di suo padre, il dio Amon. Secondo la teogonia che
ella fece rappresentare. Hatshepsut venne ritratta sui rilievi e nelle
pitture, con le sembianze di un uomo perchè la simbologia del
potere in Egitto era maschile e non esisteva il termine "regina",
ma solo "moglie del re", l'unico a cui era concesso salire
al trono Egiziano.
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Il tempio funerario di
Amenofi III (XVIII dinastia - 1387-1348 a.C.) costruito dall'architetto Amenhotep
è oggi scomparso ma restano due colossali statue del faraone che erano
un tempo situate davanti al pilone d'ingresso, chiamati "Colossi di Memnone".
Le due statue monolitiche di quarzite sono alte 16.6 m e nel 27 a.C. un terremoto
causò delle crepe che all'alba si dilatavano provocando un suono simile
ad un pianto, il che generò una serie di leggende e racconti, finché
nel II secolo d.C. l'imperatore Settimio Severo restaurò i colossi
eliminando il sibilo.
La Sfinge egizia è un emblema del re nel suo aspetto di divinità
incarnata, Har-em-akhu (in greco Harmachis), cioè "Horo all'orizzonte"
e rappresenta l'onnipotenza; posta davanti alla piramide di Chefren, ne era
il suo custode. Non si sa con precisione la data in cui venne costruita la
Sfinge di Giza, ma la si attribuisce al regno di Chefren, il faraone che costruì
la seconda piramide. La sfinge in parte è scolpita nella roccia ed
in parte è costruita: sulla testa porta il nemes che indossavano i
faraoni, sulla fronte il serpente regale (l'ureo) e portava anche, prima che
i mammelucchi la distrussero, la barba posticcia (di cui un frammento si trova
oggi al British Museum), elemento caratteristico delle immagini regali: era
dunque una rappresentazione del faraone.
Come
nei primitivi, anche negli antichi egizi ritroviamo la concezione della
morte come "viaggio nell'aldilà", possiamo osservare
come si è passati da una concezione immateriale e spirituale
ad una concezione più materialistica, nelle tombe sono stati
ritrovati modellini di barche appartenenti al defunto che lo aiuteranno
a navigare lungo il Nilo, modellini di abitazioni e persino dei servi,
credendo che potessero essergli utile anche nella vita ultraterrena.
Il corpo veniva mummificato, in pratica gli venivano estratti gli organi
che si potevano decomporre, tranne il cuore, ed infilati in vasi detti
"canopi", il corpo veniva poi cosparso di unguenti vari e
fasciato con bende di lino, dopodiché veniva deposto nel sarcofago,
in genere decorato con il viso del defunto, insieme a suppellettili
vari, perché secondo la loro credenza, il Ka, cioè l'anima
del defunto, si sarebbe dovuta congiungere con il corpo dopo la morte,
quindi era necessario curarlo.Nella necropoli, tra i vari riti, si svolgeva
quello dell'apertura della bocca e degli occhi della mummia, cosicché
potesse vedere e parlare con gli dei. |
Secondo le credenze popolari di allora, una volta morto, l'anima del defunto veniva portata al cospetto del Dio Osiride nella Camera del Giudizio alla presenza della Dea Maat, la dea della giustizia, del Dio Anubi, e del Dio Thot, il Dio ibis che con la penna in mano, attendeva di scrivere il verdetto. La prova consisteva nel mettere sulla bilancia della giustizia, in un piatto il cuore del defunto, sull'altro piatto la piuma della verità di Maat immaginando che una persona dotata di un'anima sincera fosse anche dotata di un cuore leggero, se la bilancia stava in equilibrio il defunto in vita era vissuto onestamente e poteva vivere felice sulla barca del sole, altrimenti l'anima veniva divorata da un mostro, Amnit, un incrocio tra un leone, uno sciacallo e un coccodrillo, e il defunto era perduto per sempre. Per aiutare il defunto nel processo del giudizio, tra le bende della mummia veniva posto un amuleto, lo "scarabeo del cuore", nella speranza che esso preservasse il cuore dal dare un rapporto sfavorevole della vita della persona. Insieme al defunto vi era un papiro, chiamato "Libro dei Morti", la cui lunghezza poteva variare da pochi centimetri ad alcuni metri, vi erano contenute le formule rituali per il trapasso per aiutare il morto nel viaggio verso la vita eterna.
In seguito analizzeremo
alcune civiltà rappresentative dei secoli successivi e potremo riscontrare
qualche analogia. Per ora non vi è traccia di nessun tipo di ordinamento
urbanistico, tranne forse un accenno, nel dividere la zona abitata nella sponda
destra del Nilo dalla zona adibita alle sepolture situata sulla sponda sinistra
del suddetto fiume, i motivi potrebbero essere molteplici, si può ipotizzare
che l'est sia visto come vita, mentre l'ovest come tramonto, rifacendosi al
ciclo del sole, oppure solamente per caratteri tecnici, visto che ad ovest
esisteva il deserto e lasciava un'ampia fascia per separare la zona abitata.
ETRUSCHI
Gli Etruschi, una popolazione di origine sconosciuta insediatasi in Italia
intorno al 1000 a.C. nella zona dell'odierna Toscana, ci hanno lasciato pochi
reperti da cui poter dedurre qualcosa riguardo ai loro usi e costumi, solamente
le famose necropoli etrusche e alcuni templi sono rimasti intatti e giunti
fino a noi; è solo grazie a questi reperti a carattere funerario che
oggi possiamo affermare di avere molto materiale riguardante questa antica
popolazione. L'architettura funeraria etrusca ha subito diverse modifiche
nel corso degli anni; nelle fasi più antiche dell'età del Ferro
(IX - VII sec a.C.), proseguendo una tradizione culturale affermatasi nel
Bronzo recente (XII sec. a.C.), i defunti venivano cremati e le loro ceneri
riposte in urne dalla caratteristica forma biconica. L'urna veniva poi deposta
in una semplice tomba a pozzetto, che poteva essere singolo o doppio. Il coperchio
di quest'urna era costituito da un elmo se si trattava di un uomo, e da una
ciotola se si trattava di una donna. Successivamente le urne furono scolpite
in modo che presentassero alcuni tratti fondamentali riconducibili alla fisionomia
del defunto.
Durante il VII secolo, nel periodo detto orientalizzante, alcune tombe appartenenti
a individui di spicco (i principi, che esercitavano probabilmente il controllo
dei traffici tra l'Etruria e le altre popolazioni mediterranee) venivano scavate
nel terreno o costruite in muratura e successivamente ricoperte da un tumulo
di terra retto alla base da un anello in muratura o di roccia. I più
antichi esempi di tombe d'aspetto monumentale ripetono solitamente il tipo
del sepolcro a pianta circolare largamente attestato nel mondo mediterraneo,
costruito con grandi blocchi di pietra e coperto con la falsa cupola ottenuta
dalla progressiva sporgenza verso l'interno dei filari dei blocchi, fino alla
chiusura costituita da un'unica pietra o lastra terminale. Questo tipo di
tomba si ricollegava all'esemplare più antico di abitazione rappresentato
dalla capanna di forma circolare o ellittica. Quando questa venne abbandonata,
si passò alla tomba scavata sottoterra, prima a un solo ambiente poi
a più camere. Il nuovo tipo, variamente presente nei diversi luoghi
a seconda delle epoche, è riconducibile a una planimetria caratterizzata
da un ambiente centrale accessibile da un lungo corridoio al di là
del quale si disponevano gli altri ambienti; alle pareti vi erano dipinte
scene di caccia, scene di vita quotidiana, riti propiziatori; vi erano molti
oggetti appartenenti al defunto, arredi quali porte, finestre, sedie, letti
e perfino alcuni modellini di barche che potevano servire al defunto per il
viaggio nell'aldilà.
Un elemento importante dell'architettura funeraria etrusca è il fatto
che era presente anche allora una "separazione" tra mondo dei vivi
e mondo dei morti, tanto che le necropoli erano enormi città contenenti
esclusivamente tombe. Le necropoli erano in tutto e per tutto simili alle
città dei vivi, con tanto di vie principali, traverse, allargamenti;
e le costruzioni funerarie che riprendevano la struttura delle abitazioni.
La costituzione delle stesse tombe fa supporre che gli etruschi avessero una
concezione positiva dell'aldilà, tanto che la quantità di oggetti
deposti nelle camere sepolcrali servivano a "mettere a proprio agio"
il defunto che si apprestava a vivere la vita eterna. Ai dipinti rappresentati
con vivaci colori e con realismo, quasi per confortare l'esistenza del defunto
dopo la morte, si sostituirono, più tardi, dipinti raffiguranti terribili
mostri dell'oltretomba, caratterizzati da irrazionalità e superstizione,
la spiegazione di ciò va ricercato nella perdita d'importanza dell'Etruria
e nella sua sconfitta da parte di Roma.
L'Italia è ricca di reperti etruschi, qualche esempio di necropoli
lo possiamo trovare a Cerveteri, a Populonia o a Tarquinia, dove ritroviamo
la Tomba dei Rilievi, la Tomba degli Auguri, quella della Caccia e Pesca e
quella dei Leopardi. Altri resti sono presenti nel viterbese, a Sovana, o
nei pressi di Orvieto. Un'altra costruzione a carattere funerario rimasta
nei secoli è il tempio etrusco. L'edificio templare etrusco appare
anch'esso derivato dal tipo di casa ad ambienti affiancati e preceduti da
un vestibolo.
Definitosi nel corso
del VI secolo a.C. e rimasto poi sostanzialmente inalterato, tale edificio
era caratterizzato da una pianta quasi quadrata, occupata per metà
da una cella tripartita (oppure da un ambiente centrale fiancheggiato da due
ali) e per l'altra metà da un pronao, con colonne, generalmente compreso
tra i prolungamenti dei muri laterali della cella. La copertura era a tetto
displuviato, assai basso, ampio e pesante, molto sporgente sui muri laterali
e sulla facciata dove dava luogo a un frontone triangolare aperto e munito
all'interno, in corrispondenza del pronao, d'un tettuccio spiovente sul davanti.
Tutta la costruzione era realizzata in muratura leggera, con l'impiego dei
mattoni crudi e del legno, mentre le fondazioni e la parte basamentale (ed
eventualmente le colonne) erano di pietra.
Alla struttura lignea del tetto era legato un complesso ed elaborato sistema di elementi di rivestimento in terracotta, che ad una funzione primaria di protezione contro gli agenti atmosferici ne aggiungeva una secondaria di carattere decorativo. I diversi elementi erano, infatti, variamente ed opportunamente figurati, in rilievo e anche in tutto tondo, e completati da una dipintura fortemente policroma. Ottenuti per lo più con un tipo di lavorazione in serie mediante uso di matrici o stampi, oppure, ma più limitatamente, con singoli interventi di modellazione e di ritocco, questi elementi (già presenti sullo scorcio del VII secolo a.C. in edifici privati d'una certa importanza) si fissarono anch'essi in maniera canonica nel corso del VI secolo.
I più importanti erano le lastre di copertura delle travi (dette in latino antepagmenta) con una decorazione a bassissimo rilievo consistente in scene figurate e collocate in modo da formare fregi continui; poi le lastre più complesse (dette, sempre in latino, simae), che davano luogo a una sorta di cornice in aggetto, formate da una sezione orizzontale liscia che poggiava sulle travi oblique dei frontoni e da una sezione verticale che rimaneva in vista, e decorate con motivi ornamentali; quindi le lastre, pure figurate in rilievo, poste alle testate delle grandi travi longitudinali interne che sostenevano il tetto sporgendo vistosamente in facciata entro la gabbia frontonale.
Venivano poi gli elementi più propriamente plastici: le antefisse, collocate sull'orlo del tetto e applicate alle tegole curve terminali d'ogni filare, che dal semplice diaframma con una palmetta dipinta arrivarono presto alle teste in rilievo (soprattutto di satiri e menadi), libere oppure circondate da un nimbo a conchiglia, e alle figure intere, sempre in rilievo e anche a gruppi; e gli acroteri, grandi elementi pure a rilievo, traforati, con motivi vegetali oppure a tutto tondo, con figure isolate o in gruppo, collocati ai vertici del triangolo frontale, sulla fronte degli spioventi e anche sulla linea di colmo del tetto.
Con questa complessa, varia e ricca serie di rivestimenti fittili, gli Etruschi dettero alle loro costruzioni una forte impronta di ricchezza e d'esuberanza, sottolineata e accentuata dalla fantasia dei motivi e dalla loro ritmica ripetizione, dall'estesa e vivace policromia, dal gioco continuo delle luci e delle ombre e dalla frastagliatura dei contorni. Basso, pesante, largo e tozzo - secondo la testimonianza di Vitruvio - sovraccarico dell'apparato di rivestimento, il tempio etrusco era tutto dominato dagli elementi plastici e cromatici.
Quella che restava in secondo piano era la parte architettonica, completamente soverchiata e come ridotta a mera funzione di supporto. Quanto al cosiddetto ordine tuscanico, in realtà esso si ridusse a un tipo di colonna col fusto liscio, il capitello a cuscino bombato e la base circolare, molto simile alla colonna cosiddetta proto-dorica con la quale potrebbe aver avuto comuni e antiche matrici mediterranee.
Nella società etrusca, a differenza di altre società, è
importante il ruolo della donna, come si evince dalle sculture eseguite sul
coperchio dei sarcofaghi che raffiguravano anche la moglie del defunto; ne
è un esempio il celebre "sarcofago degli sposi".
ANTICHI ROMANI
Nata nel 753 a.C. come
modesto villaggio di pastori, Roma, nel corso del tempo, si è svilluppata
e si è espansa costituendo un grande impero, ed inglobando le culture
dei popoli vinti, è per questo che nell'arte troviamo alcuni elementi
tipicamente greci o etruschi. L'arte funeraria, in questo periodo, ha subito
uno sviluppo notevole, infatti tra i reperti, troviamo molteplici costruzioni
a carattere funerario, come il mausoleo o i sepolcri a pilastro.
Le tombe a mausoleo appaiono a Roma a partire dal II sec. a.C.; si tratta
di un particolare tipo di sepolcro in cui l'altezza e le grandi dimensioni
servivano ad attirare l'attenzione dei passanti sulla persona defunta. La
parola "Mausoleo" deriva dal re Mausolo, signore della Caria dal
dal 377 al 353 a. C., che per celebrarlo è stato eretto il famoso Mausoleo
di Alicarnasso, una della sette meraviglie del mondo, distrutto sul finire
del XV secolo.
Questo genere di tomba
testimonia la profonda influenza che la cultura ellenistica ebbe sull'Italia
della fine del periodo repubblicano. La moda, lanciata dall'aristocrazia urbana,
si estenderà rapidamente a tutte le classi sociali in ascesa, per poi
esaurirsi nel IV sec. d.C..
Il mausoleo poteva essere del tipo più grande, a tamburo cilindrico
e camera interna, a dado se costituito da un nucleo quadrangolare in calcestruzzo,
a pilastro se costituito da una struttura molto più alta che larga,
oppure a tumulo.
I mausolei, a camera sotterranea oppure col sarcofago sulla cima, erano sempre
rivestiti con blocchi in opera quadrata di materiale nobile, quasi sempre
scomparsi perché già nel Medioevo venivano staccati per essere
riutilizzati.
Si può vedere che la massa di calcestruzzo è composta da strati
di 60-90 cm; infatti l'architetto antico collocava per prima cosa il rivestimento
lungo il perimetro della tomba, poi colava il calcestruzzo liquido all'interno;
una volta solidificato collocava il secondo strato e così via fino
alla cima.
Questa tecnica era però molto costosa, essendo necessario l'uso di
marmo (ma anche travertino o tufo) proveniente da cave assai lontane. Anche
per questo si impose progressivamente la tecnica dei sepolcri laterizi. Vale
la pena di ricordare che il mattone cotto non è sempre esistito, ma
è stato "inventato" all'inizio dell'Impero Romano; il primo
edificio interamente in mattoni è infatti il Castro Pretorio, costruito
al tempo dell'imperatore Tiberio.
Oltre che per il costo inferiore, se paragonato con quello di un mausoleo in opera quadrata, un motivo della diffusione delle tombe laterizie a tempietto può essere anche il più ampio spazio interno, che poteva accogliere l'arcosolio e il sarcofago, e quindi era adatto ad una tomba famigliare, oppure, dietro acquisto del posto, ad un uso "condominiale"!
Sta di fatto che l'aspetto di queste tombe tende a essere meno monumentale se paragonato con quello dei grandi mausolei.
L'applicazione di sottili rivestimenti laterizi, nei quali sempre più
si accentua la policromia, aveva trovato in Roma larghissimo favore per tutto
il secolo II e fino agli inizi del secolo seguente, nell'architettura sepolcrale,
in monumenti di vario tipo, ma sempre di pianta rettangolare e con comuni
caratteristiche decorative.
Il sepolcro a tempietto è un edificio funerario a due o tre piani.
Il piano centrale era utilizzato per i riti funebri, nei quali i parenti banchettavano
ricordando il defunto e pensando che questi partecipasse in spirito e che
fosse contento della festicciola familiare. Questa usanza continuò
per un po' anche nel cristianesimo; infatti nelle catacombe non rovinate dalla
troppa frequentazione è facile trovare, nel corridoio, un tubicino
di terracotta o di vetro (cannula) che mette in comunicazione l'interno del
loculo con l'esterno; così, per esempio, il figlio che andava a trovare
la tomba del padre versava una goccia di profumo all'interno del tubicino,
oppure, quando si brindava in onore del defunto, si versava un po' di vino
pensando che egli ne gustasse e brindasse con i parenti. E' una credenza che
sopravvive ancora oggi quando noi portiamo i fiori ai nostri morti.
Il piano inferiore è la camera funeraria, cioè il luogo in cui
sono conservati i resti dei defunti; quasi sempre seminterrato o addirittura
ipogeo (cioè sotterraneo), esso può ricevere luce sia da finestre
a feritoia sia da un cortile seminterrato a cielo aperto, in cui si discende
per mezzo di scalette.
All'interno possono esservi sarcofagi, nicchie per le olle o entrambi.
Nei sepolcri a tre piani, il piano superiore ha generalmente uno scopo decorativo,
con il lato sulla strada occupato da una grande finestra ad arco in cui era
collocata la statua del defunto, che, affacciata sulla strada, ricordava il
morto ai passanti.
I liberti delle grandi famiglie, le corporazioni, o alcuni gruppi molto numerosi
(collegia) introdussero un nuovo tipo di sepoltura: il grande colombario.
Chi partecipava pagava anticipatamente la sua quota al collegio, e così
comprava il loculo per sé o per qualche parente; in alcuni colombari
sono state trovate perfino iscrizioni del tipo "io sono vuoto, appartengo
a...", messe lì per chiunque avesse voluto riacquistare il loculo.
Questo tipo di tomba è generalmente posto sotto terra e non contribuiva
all'aspetto monumentale della via.
Le pareti sono occupate dalle nicchie, allineate ed ordinate su tante file,
che danno alla tomba l'aspetto di una colombaia; all'interno delle nicchie
vi sono le olle cinerarie, cioè dei piccoli vasi di terracotta nel
cui interno sono conservate le ceneri dei defunti cremati. La soluzione ovviamente
non consentiva di mettere in risalto la propria urna se non con piccoli particolari
nel limitato spazio del loculo; un vantaggio era però l'economicità
e la prospettiva di una lunga durata dell'edificio dopo la propria morte.
Se nel regno di Augusto, per ragioni di spazio, si preferiva cremare (benché
fosse molto dispendioso), dal II sec. d.C. si ricominciò a inumare.
L'affermarsi del nuovo rito dell'inumazione dovette causare ancora seri problemi
di spazio, ai quali si rispose inizialmente con i sepolcri per inumati (poi
sostituiti dalle catacombe), come nel caso del sepolcro Baccelli.
Questo è infatti
un genere intensivo di sepoltura: sul pavimento si alzavano due muretti paralleli,
tra i quali si deponeva il defunto, che poi veniva coperto con tegole; al
di sopra si poteva deporre un altro defunto e così via, fino ad ottenere
vari strati di defunti uno sopra l'altro, come su una rastrelliera.
Durante tutto il periodo delle persecuzioni contro i cristiani, il sottosuolo
di Roma si popolò di criptae, gallerie sotterranee scavate per ospitare
nei loci, nicchie ricavate nelle pareti tufacee, più salme. Nei dintorni
di Roma vi sono 69 catacombe e migliaia di tombe.
La legge dell'antica Roma vietava infatti, per motivi sanitari, di seppellire
i morti all'interno della città. Le strade consolari erano fiancheggiate
dai bei sepolcri dei patrizi, i quali in genere venivano cremati e le cui
ceneri venivano conservate in urne.
I primi Cristiani, invece, ritenevano di doversi tenere pronti per la resurrezione
e quindi venivano sepolti senza essere cremati in grotte sotterranee scavate
nel tenero tufo.
Attualmente si ritiene che per i primi Cristiani le catacombe non fossero
rifugi in cui ripararsi dalle persecuzioni, bensì luoghi dove riunirsi
per onorare i morti - specialmente martiri e Papi - solitamente con banchetti.
La parola "catacomba", ormai usata per designare qualunque necropoli
sotterranea, deriva presumibilmente dalla parola greca che significa "cavo".
Le catacombe, scavate nel sottosuolo tufaceo erano costituite in modo che
le sepolture più antiche fossero in alto, mentre quelle più
recenti nella parte inferiore.
Secondo la decima legge delle XII Tavole, fondamento del diritto funerario
romano, le sepolture dovevano essere collocate fuori dalle mura delle città
per preservare la sanctitas delle abitazioni: "Hominem mortum in Urbe
ne sepelito neque urito" - Che nessun corpo sia sotterrato o bruciato
all'interno della città.
Adriano, in ragione di tale legge, impose la pena di 40 scudi d'oro a coloro
che avessero praticato una sepoltura in città. La stessa pena era estesa
a coloro che avessero permesso o taciuto l'atto.
Le sepolture rimasero all'esterno dei centri abitati fino al Medioevo quando
cambiò la concezione dell'uomo per la morte.
MEDIOEVO
L'età medievale
segna un fondamentale punto di passaggio nella storia delle sepolture.
La morte, per secoli rigettata fuori dalle mura urbane, entra all'interno
delle città, dei villaggi, in mezzo alle case degli uomini.
L'investigazione delle cause e degli effetti indotti dal fenomeno dell'inurbamento dei cadaveri, apparso nei suoi primi atti già dal V secolo dopo Cristo e perdurato sino ai primi decenni del XIX secolo, ci conduce naturalmente in una sorta di zona di frontiera nella quale confluiscono senza annullarsi tematiche giuridiche, religiose, popolari e, non ultime, questioni proprie di storia urbana.
Avviene proprio con il
cristianesimo il passaggio dalla negazione alla familiarità della morte
che porterà in epoca medievale all'inurbamento dei luoghi di sepoltura,
passaggio assistito dalla proclamazione della fede nella resurrezione del
corpo associata al culto dei martiri e delle loro tombe.
La morte vista ora come sonno eterno non fa più paura.
I defunti, chiamati dormienti, possono essere sepolti all'interno delle mura
cittadine.
Ed è talmente forte la credenza nel dogma della resurrezione che nel
latino tardo verrà spesso usato l'etimo dormitorium per indicare il
luogo della sepoltura.
Nei luoghi in cui si trovano i resti del martire vengono costruite delle chiese
sepolcrali (martyria, confessiones, memoriae) piccole cappelle ben presto
sostituite dalle basiliche ad una o più navate, necessarie ad accogliere
la folla sempre più crescente in pellegrinaggio presso le spoglie del
martire.
In seguito la presenza
delle reliquie attirò non solo i pellegrini ma anche il soggiorno definitivo
dei morti.
Si riteneva, infatti, che i martiri, di cui in ragione del proprio sacrificio
era certa l'avvenuta ascesa in cielo, avrebbero meglio di ogni altro vegliato
e protetto l'anima dei defunti, allontanando, per il diritto di immunità
delle res sacrae, eventuali profanatori della tomba.
Accanto alle basiliche sepolcrali tra il II e il III secolo si moltiplicarono
i luoghi di culto costruiti sulla tomba simbolica di un martire, in quanto
si ammetteva che questa potesse essere rappresentata da una reliquia che fosse
stata anche solo a contatto con il corpo del martire o che fosse in qualche
modo servita al suo supplizio.
Solo più tardi, intorno al VI secolo, accentuandosi il fenomeno dell'abbandono
dei cimiteri suburbani, diventerà uso comune trasferire o anche asportare
solo delle parti dei corpi dei martiri.
L'idea, ripetutamente espressa dai padri della chiesa, secondo la quale l'edificio
in cui fosse esposta la reliquia di un martire dovesse considerarsi come una
vera e propria sepoltura e che la deposizione di una parte del corpo corrispondesse
a quella dell'intero cadavere, non poteva rimanere senza conseguenze.
Il diffondersi della pratica della deposizione delle reliquie nelle chiese
e negli altari o nelle cosiddette fenestelle confessionis, dovette senza dubbio
contribuire ad affermare il concetto che uno speciale carattere di sacralità
andasse congiunto all'edificio destinato al culto e alle sepolture in esso
contenute.
Il trasferimento delle
reliquie dei martiri nelle chiese urbane mette in atto il processo di trasferimento
delle sepolture comuni nelle chiese (sepolture apud ecclesiam), collocate
prima all'interno dell'edificio sacro e quindi al di là delle sue mura,
nelle aree circostanti.
Le sepolture entrano così all'interno della città.
Durante tutto il Medioevo lungo le navate laterali delle chiese appaiono strutture
a baldacchino, coperte da cappe di stoffa, ad inquadrare i sarcofagi arricchiti
da sculture rappresentanti il defunto giacente circondato da simboli e figure
allegoriche a memoria della vita passata (secondo uno storico il termine cappella
troverebbe una possibile origine etimologica dal diminutivo della parola cappa).
Sono queste strutture
a baldacchino che diverranno una sorta di codice-stile per l'architettura
degli anni a seguire.
Riguardo le sepolture, all'interno della chiesa il posto più ricercato
e quindi più costoso (si pagava tramite lasciti testamentari per le
preghiere) era il coro, ovvero vicino al punto in cui si celebra la messa
e dove sono conservate le reliquie del santo.
Analogamente al coro in cui è posto l'altare maggiore erano molto desiderate
per le sepolture le cappelle laterali con altari minori e in particolare la
cappella dedicata alla Vergine.
Si poteva comunque essere sepolti in prossimità o davanti alla cappella
ma non all'interno di questa. Successivamente (sec. XV-XVIII) si chiederà
di essere sepolti presso il crocefisso o sotto il banco che la famiglia possedeva
nella chiesa.
La scelta del posto da parte dei testatori restava comunque subordinata all'approvazione
del clero. Ed era quasi sempre una questione di denaro.
Si decide in ogni modo di seppellire nelle aree esterne solo venendo meno
la possibilità della sepoltura nella chiesa. Solo alcuni testatori,
ben pochi in realtà, scelgono di essere sepolti nel cimitero come gesto
di umiltà.
Ma il cimitero non era
soltanto il luogo in cui si seppelliva.
La stessa parola designava anche un luogo in cui si era smesso di seppellire,
o dove talvolta non si era mai seppellito alcuno ma che assolveva comunque
ad una funzione importante per la vita medievale: il cimitero era un foro,
una piazza, dove i vivi s'incontravano per i loro interessi spirituali e temporali,
per svolgere giochi, commerci, scambi, nobili e meno nobili affari. L'esercizio
dei poteri laici si fermava davanti al confine dell'area di pertinenza della
chiesa, davanti al suo atrium, ovvero davanti al cimitero.
Per i traffici e i commerci che lì si svolgevano, il cimitero era un
luogo rumoroso, affaccendato, turbolento.
In un'epoca quale quella medievale, in cui la strada costituiva il luogo in
cui incontrarsi poiché le case erano piccole e molto affollate, la
chiesa divenne "la casa comune" e il cimitero il suo spazio all'aperto.
La giustizia temporale
medievale, ancora in bilico tra sacro e profano, si svolgeva in chiesa o,
se necessitava di ampi spazi di riunione, nel cimitero.
Il cimitero inizialmente è, infatti, il luogo in cui si stipulano atti
giuridici e successivamente, quando verranno creati appositi tribunali, il
cimitero rimane il luogo in cui devono pubblicamente essere lette le condanne
davanti alla comunità riunita in chiesa per la messa.
Ed il cimitero è anche luogo di particolari reclusioni: persone votate
alla vita eremitica, ma anche criminali che la giustizia ha condannato ad
essere murati per sempre.
Il diritto d'asilo ha
fatto del cimitero - asilum circum ecclesiam secondo il latino medievale ecclesiastico
- il luogo più ambito per i mercati e per le fiere. I mercanti vi godevano,
infatti, delle franchigie dovute all'immunità, e inoltre potevano approfittare
delle folle di religiosi venuti in chiesa per la messa o per assistere alla
promulgazione di un atto giuridico: i giorni dedicati alle feste religiose
e alla commemorazione dei defunti divenivano così i giorni delle fiere.
Impregnato di credenze, tanto religiose quanto superstiziose, l'uomo del medioevo
prepara il giorno sempre prossimo della propria morte in cui raggiungerà
il cimitero dove i soli cristiani sono ammessi. Tra il X e il XII secolo,
il cimitero è un campo o un frutteto di cui si vende il raccolto. Vi
sono poche steli funerarie o croci a segnare la superficie e anche la rotazione
delle sepolture è rapida, soprattutto nell'ambiente urbano, poiché
circoscritto dalle abitazioni. Il seppellimento di un corpo tocca ai vivi,
e sono essi a circondare il morto di simboli, riflessi di credenze o di rango
sociale.
L'archeologia ha saputo
evidenziare quali pratiche permettano di datare le sepolture. Tra il X e il
XII secolo, l'inumazione in piena terra è quella più diffusa,
e la fossa è talvolta tagliata a forma del corpo (antropomorfa). Vengono
di nuovo utilizzati dei sarcofagi, più massicci di quanto fossero nel
VII o nell'VIII secolo, in riuso quando succede qualche rinvenimento. Quanto
alla bara, essa rimane ancora raramente usata e si diffonderà solo
dal XIV secolo in poi.
La posizione del cadavere
nella tomba, particolarmente le mani, la presenza di spilli da lenzuolo, di
loggette cefaliche e di ceramica funeraria sono particolari significativi
che hanno permesso una datazione sicura per delle sepolture fino allora difficilmente
attribuibili, contrariamente a quelle anteriori all'VIII secolo, la cui suppellettile
è abbondante e ben nota. Studiare i cimiteri parrocchiali in ambiente
urbano ha permesso di capire meglio la formazione della città e, per
via di conseguenza, un approccio efficace alle abitudini dei vivi.
Figure giacenti, oranti, angeli piangenti, medaglioni e bassorilievi in bronzo
formano insieme alle iscrizioni e agli epitaffi i monumenti funebri sino al
XIX secolo.
L'usanza di dare nuova immagine al defunto attraverso una statua fonda le
sue radici in epoche più remote. Le figure di pietra medievali del
XII secolo non rappresentino defunti ma persone vive, con gli occhi aperti,
colte in una sorta di attesa della felicità eterna. Il senso dell'attesa
e del divenire dell'iconografia medievale, recuperato dall'arte scultorea
del XVI e XVII secolo a sua volta trova riferimenti più puntuali nelle
raffigurazioni funebri del mondo pagano: un analogo atteggiamento sereno,
volto ad accogliere un futuro possibile in un mondo altro da quello terreno,
si può riscontrare in alcune figure giacenti ritrovate in tombe etrusche
e romane.
Dal XII al XIV secolo i giacenti e gli oranti sono pur sempre figure vive:
dormono su letti di pietra, vegliano e pregano per l'eternità.
Durante tutto il Rinascimento, in particolare nell'area culturale mediterranea,
l'iconografia funebre libererà il corpo da ogni segno della passata
vita terrena. Gli occhi dei giacenti si chiudono; le statue ripropongono il
momento stesso della morte sino a giungere alla raffigurazione di scheletri
quasi dissolti.
EPOCA NAPOLEONICA FINO AI GIORNI NOSTRI
I cimiteri continuarono a restare a lungo all'interno delle mura cittadine, fino a quando, nel giugno del 1805, l'imperatore Napoleone Bonaparte, per motivi d'igiene comune, dispose che fossero spostate le sepolture dai centri abitati in periferia, non erano più ammesse le sepolture in edicole funerarie e le targhe recanti le generalità del defunto dovevano essere collocate lungo il muro perimetrale del cimitero. Su questa base, un grande poeta italiano, Ugo Foscolo, compose una delle sue più grandi opere, "Dei Sepolcri", in risposta all'opera "Dei Cimiteri" di Ippolito Pindemonte, per contestare il decreto emanato da Napoleone.
Per molto tempo rimase in vigore con successive integrazioni, come il decreto regio in materia di sanità n° 1265 del 27 luglio 1934, la legge n° 400 del 23 agosto 1988 e il decreto del Presidente della Repubblica n° 803 del 21 ottobre 1975, fino a quando, con disposizione del Presidente della Repubblica, il 10 settembre 1990,viene emanato il decreto n° 285 contenente il regolamento di polizia mortuaria. I testi legislativi allegati illustrano la minuziosa peculiarità che caratterizza l'urbanistica in campo cimiteriale.
Con l'avvento di nuove scoperte e l'ampliamento di nuovi orizzonti, come il viaggio dell'uomo sulla Luna, è apparso ben chiaro all'umanità che la conformazione dell'aldilà descritta da Dante nella Divina Commedia è una pura utopia, per questo, a lungo andare, la concezione dell'aldilà è diventata pura credenza religiosa. Dalla concezione materiale degli Egizi di un viaggio nell'aldilà si è passati ad una credenza del tutto spirituale di un mondo composto di anime; come si evince dai reperti fotografici allegati, i cimiteri di oggi sono testimoni di molte epoche passate, le edicole funerarie sono caratterizzate da molteplici stili differenti, si passa dalla chiesa in stile gotico, al letto a baldacchino in marmo in stile medievale, al tempietto greco corredato di timpano e colonne, per poi terminare in edicole a carattere prettamente moderno.
Secondo la concezione moderna, poco è cambiato dal passato, l'edicola funeraria è sempre considerata una testimonianza della potenza della famiglia, l'idea che una famiglia importante debba avere una sepoltura degna della propria ricchezza in vita è rimasta nei secoli. Alcuni aspetti interessanti di queste sepolture sono le molteplicità di simboli che adornano le costruzioni funerarie, come per esempio l'allegoria dell'eternità è un serpente che si morde la coda, simbolo ambivalente che collega la vita e la morte. La figura circolare generata dal serpente evoca allo stesso tempo la volta celeste e la sfera terrestre: i due mondi al limite dei quali è posta la sepoltura.
La morte, che nella maggior parte delle culture è rappresentata da uno scheletro che libra una falce e porta con sé una clessidra, simbolo del lento scorrere del tempo infinito, nell'antica Grecia ha le sembianze di un giovane dalle ali nere, Thanatos, figlio della Notte e gemello di Hypnos, il sonno. A volte appare invece come un bambino scalzo, come un anziano o come una donna vestita di nero, alata e con una grande rete.
Il dolore viene raffigurato
in forme distinte: come un uomo anziano, assorto a guardare una torcia spenta
eppure ancora fumante o come una donna che tiene al collo un piccolo o che
abbraccia la stessa tomba.
E poi ancora: ali aperte a simboleggiare la capacità di sapersi sollevare
dal peso della vita; ancore intrecciate con reti o delfini come simboli della
fede e della speranza; insetti quali l'ape, simbolo dell'anima, o lo scarabeo,
simbolo della resurrezione; animali delle tenebre come la civetta che rappresenta
la prudenza e la saggezza, o il pipistrello simbolo della notte e dell'aldilà;
cani, guide delle anime, simboli della fedeltà e della vigilanza; galli,
simboli, secondo l'interpretazione cristiana, della resurrezione; pesci, il
cui termine greco Ichthys è un acrostico di Iesous Cristos Theou Hyios
Soter, ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore; e quindi: porte
socchiuse, simbolo del confine; spirali e labirinti associati all'idea di
un difficile percorso che porta alla resurrezione; sole e stelle splendenti
simboli delle divinità dell'immortalità.
Dalle tombe cristiane l'architettura funeraria moderna e contemporanea deriva il modo di identificare la vita e la morte attraverso l'uso della prima e dell'ultima lettera dell'alfabeto greco, alfa (elemento della creazione) ed omega (lampada nella quale arde il fuoco apocalittico della distruzione) oppure attraverso il crisma, monogramma di Cristo formato dalle lettere greche X (chi) e P (ro).
Anche le piante ricoprono
un importante significato simbolico. In molte sepolture sono rappresentati
due alberi, uno verde a destra e uno secco a sinistra, con i rami intrecciati;
è abbastanza evidente la lettura che si può fare di questa immagine:
rappresenta la perfezione della vita futura in relazione all'imperfezione
della vita terrena.
Il cipresso anticamente era simbolo ed attributo di Crono, personificazione
del tempo che crea e distrugge. Iniziò ad essere piantato accanto alle
tombe cristiane in relazione con i culti funebri per le immagini che lo rappresentavano
nel paradiso e divenne l'albero simbolo dei moderni impianti cimiteriali.
Ricordiamo, per inciso, che le piante tornano sistematicamente accanto alle
sepolture solo dopo la seconda metà dell'ottocento perché la
cultura igienista del secolo dei Lumi le aveva estromesse dai recinti cimiteriali
ritenendo che le chiome impedissero la perfetta e continua circolazione dell'aria
favorendo il ristagno dei miasmi e che le radici trattenessero le impurità
provenienti dai corpi in decomposizione.
Accanto ai cipressi l'iconografia funebre comprende l'acacia, albero dal legno
duro e resistente, simbolo del superamento della morte; la palma, simbolo
della vittoria del martire; il salice piangente dai rami tristemente pendenti;
l'alloro, simbolo dell'immortalità, l'ulivo, albero della pace; il
tiglio, albero della morte.
Per gli architetti del XX secolo la tomba diviene un tema di elaborazione progettuale, una sorta di laboratorio di sperimentazione architettonica. Adolf Loos affermava che "solo una piccola parte dell'architettura appartiene all'arte: il sepolcro e il monumento" mentre Gio Ponti a proposito delle tombe le definiva "architetture prima dell'architettura".
Gropius, Le Corbusier, Terragni, Mies van der Rohe, Aalto, Scarpa, solo per citarne alcuni che progettarono e realizzarono tombe dall'elevato valore espressivo, per molti di loro atti d'amore e segni di incolmabile nostalgia più che commesse professionali.