L'Architettura funeraria nel corso dei tempi
Teologia e legislazioni in proposito

Fin dall'antichità l'architettura funeraria ha avuto un posto di rilievo tra le opere d'arte, basti pensare che ben 2 delle 7 meraviglie del mondo sono costruzioni a carattere funerario(le Piramidi e il famoso Mausoleo di Alicarnasso). A questa breve introduzione seguirà una trattazione sull'argomento, ripercorrendo cronologicamente i passi fondamentali e più significativi di questa particolare branca dell'architettura prima tanto stimata e ora in lento degrado. Attraverso esempi tecnici, partendo dalle Piramidi di Giza fino ai cimiteri di oggigiorno, analizzeremo due aspetti critici riguardanti questo argomento: l'evolversi delle leggi urbanistiche atte a riorganizzare il territorio, ed un aspetto più legato alla teologia e al significato della "tomba" nel corso dei tempi.
In particolare faremo riferimento a sei periodi specifici, che ci aiuteranno a capire i motivi e ad illustrarci meglio la situazione.

- Preistoria;
- Antico Egitto;
- Etruschi;
- Romani;
- Medioevo;
- Epoca napoleonica fino ai giorni nostri.


PREISTORIA

Alcune testimonianze di costruzioni funerarie risalgono a tempi assai remoti circa 100.000 anni fa con l'uomo di Neanderthal (anche detto "homo sapiens"), è importante notare come questo tipo di attività sociale non legata alla sopravvivenza sia un elemento di differenziazione fondamentale dagli animali. Le tombe erano caratterizzate da fosse nel terreno, ricoperte da lastre di pietra, al cui interno sono stati ritrovati, oltre che i resti del defunto, alcuni oggetti appartenutigli in vita, in genere attrezzi da lavoro e cibo, nella convinzione che la vita continuasse anche dopo la morte.
La completa adesione dell'uomo alla natura porta alla definizione, intimamente legata ai quattro elementi allegorici, dei diversi sistemi di sepoltura: così l'inumazione trarrebbe origine dalla terra, la cremazione dal fuoco, l'essiccazione dall'aria, l'immersione, pratica usata soprattutto dalle primitive popolazioni nordiche, dall'acqua. Alcuni studiosi affermano che probabilmente i primitivi temevano in qualche modo i defunti, attribuivano loro dei poteri speciali e spaventosi, per questo motivo era necessario pacificarli con doni e con il necessario rispetto.
Da sempre la sepoltura è stata caratterizzata da aspetti magico-religiosi, per motivi evidenti, nella morte si nasconde il mistero, e in ogni civiltà ne abbiamo prova; le prime civiltà erano politeiste e riconoscevano un Dio in ogni fenomeno naturale, in questo ambito è necessario ricordare le prime costruzioni megalitiche ( dal greco mégas = "grande" e lithos = "pietra") dedicate a divinità naturali, come in Inghilterra, a Stonehenge, dove ritroviamo una serie di massi di pietra di enormi dimensioni detti "dolmen", un primo esempio di trilite, disposti a formare un cerchio, tutt'ora non ci sono certezze su come riuscissero a costruirli.


Esistono alcune ipotesi sulla loro costruzione, che si possono sintetizzare nell'immagine seguente.



Un'altra forma di "costruzione preistorica" è il "menhir", una grande lastra di pietra posta in posizione verticale quasi a voler creare un legame tra cielo e terra, solitamente non sorgono isolati, ma disposti a semicerchio, alcuni esempi possiamo ritrovarli in Francia, nella zona della Bretagna, e nella zona di Callanish, nelle isole Ebridi, poste ad ovest della Scozia.

In seguito vedremo che col passare degli anni, la concezione preistorica dell'aldilà, il significato della morte, sostanzialmente non cambiano e ritroveremo molteplici analogie nelle civiltà che andremo ad analizzare.

ANTICO EGITTO

La civiltà egizia è considerata da sempre la più duratura, risalente a circa 5000 anni fa, cominciò la sua decadenza intorno al 1085 a.C. e dopo molteplici occupazioni da parte di Assiri e Persiani, il Regno Egiziano scomparve definitivamente nel 30 a.C. quando divenne una provincia dell'Impero Romano.
In tempi antichi le due rive del Nilo erano due mondi antitetici : la destra, verso levante, era il regno dei vivi, con giardini e templi, animata da commerci e feste; la sinistra era la sede delle dimore eterne, con templi funerari edificati in una pianura arida e quasi desertica. Tebe divenne la nuova capitale all'inizio della XII dinastia, quando Montuhotep riuscì a riunificare il paese, e lo rimase dal Medio Regno fino alla fine del nuovo per circa 1500 anni, raggiungendo il massimo splendore tra la XVIII e la XX Dinastia.

Un settore caratterizzato da uno sviluppo straordinario è quello delle costruzioni monumentali, strettamente legato al potere regio e sacerdotale, destinato a costituire un simbolo della gloria e dell'immortalità dei potenti sovrani del paese.
Le tombe più antiche dette dagli studiosi "a màstaba" (cioè "a panca" caratterizzate dalla forma di un tronco di piramide), in principio costituite solamente da masse in muratura piena e successivamente ornate all'interno con bassorilievi policromi ritraenti scene di vita del defunto e della sua famiglia, erano molto semplici. Le mastabe sono tombe del tipo a camera, all'interno delle quali sono ricavate una o più stanze che costituiscono l'infrastruttura destinata a contenere, oltre al corpo del defunto, le offerte (corredo funerario) al Ka (il cosiddetto doppio) e da un tumulo che forma la sovrastruttura per indicare il luogo della sepoltura e costituire un punto d'appoggio per il culto funerario. Lo scopo era quello di proteggere il corpo del defunto il quale raggiungeva la prima immortalità attraverso le statue che perpetravano il Ka. L'accesso della tomba (sempre rivolto ad oriente), era in genere un pozzo in fondo al quale vi era l'ingresso alla camera funeraria. Successivamente alla costruzione il pozzo veniva riempito di pietre per evitare l'ingresso ai violatori di tombe. Questo tipo di tombe era riservato ai nobili, ai funzionari e agli artisti.


La tomba a màstaba in seguito si evolse in un particolare tipo di piramide, la piramide a gradoni, ne abbiamo un esempio nella Valle dei Re, dove l'architetto Imhotep, visir del faraone Zoser (2680 - 2650 a.C.), della III dinastia, costruì per il suo faraone un monumento funerario diverso dai precedenti, sovrapponendo alla màstaba, che per tradizione si costruiva sulla tomba (posta in un pozzo a 28 m di profondità), altre sei màstabe con il risultato di ottenere una piramide a gradoni, una sorta di scala verso il cielo.

L'evoluzione successiva della piramide a gradoni, fu la Piramide con le classiche pareti lisce, gli esempi più eclatanti li ritroviamo a Giza, le famose piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, tra cui la prima è considerata una delle sette meraviglie del mondo antico.
Molti misteri avvolgono questi imponenti monumenti funerari riservati ai faraoni, gli studiosi per anni si sono domandati come venivano costruiti e da dove provenissero quegli enormi blocchi di granito usati per costruirli. Secondo gli egittologi, la cava era situata ad Assuan, luogo ricco di granito e calcare, il problema è che Assuan è situato a circa 1000 km a sud di Giza, gli egiziani ovviarono a questo problema trasportando più di 5 milioni di tonnellate di roccia con barche e chiatte lungo il Nilo.
Riguardo ai metodi di costruzione ci sono ancora molti dibattiti, le ipotesi più accreditate sono due; la prima prende in considerazione il fatto che i massi venissero fatti slittare su una rampa inclinata a bassa pendenza cosparsa di una miscela di limo e sale bagnato, tuttavia questa ipotesi non viene tenuta in grande considerazione perché, ipotizzando pendenze ridotte, si sarebbe dovuta costruire una rampa di quasi due Km; la seconda ipotesi prende in considerazione l'idea di una rampa a spirale che gira intorno alla piramide salendo sempre di più. Quest'ultima è la più accreditata dagli storici anche se non ci sono prove certe.


La piramide all'interno era costituita da un labirinto di cunicoli e false camere sepolcrali, così da ingannare i predatori di tombe, e pare che gli architetti venissero fatti uccidere dopo la costruzione per evitare che rivelassero l'ingresso.

L'interno è interamente affrescato, solitamente gli episodi essenziali della vita del faraone, e il viaggio nell'aldilà venivano raffigurati con la tecnica dei geroglifici, di cui sopra possiamo vederne un esempio.
La piramide di Cheope è la più alta mai costruita, qui di seguito sono elencate alcune caratteristiche tecniche e curiosità inerenti a questo antico monumento:

LARGHEZZA: LATO NORD mt 230 e 25,05 cmLATO SUD mt 230 e 45,35LATO EST mt 230 e 39,05 cmLATO OVEST mt 230 e 35,65 cmPENDENZA:51°50' PESO:5.273.000 TonnellateBLOCCHI DI PIETRA:2.300.000PESO MEDIO DI OGNI BLOCCO:2,5 TonnellateLASTRE DI CALCARE:140.000SOMMA SPESA:1600 Talenti d'argento (secondo Erodoto)

Le quattro facce della grande piramide sono rivolte esattamente verso il nord, il sud, l'est e l'ovest. Recenti calcoli hanno poi dimostrato che la differenza con il polo nord magnetico è appena di tre minuti di grado (0,015%), un valore impressionante, soprattutto se si pensa che l'uomo moderno quando ha cercato di orientare un edificio (l'osservatorio astronomico di Parigi) ha ottenuto una distanza di ben sei minuti. Come se tutto ciò non bastasse, la piramide di Cheope è situata proprio nel punto dove si incrociano il 30°meridiano ed il 30°parallelo, cosicchè essa potrebbe essere definita come "il centro del mondo". Infine, giusto per far capire che non si tratta di coincidenze, prolungando le diagonali N.E. e N.O. della grande piramide, otteniamo un cono che racchiude il delta del Nilo, una delle due diagonali inoltre è perfettamente allineata con la piramide di Chefren.
Analizzando i dati della piramide di Cheope è possibile scoprire una serie di "segnali" che sono ben lungi da poter essere considerati delle semplici coincidenze; qui di seguito ne riporto alcuni:
DISTANZA TERRA SOLE:
Si ottiene moltiplicando l'altezza della piramide per un milione.
PESO DELLA TERRA:
Si ottiene moltiplicando il peso della piramide per un miliardo.
PI GRECO:
Si ottiene dividendo il perimetro della piramide per la metà dell'altezza.
Quelli che inizialmente si pensava fossero dei semplici condotti di aerazione, si rivelarono dei veri e propri cunicoli stellari, puntati con la massima precisione verso le costellazioni in direzione delle quali il faraone sarebbe andato una volta morto; infatti, secondo gli egizi, l'anima del faraone dopo la morte del corpo si tramuta in stella imperitura.

Il motivo per cui gli egiziani scelsero la forma a piramide per costruire questi colossi immortali è che cercarono il modo per rappresentare i raggi solari nella pietra, quei raggi che nei rilievi e nei dipinti si irradiano a cono sugli abitanti dell'Egitto: da questa idea si creò una struttura sulla quale questi raggi potessero scivolare formando una piramide di luce e unendo umano e divino. La piramide era anche il simbolo del monte iniziale da cui si generò il mondo sorgendo dal caos acquatico e oggi rappresenta il simbolo dell'Egitto perché esprime in pura forma geometrica la concezione di un faraone-Dio separato dagli altri uomini, ma responsabile di mediare tra questi e la divinità. L'ultimo tipo di tombe di cui abbiamo informazioni certe sono le cosiddette "Tombe a siringa" chiamate così perché sono delle tombe scavate nel granito situate nella Valle dei Re, proprio per proteggere il più possibile queste dimore eterne dal saccheggio.Altre costruzioni degne di nota, sono il famoso Tempio di Luxor, iniziato da Amenophis III, dedicato al dio sole Amon-Ra, situato lungo le sponde del Nilo,l'altro grande complesso architettonico è il Tempio di Karnak, situato ad un paio di chilometri dal centro di Luxor, è frutto di quasi 2000 anni di lavori e presenta un susseguirsi di templi, statue, obelischi e pareti incise : l'accesso del tempio è costituito da un solenne viale costeggiato da sfingi con la testa di ariete, infine il famoso Tempio di Abu Simbel interamente scavato nella roccia caratterizzato da una facciata enorme in cui sono scolpiti i faraoni.

Sopra possiamo vedere raffigurata la facciata del tempio di Abu Simbel e l'accesso del tempio di Luxor.

I Templi raffigurati sono, in ordine, il tempio di Luxor e il Tempio di Karnak.

Infine a destra si può osservare una fotografia di un maestoso tempio funerario, il Tempio di Deir El-Bahari fatto erigere dalla regina Hatshepsut, (XVIII dinastia, 1479-1457 a.C.) che fu l'unico faraone di sesso femminile, un'affascinante donna che governò l'intero Egitto e aggiunse molto alle glorie di Tebe e ai templi di Karnak, tra cui due obelischi, (uno dei quali, alto 32 m, sorge ancora fra le rovine di Karnak), eretti in memoria di suo padre, il dio Amon. Secondo la teogonia che ella fece rappresentare. Hatshepsut venne ritratta sui rilievi e nelle pitture, con le sembianze di un uomo perchè la simbologia del potere in Egitto era maschile e non esisteva il termine "regina", ma solo "moglie del re", l'unico a cui era concesso salire al trono Egiziano.

Il tempio funerario di Amenofi III (XVIII dinastia - 1387-1348 a.C.) costruito dall'architetto Amenhotep è oggi scomparso ma restano due colossali statue del faraone che erano un tempo situate davanti al pilone d'ingresso, chiamati "Colossi di Memnone". Le due statue monolitiche di quarzite sono alte 16.6 m e nel 27 a.C. un terremoto causò delle crepe che all'alba si dilatavano provocando un suono simile ad un pianto, il che generò una serie di leggende e racconti, finché nel II secolo d.C. l'imperatore Settimio Severo restaurò i colossi eliminando il sibilo.
La Sfinge egizia è un emblema del re nel suo aspetto di divinità incarnata, Har-em-akhu (in greco Harmachis), cioè "Horo all'orizzonte" e rappresenta l'onnipotenza; posta davanti alla piramide di Chefren, ne era il suo custode. Non si sa con precisione la data in cui venne costruita la Sfinge di Giza, ma la si attribuisce al regno di Chefren, il faraone che costruì la seconda piramide. La sfinge in parte è scolpita nella roccia ed in parte è costruita: sulla testa porta il nemes che indossavano i faraoni, sulla fronte il serpente regale (l'ureo) e portava anche, prima che i mammelucchi la distrussero, la barba posticcia (di cui un frammento si trova oggi al British Museum), elemento caratteristico delle immagini regali: era dunque una rappresentazione del faraone.

Come nei primitivi, anche negli antichi egizi ritroviamo la concezione della morte come "viaggio nell'aldilà", possiamo osservare come si è passati da una concezione immateriale e spirituale ad una concezione più materialistica, nelle tombe sono stati ritrovati modellini di barche appartenenti al defunto che lo aiuteranno a navigare lungo il Nilo, modellini di abitazioni e persino dei servi, credendo che potessero essergli utile anche nella vita ultraterrena. Il corpo veniva mummificato, in pratica gli venivano estratti gli organi che si potevano decomporre, tranne il cuore, ed infilati in vasi detti "canopi", il corpo veniva poi cosparso di unguenti vari e fasciato con bende di lino, dopodiché veniva deposto nel sarcofago, in genere decorato con il viso del defunto, insieme a suppellettili vari, perché secondo la loro credenza, il Ka, cioè l'anima del defunto, si sarebbe dovuta congiungere con il corpo dopo la morte, quindi era necessario curarlo.Nella necropoli, tra i vari riti, si svolgeva quello dell'apertura della bocca e degli occhi della mummia, cosicché potesse vedere e parlare con gli dei.

Secondo le credenze popolari di allora, una volta morto, l'anima del defunto veniva portata al cospetto del Dio Osiride nella Camera del Giudizio alla presenza della Dea Maat, la dea della giustizia, del Dio Anubi, e del Dio Thot, il Dio ibis che con la penna in mano, attendeva di scrivere il verdetto. La prova consisteva nel mettere sulla bilancia della giustizia, in un piatto il cuore del defunto, sull'altro piatto la piuma della verità di Maat immaginando che una persona dotata di un'anima sincera fosse anche dotata di un cuore leggero, se la bilancia stava in equilibrio il defunto in vita era vissuto onestamente e poteva vivere felice sulla barca del sole, altrimenti l'anima veniva divorata da un mostro, Amnit, un incrocio tra un leone, uno sciacallo e un coccodrillo, e il defunto era perduto per sempre. Per aiutare il defunto nel processo del giudizio, tra le bende della mummia veniva posto un amuleto, lo "scarabeo del cuore", nella speranza che esso preservasse il cuore dal dare un rapporto sfavorevole della vita della persona. Insieme al defunto vi era un papiro, chiamato "Libro dei Morti", la cui lunghezza poteva variare da pochi centimetri ad alcuni metri, vi erano contenute le formule rituali per il trapasso per aiutare il morto nel viaggio verso la vita eterna.


In seguito analizzeremo alcune civiltà rappresentative dei secoli successivi e potremo riscontrare qualche analogia. Per ora non vi è traccia di nessun tipo di ordinamento urbanistico, tranne forse un accenno, nel dividere la zona abitata nella sponda destra del Nilo dalla zona adibita alle sepolture situata sulla sponda sinistra del suddetto fiume, i motivi potrebbero essere molteplici, si può ipotizzare che l'est sia visto come vita, mentre l'ovest come tramonto, rifacendosi al ciclo del sole, oppure solamente per caratteri tecnici, visto che ad ovest esisteva il deserto e lasciava un'ampia fascia per separare la zona abitata.

ETRUSCHI


Gli Etruschi, una popolazione di origine sconosciuta insediatasi in Italia intorno al 1000 a.C. nella zona dell'odierna Toscana, ci hanno lasciato pochi reperti da cui poter dedurre qualcosa riguardo ai loro usi e costumi, solamente le famose necropoli etrusche e alcuni templi sono rimasti intatti e giunti fino a noi; è solo grazie a questi reperti a carattere funerario che oggi possiamo affermare di avere molto materiale riguardante questa antica popolazione. L'architettura funeraria etrusca ha subito diverse modifiche nel corso degli anni; nelle fasi più antiche dell'età del Ferro (IX - VII sec a.C.), proseguendo una tradizione culturale affermatasi nel Bronzo recente (XII sec. a.C.), i defunti venivano cremati e le loro ceneri riposte in urne dalla caratteristica forma biconica. L'urna veniva poi deposta in una semplice tomba a pozzetto, che poteva essere singolo o doppio. Il coperchio di quest'urna era costituito da un elmo se si trattava di un uomo, e da una ciotola se si trattava di una donna. Successivamente le urne furono scolpite in modo che presentassero alcuni tratti fondamentali riconducibili alla fisionomia del defunto.

Durante il VII secolo, nel periodo detto orientalizzante, alcune tombe appartenenti a individui di spicco (i principi, che esercitavano probabilmente il controllo dei traffici tra l'Etruria e le altre popolazioni mediterranee) venivano scavate nel terreno o costruite in muratura e successivamente ricoperte da un tumulo di terra retto alla base da un anello in muratura o di roccia. I più antichi esempi di tombe d'aspetto monumentale ripetono solitamente il tipo del sepolcro a pianta circolare largamente attestato nel mondo mediterraneo, costruito con grandi blocchi di pietra e coperto con la falsa cupola ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l'interno dei filari dei blocchi, fino alla chiusura costituita da un'unica pietra o lastra terminale. Questo tipo di tomba si ricollegava all'esemplare più antico di abitazione rappresentato dalla capanna di forma circolare o ellittica. Quando questa venne abbandonata, si passò alla tomba scavata sottoterra, prima a un solo ambiente poi a più camere. Il nuovo tipo, variamente presente nei diversi luoghi a seconda delle epoche, è riconducibile a una planimetria caratterizzata da un ambiente centrale accessibile da un lungo corridoio al di là del quale si disponevano gli altri ambienti; alle pareti vi erano dipinte scene di caccia, scene di vita quotidiana, riti propiziatori; vi erano molti oggetti appartenenti al defunto, arredi quali porte, finestre, sedie, letti e perfino alcuni modellini di barche che potevano servire al defunto per il viaggio nell'aldilà.

Un elemento importante dell'architettura funeraria etrusca è il fatto che era presente anche allora una "separazione" tra mondo dei vivi e mondo dei morti, tanto che le necropoli erano enormi città contenenti esclusivamente tombe. Le necropoli erano in tutto e per tutto simili alle città dei vivi, con tanto di vie principali, traverse, allargamenti; e le costruzioni funerarie che riprendevano la struttura delle abitazioni.

La costituzione delle stesse tombe fa supporre che gli etruschi avessero una concezione positiva dell'aldilà, tanto che la quantità di oggetti deposti nelle camere sepolcrali servivano a "mettere a proprio agio" il defunto che si apprestava a vivere la vita eterna. Ai dipinti rappresentati con vivaci colori e con realismo, quasi per confortare l'esistenza del defunto dopo la morte, si sostituirono, più tardi, dipinti raffiguranti terribili mostri dell'oltretomba, caratterizzati da irrazionalità e superstizione, la spiegazione di ciò va ricercato nella perdita d'importanza dell'Etruria e nella sua sconfitta da parte di Roma.

L'Italia è ricca di reperti etruschi, qualche esempio di necropoli lo possiamo trovare a Cerveteri, a Populonia o a Tarquinia, dove ritroviamo la Tomba dei Rilievi, la Tomba degli Auguri, quella della Caccia e Pesca e quella dei Leopardi. Altri resti sono presenti nel viterbese, a Sovana, o nei pressi di Orvieto. Un'altra costruzione a carattere funerario rimasta nei secoli è il tempio etrusco. L'edificio templare etrusco appare anch'esso derivato dal tipo di casa ad ambienti affiancati e preceduti da un vestibolo.

Definitosi nel corso del VI secolo a.C. e rimasto poi sostanzialmente inalterato, tale edificio era caratterizzato da una pianta quasi quadrata, occupata per metà da una cella tripartita (oppure da un ambiente centrale fiancheggiato da due ali) e per l'altra metà da un pronao, con colonne, generalmente compreso tra i prolungamenti dei muri laterali della cella. La copertura era a tetto displuviato, assai basso, ampio e pesante, molto sporgente sui muri laterali e sulla facciata dove dava luogo a un frontone triangolare aperto e munito all'interno, in corrispondenza del pronao, d'un tettuccio spiovente sul davanti.
Tutta la costruzione era realizzata in muratura leggera, con l'impiego dei mattoni crudi e del legno, mentre le fondazioni e la parte basamentale (ed eventualmente le colonne) erano di pietra.

Alla struttura lignea del tetto era legato un complesso ed elaborato sistema di elementi di rivestimento in terracotta, che ad una funzione primaria di protezione contro gli agenti atmosferici ne aggiungeva una secondaria di carattere decorativo. I diversi elementi erano, infatti, variamente ed opportunamente figurati, in rilievo e anche in tutto tondo, e completati da una dipintura fortemente policroma. Ottenuti per lo più con un tipo di lavorazione in serie mediante uso di matrici o stampi, oppure, ma più limitatamente, con singoli interventi di modellazione e di ritocco, questi elementi (già presenti sullo scorcio del VII secolo a.C. in edifici privati d'una certa importanza) si fissarono anch'essi in maniera canonica nel corso del VI secolo.

I più importanti erano le lastre di copertura delle travi (dette in latino antepagmenta) con una decorazione a bassissimo rilievo consistente in scene figurate e collocate in modo da formare fregi continui; poi le lastre più complesse (dette, sempre in latino, simae), che davano luogo a una sorta di cornice in aggetto, formate da una sezione orizzontale liscia che poggiava sulle travi oblique dei frontoni e da una sezione verticale che rimaneva in vista, e decorate con motivi ornamentali; quindi le lastre, pure figurate in rilievo, poste alle testate delle grandi travi longitudinali interne che sostenevano il tetto sporgendo vistosamente in facciata entro la gabbia frontonale.

Venivano poi gli elementi più propriamente plastici: le antefisse, collocate sull'orlo del tetto e applicate alle tegole curve terminali d'ogni filare, che dal semplice diaframma con una palmetta dipinta arrivarono presto alle teste in rilievo (soprattutto di satiri e menadi), libere oppure circondate da un nimbo a conchiglia, e alle figure intere, sempre in rilievo e anche a gruppi; e gli acroteri, grandi elementi pure a rilievo, traforati, con motivi vegetali oppure a tutto tondo, con figure isolate o in gruppo, collocati ai vertici del triangolo frontale, sulla fronte degli spioventi e anche sulla linea di colmo del tetto.

Con questa complessa, varia e ricca serie di rivestimenti fittili, gli Etruschi dettero alle loro costruzioni una forte impronta di ricchezza e d'esuberanza, sottolineata e accentuata dalla fantasia dei motivi e dalla loro ritmica ripetizione, dall'estesa e vivace policromia, dal gioco continuo delle luci e delle ombre e dalla frastagliatura dei contorni. Basso, pesante, largo e tozzo - secondo la testimonianza di Vitruvio - sovraccarico dell'apparato di rivestimento, il tempio etrusco era tutto dominato dagli elementi plastici e cromatici.

Quella che restava in secondo piano era la parte architettonica, completamente soverchiata e come ridotta a mera funzione di supporto. Quanto al cosiddetto ordine tuscanico, in realtà esso si ridusse a un tipo di colonna col fusto liscio, il capitello a cuscino bombato e la base circolare, molto simile alla colonna cosiddetta proto-dorica con la quale potrebbe aver avuto comuni e antiche matrici mediterranee.



Nella società etrusca, a differenza di altre società, è importante il ruolo della donna, come si evince dalle sculture eseguite sul coperchio dei sarcofaghi che raffiguravano anche la moglie del defunto; ne è un esempio il celebre "sarcofago degli sposi".


ANTICHI ROMANI

Nata nel 753 a.C. come modesto villaggio di pastori, Roma, nel corso del tempo, si è svilluppata e si è espansa costituendo un grande impero, ed inglobando le culture dei popoli vinti, è per questo che nell'arte troviamo alcuni elementi tipicamente greci o etruschi. L'arte funeraria, in questo periodo, ha subito uno sviluppo notevole, infatti tra i reperti, troviamo molteplici costruzioni a carattere funerario, come il mausoleo o i sepolcri a pilastro.
Le tombe a mausoleo appaiono a Roma a partire dal II sec. a.C.; si tratta di un particolare tipo di sepolcro in cui l'altezza e le grandi dimensioni servivano ad attirare l'attenzione dei passanti sulla persona defunta. La parola "Mausoleo" deriva dal re Mausolo, signore della Caria dal dal 377 al 353 a. C., che per celebrarlo è stato eretto il famoso Mausoleo di Alicarnasso, una della sette meraviglie del mondo, distrutto sul finire del XV secolo.

Questo genere di tomba testimonia la profonda influenza che la cultura ellenistica ebbe sull'Italia della fine del periodo repubblicano. La moda, lanciata dall'aristocrazia urbana, si estenderà rapidamente a tutte le classi sociali in ascesa, per poi esaurirsi nel IV sec. d.C..
Il mausoleo poteva essere del tipo più grande, a tamburo cilindrico e camera interna, a dado se costituito da un nucleo quadrangolare in calcestruzzo, a pilastro se costituito da una struttura molto più alta che larga, oppure a tumulo.
I mausolei, a camera sotterranea oppure col sarcofago sulla cima, erano sempre rivestiti con blocchi in opera quadrata di materiale nobile, quasi sempre scomparsi perché già nel Medioevo venivano staccati per essere riutilizzati.
Si può vedere che la massa di calcestruzzo è composta da strati di 60-90 cm; infatti l'architetto antico collocava per prima cosa il rivestimento lungo il perimetro della tomba, poi colava il calcestruzzo liquido all'interno; una volta solidificato collocava il secondo strato e così via fino alla cima.


Questa tecnica era però molto costosa, essendo necessario l'uso di marmo (ma anche travertino o tufo) proveniente da cave assai lontane. Anche per questo si impose progressivamente la tecnica dei sepolcri laterizi. Vale la pena di ricordare che il mattone cotto non è sempre esistito, ma è stato "inventato" all'inizio dell'Impero Romano; il primo edificio interamente in mattoni è infatti il Castro Pretorio, costruito al tempo dell'imperatore Tiberio.

Oltre che per il costo inferiore, se paragonato con quello di un mausoleo in opera quadrata, un motivo della diffusione delle tombe laterizie a tempietto può essere anche il più ampio spazio interno, che poteva accogliere l'arcosolio e il sarcofago, e quindi era adatto ad una tomba famigliare, oppure, dietro acquisto del posto, ad un uso "condominiale"!

Sta di fatto che l'aspetto di queste tombe tende a essere meno monumentale se paragonato con quello dei grandi mausolei.


L'applicazione di sottili rivestimenti laterizi, nei quali sempre più si accentua la policromia, aveva trovato in Roma larghissimo favore per tutto il secolo II e fino agli inizi del secolo seguente, nell'architettura sepolcrale, in monumenti di vario tipo, ma sempre di pianta rettangolare e con comuni caratteristiche decorative.
Il sepolcro a tempietto è un edificio funerario a due o tre piani. Il piano centrale era utilizzato per i riti funebri, nei quali i parenti banchettavano ricordando il defunto e pensando che questi partecipasse in spirito e che fosse contento della festicciola familiare. Questa usanza continuò per un po' anche nel cristianesimo; infatti nelle catacombe non rovinate dalla troppa frequentazione è facile trovare, nel corridoio, un tubicino di terracotta o di vetro (cannula) che mette in comunicazione l'interno del loculo con l'esterno; così, per esempio, il figlio che andava a trovare la tomba del padre versava una goccia di profumo all'interno del tubicino, oppure, quando si brindava in onore del defunto, si versava un po' di vino pensando che egli ne gustasse e brindasse con i parenti. E' una credenza che sopravvive ancora oggi quando noi portiamo i fiori ai nostri morti.
Il piano inferiore è la camera funeraria, cioè il luogo in cui sono conservati i resti dei defunti; quasi sempre seminterrato o addirittura ipogeo (cioè sotterraneo), esso può ricevere luce sia da finestre a feritoia sia da un cortile seminterrato a cielo aperto, in cui si discende per mezzo di scalette.
All'interno possono esservi sarcofagi, nicchie per le olle o entrambi.
Nei sepolcri a tre piani, il piano superiore ha generalmente uno scopo decorativo, con il lato sulla strada occupato da una grande finestra ad arco in cui era collocata la statua del defunto, che, affacciata sulla strada, ricordava il morto ai passanti.
I liberti delle grandi famiglie, le corporazioni, o alcuni gruppi molto numerosi (collegia) introdussero un nuovo tipo di sepoltura: il grande colombario. Chi partecipava pagava anticipatamente la sua quota al collegio, e così comprava il loculo per sé o per qualche parente; in alcuni colombari sono state trovate perfino iscrizioni del tipo "io sono vuoto, appartengo a...", messe lì per chiunque avesse voluto riacquistare il loculo.
Questo tipo di tomba è generalmente posto sotto terra e non contribuiva all'aspetto monumentale della via.

Le pareti sono occupate dalle nicchie, allineate ed ordinate su tante file, che danno alla tomba l'aspetto di una colombaia; all'interno delle nicchie vi sono le olle cinerarie, cioè dei piccoli vasi di terracotta nel cui interno sono conservate le ceneri dei defunti cremati. La soluzione ovviamente non consentiva di mettere in risalto la propria urna se non con piccoli particolari nel limitato spazio del loculo; un vantaggio era però l'economicità e la prospettiva di una lunga durata dell'edificio dopo la propria morte.
Se nel regno di Augusto, per ragioni di spazio, si preferiva cremare (benché fosse molto dispendioso), dal II sec. d.C. si ricominciò a inumare. L'affermarsi del nuovo rito dell'inumazione dovette causare ancora seri problemi di spazio, ai quali si rispose inizialmente con i sepolcri per inumati (poi sostituiti dalle catacombe), come nel caso del sepolcro Baccelli.

Questo è infatti un genere intensivo di sepoltura: sul pavimento si alzavano due muretti paralleli, tra i quali si deponeva il defunto, che poi veniva coperto con tegole; al di sopra si poteva deporre un altro defunto e così via, fino ad ottenere vari strati di defunti uno sopra l'altro, come su una rastrelliera.
Durante tutto il periodo delle persecuzioni contro i cristiani, il sottosuolo di Roma si popolò di criptae, gallerie sotterranee scavate per ospitare nei loci, nicchie ricavate nelle pareti tufacee, più salme. Nei dintorni di Roma vi sono 69 catacombe e migliaia di tombe.
La legge dell'antica Roma vietava infatti, per motivi sanitari, di seppellire i morti all'interno della città. Le strade consolari erano fiancheggiate dai bei sepolcri dei patrizi, i quali in genere venivano cremati e le cui ceneri venivano conservate in urne.
I primi Cristiani, invece, ritenevano di doversi tenere pronti per la resurrezione e quindi venivano sepolti senza essere cremati in grotte sotterranee scavate nel tenero tufo.
Attualmente si ritiene che per i primi Cristiani le catacombe non fossero rifugi in cui ripararsi dalle persecuzioni, bensì luoghi dove riunirsi per onorare i morti - specialmente martiri e Papi - solitamente con banchetti.
La parola "catacomba", ormai usata per designare qualunque necropoli sotterranea, deriva presumibilmente dalla parola greca che significa "cavo". Le catacombe, scavate nel sottosuolo tufaceo erano costituite in modo che le sepolture più antiche fossero in alto, mentre quelle più recenti nella parte inferiore.
Secondo la decima legge delle XII Tavole, fondamento del diritto funerario romano, le sepolture dovevano essere collocate fuori dalle mura delle città per preservare la sanctitas delle abitazioni: "Hominem mortum in Urbe ne sepelito neque urito" - Che nessun corpo sia sotterrato o bruciato all'interno della città.
Adriano, in ragione di tale legge, impose la pena di 40 scudi d'oro a coloro che avessero praticato una sepoltura in città. La stessa pena era estesa a coloro che avessero permesso o taciuto l'atto.
Le sepolture rimasero all'esterno dei centri abitati fino al Medioevo quando cambiò la concezione dell'uomo per la morte.


MEDIOEVO

L'età medievale segna un fondamentale punto di passaggio nella storia delle sepolture.
La morte, per secoli rigettata fuori dalle mura urbane, entra all'interno delle città, dei villaggi, in mezzo alle case degli uomini.

L'investigazione delle cause e degli effetti indotti dal fenomeno dell'inurbamento dei cadaveri, apparso nei suoi primi atti già dal V secolo dopo Cristo e perdurato sino ai primi decenni del XIX secolo, ci conduce naturalmente in una sorta di zona di frontiera nella quale confluiscono senza annullarsi tematiche giuridiche, religiose, popolari e, non ultime, questioni proprie di storia urbana.

Avviene proprio con il cristianesimo il passaggio dalla negazione alla familiarità della morte che porterà in epoca medievale all'inurbamento dei luoghi di sepoltura, passaggio assistito dalla proclamazione della fede nella resurrezione del corpo associata al culto dei martiri e delle loro tombe.
La morte vista ora come sonno eterno non fa più paura.
I defunti, chiamati dormienti, possono essere sepolti all'interno delle mura cittadine.
Ed è talmente forte la credenza nel dogma della resurrezione che nel latino tardo verrà spesso usato l'etimo dormitorium per indicare il luogo della sepoltura.
Nei luoghi in cui si trovano i resti del martire vengono costruite delle chiese sepolcrali (martyria, confessiones, memoriae) piccole cappelle ben presto sostituite dalle basiliche ad una o più navate, necessarie ad accogliere la folla sempre più crescente in pellegrinaggio presso le spoglie del martire.

In seguito la presenza delle reliquie attirò non solo i pellegrini ma anche il soggiorno definitivo dei morti.
Si riteneva, infatti, che i martiri, di cui in ragione del proprio sacrificio era certa l'avvenuta ascesa in cielo, avrebbero meglio di ogni altro vegliato e protetto l'anima dei defunti, allontanando, per il diritto di immunità delle res sacrae, eventuali profanatori della tomba.
Accanto alle basiliche sepolcrali tra il II e il III secolo si moltiplicarono i luoghi di culto costruiti sulla tomba simbolica di un martire, in quanto si ammetteva che questa potesse essere rappresentata da una reliquia che fosse stata anche solo a contatto con il corpo del martire o che fosse in qualche modo servita al suo supplizio.
Solo più tardi, intorno al VI secolo, accentuandosi il fenomeno dell'abbandono dei cimiteri suburbani, diventerà uso comune trasferire o anche asportare solo delle parti dei corpi dei martiri.
L'idea, ripetutamente espressa dai padri della chiesa, secondo la quale l'edificio in cui fosse esposta la reliquia di un martire dovesse considerarsi come una vera e propria sepoltura e che la deposizione di una parte del corpo corrispondesse a quella dell'intero cadavere, non poteva rimanere senza conseguenze.
Il diffondersi della pratica della deposizione delle reliquie nelle chiese e negli altari o nelle cosiddette fenestelle confessionis, dovette senza dubbio contribuire ad affermare il concetto che uno speciale carattere di sacralità andasse congiunto all'edificio destinato al culto e alle sepolture in esso contenute.

Il trasferimento delle reliquie dei martiri nelle chiese urbane mette in atto il processo di trasferimento delle sepolture comuni nelle chiese (sepolture apud ecclesiam), collocate prima all'interno dell'edificio sacro e quindi al di là delle sue mura, nelle aree circostanti.
Le sepolture entrano così all'interno della città.
Durante tutto il Medioevo lungo le navate laterali delle chiese appaiono strutture a baldacchino, coperte da cappe di stoffa, ad inquadrare i sarcofagi arricchiti da sculture rappresentanti il defunto giacente circondato da simboli e figure allegoriche a memoria della vita passata (secondo uno storico il termine cappella troverebbe una possibile origine etimologica dal diminutivo della parola cappa).

Sono queste strutture a baldacchino che diverranno una sorta di codice-stile per l'architettura degli anni a seguire.
Riguardo le sepolture, all'interno della chiesa il posto più ricercato e quindi più costoso (si pagava tramite lasciti testamentari per le preghiere) era il coro, ovvero vicino al punto in cui si celebra la messa e dove sono conservate le reliquie del santo.
Analogamente al coro in cui è posto l'altare maggiore erano molto desiderate per le sepolture le cappelle laterali con altari minori e in particolare la cappella dedicata alla Vergine.
Si poteva comunque essere sepolti in prossimità o davanti alla cappella ma non all'interno di questa. Successivamente (sec. XV-XVIII) si chiederà di essere sepolti presso il crocefisso o sotto il banco che la famiglia possedeva nella chiesa.
La scelta del posto da parte dei testatori restava comunque subordinata all'approvazione del clero. Ed era quasi sempre una questione di denaro.
Si decide in ogni modo di seppellire nelle aree esterne solo venendo meno la possibilità della sepoltura nella chiesa. Solo alcuni testatori, ben pochi in realtà, scelgono di essere sepolti nel cimitero come gesto di umiltà.

Ma il cimitero non era soltanto il luogo in cui si seppelliva.
La stessa parola designava anche un luogo in cui si era smesso di seppellire, o dove talvolta non si era mai seppellito alcuno ma che assolveva comunque ad una funzione importante per la vita medievale: il cimitero era un foro, una piazza, dove i vivi s'incontravano per i loro interessi spirituali e temporali, per svolgere giochi, commerci, scambi, nobili e meno nobili affari. L'esercizio dei poteri laici si fermava davanti al confine dell'area di pertinenza della chiesa, davanti al suo atrium, ovvero davanti al cimitero.
Per i traffici e i commerci che lì si svolgevano, il cimitero era un luogo rumoroso, affaccendato, turbolento.
In un'epoca quale quella medievale, in cui la strada costituiva il luogo in cui incontrarsi poiché le case erano piccole e molto affollate, la chiesa divenne "la casa comune" e il cimitero il suo spazio all'aperto.

La giustizia temporale medievale, ancora in bilico tra sacro e profano, si svolgeva in chiesa o, se necessitava di ampi spazi di riunione, nel cimitero.
Il cimitero inizialmente è, infatti, il luogo in cui si stipulano atti giuridici e successivamente, quando verranno creati appositi tribunali, il cimitero rimane il luogo in cui devono pubblicamente essere lette le condanne davanti alla comunità riunita in chiesa per la messa.
Ed il cimitero è anche luogo di particolari reclusioni: persone votate alla vita eremitica, ma anche criminali che la giustizia ha condannato ad essere murati per sempre.

Il diritto d'asilo ha fatto del cimitero - asilum circum ecclesiam secondo il latino medievale ecclesiastico - il luogo più ambito per i mercati e per le fiere. I mercanti vi godevano, infatti, delle franchigie dovute all'immunità, e inoltre potevano approfittare delle folle di religiosi venuti in chiesa per la messa o per assistere alla promulgazione di un atto giuridico: i giorni dedicati alle feste religiose e alla commemorazione dei defunti divenivano così i giorni delle fiere.
Impregnato di credenze, tanto religiose quanto superstiziose, l'uomo del medioevo prepara il giorno sempre prossimo della propria morte in cui raggiungerà il cimitero dove i soli cristiani sono ammessi. Tra il X e il XII secolo, il cimitero è un campo o un frutteto di cui si vende il raccolto. Vi sono poche steli funerarie o croci a segnare la superficie e anche la rotazione delle sepolture è rapida, soprattutto nell'ambiente urbano, poiché circoscritto dalle abitazioni. Il seppellimento di un corpo tocca ai vivi, e sono essi a circondare il morto di simboli, riflessi di credenze o di rango sociale.

L'archeologia ha saputo evidenziare quali pratiche permettano di datare le sepolture. Tra il X e il XII secolo, l'inumazione in piena terra è quella più diffusa, e la fossa è talvolta tagliata a forma del corpo (antropomorfa). Vengono di nuovo utilizzati dei sarcofagi, più massicci di quanto fossero nel VII o nell'VIII secolo, in riuso quando succede qualche rinvenimento. Quanto alla bara, essa rimane ancora raramente usata e si diffonderà solo dal XIV secolo in poi.

La posizione del cadavere nella tomba, particolarmente le mani, la presenza di spilli da lenzuolo, di loggette cefaliche e di ceramica funeraria sono particolari significativi che hanno permesso una datazione sicura per delle sepolture fino allora difficilmente attribuibili, contrariamente a quelle anteriori all'VIII secolo, la cui suppellettile è abbondante e ben nota. Studiare i cimiteri parrocchiali in ambiente urbano ha permesso di capire meglio la formazione della città e, per via di conseguenza, un approccio efficace alle abitudini dei vivi.
Figure giacenti, oranti, angeli piangenti, medaglioni e bassorilievi in bronzo formano insieme alle iscrizioni e agli epitaffi i monumenti funebri sino al XIX secolo.
L'usanza di dare nuova immagine al defunto attraverso una statua fonda le sue radici in epoche più remote. Le figure di pietra medievali del XII secolo non rappresentino defunti ma persone vive, con gli occhi aperti, colte in una sorta di attesa della felicità eterna. Il senso dell'attesa e del divenire dell'iconografia medievale, recuperato dall'arte scultorea del XVI e XVII secolo a sua volta trova riferimenti più puntuali nelle raffigurazioni funebri del mondo pagano: un analogo atteggiamento sereno, volto ad accogliere un futuro possibile in un mondo altro da quello terreno, si può riscontrare in alcune figure giacenti ritrovate in tombe etrusche e romane.
Dal XII al XIV secolo i giacenti e gli oranti sono pur sempre figure vive: dormono su letti di pietra, vegliano e pregano per l'eternità.
Durante tutto il Rinascimento, in particolare nell'area culturale mediterranea, l'iconografia funebre libererà il corpo da ogni segno della passata vita terrena. Gli occhi dei giacenti si chiudono; le statue ripropongono il momento stesso della morte sino a giungere alla raffigurazione di scheletri quasi dissolti.

EPOCA NAPOLEONICA FINO AI GIORNI NOSTRI

I cimiteri continuarono a restare a lungo all'interno delle mura cittadine, fino a quando, nel giugno del 1805, l'imperatore Napoleone Bonaparte, per motivi d'igiene comune, dispose che fossero spostate le sepolture dai centri abitati in periferia, non erano più ammesse le sepolture in edicole funerarie e le targhe recanti le generalità del defunto dovevano essere collocate lungo il muro perimetrale del cimitero. Su questa base, un grande poeta italiano, Ugo Foscolo, compose una delle sue più grandi opere, "Dei Sepolcri", in risposta all'opera "Dei Cimiteri" di Ippolito Pindemonte, per contestare il decreto emanato da Napoleone.

Per molto tempo rimase in vigore con successive integrazioni, come il decreto regio in materia di sanità n° 1265 del 27 luglio 1934, la legge n° 400 del 23 agosto 1988 e il decreto del Presidente della Repubblica n° 803 del 21 ottobre 1975, fino a quando, con disposizione del Presidente della Repubblica, il 10 settembre 1990,viene emanato il decreto n° 285 contenente il regolamento di polizia mortuaria. I testi legislativi allegati illustrano la minuziosa peculiarità che caratterizza l'urbanistica in campo cimiteriale.

Con l'avvento di nuove scoperte e l'ampliamento di nuovi orizzonti, come il viaggio dell'uomo sulla Luna, è apparso ben chiaro all'umanità che la conformazione dell'aldilà descritta da Dante nella Divina Commedia è una pura utopia, per questo, a lungo andare, la concezione dell'aldilà è diventata pura credenza religiosa. Dalla concezione materiale degli Egizi di un viaggio nell'aldilà si è passati ad una credenza del tutto spirituale di un mondo composto di anime; come si evince dai reperti fotografici allegati, i cimiteri di oggi sono testimoni di molte epoche passate, le edicole funerarie sono caratterizzate da molteplici stili differenti, si passa dalla chiesa in stile gotico, al letto a baldacchino in marmo in stile medievale, al tempietto greco corredato di timpano e colonne, per poi terminare in edicole a carattere prettamente moderno.

Secondo la concezione moderna, poco è cambiato dal passato, l'edicola funeraria è sempre considerata una testimonianza della potenza della famiglia, l'idea che una famiglia importante debba avere una sepoltura degna della propria ricchezza in vita è rimasta nei secoli. Alcuni aspetti interessanti di queste sepolture sono le molteplicità di simboli che adornano le costruzioni funerarie, come per esempio l'allegoria dell'eternità è un serpente che si morde la coda, simbolo ambivalente che collega la vita e la morte. La figura circolare generata dal serpente evoca allo stesso tempo la volta celeste e la sfera terrestre: i due mondi al limite dei quali è posta la sepoltura.

La morte, che nella maggior parte delle culture è rappresentata da uno scheletro che libra una falce e porta con sé una clessidra, simbolo del lento scorrere del tempo infinito, nell'antica Grecia ha le sembianze di un giovane dalle ali nere, Thanatos, figlio della Notte e gemello di Hypnos, il sonno. A volte appare invece come un bambino scalzo, come un anziano o come una donna vestita di nero, alata e con una grande rete.

Il dolore viene raffigurato in forme distinte: come un uomo anziano, assorto a guardare una torcia spenta eppure ancora fumante o come una donna che tiene al collo un piccolo o che abbraccia la stessa tomba.
E poi ancora: ali aperte a simboleggiare la capacità di sapersi sollevare dal peso della vita; ancore intrecciate con reti o delfini come simboli della fede e della speranza; insetti quali l'ape, simbolo dell'anima, o lo scarabeo, simbolo della resurrezione; animali delle tenebre come la civetta che rappresenta la prudenza e la saggezza, o il pipistrello simbolo della notte e dell'aldilà; cani, guide delle anime, simboli della fedeltà e della vigilanza; galli, simboli, secondo l'interpretazione cristiana, della resurrezione; pesci, il cui termine greco Ichthys è un acrostico di Iesous Cristos Theou Hyios Soter, ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore; e quindi: porte socchiuse, simbolo del confine; spirali e labirinti associati all'idea di un difficile percorso che porta alla resurrezione; sole e stelle splendenti simboli delle divinità dell'immortalità.

Dalle tombe cristiane l'architettura funeraria moderna e contemporanea deriva il modo di identificare la vita e la morte attraverso l'uso della prima e dell'ultima lettera dell'alfabeto greco, alfa (elemento della creazione) ed omega (lampada nella quale arde il fuoco apocalittico della distruzione) oppure attraverso il crisma, monogramma di Cristo formato dalle lettere greche X (chi) e P (ro).

Anche le piante ricoprono un importante significato simbolico. In molte sepolture sono rappresentati due alberi, uno verde a destra e uno secco a sinistra, con i rami intrecciati; è abbastanza evidente la lettura che si può fare di questa immagine: rappresenta la perfezione della vita futura in relazione all'imperfezione della vita terrena.
Il cipresso anticamente era simbolo ed attributo di Crono, personificazione del tempo che crea e distrugge. Iniziò ad essere piantato accanto alle tombe cristiane in relazione con i culti funebri per le immagini che lo rappresentavano nel paradiso e divenne l'albero simbolo dei moderni impianti cimiteriali. Ricordiamo, per inciso, che le piante tornano sistematicamente accanto alle sepolture solo dopo la seconda metà dell'ottocento perché la cultura igienista del secolo dei Lumi le aveva estromesse dai recinti cimiteriali ritenendo che le chiome impedissero la perfetta e continua circolazione dell'aria favorendo il ristagno dei miasmi e che le radici trattenessero le impurità provenienti dai corpi in decomposizione.
Accanto ai cipressi l'iconografia funebre comprende l'acacia, albero dal legno duro e resistente, simbolo del superamento della morte; la palma, simbolo della vittoria del martire; il salice piangente dai rami tristemente pendenti; l'alloro, simbolo dell'immortalità, l'ulivo, albero della pace; il tiglio, albero della morte.

Per gli architetti del XX secolo la tomba diviene un tema di elaborazione progettuale, una sorta di laboratorio di sperimentazione architettonica. Adolf Loos affermava che "solo una piccola parte dell'architettura appartiene all'arte: il sepolcro e il monumento" mentre Gio Ponti a proposito delle tombe le definiva "architetture prima dell'architettura".

Gropius, Le Corbusier, Terragni, Mies van der Rohe, Aalto, Scarpa, solo per citarne alcuni che progettarono e realizzarono tombe dall'elevato valore espressivo, per molti di loro atti d'amore e segni di incolmabile nostalgia più che commesse professionali.