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IL
SANTUARIO DI MONTEGRAZIE
Un'escursione
fra le più suggestive è quella che, dal centro di Porto Maurizio, porta
ad immediato contatto con l'ambiente campestre e ancor quasi vergine,
coperto di ulivi e cosparso di borgate rustiche, che forma la principale
caratteristica del retroterra imperiese. La valle di Caramagna (nome
trapiantato qui dall'abbazia di Caramagna in Piemonte) possiede varie di
queste borgate (Caramagna e Caramagnetta, Cantalupo, Massabovi) prive di
ogni monumento notevole, salvo l'ambiente. Il centro più antico è S.
Bartolomeo di Caramagna, su un'altura che domina la valle, sede probabile
del monastero e della «corte» medioevale che fu infeudata nel 1028 alle
monache benedettine; ma essa non né conserva nessuna traccia apparente,.
Salvo forse nella struttura del campanile, che nasconde sotto l'intonaco
una sagoma medioevale.
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La
meta principale è, per il visitatore, Montegrazie, a 7 km. da Imperia,
nascosta in fondo a una valletta laterale e allungata sul pendio fra gli
ulivi. Essa si chiamava nel Medioevo Montegrosso (e così è tuttora nel
dialetto), prima che la fama, del celebre Santuario ne ingentilisse il
nome, italianamente, in Montegrazie. La Chiesa parrocchiale, rustica e
barocca, risale al 1756, ed è stata preceduta da un'altra medioevale
posta di fronte all'attuale e di cui si conserva soltanto l'abside,
quadrangolare, di aspetto quattrocentesco o alquanto più antica. Una
bella fontana ad arco acuto, con croce scolpita sul frontone, attribuibile
al secolo XIV, si conserva ai piedi di tale abside. Nell'interno della
parrocchia, a destra dell'altar maggiore, è stato provvisoriamente
collocato il POLITTICO DI CARLO BRACCESCO, unica opera firmata di Carolus
mediolanensis, del 1478: tavola di scuola lombarda che costituiva l'ancona
del santuario di N. S.. delle Grazie e ad esso rimane strettamente legata.
Esso consta di 19 scomparti: in quello centrale è la Vergine col Bambino,
circondata da una teoria di Santi. È una delle opere più espressive
della corrente di pittura lombarda che penetrò in Liguria nella seconda
metà del Quattrocento.
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Il
SANTUARIO DI N. S. DELLE GRAZIE, distante 1 km. dal paese (a piedi O in
automobile), sorge su una dorsale del pendio, in felicissima posizione
panoramica, che domina tutte le valli di Porto Maurizio e gli conferisce
un fascino degno della campagna umbra o marchigiana; è popolarissimo in
tutta la zona e richiama da secoli la devozione della gente di mare, come
dimostrano i numerosi ex-voto; alla sagra annuale, 1'8 settembre,
accorrono fedeli da tutte le vallate. Esso offre uno dei più interessanti
e fra i meglio conservati esempi di architettura tardo-gotica ligure,
molto legata agli schemi medioevali ma già alle soglie del Rinascimento,
in pietra da taglio di lavorazione accuratissima. Sull'architrave della
porta principale si legge l'iscrizione con la data dell'edificio, 1450: +
M°CCCC°L .A DIE/XXI MARTII HOC/OPUS FECIT FIE/RI PHILIPUS AN/CERMUS ET
ANT/ONIUS MORUS MA/SARII ECCLEXIE SA/NTA MARIA DE GR/ACIA AMEN.
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La
facciata, con due ampie monofore laterali ad arco tondo, è ornata da un
oculo centrale circondato da una treccia e da un portico sostenuto da due
colonne e due semi colonne con capitelli goticheggianti. Sia il portico
sia i fianchi della chiesa e le absidi sono decorati da una cornice di
archetti pensili a sesto leggermente acuto, ma con peducci assai tardi, e
da una fascia di dentellature sottostanti alle cornici in aggetto. Il
fianco ovest è tutto integro (salvo la cappella in falso antico aggiunta
a lato), con monofore e feritoie di tipo quattrocentesco, ad architrave
orizzontale. Le tre absidi, semicircolari, sono pure intatte, e quella
centrale ha .la particolarità di una decorazione ad archetti intrecciati.
Il campanile, di costruzione assai più rustica sommaria del Santuario
(che vi è appoggiato), con i soli angoli e le cornici in pietra lavorata,
sembra leggermente più antico, dei primi del Quattrocento. Pure anteriore
al Santuario, se non al campanile, è la cappella conservata al centro del
piazzale, con un portale gotico in conci bianchi e neri che sembra
indicare un'antica facciata, rivolta trasversalmente rispetto alla chiesa
attuale.
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L'
interno è a tre navate, divise da due ordini di 4 colonne sostenenti
archi a sesto acuto, tutti in pietra ben lavorata, e intorno al catino
dell'abside maggiore pende un fregio pure lavorato in pietra, ad intarsio,
con motivo quasi rinascimentale. L 'altare è barocco, e costituisce
l'unico elemento non originario della costruzione. La chiesa è
soprattutto notevole perché conserva il più vasto e conservato ciclo di
affreschi del territorio imperiese, opera dei pittori Tommaso e Matteo
Biasacci da Busca, Pietro Guido da Ranzo e Gabriele della Cella di Finale,
restaurati dalla Soprintendenza alle Gallerie fra il 1954 e il 1956. La
parete di sinistra conserva gli affreschi dei Biasacci, pittori piemontesi
che lavorarono lungamente in Liguria, firmati e datati al 1483 dalla
seguente iscrizione: HOC OPUS FACTUM IN TEMP(or) E VENERABILIS D(omi)NI
PRESBITERI/ MlCHAELIS DE NIVE ...M RECTORIS BENEDICTI BOERI / ET OBERTI
GERBAUDI ...MASSARIORUM HUIUS ECLE(sie) SUB ANNO D(omi)NI / M° CCCC°
LXXXIII DIE XXX MAY / THOMAS BIAZACII DE BUSCHA ET MATHEUS EIUS FRATER
PINSERUNT.
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La
composizione raffigura una serie di scene della Vita delle anime
nell'Oltretomba, trattate con uno spirito di ingenuo realismo e con
reminiscenze del Giudizio Universale dipinto dagli stessi pittori in San
Bernardino di Albenga e negli affreschi di Piani. Si tratta di una delle
testimonianze più complete e più rappresentative della personalità di
questi pittori. La serie delle scene si può leggere a partire dal basso
in alto; secondo lo schema seguente :
I.
La buona e la cattiva morte. A) Un moribondo, assistito da un Angelo,
riceve l'Eucarestia. B) (molto frammentario) Un Angelo assiste un
agonizzante. C) Un demonio si impadronisce di un'anima, .mentre un Angelo
piange. D) Un demonio soggioga una giovinetta che si comunica. E) Un
demonio carpisce l'anima di un moribondo, mentre un Angelo inorridisce. |
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II.
La cavalcata dei Vizi e la sfilata delle Virtù. F) (da sinistra a
destra): la Superbia su un cavallo, l'Avarizia su un cinghiale, la
Lussuria su un caprone, l'Invidia su una faina, la Gola su una volpe,
l'Ira su un orso, l'Accidia su un somaro (tutte hanno al collo una catena
e incedono verso le fauci spalancate di un mostro, all'estrema sinistra);
quindi, entro le arcate di una loggia e di prospetto, le sette Virtù:
HUMILITAS, TEMPERANTIA, PURITAS, CARITAS, SOBRIETAS, PACIENTIA, FORTITUDO,
in sembianze femminili.
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III.
I castighi infernali. (da destra a sinistra) G) Un uomo, protetto da un
angelo e insidiato da un demonio, viene dardeggiato dalla Morte H) I
dannati immersi nella pece e posti a bollire in una caldaia, a cui fanno
da combustibile corpi di altri peccatori (questa scena è interrotta da
un'antica monofora che il pittore fece chiudere e che è , stata tempo
addietro riaperta distruggendo l'affresco corrispondente). I) I rinnegati,
infilati ai rami appuntiti di un albero, mentre in basso due demoni ne
battono uno sull'incudine. L) I golosi, seduti ad una tavola imbandita e
tormentati dai demoni. M) I semina tori di discordia, inchiodati ad una
ruota girata da un demonio. N) Riquadro completamente distrutto. O) 1
falsi testi e i ladri, i primi arrostiti allo spiedo da due demoni, i
secondi impiccati e assaliti da cani voraci. P) I superbi, i bestemmiatori
egli eretici: i primi fra le fiamme, gli altri chiusi in un recinto,
mentre in primo piano un demonio sega a metà un eretico dalla cui bocca
esce la parola MACAMET (Maometto).
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IV.
La Città Celeste. Q) Una città cinta di mura e fornita di un'ampia porta
a cui si accede da una scalea. Nell'interno trionfa la figura di Cristo,
dominante sui gruppi dei Beati e dei Santi. Fuori delle mura è
rappresentato S. Michele che, assistito da un angelo, pesa sulla bilancia
le anime. Da destra accedono alla Città Celeste le anime liberate dal
Purgatorio. .Pure di mano dei fratelli Biasacci è la decorazione
pittorica dell'abside laterale sinistra, con una serie di Scene della vita
del Battista, assai deterio-rate; lo era pure quella dell'abside centrale,
ove purtroppo le pitture originali sono state sostituite 'ai primi del
Seicento da affreschi più scadenti, assai ben conservati, che
rappresentano una serie di Scene della vita di Gesù. Solo nel riquadro
centrale, già occupato dall'arcona del Braccesco (che tuttavia in origine
doveva trovarsi sull'altar maggiore, essendo di data anteriore a quella
degli affreschi), riappare un frammento delle pitture dei Biasacci, con
l'episodio centrale di una serie di Scene del Paradiso Terrestre.
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L'abside
laterale destra fu invece dipinta nel 1498 da Gabriele Della Cena di
Filiale, probabilmente fratello o parente di Andrea Della Cella, pittore
già noto per altre opere firmate nella Riviera. Ce ne dà. testimonianza
l'iscrizione dipinta sulla semicolonna: HOC OPUS FATUM FUIT IN TEMPORE /
VEN,ERABILIS DOMINO PRESBITERO IHOHANI / DE CLAVERO RETORI DITARUM
ECLEXIARUM / HAC DOMENICO DURANTE ET NICHOLAO BOERIO / MASSARII DITARUM
ECLEXIARUM GABRIEL / DE CELLA DE FINARIO PINXIT ISSTA CAPELA / M CCC
LXXXXVIII DIE III MENSIS MARTII. r Sopra l'iscrizione è dipinta la figura
di S. Bernardino da Feltre, sotto un ex voto di naviganti con due navi
salvate dalla tempesta.
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Gli
affreschi dell'abside comprendono una serie di Scene della vita di S.
Giacomo da Compostella, con numerose scritte esplicative, purtroppo
monche, nelle quali si afferma ormai l'uso della lingua italiana (l'unica
completa è nel riquadro più alto a destra: o PADRE LEUATEMI DA QUI SANTO
IHACOBO MA SCAMPATO). Nel catino è la figura di Gesù Crocifisso in
gloria, entro una mandorla. Infine la decorazione della parete destra è
dovuta ad un altro pittore, non più piemontese ma oriundo della Val d'Arroscia,
Pietro Guido da Ranzo, la cui personalità popolaresca è anche più
accentuata di quella dei Biasacci ed è carica di uno spirito quasi
umoristico, dovuto in parte all'ingenuità montanara e alle imperfezioni
tecniche del pittore. La data non è esattamente conosciuta, perché è
abrasa nell'iscrizione che sta al disopra della porticina laterale: DIE Il
SEPTEMBRIS I FACTUM I NE /ANTONI RAMONI PRESBITERI / FELICE GUASCHI LAZARI
I TERMI MASCA[riorum (sic}] IUM ECLEXIARUM I PETRUS GUIDUS DE R[ancio] I
[p]IXIT.
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I
caratteri dell'iscrizione, n()n più gotici ma in rozze lettere capitali,
riferiscono l'affresco alla prima metà del secolo XVI, epoca conosciuta
per l'attività di questo pittore Esso descrive in una vasta composizione
di più scene la Passione di Gesù Cristo, con vivaci tocchi di realismo,
e termina a destra con una grande figura della Crocifissione.
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