PROVIAMO A FARE VERA POLITICA 3.4.2. Resoconto della riunione del 03-06-2012 Creato il 26/03/2013 Ultima modifica il 26/03/2013 RIUNIONE DI CITTADINI PER REAGIRE ALLA CRISI Roma - 3 giugno 2012 - Dalle 10:00 – 19:30 RESOCONTO DELLA RIUNIONE Il presente resoconto è redatto in tutte le sue parti da Silvio Perroni, tranne dove specificato. PRESENTAZIONE A causa di alcuni ritardi, la riunione è iniziata verso le 12. Presentazione dei partecipanti e contestuale compilazione a cura dell’organizzatore dell’”ELENCO PARTECIPANTI” con nome, cognome, ed eventuale organizzazione di cui si fa parte e se si intende partecipare solo come “osservatore”. ELENCO PARTECIPANTI Cognome Nome Località Organizzazione Oss.re Capone Christian Roma Marani Marcello Rign.no Fl.nio Méligne Brigitte Roma Perroni Silvio Roma (Organizzatore) Prisco Alessandra Roma S Lunetta Alessandro Fontenuova Rete dei Cittadini S Ceccanei Eligio Roma La Nostra Italia S Fulci Ludovico Pomezia/Ostia Primit S Neri Mauro Roma Movimento Popolare di Liberazione S Zurlo Gianni Roma Nuova Era S ASSENTI Cognome Nome Località Organizzazione Oss.re Barone Michele Salerno Calogero Pierluigi Ardea Ciabotti Anna Roma Iviglia Gianni Locci Carlo Cagliari Napoleoni Claudia Manziana Perroni Dawid Roma Quacquarelli Riccardo Roma Saudelli Aldo Roma Quorum Zero INTRODUZIONE DELL’ORGANIZZATORE Lettura dell’introduzione: Questa è una riunione di liberi cittadini sovrani di uno Stato democratico. Cittadini che, accettando il mio invito a partecipare a questa riunione, si rendono conto che stanno vivendo qualcosa di insolito rispetto al loro vissuto precedente, e che non vedendo alcuna possibilità da parte delle istituzioni attuali di reagire correttamente, sentono il bisogno di attivarsi in prima persona, con tutti i loro limiti, per cercare insieme, confrontandosi con spirito costruttivo, le cause prime di questa crisi, quindi le migliori soluzioni, e infine i metodi per attuarle. INTERVENTI DIVULGATIVI DEGLI OSSERVATORI Sono intervenuti tutti gli osservatori, a parte Gianni Zurlo di Nuova Era e Alessandro Lunetta di Rete dei Cittadini, che dovevano andar via prima e non sono riusciti a parlare a causa della scelta errata dell’ordine di intervento da parte dell’organizzatore, che se ne scusa. Nessun osservatore ha portato un intervento scritto, e a stento qualcuno ha provato a strutturare il suo intervento secondo quanto richiesto, ovvero diviso in storia dell'organizzazione, organizzazione e metodo decisionale interno, obiettivi e principali proposte, strutturazione che avrebbe fornito ai partecipanti utili notizie per l’eventuale creazione di una nuova organizzazione. Come prima riunione, l’organizzatore, per i motivi espressi in dettagli nel resoconto finale, ha lasciato che non si seguisse la procedura prevista, ma si svolgessero dibattiti liberi sui singoli interventi, e senza resoconti scritti. Se pur l’organizzatore avrebbe forse potuto riassumere in qualche modo in fase di stesura del presente resoconto i singoli interventi, preferisce non farlo in questo ambito per evitare il rischio di inserire proprie interpretazioni, e riporta quindi semplicemente i link ai siti internet delle rispettive organizzazioni, non avendo a disposizione altri documenti, riservandosi la propria interpretazione nella rispettiva parte di questo resoconto. Osservatore Organizzazione Sito internet Ceccanei Eligio La Nostra Italia lanostraitalia.it Fulci Ludovico Primit primit.it Lunetta Alessandro Rete dei Cittadini retedeicittadini.it Neri Mauro Maurizio Movimento Popolare di Liberazione sollevazione.blogspot.it Zurlo Gianni Nuova Era nuovaeramovpolitico.it INTERVENTI DIVULGATIVI DEI PARTECIPANTI Anche i partecipanti che sono intervenuti, come gli osservatori, non hanno preparato interventi scritti, a parte l’organizzatore, che li ha loro richiesti, successivamente, in forma riassuntiva, e che qui vengono esposti. Marcello Marani Per quanto riguarda la mia posizione e le proposte che faccio, è abbastanza semplice ed è sempre quella di difendere, salvare, rispettare, divulgare e lottare per l'applicazione dello spirito e della lettera della Costituzione, che già contiene tutto il programma delle cose da fare senza bisogno di reinventare niente. E come riforme indispensabili per attuare i nostri progetti metto al primo posto: A) La riforma dello Stato e delle sue Istituzioni, per dare efficienza alla burocrazia ed agli apparati: B) Una riforma fiscale perché tutti paghino il giusto dovuto secondo i criteri espressi appunto nell'art. 53 ma al 100%; C) Una riforma della Giustizia per dare certezza del diritto rendendola rapida e sicura per fare si che chi sbaglia paghi, restituisca il malloppo, risarcisca i danni e venga messo in condizioni di mai più nuocere. Infatti solo dopo si potranno fare dei programmi di interventi stabilendo il come il quando ed il quanto, perchè nella situazione attuale se ad es., si decide di dare precedenza al lavoro o alla sanità o alla scuola ecc., non 'c'è nessuna certezza che le cose vadano nel senso voluto ed i fondi non vengano dispersi e sperperati tra mille rivoli, fatti di inefficienze e di corruzioni. Christian Capone Non è pervenuto il riassunto dell’intervento di Christian Capone. Riassume l’organizzatore quindi per quanto e come lo ricorda. Christian Capone focalizza l’attenzione sul degrado e la corruzione ormai diffusi a tutti i livelli ed in tutti i settori della società. In particolare, dato che viaggia molto ed ha relazioni con persone di altre nazioni, ci tiene ad evidenziare che il degrado e la corruzione non sono fenomeni peculiari italiani, ma li ha ritrovati in tutti i paesi che ha visitato, occidentali o non. Silvio Perroni Presentazione Essendo io l’organizzatore della riunione, non posso non dire almeno due veloci parole su questa riunione. Vi ringrazio tutti di aver risposto al mio invito, sia per lo spirito di partecipazione dimostrato col gesto, sia in qualche modo come riconoscimento della mia buona volontà, almeno per chi mi conosce. Ringrazio gli osservatori per la loro disponibilità a divulgare l’organizzazione che rappresentano, e quindi in qualche modo nel dare valore a questa riunione. Siamo pochi, ma ritengo buoni per tentare di avviare qualcosa di positivo. Ci tengo però a chiarire comunque un concetto. Se questa iniziativa andrà avanti, accadrà per la volontà dei presenti che decideranno di portarla avanti. Io ho indetto questa riunione, ma io da solo non posso fare nulla di nulla. Ho impostato lo Statuto in modo che tutto di questa iniziativa possa essere modificato. Quindi ognuno di noi partecipanti, accettando questo invito, e ancor più dopo se accetterà di proseguire quando dovremo valutare insieme se sarà il caso, avrà il peso, la responsabilità, di impegnarsi in prima persona, in base certamente alle sue possibilità, a fare in modo che questa iniziativa vada avanti. Vediamo continuamente tentativi di aggregazione, alcuni buoni, altri discreti, molti improbabili. Ma ancora non abbiamo visto l’apparire di qualcosa di concreto, se non il Movimento 5 Stelle, di Beppe Grillo, che se pur ha molti punti in comune con la mia idea di partecipazione politica, in altrettanti punti non lo condivido. I rappresentanti di alcune delle organizzazioni esistenti mi chiedono perché preferisco tentare io un qualcosa di nuovo piuttosto che collaborare nelle loro organizzazioni. Ed io rispondo che sento di avere altre idee, un modo diverso di impostare una simile avventura rispetto a quanto ho già visto, qualcosa che reputo forse nuovo rispetto a quanto ho già visto e sperimentato, qualcosa che tenti la via in assoluto più pura per arrivare agli obiettivi prefissati, che tenga in massimo conto ogni partecipante, che faccia crescere tutti insieme, che non generi dei leader ma una consapevolezza condivisa, che aiuti a risvegliare in ognuno il gusto di partecipare attivamente ai processi che determinano i cambiamenti della propria ed altrui vita, in uno spirito di collaborazione, di aiuto reciproco, di tranquillità, di rispetto dell’altro, fiduciosi che lo spirito di ognuno, così impostato, sia sufficiente a superare ogni barriera ideologica, e a farci usare il buon senso, insieme, aiutando l’un l’altro, correggendo l’un l’altro quando necessario, aspettandolo se rallenta, tirandolo per la giacchetta se va troppo veloce, affinché questa iniziativa si tramuti in una azione concreta che possa arrivare a modificare la realtà esistente, così come oggi sembra necessario che avvenga, in modo da migliorarla ai fini di quel bene comune che confido riconosciamo tutti noi come unico obiettivo di un pensiero ed azione politica degni. E tutto questo ho bisogno di verificarlo. E se già oggi qualcuno ha risposto al mio invito, spero vivamente che sia perché ha percepito questa mia intenzione e in qualche modo ci si riconosce. Nello statuto iniziale, se pur ora limitato a quanto necessario per lo svolgimento di questa riunione, ci ho messo l’anima, per fare in modo che difenda ed anzi valorizzi lo spirito che ho delineato pocanzi. E confido sulla forza di questo spirito per la prosecuzione di questa iniziativa, perché non ritengo esista altro “spirito” che io conosca, nessuna altra tecnica, nessun tipo di compromesso, nessuna richiesta di aiuto d entità esterne e diverse, che possa meglio di questo a cui tento di attingere raggiungere il bene comune. Ancora un grazie a tutti per essere qui. Ma ricordiamoci che tutto dipende da ognuno di noi, dalla nostra volontà, e la disponibilità di unirla insieme alle altre. Effetti della crisi Visto che ho tentato di strutturare questa ricerca secondo un metodo che tenta di essere scientifico, e visto che il metodo scientifico non si inventa nulla, ma si prefigge di raggiungere i suoi obiettivi a partire dalla osservazione della realtà, la seguirò, e quindi descriverò i vari effetti della crisi che ho potuto riconoscere in base alla mia esperienza, a partire da quelli che ho vissuto direttamente, passando a quelli che hanno vissuto le persone a me più vicine, fino ad arrivare a quelli che leggo sui network, e quindi che per forza di cose richiedono ancor più verifica. Non ho avuto tempo in questi giorni di dedicarmi a questo intervento, che oltretutto è per me il più importante, a causa della organizzazione della riunione e della preparazione del programma. Sarò quindi alquanto sintetico e strutturato, chiarendo quanto necessario a richiesta o di mia iniziativa. Presento quindi brutalmente una lista di effetti della crisi che ho potuto verificare personalmente o dei quali ne sono venuto a conoscenza indirettamente, ordinata in base alla sensazione di urgenza e gravità che ne ricevo. Per essere definiti effetti della crisi ritengo che devono avere qualche particolarità rispetto agli avvenimenti di cui comunemente si aveva esperienza nel passato. - Riduzione, precarizzazione, o perdita del lavoro 1. 1992 Vedi Riduzione del potere d’acquisto 2. Dal 1993 circa: Vedi Riorganizzazioni del personale: tagli 3. Dal 1993/1994 circa. Vedi Uso di personale esterno nelle società 4. Dal 1998. Vedi Riduzione dei margini di guadagno nella vendita al dettaglio - Riduzione del potere d’acquisto 1. 1992 c’è stata una svalutazione della lira che ha colpito svariati settori tra cui in particolar modo quello del turismo per quanto riguarda l’invio di italiani all’estero. Vari tour-operator ed agenzie hanno dovuto chiudere, e molti altri sono stati costretti a licenziare o ad applicare il part-time per un certo periodo. - Riorganizzazioni del personale: tagli 1. Dal 1993 circa: Prima epurazione osservata di un gran numero di dipendenti per motivi non inerenti ad avvenimenti eccezionali, particolari, o comunque riguardanti prettamente vicende esclusive della società. Alla IBM è stata licenziata una buona parte del personale, di varie età, giovani e padri di famiglia, e livello, presumibilmente tutti laureati perché era il prerequisito per lavorare all’IBM. I dipendenti venivano pressati a dimettersi con l’offerta di una buonuscita. Anni dopo uno di loro, padre di famiglia, quando io già mi ero aperto una mia società proprio in funzione di quanto avevo visto, mi contattava per chiedermi lavoro. Successivamente ci sono state altre “epurazioni” nell’IBM, a distanza di uno o due anni l’una dall’altra. E’ presumibile che più o meno a partire da questi anni in Italia le “epurazioni” siano state sempre più frequenti e riguardanti molte grandi aziende, forse all’inizio solo estere, ma in seguito anche nazionali. - Uso di personale esterno nelle società 1. Dal 1993/1994 circa, nella Sistemi Informativi S.p.A. ed anche in altre società di informatica sono sempre più utilizzati collaboratori esterni, con contratto a Partita IVA o simili. Si ipotizza possa essere accaduto anche in altri settori. - Aumento del costo del lavoro 1. 1997 Il governo Prodi, (Ulivo – Indipendenti), con decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446., sostituisce l’ILOR con l’IRAP, applicando una vera e propria tassa non su un ricavo o su un guadagno, ma su un costo, per di più sul costo del lavoro. Ovvero, più dipendenti si hanno e maggiori costi ha l’azienda. Questa tassa frena le assunzioni, riduce i salari, spinge ad usare risorse esterne e quindi precarie e con contratti anomali piuttosto che dipendenti ed è più pesante della precedente ILOR. - Riduzione dei margini di guadagno nella vendita al dettaglio 1. Dal 1998 circa. A partire da questo anno circa almeno nel settore della rivendita informatica c’è stata una forte riduzione della differenza tra i prezzi di listino, ma anche medi effettivi di vendita, e i prezzi al piccolo rivenditore indipendente, passando in particolare per i prodotti più diffusi come i pc e simili da guadagni anche del 30% rispetto al prezzo al rivenditore a guadagni anche inferiori al 5% in questi anni, che hanno costretto alla chiusura molte piccole aziende, a favore dei grandi gruppi di distribuzione, che invece di vendere solo a rivenditori hanno cominciato a fare loro concorrenza sleale vendendo anche direttamente e offrendo sconti non in competizione ai rivenditori. L’avvento del web ha favorito l’abbreviazione della filiera permettendo anche la vendita diretta all’utilizzatore finale da parte dei produttori, oltre che dei distributori. Simile andamento c’è stato nel settore del turismo, con margini che dal 20% si sono ridotti al 5%, per la concorrenza diretta delle compagnie aeree e in genere i grossi fornitori, e dei grandi gruppi turistici. Si ha quindi l’impressione e si presume ci sia stato anche in altri settori. Questo cambiamento ha ridotto di molto il mercato per i rivenditori indipendenti, riducendo quindi il loro potere, che viene spostato ed accentrato nei grandi gruppi di distribuzione e nei produttori, ed obbligandoli a chiudere, licenziare, ridursi. - Altri effetti percepiti A cominciare dal 2008 circa avvengono sempre più licenziamenti. Molte aziende, grandi e piccole, chiudono. Molti negozi piccoli chiudono. Gli stipendi si abbassano. Si diffondono i contratti pecari. Si cominciano a vedere anziani ai semafori. Rincarano tutti i servizi. Diminuisce la qualità e quantità dei servizi. Quasi tutte le merci sono prodotte in Cina. Molti servizi in outsourcing come call-center e produzione software vengono delocalizzati nei paesi a basso costo. Diminuiscono le risorse economiche dello Stato, Ministeri, Enti, Comuni, Sanità, ecc… Aumenta la disoccupazione di adulti e giovani. Aumenta la delinquenza giovanile. Aumenta l’indebitamento di aziende e privati. Aumento suicidi di imprenditori, licenziati e pensionati. Si riduce la partecipazione alle elezioni. Aumentano le proteste di piazza. Aumentano le tasse di ogni tipo. Aumentano i poveri. Aumentano le famiglie indebitate. Diminuiscono i ricchi e diventano sempre più ricchi. Molte aziende famose italiane vengono acquistate da multinazionali estere. Sempre maggiore corruzione e degrado nelle istituzioni, nella politica, nell’imprenditoria, nell’informazione, in ogni settore. Il debito pubblico aumenta e la difficoltà di allocare i titoli fa aumentare i tassi d’interesse. Cause della crisi Sin dai primi anni ’90, prima molto lentamente, poi sempre più velocemente, si sono potuti osservare cambiamenti sostanziali rispetto all’equilibrio sociale al quale eravamo abituati in precedenza. Ci sono stati molti cambiamenti a vari livelli. Ma il cambiamento più grave in assoluto è l’aumento della povertà a livelli non più accettabili. La povertà aumenta principalmente a causa della diminuzione o mancanza del salario, della pensione, e a causa dell’aumento delle tasse e imposte. Riguardo al salario, questo dipende dalle aziende, e dalle possibilità che le leggi danno loro di ridurre i salari in base ai contratti a disposizione. In generale si osserva come in quasi ogni settore le piccole aziende facciano sempre più difficoltà ad esistere, a favore delle grandi aziende nazionali ed estere che le sostituiscono. Le politiche comunitarie e italiane favoriscono in ogni settore le grandi aziende a discapito delle piccole aziende, nonché la delocalizzazione invece che la protezione della produzione locale. L’accentramento in poche grandi aziende e soprattutto la delocalizzzazione tolgono lavoro e riducono i salari a chi il lavoro resta. Riguardo ai lavori forniti dallo Stato, possono occuparsene anche qui solo le grandi aziende, a causa dei vincoli legali ma soprattutto per i problemi finanziari che lo Stato crea alle aziende riguardo ai pagamenti. Ma soprattutto, dato che le risorse dello Stato si stanno riducendo sempre più, grazie al debito che aumenta, ma anche e soprattutto alle politiche di privatizzazioni e liberalizzazioni sempre a favore delle grandi aziende, e della riduzione delle imposte ai più ricchi, che oltretutto diventano sempre più ricchi e sempre di meno, anche il lavoro proveniente dallo Stato sta diminuendo, peggiorando ulteriormente la situazione. Riducendosi il lavoro di produzione, e quello per lo Stato, i consumi diminuiscono, e quindi anche il lavoro prettamente legato a produzione e vendita locali diminuisce. Questo è il giro vizioso del lavoro, sul fronte dell’import/export, dei servizi, e dei mercati locali. Lo Stato, per recuperare risorse, emette titoli. Dato però che il ciclo vizioso del lavoro peggiora sempre più, lo Stato si impoverisce sempre di più per le cause suddette, e gli interessi del debito pregresso lo fanno aumentare ancora di più, lo Stato è costretto ad emettere sempre più titoli. E questo è il ciclo vizioso dei debito pubblico. La situazione peggiora ancor più in quanto lo Stato trova sempre meno acquirenti per i suoi titoli, in quanto i suoi cicli viziosi fanno prevedere un collasso sempre più imminente. E questo è il ciclo vizioso totale che ci sta portando al collasso. Le politiche dell’attuale governo, con ulteriori aiuti alle grandi imprese, ulteriori difficoltà alle piccole imprese, ulteriori tagli ai servizi, ed ulteriore emissione di titoli, non stanno facendo altro che peggiorare la situazione. Soluzioni alla crisi I nodi cruciali di questa situazione quindi sono due: - Il lavoro che si riduce sempre più; - Il debito pubblico che aumenta sempre più. Gli unici che ci guadagnano da questo ciclo vizioso sono le grandi aziende, che delocalizzano, si sostituiscono alle piccole aziende, lavorano con lo Stato, e detengono buona parte dei titoli del debito pubblico. Per grandi aziende intendo il complesso di finanziarie, banche, aziende di produzione e di commercializzazione che fanno tutte.capo ad una unica holding. E a capo delle holding di queste catene di aziende ci sono semplicemente delle famiglie, poche famiglie, sempre le stesse, i cui nomi conosciamo bene, almeno di quelle italiane: Berlusconi, De Benedetti, Agnelli, Della Valle, Marcegaglia, Montezemolo, ecc… E queste famiglie, e le loro corti, stanno diventando sempre più ricche, assorbendo la ricchezza italiana, che non è illimitata. Non ci sono sette misteriose, non c’è nulla di nascosto. Tutto alla luce del sole. Poche famiglie governano tutto il mondo con questo sistema, sicuramente semplificato, ma sostanzialmente questo. Poco tempo fa ricercatori svizzeri su commissione di Repubblica hanno risalito la catena delle multinazionali, ed hanno definito circa 145 holding che controllano il 45% del mercato globale, che non è quindi libero, come i cari liberisti ci hanno invece sempre detto. Secondo dati ISTAT e banca d’Italia il 10% più ricco degli italiani detiene il 45% della ricchezza italiana, e il 20% più ricco degli italiani detiene l’80% della ricchezza italiana. Le stesse proporzioni più o meno riguardano la popolazione mondiale rispetto alla ricchezza mondiale. E questa percentuale aumenta anno dopo anno. Ecco quindi dove, in un modo o in un altro, sta andando a finire la ricchezza dello Stato italiano e quella di tutte le altre famiglie. Per tutti gli altri paesi il funzionamento è fondamentalmente lo stesso, con differenze relative. Ma tutti gli stati stanno entrando in questo ciclo vizioso, che non è un ciclo contagioso, come ci vogliono far credere, ma è il destino obbligato di tutti gli stati che stanno seguendo le attuali politiche cosiddette liberali, o liberiste. Tutte le politiche fatte sicuramente dall’inizio degli anni ’90, ma ritengo da molto prima, dai governanti dei paesi occidentali, erano volte a favorire queste famiglie. Quello che è già accaduto in precedenza quando si è arrivati al collasso del sistema è stata una guerra. Non so immaginare cosa potrebbe essere in questa epoca. Una volta compreso il sistema, trovare le soluzioni dovrebbe essere relativamente semplice. Gli stati sono al momento ricattati dai detentori dei debiti. Il debito pubblico è composto dall’insieme di tutti i titoli emessi dallo stato e i relativi interessi. Il singolo titolo di stato è sostanzialmente un prestito che lo stato chiede a chi acquista quel titolo. Lo stato lo restituirà dopo un determinato periodo di tempo, con l’aggiunta di una quota di interessi stabilita. Ma analizziamo ora il motivo per cui uno Stato emette dei titoli. Ogni fine anno lo Stato forma il bilancio di chiusura. Ovvero, semplificando, come accade in una società privata, sommando entrate ed uscite verifica se è in utile o in perdita. Se è in utile bene, avrà risorse in più il prossimo anno per costruire un nuovo ospedale o fare le olimpiadi. Se invece è in perdita deve trovare le risorse per coprire quella perdita. E lo Stato quindi emette titoli per ottenere le risorse per coprire quella perdita. Ma la Costituzione dice un’altra cosa riguardo alle spese pubbliche. Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Se quindi lo Stato ha necessità di pareggiare il bilancio, non deve chiedere soldi in prestito, ma prenderli di diritto dalle tasche dei suoi cittadini. In base alle loro capacità contributive. E secondo criteri di progressività. Questo vuol dire che più si è ricchi e maggiore è la percentuale di imposte che si dovrebbe pagare, in modo tale da soddisfare le esigenze dello Stato.. Se gli scaglioni previsti l’anno precedente non erano adeguati, devono essere adeguati in modo da rispettare la Costituzione, ovvero, permettere la dignità al meno abbiente, e aumentare le imposte ai più abbienti quanto basta per ottenere il necessario. Sempre secondo dati ISTAT e banca d’Italia, il debito cresce ogni anno di 40 miliardi. In base ai dati reddituali rapportati a quelli patrimoniali, l’aumento delle imposte del 15% al 20% più ricco degli italiani, di quelli con posizione reddituale certa, esclusi gli evasori quindi, si otterrebbero circa 60 miliardi. 40 per invertire la tendenza e cominciare a ridurlo, il debito. E gli altri 20 in parte allo stato sociale, ad esempio ora per emettere assegni sociali per i disoccupati, come Costituzione comanda, e in parte per ridurre ulteriormente il debito. E se applicassimo una seria lotta all’evasione, saremmo tutti milionari! Già solo questa soluzione potrebbe bastare per riattivare un ciclo virtuoso che oltre a ridurre il debito, indirettamente favorirebbe anche la ripresa del lavoro, e ridurrebbe la corruzione, perché qualsiasi tipo di sistema si possano inventare quei signori, la scure fiscale a fine anno riequilibrerebbe la distribuzione della ricchezza secondo canoni di giustizia sociale. Riuscire a prendere una misura di questo tipo assicurerebbe gli investitori delle serie politiche dello Stato italiano, e tornerebbero ad acquistare titoli anche a tassi ridotti, così da velocizzare il processo di riduzione del debito fino ad esaurimento forse anche prima dei decenni che ci sono voluti per formarlo, perché ricordiamo che questa malsana abitudine è stata usata sin dalla fondazione dello Stato italiano. Una tale imposizione fiscale obbligherebbe quei signori a tornare a rispettare lo Stato e i cittadini, e riporterebbe quindi lo Stato a livelli morali dignitosi. Ma non basta. Deve essere riportato il lavoro in Italia. E’ giusto che gli Stati, i loro cittadini, si riapproprino delle politiche economiche globali, e si inverta la tendenza che sta distruggendo il mondo. In ogni paese, o almeno in Italia, le produzioni e i consumi devono essere, ove possibile, locali, proteggendo con apposite leggi, deterrenti, o dazi, i mercati locali da quelli esteri, e le piccole aziende dalle grandi aziende, limitando le importazioni alle merci non producibili localmente. Le tasse vanno pagate in adeguata proporzione nei paesi dove le merci vengono prodotte e dove vengono vendute, ma mai in paesi terzi. Devono essere riviste le leggi sulla tenuta delle contabilità delle grandi aziende. E infine, le politiche di tutti gli stati del mondo dovrebbero tendere a ridurre nel tempo le differenze di costo del lavoro e del denaro tra stati, al fine di evitare ulteriori possibilità di speculazione, e favorire la libera circolazione delle persone nel mondo, piuttosto che delle merci. Tali soluzioni risolverebbero indirettamente molti altri problemi, come la fame nel terzo mondo, in parte l’inquinamento, e la produzione e smaltimento di rifiuti. Metodi di applicazione delle soluzioni alla crisi Si dividono in metodi per applicare le soluzioni nella realtà in modo graduale, e metodi per arrivare ad ottenere che il Parlamento ed il Governo applichino queste soluzioni. Non ho avuto tempo di svilupparli. Lo farò nella prossima riunione. RESOCONTI Resoconto di Silvio Perroni L’ambiente è diventato da subito informale, anche e soprattutto a causa mia, avendo da subito percepito l’importanza di un primo contatto libero ed informale al fine di creare un clima positivo di conoscenza reciproca. Questo ha permesso di reciprocamente conoscersi e valutarsi, in qualche modo. Ha anche permesso ai rappresentanti delle organizzazioni presenti di conoscersi tra loro, cosa che ritengo alquanto importante. Per contro, il non aver rispettato il protocollo previsto, anche per colpa degli stessi osservatori e dei partecipanti, visto che nessuno, a parte il sottoscritto, ha presentato il suo intervento in forma scritta e strutturata come richiesto, ha fatto sì che, oltre ad occupare la maggior parte del tempo in modo non massimamente fruttuoso, se non per l’appunto riguardo alla reciproca conoscenza, alla semplice divulgazione delle proposte di ognuno non ha fatto seguito una approfondita analisi in dettaglio, né un confronto con le altre, in modo strutturato, al fine di poterle fondere in un’unica proposta. Cosa che sarà comunque fatta nella prossima riunione, che proseguirà il programma previsto, questa volta rispettando il protocollo previsto. Il principale motivo per cui non ho potuto sviluppare la riunione come desiderato è stato, in realtà, la mia renitenza nel voler obbligare gli osservatori a seguire il protocollo, che prevedeva, dopo le loro divulgazioni, la loro esclusione dalla successiva riunione vera e propria in quanto solo osservatori. E ritengo di aver avuto ragione nel non obbligarli. Qualsiasi esclusione è deleteria e ingiusta. Se pur è vero che la partecipazione ad una riunione come rappresentanti di altre organizzazioni, rispetto a singoli partecipanti, pone alcuni problemi, non è la loro esclusione totale dal confronto la soluzione corretta. Il motivo principale dell’aver escluso gli osservatori dalla riunione vera e propria era il timore che la loro appartenenza ad altre organizzazioni li condizionasse nel non comprendere lo spirito con il quale è necessario avvicinarsi a questa iniziativa, cosa che infatti è avvenuta, nel riscontrare il loro essere restii nel proseguire la riunione come partecipanti, e quindi permetterne l’inizio vero e proprio. Ma è stato proprio il permettere loro di porsi come d’abitudine, dando loro la possibilità di esprimersi anticipatamente, evitando di accettare le rigidità imposte dal “protocollo” di confronto, che ha impedito lo svolgersi della riunione così come previsto. Stesso errore l’ho commesso permettendo anche ai partecipanti di intervenire a titolo divulgativo prima di cominciare la riunione vera e propria. Il risultato è stato così quello di far ritenere che la riunione consistesse proprio in quegli interventi, che invece volevano essere solo di rispettiva presentazione, senza avere l’esperienza di reale confronto e crescita auspicata dalle regole di confronto previste. Il presentare la propria organizzazione o i propri interventi tutti insieme, senza seguire la procedura prevista di definizione ed analisi, in sequenza, degli effetti, cause, soluzioni e metodi, può influenzare negativamente il corretto svolgersi dei ragionamenti, in quanto la validità del metodo consiste nell’evitare di sviluppare una fase avendo già in mente dove si vuole arrivare. E’ contrario alla logica del metodo “scientifico”. Quindi, come conseguenze di quanto accaduto nella prima riunione, eliminerò dal programma “tipo” di svolgimento della riunione le fasi di breve divulgazione, sia degli osservatori che dei partecipanti. E permetterò inoltre agli osservatori di partecipare, senza alcuna condizione, oltre quelle previste dal regolamento di svolgimento. Che gli osservatori partecipano a nome personale o della loro organizzazione è relativo, in quanto il loro voto conterà sempre quanto il voto di ogni altro partecipante, ovvero “uno”. Accolgo inoltre il consiglio di Mauro Maurizio Neri, se non ricordo male, o di Eligio Ceccanei, che obiettava che definire “Statuto”, se pur “iniziale”, le regole che riguardano una semplice riunione di cittadini che non hanno definito alcuna organizzazione, è improprio, e lo sostituisco quindi con la definizione “Regolamento iniziale”. Ricevo l’obiezione di Mauro Maurizio Neri, riguardo alla definizione di “bene comune”. Se ho ben compreso, lui lo intende come “bene al di sopra dei singoli partecipanti alla comunità, identificabile con la struttura e/o con i beni dalla comunità condivisi”. Ma non è questo il senso di bene comune che intendevo dare io a questa definizione. Ogni struttura, istituzione, bene, materiale o meno, non può essere fine a sé stessa, ma deve sempre essere al servizio della comunità. Altrimenti si rischia, così come è già avvenuto in comunità, nazioni, od altre organizzazioni nelle quali si è erta l’organizzazione a bene superiore a quello dei singoli partecipanti, di creare, consapevolmente o meno, una specie di “dio”, al quale “sacrificare” parte o tutto del proprio bene. Il fine ultimo di ogni comunità, nazione, organizzazione, è e deve essere sempre il massimo bene possibile, materiale e non, per ogni singolo partecipante, e nulla deve essere anteposto a questo. Qualsiasi struttura, istituzione, o bene prodotto, deve volgere a questo fine. Qualsiasi altro fine non è logicamente accettabile, in quanto assegna il massimo bene ad una struttura, istituzione, organizzazione, che non esiste nella realtà come entità vivente, e quindi sarebbe insensato. L’ osservazione di Mauro Maurizio Neri quindi, a prescindere che io l’abbia interpretata correttamente o meno, ha evidenziato la necessità di esprimere più chiaramente cosa intendo per “bene comune” nelle premesse al regolamento iniziale. La precedente definizione “Per “bene comune” si intende il massimo bene possibile, inteso in tutti i suoi aspetti, materiali e non, per tutti i partecipanti di una società.”, sarà sostituita quindi con “Per “bene comune” si intende la somma di ogni bene, inteso in tutti i suoi aspetti, materiali e non materiali, di ogni singolo partecipante alla comunità, in modo tale che il “bene” di uno qualsiasi dei partecipanti non sia ottenuto a scapito del “bene” di uno o più altri partecipanti alla comunità”. Rendendomi conto che questa definizione può essere non completa, la ritengo tuttavia sufficiente come definizione di partenza. Sempre riguardo alla partecipazione di rappresentanti di altre organizzazioni, ho cominciato a pormi il problema, anche rispetto alle frequenti richieste da parte degli stessi rappresentanti, di mettersi nell’ottica di pensare a qualcosa che cominci a riunire le organizzazioni. Per il momento mi sono limitato a fare in modo che le altre organizzazioni non siano escluse dalla presente iniziativa, se pur vincolate al regolamento di partecipazione, consapevole del fatto che prima o poi questo sarà un problema da affrontare decisamente, se pur già le poche regole che vado ad aggiungere ritengo che possono essere funzionali ad un primo abbozzo di sistema di confronto fra organizzazioni. Riflettendo sul problema, mi si è anche evidenziato il problema della delega del voto, sia come delega di singolo che come organizzazione. Lo spirito di questa iniziativa, non ammettendo alcuna pressione di tempo, se non in casi eccezionali di forza maggiore, né l’indispensabilità di chiunque come singolo individuo, e volendo evitare qualsiasi possibilità di maggior peso di un singolo partecipante rispetto ad altri singoli partecipanti, non può permettere che si possa esprimere un qualsiasi voto in vece di altri, singoli od organizzazioni che siano. Ogni singolo partecipante, rappresentante o meno di una organizzazione, ha sempre la possibilità di mettere in discussione qualsiasi punto del regolamento, sempre seguendone le regole, e qualsiasi documento prodotto, anche se già votato in precedenza. E questa anche è una regola che andrò a formalizzare. Le regole che ho identificato al momento, da aggiungere, alle regole di votazione, sono le seguenti: - chiunque accetta e rispetta il regolamento della riunione può votare sugli argomenti per i quali ha partecipato sempre alle rispettive discussioni; - ogni partecipante può votare solo per sé stesso, anche se rappresentante di altre organizzazioni; non sono quindi ammessi voti in delega, né per delega di singoli, né per delega di organizzazioni; - ogni singolo partecipante può richiedere di aprire una discussione e quindi votare su qualsiasi articolo del presente regolamento; - le discussioni e votazioni sul regolamento hanno sempre la priorità su quelle di altro tipo. Ho anche eliminato il precedente art. 1 della procedura di votazione: “La presente procedura è limitata alle esigenze di questa riunione.” in quanto ritenuto superfluo. Ho ritenuto necessario aggiungere un articolo alle premesse del regolamento, tale che spiegasse il motivo per cui per l’approvazione di qualsiasi documento o decisione sia necessaria, nelle votazioni, l’unanimità, sempre e comunque. L’articolo aggiunto quindi è il seguente: “L’uso del metodo scientifico, dimostrando con fatti le affermazioni a cui si giunge, renderebbe in teoria vana anche la necessità di votazioni. Ma la scienza stessa insegna che il continuo evolversi della ricerca, nella sempre maggiore acquisizione di informazioni sulla realtà, modifica, perfeziona, e a volte addirittura stravolge ciò che si ritiene vero. Oltretutto, non sempre è possibile acquisire informazioni certe, in particolare in campo politico, ed in particolare ad esempio quando si vuole applicare una soluzione piuttosto che un’altra. Si possono studiare casi simili, si può riflettere applicando il più possibile la logica deduttiva sulle conseguenze di determinate scelte, e si possono calcolare verosimili probabilità di riuscita di una soluzione piuttosto che un’altra. Ma anche se si fosse dimostrata certa, risolutiva, e ripetibile una determinata soluzione, è comunque necessaria una formalizzazione delle decisioni prese, con conseguente assunzione di responsabilità. E’ per questo che in questo regolamento si prevede comunque la necessità di votare i documenti prodotti e le decisioni prese. Ma le votazioni non saranno volte, come comunemente invece avviene, a far prevalere una “opinione” su di un’altra, perché questo è contrario al metodo scientifico, ed alla diffusione e condivisione di consapevolezza, nonché di comune spirito di intenti. Lì dove si presentino opinioni contrastanti, è dovere di ognuno dei partecipanti evidenziare le divergenze, confrontare le differenti informazioni di base sulle quali si basano, e definire quindi comunemente quale delle due sia la più accettabile, oppure, come spesso invece accade, produrre una terza opinione comune e verosimilmente più probabile. Lì dove esistano gradi di incertezza in entrambe le opinioni, resta sempre possibile decidere di comune accordo quale seguire per prima, salvo tornare sulla seconda una volta verificata la fallacità della prima. E’ per questi motivi che qualsiasi documento e decisione prodotti da riunioni svolte seguendo il presente regolamento, potrà essere approvato solo all’unanimità dei partecipanti.” E’ purtroppo passato già un mese da quando la prima riunione è stata svolta. E già in questo mese la situazione è peggiorata ulteriormente, confermando ancor più la necessità di proseguire con questa iniziativa ed anche velocemente. La concomitanza delle elezioni politiche nel 2013 potrebbe diventare un obiettivo reale e raggiungibile. A patto però che ci si arrivi determinati e soprattutto preparati, in modo da attuare immediatamente, una volta eletti a maggioranza assoluta, le soluzioni previste. Le soluzioni proposte dai partecipanti e dai rappresentanti delle organizzazioni che hanno partecipato sembrano valide, e potrebbero già essere sufficienti per stilare un primo programma realmente risolutivo. Dobbiamo quindi cercare di dare la massima disponibilità a che si posa definire un programma, ed un metodo di sua attuazione, al più presto. Se pure in una situazione di maggiore disponibilità di tempo sarebbe stato auspicabile applicare il metodo “scientifico” a partire da zero, mi rendo conto che richiederebbe un notevole tempo iniziale sia per l’assimilazione del metodo stesso da parte dei partecipanti, sia per la definizione di effetti, cause, soluzioni, e metodi, alcuni dei quali possono ritenersi ormai già più che assodati e condivisibili. Ho deciso quindi, per la prossima riunione, di definire già un primo documento che prevede effetti, cause, soluzioni e metodo di applicazione maggiormente dettagliati in base alle mie proposte fuse con gli interventi dei partecipanti, ovvero quelli di Marcello Marani e Christian Capone. Non sarà in alcun modo vincolante, ma al contrario darà una prima traccia sulla quale discutere e potrà quindi essere integrato od anche stravolto, sempre però seguendo le procedure previste dal regolamento. Le proposte delle organizzazioni presenti alla prima riunione verranno inglobate nel documento finale se proposte dai partecipanti alla prossima riunione, e sempre seguendo le procedure del regolamento. In base quindi alle modifiche in precedenza indicate, correggo il precedente regolamento, differenziandolo in base alla data di “emissione”, ovvero quella odierna del 04 luglio 2012, pubblicandolo immediatamente dopo il presente resoconto, e subito dopo inviterò chiunque a partecipare alla prosecuzione di questa riunione.