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un tramonto









Quando il sole finisce di dorare visi ed abbacinare gli occhi, quando la sera traccia la sua linea rossa all'orizzonte ancora pallido ma già incerto ed il faro è ancora una torre senza fuoco, c'è un uomo in luce in una nicchia accesa, stagliato contro le vele che hanno messo la prua verso l'approdo, e non si saprebbe dire se il fruscio nell'aria viene dagli scafi in planata al traverso del vento, dagli stormi di uccelli o dalla scia del jet che si condensa in un cielo ancora blu seppure oscuro, incombente sul rosa, sull'orogiallo screziato di violetto e d'arancio e dell'albicocca matura appena un po' più in basso, ed il mare si strìa di blu intenso e di grigio e d'oro e già l'uomo nella nicchia di fuoco non è che un'ombra intagliata all'ora che la lingua parlerebbe da sola, quando l'aereo non è più un punto nero veloce guizzante ma già una lentissima obliqua stella cadente, il rosa tagliato dalle nuvole lontane più lontane di quel che sono, dipinge il cielo tra i monti dell'isola sul mare blu profondo virato al grigio, in quell'ora che la luce abbandona i colori a sé stessi, all'ora in cui i colori si congiungono, s'incollano e si trasmutano a vicenda, mentre l'uomo nella nicchia scompare, all'ora che le nubi si macchiano di rosso ma il faro lontano resta ancora una torre senza fuoco, allora, nello spazio d'un battito di ciglia incantato dall'immensità il porpora sale sulle colline di levante, quando la lingua sembra parlare da sola il porpora cade dalle colline di levante ed invade il ponente, e non si sa più di quale verde siano dipinte le persiane e le nuvole sembrano ancora più lontane mentre l'arancio taglia il cielo tra i monti sotto il porpora delle nuvole, allora il faro scintilla insieme alla prima stella brilla, quando a forza di cadere nei colori la luce si perde sopra il mare, strapiombata sul lento rollio delle petroliere fragili che attraversano il canale ad occidente, sulle pietre immobili dell'isola, sulle insegne che s'approfittano della notte quando il rosso traccia la sua linea rasomare contro un cielo blu di Cina, quando la lingua inizia a parlare da sola sorda voce modulata nella gola, stretta tra i denti, labbra incollate, pronuncia il nome vita rivestito di silenzio, forse disegnato al suono inaudibile dei pesci boccheggianti vicino alla battigia come sognanti ma agitati da bruschi movimenti, parole come nuvole di pioggia non si sa se trasportate, soffiate o da sole originate così scivola la lingua sulla risacca indolente, graffiata in un saluto al passante incontrato, mentre il sorriso resta ancora per un breve istante sulle labbra, pressochè immobilizzato, lo timbra come le parole timbrano la voce, prima che l'uomo non s'addormenti nel suo mondo d'immagini, prima che il cielo oscilli sotto il peso delle stelle, nell'ora messaggera, nell'ora del passaggio, nell'ora più vicina al sogno e più vicina al cuore, quando la lingua è come un treno nella notte, tramonta il sole.












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