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   Suburbano

 

  

 

 

 

La città che si sente mi ricorda strane felicità da città. Nella città dal disordine disegnato da un pazzo, il tempo della felicità cadeva insieme alla sera. Cadeva dalle finestre, la vita dietro le tapparelle, quella che m' immaginavo dalla musica che ne traboccava fuori, dai riflessi azzurrastri dei telecolor, da certe ombre che passavano dietro i vetri. Era da sabato sera una certa felicità nella città che si sente, la scorgevo in qualche faccia che incontravo e nella traslazione dei corpi più lenta del normale per le vie dei quartieri del centro storico dove mi perdevo in tempo ed in visioni tronche, anche un po' agitate, nel dedalo di strade. Gli odori del sabato di sera erano differenti, sapevano di grasso, d'abbondanza, non erano di striscio o taglienti come gli altri giorni. Si posavano nell'aria come volute di fumo magari un po' stantìo ma ne godevano anche quelli che chiedevano soldi, quelli che bevevano birra seduti per terra coi loro cani vicini.

Quando si vive la città che si sente non la si percepisce tutta. La si prende a pezzi, tranci, come le persone che s'incontra, un trancio di donna, d'uomo, di famiglie, anche se un trancio non serve a spiegarti chi o come, un'idea te la fai, un brandello di conversazione, un dialetto, un pregiudizio, tranci dicevo, visioni di sbieco, un paio di caviglie, una schiena, un cappello, uno sguardo distratto, un didietro inibito, un profumo inebriante, non è mai inconcludente passeggiare nella città che si sente il sabato di sera. La città non importa quale, non importa dove, a volte importa nella testa. Importa dove ho camminato, dove ho affittato una stanza  per una notte, per una settimana, un mese. Città dove sono rimasto troppo a lungo  quando avrei dovuto partire, città dove avrei voluto andare e quella dove non sarei dovuto andare.

La città che si vede cogli occhi. Una strada che va a dritto, delle case sul suo bordo. E chiuse, le finestre grigie. Aspetto nessuno in piazza grande. Vado sotto i portici, i negozi in bianco e rosso, dorati lussuosi, mignon a caro prezzo, cammino lesto fino alla prima pompa di benzina ed alla indicazione verde per l'autostrada. Ritorno verso il centro lentamente tra luci rosse e bianche, semafori e rotonde. Un'albergo, una scuola, un ospedale, uno spiazzo erboso, un albero patito, panchine storte, una stazione di polizia, la ferrovia, bar pizzeria, anonimi negozi, agenzie immobiliari, banche, di là si va allo stadio e tutto quel che ci vuole per fare una città, c'è. No. Non manca niente. Proprio niente.

Questa è la città che si vede cogli occhi. Muri dappertutto dove urtare.