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Sorcio e l’eremita
ilgrandesonno |
Sorcio viveva da vent’anni in quella vecchia casa, a Vallebuia.
Ne conosceva tutti gli anfratti e tutti i
camminamenti. Poteva girarla ad occhi chiusi in orizzontale ed in
verticale, dal soffitto ai pavimenti, per le scale e su per i camini. Non
c’era mobile e relativo contenuto, che avesse
segreti, per lui:abiti, maglioni, borse, calze, libri, giornali,
televisioni, stereo, altoparlanti, scarpe. Aveva assaggiato un po’ di
tutto. Preferiva la cucina tradizionale, formaggio, frutta e pane ma non
disdegnava qualche volta, i cibi esotici, unti e oleosi e pieni di fibra. Lui
era un assertore convinto che i pasti dovessero
essere variati, e non avariati. Una volta, si erano
trovati l’uno di fronte all’altro, in cucina. Sorcio era giovane ed
inesperto allora. Quello non fu
l’unico incontro, ma Sorcio non fu mai invadente e
"Un metro e ottanta"
non lo disturbava mai. Aveva acquistato un
pannello di multistrato di due metri per due metri, lo aveva fatto a fette
e ne aveva ricavato quattro ripiani quadrati di un
metro di lato. In un cantiere navale si era provvisto di bulloni
provvisti di anello mobile in testa con relativi dadi , di una trentina di
metri di cima arancione e di quattro bozzelli. Aveva avvitato i bulloni con
gli anelli ai quattro angoli dei ripiani. Agli anelli aveva annodato un
metro di cima ciascuno e li aveva legati insieme. Poi aveva fissato i
bozzelli ai travi del soffitto. Per ultimo aveva
passato la cima sopra i bozzelli e l’aveva legata saldamente con le quattro
cime fissate agli anelli dei bulloni. Sorcio aveva trovato
molto piacevole quella novità. Era divertente saltare dai
travi ai ripiani e da ripiano a ripiano. O scivolare lungo le funi,
aggrapparsi ad esse e risalire. Unmetroeottanta
aveva fatto proprio un bel lavoro. C'era anche da mangiare, lassù. Carta e fibra
unta. La cera era colata lungo una cima e l'aveva permeata proprio vicino
al bozzello. Era l'ora di cena,
per Sorcio. Unmetroeottanta
stava in poltrona, là in basso e leggeva, come sempre. Sorcio aveva orinato
sulla cima imbevuta di cera, così per ammorbidirla un po’, poi golosamente
l’aveva attaccata coi suoi piccoli e taglienti
denti. Mangiava con gusto quell'esotica fibra,
filo dopo filo, millimetro dopo millimetro. L'ultimo
morsetto aveva tranciato di netto la cima saporita e L'eremita di Vallebuia non parla, non legge, non
scrive. Vive sotto un antico arco medioevale. Guarda sempre il
vertice dell'arco, come se avesse paura che gli cadesse in testa. Se vi venisse in mente di avvicinarlo, state attenti a non
avere un libro con voi. Pare che diventi mordace.
Topo di campagna e signore di campagna. Aveva
messo al mondo uno smisurato numero di figli, ma sempre aveva detto loro di
trovarsi una casa propria, una volta raggiunta l’età per metter su
famiglia. Ognuno doveva avere le proprie comodità e la propria
privacy. Senza dare troppo nell’occhio. Perché
l’altro abitante della casa, il socio a metà, quello lungo e dinoccolato,
aveva accettato di buon grado la sua presenza.
Si era fermato appena si era accesa la luce, sul pavimento in cotto,
proprio in mezzo alla stanza. Il socio lo aveva guardato perplesso, dall’alto del suo metro e ottanta. Nel vederlo così
piccolo e umile gli aveva ispirato una strana tenerezza. Ci mancò poco che
lo carezzasse sulla testa grigia. Sorcio aveva sentito quell’ondata
di affetto, ma appena ripresosi dalla sorpresa, si
era fiondato sotto il frigorifero, a riprendere
un po’ il fiato.
Unmetroeottanta
viveva da vent’anni in quella vecchia casa di
campagna. In tutto quel tempo aveva accumulato una quantità incredibile di
ciarpame. Non c’era angolo della casa in cui non fosse
appoggiato qualche cosa. Gli armadi erano pieni, il ripostiglio pure. Qua e
là, un po’ da tutte le parti, libri. Uno sopra l’altro,
perigliose torri di Pisa sempre in procinto di crollare. Per aprire
le finestre doveva prima togliere i libri dal davanzale. Per mettersi a
mangiare, prima doveva ricavarsi uno spazio sul tavolo. La libreria era
stracolma ed era impossibile cercarvi un libro. Tutta colpa di quel
maledetto di suo cognato. Negli anni '70, come secondo lavoro, si era messo
a vendere enciclopedie e l'aveva sempre per casa a piangere
miseria. Ora suo cognato viveva in una villa lussuosa e lui in
compenso aveva una libreria stracolma di volumi che mai, o quasi, aveva aperto. Aveva immaginato che se fosse
riuscito a togliere di giro quella tonnellata di storia ed
enciclopedie, avrebbe rimediato un bel po' di spazio. Ma
come farlo era un problema.
Un giorno che era particolarmente alle strette nella mente
gli era balenato un ricordo.
Gli alianti. Gli alianti nell'hangar. Per non occupare lo spazio in terra, venivano appesi in aria. Aveva trovato la soluzione: avrebbe
appeso la cultura alle travi di castagno che attraversavano e sorreggevano
il soffitto.
La Storia del Mondo Antico si era giustamente sistemata al primo ripiano. Al
secondo
libreria aveva di nuovo scaffali da riempire. Contento
di sé stesso si era stropicciato le mani e si era accinto alle rifiniture,
tra le quali ci stava pure una bella mano di cera per mobili ai travi.
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