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solitudo





"Amore mio,
non ho niente di nuovo da riferirti, ma voglio stare un po’ più vicino a te e mi viene meglio se scrivo, lo sai.
Sto pensando seriamente di smetterla, con questo lavoro. Ogni giorno che passa me ne convinco sempre più.
Sono giorni, questi, lunghi da passare. Sto bene solo quando chiudo gli occhi mi addormento, così il tempo passa e dormendo mi succede di trovarti nei miei sogni. Mi sono accorto che se mi sveglio da solo, senza che qualcuno mi scuota o che la sveglia mi scampani nelle orecchie, riesco a ricordarmi anche quello che ho sognato. Ho un certo sogno ricorrente, molto accurato, come diretto da una regìa sapiente, un percorso irto di difficoltà, quando non è un catacomba che si perde in labirinti e corridoi o una salita di montagna che si avvolge a spirale come un serpente, ma c'è di bello che finisce sempre bene e di migliore c'è che siamo sempre insieme, anche se non ci teniamo per la mano, visto che io faccio strada e tu mi segui. Alla fine arriviamo sempre in un posto splendido, arioso, una cala nascosta nella piena luce d'un cielo turchino, il mare è azzurro, i gabbiani ridono veleggiando nel maestrale ed i sassi tondi levigati e bianchi suonano come nacchere ad ogni onda che schiuma a riva..."
Lettere.
Le scriveva nelle condizioni più impossibili. Anche quando si era trovato nella melma, alla luce di una piccola torcia, aveva sempre la sua carta da lettere pronta.
Il desiderio di una donna è come ci si aspetta che sia: oscillante fra tenere immagini e pensieri profumati di fiori e dolce donna da possedere, voglia del suo calore, di parole che divorano, ardono e feriscono, ma anche voglia di dimenticare il suo volto, anche solo per un secondo, voglia di cancellare e graffiare con le unghie ogni suo minimo ricordo che alita dietro una nuca sudata. Voglia di scrostare l’immagine indelebile di seni che ossessionano, di gambe che strattonano, il culo si agita, nelle sue movenze ipnotiche ti agita, vai via da me, ti prego, ti prego, te lo chiedo per la mia dignità, vai via da me, non mi sopporto più, e non ne posso più, sono il tuo servo lontano che non può leccarti, il sudore consuma, lentamente scivola, in quei momenti saturati dai sospiri inevasi, rinchiusi nel lambiccare sfregato d'una mente in emorragia d' eccitazione che non se ne va e che s'incolla alla carne che non si consuma, che nel buio sfuma, sfronda, nel tempo che stringe gronda nel ritmico movimento d'una mano in calore, amore, amore, vieni da me, ti prego, ti prego, vieni da me, te lo chiedo per la voglia delle mie cosce tra le tue, vorrei averti sotto di me, vorrei strappare ogni centimetro di stoffa che ti copre e succhiare, leccare, infilare, entrare nelle tue umide fessure e farti uscire dal corpo liquido tiepido da bere fino ad essere un ubriaco incosciente...
"Amore mio, chissà se i sogni si impregnano di esistenza o non saranno forse un'anticipazione della realtà, una specie di traccia nel futuro? Però, la prossima volta che ci incontreremo, la prima cosa che vorrei fare insieme a te, è cercare quella cala nascosta, tanto per cominciare..."






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