Vuoi sapere cos'è la paura?
Vieni con me che la riconosco bene e so bene dove si nasconde. Non so come
ma io ho un sesto senso, sono come un cane. L'annuso nelle circostanze, ho
detto stanze? appunto, una stanza vuota senza
nemmeno una finestra, un’ombra che vi si nasconda immobile, può fare paura,
oppure la prospettiva d’ una strada deserta affondata nelle facciate di
case le cui finestre sembrano occhi che spiano e le cui porte sono bocche
aperte pronte ad ingoiarti: là c’è qualcuno che fugge o si annulla
nell’ombra guardandosi dietro, forse ha paura, forse sei tu?
La paura la trovi nel telegiornale, passerà domani con
la notizia più cattiva; la paura gira sempre per le strade, nessuno che ti
guarda, ciascuno avanza come se tutto durasse in eterno, ma se ti guarda
perchè lo fa? scavano dentro, dietro gli
occhi.
La paura è proprio dietro gli
occhi, il modo come ci si nasconde nella vita di tutti i giorni per non
vedere niente, per non essere visti, la paura è negli uffici di cui si
riconosce l’odore del caffé stantio e bruciato o anche nel puzzo dei
prodotti chimici della fotocopiatrice, chi ha fumato in bagno? nel profumo del dopobarba degli uomini o delle creme per
il viso delle donne, il modo come si atteggiano, la paura è nei gesti di
tutti i giorni, negli oggetti, nelle foto, nelle telefonate fatte alla
famiglia.
Eppure la paura abita anche nelle case fredde, separate,
conchiglia per conchiglia, tutte inalienabili, tutte divisibili, la paura
può essere anche un indirizzo eterno, un soggiorno ordinato, un telecolor spento ma anche un telecolor
acceso senza che nessuno lo stia guardando, un bambino è scomparso, i visi
dei suoi familiari, la loro attesa, un ospedale, un corpo esposto, l’arbitrio
inesistente e nessuno che lo scorga, la lunga
lista degli oggetti nascosti nei cassetti e negli armadi della camera da
letto chiusa come una cassaforte.
La paura regna di notte nelle strade: ogni auto che
passa e nessuno che ti parli, i bar dove tutti sono clienti abituali e tu no. Buonasera e ti guardano
fisso: entro o non entro? E’ tempo di prendere una decisione.
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La paura è nelle scale, nei tunnel, nelle rampe, nei
parcheggi, nei semafori, nelle piazze immobili, nel flusso di circolazione
ben regolato, le auto che scattano al verde come ad una gara, nelle rotonde,
nei parchi pubblici, negli androni vuoti, negli atri delle stazioni, nel
colore dei treni e dei metro, tutto nello stesso senso di falsa
indifferenza che là vive e nasconde la paura, nei palazzi giganteschi,
nelle loro strade pulite, nei loro quartieri ben curati e separati e
demarcati come frontiere frapposte, la folla vi si ammucchia per protesta e
si trascina dietro altra gente, c'è chi grida, chi ti tocca, chi ti spinge,
chi non sa dov’è, slogans feroci, nessun
orizzonte davanti agli occhi, c’è chi cade per terra, non c’è nessuna
guida:caos, alla deriva, che tristi che siamo, quando abbiamo paura di
tutto ciò che separa, di tutto ciò che isola, le religioni, le orecchie
annichilite, e c'è anche chi ha paura di dormire: non si sa più cosa può
succedere, chi è che agisce, chi decide di fare le guerre e dà colpi bassi
alla marea umana, quando dormi?
La città triste fa paura. Tutto troppo lungo e lontano e
non si sa più dove andare, le persone parlano da sole, i visi agitati dalle
scosse d'un tic nervoso
Paura è crepuscolo e quando si dice che la civiltà è al
crepuscolo, che l’uomo è al crepuscolo. Paura è
troppo silenzio quando cade improvvisamente e
brutalmente sul pensiero, e c’è ancora tanta strada da fare per dimenticare
d'aver paura.
Paura è un mantello pesante dietro gli occhi, che appesantisce braccia e gambe, eppure muove azioni e
sogni. Paura è non camminare fino alla sua frontiera, allungare la mano e
togliere quel mantello, sollevare la cappa insomma, e guardare avanti.
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