Pallida realtą

 

 

 

Alla corte del sole lucente tra cirri strappati č andata l'ennesima  notte.

Semplicemente un'altra notte, niente di pił niente di meno che  buio oltre le vetrate.

Conosci il teatrino della notte sorda? 

Sempre lo stesso atto unico dove un solo attore parla con tutti e  con nessuno: grigie fantasie d' un cavaliere notturno tra il ronzare d' un tafano che percorre il soffitto, il gracidio d' un fax,  sconosciuti nomi e cognomi, corridoi lunghi di porte chiuse, caffé  lunghi e sigarette brevi alla finestra aperta per l'occasione e lą, miracolata bianca a strisce rosse, stella che brilla per le altre  stelle, stella la pił bella, « non vedi che il mare č proprio lą, sotto di lei? », e le  nervose guardie dell' istinto si riprendono e gli slacciano chi il  corsetto e chi la spada; decenni di nuove rughe sul suo viso,  decenni di desiderio che si sarebbe assopito in chiunque.

Eppure  mai vide nell'iride sua puntuta l' infinito  farsi grigio: senza un  sogno perseverante a proteggere le mura esili, esposte al logorio  dei quattro venti, che ne sarebbe stato di lui in tutti quegli anni? 

Un castello di sabbia, un solo cavaliere,  il resto č pallida realtą di  statue greche.