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notte in mare









He whistled for a few minutes, and then said crustily: "I am going to sea - you may go home if you think proper."

La notte era fredda ma anche chiara, come può essere una notte con una luna simile ad un gancio cui una fanciulla potrebbe appendere un sogno, se l'avesse, se ancora ci fossero fanciulle e sogni, se al minimo ci fossero fanciulle in mezzo al mare, in una notte fredda, sopra un vecchio peschereccio dondolante coi fanali di pesca accesi, alla via così. Il vento soffiava teso dal nord dopo essere scivolato sui crinali che sprofondavano sulla costa e spianava senz'onda apparente la nera superficie del mare. Sulle due rive del canale le luci ed i fari intermittenti brillavano appena un po' più delle stelle e come le stelle sarebbero scomparse all'alba e l'uomo si sarebbe visto uomo e si sarebbe guardato intorno per vedere cosa significava essere uomo, essere pescatore, essere di mare, credendo che tutto quello fosse sufficiente per essere uomo.
«Beppe! Ci sei?»
«E non sono qui? Che c’è, Alvaro..?», chiuse il libro e si tirò sù dalla cuccetta. «Diamoci una svegliata e tiriamo su queste reti.»
Beppe leggeva un libro troppo complicato. Riusciva sì e no a leggerne una pagina al giorno. Arrivava in fondo ad un paragrafo ed era costretto a ritornare daccapo perchè aveva perso il filo del discorso; era un po' come rammendare una rete: un lavoro noiosetto. C'era delle volte che interrompeva la lettura perchè veniva come inchiodato ad una parola incomprensibile. Sulle prime l'avrebbe saltata nella speranza di trovare un aggancio nelle righe successive. In verità sentiva d'essersi perso qualche cosa la cui importanza era fondamentale. Come l'ora precisa che fornisca un alibi o come la precisione d'una latitudine rispetto ad una longitudine (aocchio non si trovano i fondali preferiti dai banchi d'acciughe).
Però guardando la cosa da un altro punto di vista, tutto questo trascorrere il tempo su una pagina, aveva anche il suo lato positivo perchè risparmiava un bel po' di soldi ed imparava qualche parola nuova. Era una vera goduria consultare il vocabolario in cerca del significato delle parole sconosciute che diligentemente sottolineava. A volte si chiedeva se non sarebbe bastato leggere il vocabolario dall'A alla Zeta. Ecco: questa era una di quelle cose che rimandava sempre di fare, come diceva sua moglie, quand'è che ti decidi a dare un'imbiancata alla casa, invece di perdere tempo sui libri? C'era un evidente difetto di comunicazione tra loro due: lei considerava la lettura una perdita di tempo e lui considerava la moglie del tutto incapace di comprendere anche una sola semplice parola, visto che con lei era come parlare con il muro.
Ripose con cura il libro nella tasca interna dell'incerata gialla. Sbattè gli stivali di gomma sul ponte per scaldarsi un po' i piedi, si tirò su i calzoni, strinse la cinta di un buco e sospirò. Uno sbuffo di vapore gli circondò la faccia svolazzandogli intorno. Alvaro si sporse dalla tuga.
«Attento Beppe. Metto in moto»
Beppe buttò la cicca fuori bordo e sottovento, prese un paio di vecchi guanti e li infilò:«Vai, vai...».
Il vecchio e scorbutico diesel fischiò come se avesse l'asma, tossì, sparò in aria una fumata nera e puzzolente, le luci di bordo si abbassarono per un secondo ed il peschereccio si mosse mentre Alvaro dava manetta accelerando.
Beppe, a poppa, azionò la leva idraulica e la carrucola iniziò a ruotare per salpare la rete. Dallo specchio di poppa illuminato da un faro ne apparvero i primi metri vuoti che Beppe faceva acciabellare nelle vasche di plastica celeste coi piombi giù ed i galleggianti in sù. Sgocciolando sorse dai flutti neri una palla argentea viva e viscida; la depositò sulla coperta. L'acqua di mare lavava il ponte dalle squame rinseccolite di altre notti di pesca ed usciva come un gorello dagli ombrinali.
I gabbiani, fino ad allora silenziosi compagni galleggianti a pelo d' acqua, iniziarono a svolazzare in una invisibile nuvola urlante e sbatacchiante, in attesa degli scarti. Beppe si rallegrò, gli spiaceva lasciare i gabbiani delusi, tutto era andato liscio come un sudore di delfino, poi pensò che forse i delfini non sudano. Ecco: quella era una di quelle risposte che gli sarebbe piaciuto trovare in qualche libro. Non che quel che si trovava nei libri fosse sempre verità. In fondo aveva letto anche qualcosa che riguardava le cicogne da piccolo. Poi aveva capito che non era vero che i bambini li portavano le cicogne, ma sarebbe stato bello se fosse stato davvero così. In fondo sarebbe stato facile anche addestrare le cicogne ad allevarli, no? Ce le vedeva, avevano un bell'aspetto, serio e riservato, quando se ne stavano appollaiate sui pali del telefono, così com'erano belle, sgargianti ed allegre quando volavano. Sì, sarebbero state in gamba nell'allevare i bambini. Secondo Beppe avrebbero fatto del mondo un posto migliore, magari non subito, con il dovuto tempo, si capisce, qualche generazione, forse anche di più, ma da qualche parte si sarebbe dovuto cominciare.
Come tutte le stupidate, le poesie ed i sogni, la luna s'ingoiò i pensieri di Beppe, senza poterci fare granchè, del resto era da sempre che le cose andavano così, da quando le maree avevano cominciato a sciabordare sotto la sua luce, da quando gli uomini avevano cominciato ad osservarla in quello strano modo come se non fosse un semplice e gigantesco sasso a spasso dietro la terra ma una femmina.
La femmina. Una per tutte cui dire strane cose. Incomprensibili a volte.













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