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Lilith





Ignoro perché io scriva queste parole. Mi so timido, nonostante il mio odio sproporzionato verso di Lui ed un po' anche verso di voi, e tuttavia sento la necessità di riconoscergli il Tutto, e questo spetterebbe anche a voi, che sovente ve ne dimenticate. La mia colpa delle vostre prove e sofferenze passate e future - il presente è troppo fugace per le creature eterne - spegne tutti i miei dubbi fino a soffocarli.
Io la vidi oggi, questo mio eterno oggi, la vidi tra le braccia d' un altro, un po' ben fatto e fors'anche un po' piacevole. Subito m'afferrò una pazzia scura ed inquietante. Idiota! Idioti anche loro! L'omicidio già cinguettava e folleggiava nella loro incoscienza e loro non se ne avvedevano. Allora ho desiderato offrire loro quelle sofferenze di cui sempre mi sono circondato, delle loro emanazioni solforose, delle brucianti schegge di stelle morte sulle quali mi piace camminare. Li ho dannati al di là di qualsiasi sensazione, li ho dannati al posto dell' Altro, quel rispettabile megalomane che non si è mai sporcato le mani, lui. Lilith delle origini, Lilith dalla bellezza immateriale doveva pagare per avere creduto di gradire quel vermiciattolo con le gambe e con espressione d'ebete felice.
Mi rivestii d' una forma fisicamente gentile e mimeticamente colorata, sconosciuta a lei, per attirare la sua curiosità, semplice ed istintiva. La chiamai: venne, drappeggiata della sua innocenza radiante felicità. Gli occhi scintillanti dell'immagine che le mostrai, le impedirono di riconoscermi. Io la incitai a sgranocchiare il frutto pernicioso della conoscenza, che rende gli adulti imperfetti e vela i loro sguardi d' una banale tristezza, quel sapere che in lei s'era attenuato nei piaceri della semplicità e dell'innocenza ma che subdolamente era rimasto inerme alle ripercussioni, alle percosse della realtà, alle voragini dell'ignoto. Per ingenuità, cadde alla prima tentazione. A causa della sua ingenuità, della sua coscienza appena acquisita, ammantai di sapore laido e triviale la sua immagine.
Non poterono più gradirsi, Lilith e l'altro: si trovarono transitori e brutti. Ebbero così tanta vergogna di quel che erano diventati ai loro occhi che ne risi sguaiatamente. L' Altro, quello rispettabile, mi sentì. L'Altro aveva sempre avuto un senso morale inesperto, lui creava, creava, e passava il tempo a dirsi quanto era intelligente e capace e non era mai sceso dabbasso, non gli interessava scendere più di tanto a compromessi, così condannò l' umanità a vivere tra i vermi come vermi. Fu veramente grottesco. Accoppiò con un doppione senza grazia la mia bellissima e misera Lilith e condannò me stesso in questa caverna pestilenziale in cui il fuoco stesso urla d' orrore. Lilith ha conservato il suo spirito da immortale ma la sua bellezza eterna, di cui invano era così fiera, ha lasciato il posto a quel satellite freddo e morto che gli uomini nominarono luna. Ed i poeti si ricordano a volte quanto ne furono innamorati. Ma si dimenticano che io, l'odiato, il cattivo, il feroce, il subdolo, io fui il primo amante del mondo e che torturai l' umanità per l'odio di vederla così simile a me: la sua felicità mi è intollerabile anche se conosco bene la pena che la abita. Gli uomini possono almeno immaginare di prendere Lilith tra le loro braccia.
Io no.

La luna era piccola e lucente sopra di loro
La luna si nascose dietro un batuffolo di nuvola.
La luna si stagliò di nuovo nitida e sottile senza buccia.
La luna si era abbassata ed ora si mostrava sfacciata e lucente senza veli.
Che la luna tornasse a nascondersi dietro una nuvola, anche piccola, un batuffolo di nuvola, purchè facesse buio.







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