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     La scala

 

   

Ilgrandesonno

 


   

 

 

 

 

 

L' amore mi colse tra il primo ed il secondo piano, ma non mi fermai, nemmeno mi voltai, non era tempo per sentimentalismi, lo annotai con calma sul mio cellulare mentre sgambavo lesto verso la fermata del tram in piazzale Corvetto, Milano, o era Bombay? avrebbe potuto essere anche Marrakesh  o Santiago o anche meno, non era quello il momento giusto, ci sono cose più importanti  a volte dell'amore, come un lavoro o qualche soldo in tasca, chessò, un paio di scarpe nuove, un pacchetto di sigarette, il padrone di casa da non evitare perchè non hai modo di pagare l'affitto del miniloculo dove dormi la notte. 
Del resto l'amore quando arriva arriva, non è che si possa farci niente a meno che non ci si sia dimenticati di com'è  o di come potrebbe essere visto che se ne parla tanto, se ne scrive tanto, ma dopo millenni e millenni continua ad essere un perfetto sconosciuto. Tutti sembrano cascare dalle nuvole quando lo incontrano, anzi, qualcuno al contrario sembra salirci, sulle nuvole, e prende l'ascensore per essere più veloce e credere di stabilirsi definitivamente lassù, tra una nuvola sbocconcellata e l'altra, non quelle nuvole vaste come la Lombardia, intendiamoci, sono più piccole le nuvole dell'amore e come dissi una volta, si amano di lato affianco affianco, la nuvola mia, la nuvola tua, come un uomo ed una donna che fanno la doccia insieme in un piccolo box, tu lavi me ed io lavo te, lo dico perchè è una cosa che mi piacque assai, ma sarò più preciso un'altra volta. Però è un fatto che quando si comincia a pensare all'amore tutto il resto finisce in secondo piano e questo è un bene quando le cose della vita vanno maluccio, ed io era un bel po' di tempo che non ne infilavo una a diritto tanto da pensare che se mi fossi messo a fabbricare cappelli la gente sarebbe nata senza testa, lo diceva anche la mia nonna che non ho conosciuto, quindi lo dico per sentito dire, ma questa comunanza di sfortuna che supera e trapassa varie generazioni della mia famiglia non è che mi faccia sentire meglio, e dato che al kharma pare non ci si possa opporre mi sorge il dubbio s'io stia agendo nell'ordine universale delle cose, insomma se sia meglio lasciarsi andare nella corrente del fiume e fluire in esso oppure mettersi a fare dighe come i castori. D'improvviso mi fermo in mezzo al marciapiede affollato e sporco d'una città a me sconosciuta, lontana dalle mie origini, lontano dai miei orizzonti: «ma che ci faccio qui?». Ormai mi nutro d'una disperazione d'ottima qualità dato il momento ed il luogo particolarmente esistenziale, decido quindi di cambiare vita e sospinto dalla nostalgia di casa  che soffia ormai come un fresco maestrale, prendo la strada del ritorno al mio monoloculolocale pittato di celeste pastello o celestino. Starò acquattato e sospiroso dietro la porta in attesa dell'amore, pronto di nuovo a scendere o salire le scale al minimo scalpiccìo di quei passi di cui conosco la tensione dei glutei sodi e la stupefacente spinta pelvica, sperando che il vicino non se n'abbia a male se gli uso un po' la moglie. Solo un po', niente di più, niente di meno, come fa lui. D’altronde non è più tempo di volare alto e lo stare rasoterra a volte stanca, ci sono sempre angoli da doppiare ed ostacoli da saltare e poi chi lo sa cosa sia l’amore? L'unico modo per saperlo è andargli incontro, in un modo o nell'altro, in un luogo o nell'altro. Anche per le scale.