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la donna dei sogni









Tutti avranno letto i titoli dei giornali: ho sorpreso mio marito a letto con la donna dei suoi sogni, un uomo sposato da vent’anni e quattro figli rivela d’essersi innamorato della donna dei suoi sogni, un uomo ha perso la testa per la donna dei suoi sogni e non ha finito di pagare il mutuo, insomma il mondo ne è abbastanza a conoscenza di certi fatti, ed ebbene sì: anch’io, una volta, mi sono innamorato della donna dei miei sogni dipinti di rosa. Ci incontravamo tutti i lunedì sera in una baracca di legno di un mio amico, in riva al mare, a meno d’un passo dalla schiuma delle onde, io ve lo dico: le ho registrate tutte.
Lei si faceva chiamare Odile ed io avevo assolutamente perso la testa per lei, per le sue lunghe gambe, così pallide che sembravano due fette di luna misteriose e conturbanti. Adoravo i suoi piedi taglia 37 e la sua chioma scura che sapeva di pompelmo ed erano quei tempi - ero giovane ed ignorante - che non mi ponevo mai delle domande, andavo a letto con tutte le ragazze che non domandavano che quello, bevevo senza sosta, non leggevo un bel niente, non pensavo a niente e non conoscevo nemmeno quell'oggetto che si chiama orologio.
Odile però mi aveva sollevato come una piuma e mi aveva soffiato ancora più in alto verso il cielo dove nessun uomo s'era mai ritrovato, ma un certo giorno aveva cambiato idea e se ne era andata senza avvisarmi. Mi aveva lasciato lassù, tutto solo, appeso per le spalle, inchiodato a quella tavola di cielo con sei o sette chilometri sotto i piedi e poco tempo per riflettere sul modo di cadere senza farmi alcun male.
Non è per niente facile immaginarsi l'altezza delle montagne di pietra che avevo dovuto far nascere dal cuore e che avevo dovuto ergere a sostegno e barriera giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. E quanta fatica mi fosse costata sostenerle tutte, tenerle in piedi, l'una accanto l'altra, pareti di pietra e gelo che nessuna piccola mano dalle lunghe unghie avrebbe potuto più scalfire, che nessuna donna avrebbe mai potuto scalare.
Era passato tanto tempo, quasi una vita o due, e la barriera aveva continuato a crescere e ad allungarsi: le montagne stavano in piedi da sole, ormai. Il cuore era al gelo, ben conservato e freddo, la temperatura calcolata abbastanza per avere dei battiti normali, senza nessuno spreco, senza nessuna interruzione, senza rischi di cadute. Ma un giorno che vagavo, uno di quei giorni che sono differenti dagli altri sin dal mattino, con quella specie d'ansia che non sai da dove provenga e dove mai possa finire, avevo un appuntamento con una donna ed avevo ben controllato di nascosto che tutto fosse ben riposto, freddo e sorridente al momento giusto.
Me ne sono accorto per il senso di leggerezza che avevo percepito. I miei piedi faticavano a toccare terra e gli avevo dato un'occhiata un po' perplessa. Lo spazio intorno a me all'improvviso si stava svuotando della pietra e del ghiaccio come un gioco di costruzioni che crollasse. In quella bolla di tempo stupefatto, l'orizzonte mi si stava allargando a dismisura e certe ombre dell'anima s'andavano dissolvendo, non so spiegarmi meglio, era come se un'onda mi stesse sorgendo dal dentro, come se stessi perdendo conoscenza di quel che ero e non sapessi più come sarei di nuovo stato, una specie d'implosione, uno sparpagliamento di migliaia di multipli di me che si rimettevano insieme, sorpreso con le mani nel sacco a frugare in altri occhi in agguato, di nuovo affacciato sullo strapiombo di qualcosa di Vero, ed in fondo non erano che due bicchieri, una conversazione, la sua voce, le unghie blu elettrico, le sue lunghe gambe, così pallide che sembravano due fette di luna misteriose e conturbanti.
Adoravo i suoi piedi taglia 37 e la sua chioma scura che sapeva di pompelmo, ed era di nuovo lei, la donna dei miei sogni, nessuna prima di lei e nessun'altra dopo ma anche la luce cade, al punto che si vorrebbe stringerla a mano chiusa come una tenaglia, come se chiudendola gli occhi potessero chiudere le certezze dei sensi, chiudere la notte, il giorno, la luce che la pioggia ha lavato, i vetri delle finestre, le nuvole a strati che si muovono nel vento, il rumore della radio, non sapendo più come coprire il silenzio.













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