il gatto sull'albero


Continuo a pensare all'aspetto che avevi la prima notte che abbiamo dormito insieme. Sai che non mi riesce di ricordarlo? Mi domando dove siano andati a finire i ricordi di quella sera. Forse ero così travolto dagli avvenimenti da aver fatto tabula rasa della mia memoria o forse qualcosa si è cancellato picchiando la testa da qualche parte, un po' come l'esposizione al sole brucia una pellicola negativa od una calamita cancella il nastro d'un registratore. Deve per forza essermi successo qualcosa. Ho suonato alla tua porta, ed era la prima volta, non sono mai stato molto bravo in queste cose, è un po' difficile presentarsi a qualcuno che non ti conosce ed in certi orari della sera, comunque tua madre mi ha aperto ed io mi sarei seduto sul pavimento perchè le mie gambe s'erano fatte d'acqua. Subito m' ha squadrato come se fossi un pidocchio, poi però il suo sguardo si è ammorbidito quando mi ha risposto che non eri in casa. Ho salutato cortesemente ed ho finto di andar via, invece sono rimasto in giardino. Ho aspettato che tua madre spegnesse tutte le le luci di sotto poi mi sono arrampicato sull'albero e mi sono infilato nella tua finestra.Tu eri lì, affacciata a vedermi arrampicare e ti sei tolta la maglietta in modo che potessi vederti il seno: a momenti casco dall'albero.
Ho pensato che tua madre m'avesse visto mentre m'arrampicavo. Ho guardato dalla finestra e l'ho vista lì sotto, con le mani sui fianchi e la prima cosa che ho notato è stato il suo petto, prosperoso ed illuminato dalla luna che spingeva da sotto la camicia da notte, più pieno del tuo e quasi altrettanto bello. E' stata una cosa abbastanza strana, rendermi conto ch'ero il tipo capace d'innamorarsi di qualcuno dopo non molto tempo, innamorarsi sul serio, intendo, profondamente, davvero, per sempre, lo sapevo già. Eppure eccomi lì che ammiravo le tette a quella signora di mezz'età. Le tette di tua madre. E' stata la seconda cosa che ho imparato quella sera. La terza é stata che non stava guardando me.
«Gatto?», chiamava il gatto ed il suo tono era abbstanza incazzato.
La prima?
Quella non la confesserò mai, nemmeno sotto tortura. Insomma, tua madre. Va bene, ho pensato che fosse un po' matta. Mi ci è voluto un po' per capirla, mi c'è voluta tanta volonta e col tempo lei mi è diventata sempre più simpatica e tu un po' meno, ma come vedi, sono ancora qui. Le somigli sempre di più. Detto tra di noi, ne stai prendendo il posto. A Gatto però non sono mai andato tanto a genio.
Tua madre era in piedi sotto le fronde verdi di quel pioppo nano. A metà tronco c'era il grosso mezzo siamese dai lunghi baffi che coi suoi occhi nell'ombra mi guardava maligno ed arcigno. Tu m'hai tirato via dalla finestra. T'eri infilata di nuovo la maglietta. Ti sei sporta dalla finestra. «Lo prendo io», hai detto alla bella donna sotto l'albero,«torna pure a letto, mamma. Vieni qui, Gatto».
Gatto è avanzato in equilibrio sul ramo, lo stesso ramo ben robusto che m'aveva portato su da te, fino alla tua finestra. Tu l'hai preso sul davanzale e l'hai posato sul letto, poi hai chiuso la finestra. Ecco. Tutto qui. Mi ricordo solo che al mio risveglio avevo il gatto accovacciato sulla mia faccia e che stavo sognando d'affogare in un metro d'acqua, il che francamente anche nel sogno mi sembrava una cosa davvero impossibile. Forse è stata colpa di Gatto se non mi ricordo niente di quella mia prima notte con te? Lo so ch'era geloso. M'ha succhiato i ricordi attraverso il respiro, ci scommetterei.