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Davanti all'altare





Non ero a Cesena, e non c'era stata nessuna notte bianca. Ed io di notti bianche ne ho fin sopra i capelli, voi lo sapete. Ma il gusto del peccato... Badavo alle mie occupazioni dietro un pilastro della Cattedrale come un qualsiasi Tizio che avrebbe potuto sortire in una frase storica in quanto a sesso introvabile ma a lingua sciolta, avendo potuto constatare che gli «...scopiamo, caro?» avevano spinto un po' troppo in alto le loro tariffe e che nel "caro", c'era veramente qualcosa di troppo caro, quindi m'ero intrufolato in altre situazioni ed infine mi sentivo benedetto da Dio, precisamente là, nella Casa del Signore. Eccomi dunque in una chiesa , io che non ho mai avuto che buone intenzioni e che ho sempre perso con tutte le debolezze della carne con piacere senza mai farmi pregare, contrariamente ad alcuni. Dio, peraltro, non si rivelò a me: doveva essere occupato a farsi riconoscere da un' altra serie in via d'estinzione,quelli morenti e non troppo pressati dalla voglia d'incontrarlo, oppure si rivelava all'una o l'altra pastorella, cosa che rivela la sua preoccupazione per la scomparsa di certi piccoli lavori tradizionali, bucolici, molto vicini alla semplicità, cacio e formaggio insomma - magari anche un po' di vino, santo naturalmente - o anche il suo appassionarsi a certi bagni di folla dove preti cattolici e pastori evangelisti predicano in apnea, producendo miracoli, guarigioni e cianfrusaglia, e li vendono con la garanzia, perchè comunque non bisogna dimenticarsi le spese, i costi. No, non stavo pregando, signora che mi guardi. Io mi preparavo solo a peccare nel deserto e vi dirò, per me era cosa buona e giusta. La signora si voltò per prendere una candela sullo scaffale ed ecco che le punte delle sue dita ticchettarono sul mobile. Aveva le unghie degne della Callipigia, degne di una principessa africana, assolutamente affascinanti.Fortunatamente, si sedette, le ginocchia strette, gli occhi abbassati, e la tensione mi cadde sul pavimento insieme allo sguardo, ma non caddero le sue unghie dai miei occhi: ne occorre dunque, di poca fede, per essere rapidamente distratto.L'odore dell'incenso mi stuzzicava le narici. Nel riverbero dei raggi di sole che sembravano divertirsi tra di loro a nascondino con le zone scure della chiesa, mi sembrava di vedere cinque angeli neri che mi lampeggiavano negli occhi quando non li guardavo. Un eco delle mie idee oscure? Non ne ero sicuro, ma allo stesso tempo, una vecchia canzone mi ritornava alla mente, una canzone morbida che avrebbe potuto sembrare ironica negli anni ch'era stata di moda, una canzone che evocava i piaceri semplici della vita che continuava, inevitabilmente. Diceva che il cielo doveva essere chiaro, fuori, e che le nuvole dovevano passare nel cielo senza spingersi. Ripresi la mia attesa, le mie rose rosse sulle ginocchia Le rose si sgualcivano un po': i loro petali si appassivano. Senza far troppi movimenti e per non essere notato le misi a bagno in una fonte battesimale e tornai a sedermi. La Callipigia nel frattempo se ne era andata ed io contemplavo a mani giunte il ritardo nel quale la mia venere stava facendomi affogare. Certo agli inizi si è sempre un poco ansiosi ed il romanticismo fiori blu o rose rosse che si voglia ha soltanto un tempo: non lunghissime mezz'ore d'attesa. Ora, sotto le scintille dubbie delle candele, sotto l'ombra tremolante delle statue dei santi avrei preso volentieri un piccolo colpo d'apostasia. Ma con chi?
Ancora non ne ero certo.
Lei sarebbe venuta e nel relativo silenzio della chiesa avremmo parlato. Le avrei offerto i fiori umidi, schizzandola anche un po', perchè le mie mani avrebbero tremato un po'. L'avrei palpeggiata con il pretesto di asciugarla e lei si sarebbe stupita di tutte le mani che si prodigavano per lei; un gesto trascina l'altro e ci saremmo avvolti l'uno sull'altra dietro un altare o dentro un confessionale per riconoscere immediatamente il gusto del peccato che commettevano all'infinito, vestiti solo dell'innocenza delle ombre della chiesa. Un rumore secco mi strappò dal sogno...no. Non era lei, e mentre stavo tornando al mio ordinario peccato compreso nella sostanza d'una chioma bruna e molto ben fornita, la cui sensualità straripava sempre un po' da tute abbondanti ed altamente soggette a larghe curve che impedivano di indovinare perché ce n'era un po'troppo da indovinare e forse era troppo tempo che aspettavoormai, e forse dio era buono con me, ma vidi biondo e fu come vederlo per la prima volta. Più precisamente, era una fragile bionda, pallida e piccola, che apparì morbidamente, un nonnulla sfocato vicino al confessionale dei miei fantasmi. Dovevo abbordarla.
Mi preparai ad alzarmi dalla mia sedia.
Quando contrassi le mie gambe per produrmi in un saltino di mia specialità - un gesto la cui eleganza mi onora ma preoccupa sempre i barbagianni nei dintorni, soprattutto quando temono che la mia massa ricerchi l'ospitalità delle loro ginocchia artritiche - sentii una certa resistenza e percepii un preoccupante rumore di tessuto che si strappa. Rapidamente, per non offrire ad un guardone smarrito o troppo affettuoso una vista panoramica sul mio didietro, ora ben scoperto e bene - forse troppo bene - esposto alle correnti d'aria, decisi che soprassedere - fino ad allora solo un modo di parlare - divenisse realtà. Rimisi la mia base sopra i chiodi aggressori con un certo gusto di vendetta e così l'appoggio fragile cedette e volammo in un vuoto nulla fino a sfracellarci ambedue sul pavimento freddo della chiesa. Mentre volavamo entrambi tentai il recupero dell'ultimo tremendo secondo detto anche zona Cesarini, ma le mie braccia urtarono altre sedie che si sbaragliarono in un frastuono confuso ma significativo. Io che adoro le cadute di reni, ne fui ampiamente servito. Non pensavo di essere stato così discreto.
Mi trovai coricato per tutta la mia lunghezza, alcune sedie inquisitrici s'erano prese la libertà di palpeggiarmi poco delicatamente. Ne avevo le prove: contusioni molto fresche. Il primo istinto sarebbe stato d'infilarsi in una cripta, e forse anche più sotto, ma il suolo rifiutava di aprirsi in ultimo rifugio:forse San Giovanni era contrario.Visto il mio stato, qualsiasi levitazione si sarebbe realizzata soltanto attraversando una massa ammucchiata di pezzi di sedie ed a natiche scoperte, ma una chiesa che si rispetti tende sempre a non eccedere in miracoli e quella preferiva certamente angeli più classici. Inoltre, sentivo dei passi avvicinarsi ed ero incapace di nascondermi gli occhi: ignoravo ancora ciò che le mie mani avrebbero potuto trovarci, paglia o trave, e nell'occhio comunque è sempre una gran pena. Se alcuni hanno trovato dio in questo chiesa, di sicuro l'hanno fatto stando in piedi. Io mi ero convertito in posizione orizzontale: a ciascuno il suo cammino,no?
Ci avrei giurato. Era lei.
Mi osservava con un sorriso: inevitabilmente, la mia posizioneaveva delle difficoltà a generare malinconia. Abbastanza confuso mi dimenticai di me e mi sollevai con forza proiettando schegge di legno come proiettili sulla statua d'un Santo minatore o bevitore, che non aveva dovuto vivere tale felicità, anche quando gli avevano dato il diploma di martire del giorno, con lode per di più.
I blu lividi del mio corpo offrivano un contrasto grazioso con il rosso delle mie guance e della mie mutande, e si sposavano molto bene con i miei pantaloni strappati e la mia camicia stazzonata: ero molto pallido, lo sentivo, ma il mio sguardo scintillava mentre osservavo la sua tuta del momento. Ovviamente, andai a riprendere i fiori dall'acquasantiera e glieli offrii, ruscelletto d'acqua compreso. Ovviamente, partimmo ingarbugliati in un riso irrefrenabile che non ci lasciò prima dell'uscita dalla chiesa dove la notte che cadeva (è una pazzia il numero di cadute in questa storia), ci attendeva.





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