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Se non si ascolta il sangue ed il cuore, cosa si ascolta? Ecco un interrogativo interessante


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l' autostrada

18 febbraio 2008


E’ come quando sei in autostrada - nel relativo corridoio in corsa con le altre macchine - che non sei in nessun posto, tra colline verde atrofizzato e beige-grigio pannelli fonoassorbenti, il jersey, i guard-rails e sopra tutto questo le voci che si sovrappongono alla radio, trasmesse, consegnate e subito dimenticate.
L'autostrada vista dall'alto è un fluido metallo che attraversa immaginarie gole strette e vertiginose e si slancia su pianure a perdita d'occhio mai viste, un concentrato ferroso che naviga - da qualche parte una specie di margine invincibile che avanza - bus, automobili, un terribile e temibile muggito. Ai volanti, fuggitivi e predatori, mondi superiori e mondi inferiori si inseguono attaccati alle scie rumorose e fumose, chi recuperando e chi ritardando, sprecando occhiate oblique e spedendo e-mails mai lette piene di veleno, pugni rifilati lottando per occupare l' ultimo metro di asfalto libero. Una lunga superficie nerogrigia dove un mondo intero è domiciliato. Tranne deviazioni obbligatorie che spremono l'olio dai freni, tranne le briciole di piccolo calibro dei parabrezza infranti e scintillanti come diamanti sul bitume sporco del colore ruggine opaco del sangue secco che la tempesta distilla ed irrora.
A volte piove e certi fiumiciattoli scorrono via dall'asfalto sporchi di fango ed il fango aumenta ed aumenta ed ancora affluisce, ma l'indicazione dice di andare- andare-andare per non fermare il flusso.
Là, non ci sono uomini dalla faccia liberata, gli sguardi sono da galeotti: complici ma di traverso, come quando nessuno s'aspetta più nulla di buono da nessuno sotto questo cielo grigioblu che preannuncia una nuova alba, quel blu che conoscemmo bene e che vorremmo descrivere senza poterlo mai più raggiungere, è ora un cielo pesante dalle luci acide come visto a malapena da un oblò; ed allora non rimane che guardare le foglie ballare al vento ed i riflessi di luce di un modesto fuoco di segnalazione sull'asfalto bagnato.
Così si va per la chiara, sicura e salmastrosa direzione, coi sensi semi addormentati e fidandosi della veglia automatica dei nostri cristallini.
Mentre il paesaggio si sbobina non visto, mentre la memoria sbobina i suoi maledetti souvenirs.

 
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