I transistor JFET sono transistor unipolari, in cui, cioè,
abbiamo solo correnti di lacune o solo correnti di elettroni.
Il termine JFET sta per junction field effect
transistor.
La struttura di principio di un JFET è la seguente
Abbiamo una barretta di silicio drogata in maniera omogenea:
se il drogaggio è di tipo n ci troviamo di fronte ad un JFET a canale N,
in caso opposto ci troviamo di fronte ad un JFET a canale P. Come si può notare
dalla figura, nel JFET a canale N sono realizzate due isole di tipo p, mentre
nel JFET a canale P sono realizzate due isole di tipo N.
Al canale sono collegati due elettrodi denominati Source e
Drain. Le due isole drogate in maniera diversa dal canale sono collegate a due
morsetti detti di Gate. In realtà il dispositivo presenta tre morsetti poiché i
due morsetti di gate sono collegati in un unico morsetto di Gate esterno.
Per spiegare la struttura del dispositivo facciamo
riferimento al JFET a canale N, poiché il discorso è del tutto equivalente per
l’altro tipo di dispositivo.
Supponiamo inizialmente di collegare soltanto una batteria
fra Source e Drain. Come potete intuire utilizzando la vostra fervida,
incredibile, meravigliosa, straordinaria, incomparabile, spaventosa,
stupefacente, ecc. ecc., intelligenza, i nomi dati ai morsetti indicano che
vogliamo che si generi una corrente di portatori di carica che nel nostro
esempio sono elettroni, che vada dal Source al Drain. Nel nostro esempio
dobbiamo necessariamente introdurre una batteria fra Source e Drain con il
morsetto positivo collegato al Drain. In sostanza dobbiamo introdurre una
tensione VDS>0.
Come si comporta, in tal caso il dispositivo? Facendo
riferimento alle vostre meravigliose, cosmiche, oceaniche, universali ecc. ecc.
capacità intellettuali spero che vi rendiate conto che ci troviamo di fronte ad
una barretta di semiconduttore drogata omogeneamente, per cui ricca di portatori
di carica, che si comporta dunque come un corpo conduttore, che offre una
resistenza che dipende dalla lunghezza del canale, dalla sua sezione, dalla
resistività, cioè dalla ricchezza del drogaggio. Il legame fra la VDS
e la corrente di drain ID sarà dunque espresso dalla legge di
Ohm. Graficamente tale legame sarà rappresentato da una retta.
Colleghiamo ora una batteria fra Source e Gate, con il
positivo verso il Source.
Ponendo la batteria in questo modo, le due giunzioni pn
presenti nel dispositivo vengono polarizzate inversamente per cui si creano due
zone di svuotamento che penetrano nel canale riducendo la regione in cui si
trovano elettroni, sede della corrente. Riducendosi la sezione del canale
aumenta la resistenza offerta dal dispositivo, per cui la caratteristica che
lega tensione VDS e corrente ID è ancora una retta ma che
forma un angolo minore con l’asse delle ascisse. Al crescere del valore assoluto
della tensione VGS aumenta ancora la zona di svuotamento, si riduce
ancora l’ampiezza del canale e aumenta
ancora di più la resistenza offerta dal JFET. Il legame fra VDS e
ID, dunque, non è univoco, ma dipende dal valore della VGS
.
Possiamo dire dunque che il JFET si comporta come un
resistore di cui, però, possiamo modificare la resistenza comandandolo con la
tensione VGS.
Questo però, non è sempre vero, ma vale per bassi valori
della VDS. Al crescere di tale tensione, infatti, si scopre che le
caratteristiche non restano rettilinee ma cominciano ad incurvarsi fino a
diventare orizzontali (in termini tecnici si dice che si storzellano).
Per spiegare tale fenomeno, per semplicità consideriamo la
caratteristica per VGS=0. Cortocircuitiamo dunque Source e Gate.
A questo punto consideriamo un punto qualsiasi A nel canale.
Questo punto si troverà ad una certa tensione VAS positiva rispetto
al Source: ora il fatto che Source e Gate sono cortocircuitati comporta che tale
punto A si troverà a tensione positiva anche rispetto al Gate. Questo significa
che, anche se non inseriamo una batteria fra Gate e Source, già la
VDS fa in modo che i punti del canale si trovino a tensione superiore
rispetto al Gate. Inoltre va tenuto presente che, più ci si avvicina al Drain
più aumenta la tensione esistente fra i punti del canale e il Source. Quindi più
ci si avvicina al Drain e più aumenta la tensione fra i punti del canale e la
zona di Gate. In definitiva abbiamo che anche la VDS fa polarizzare
inversamente le giunzioni pn creando delle
zone di svuotamento che crescono andando verso il Drain.
Se i valori della VDS sono ancora piccoli, tali
zone di svuotamento non sono tali da ridurre significativamente l’ampiezza del
canale e il dispositivo mostra una resistenza costante (zona a caratteristica
rettilinea). Ma quando la VDS aumenta, le zone di svuotamento che
essa crea diminuiscono significativamente l’ampiezza del canale, per cui
all’aumentare della tensione, il canale tende a restringersi sempre di più e la
sua resistenza comincia ad aumentare (zona in cui la caratteristica si
storzella). Come potete intuire utilizzando le vostre fantasmagoriche capacità
matematico-filosofiche, esisterà un valore di tensione VDS per il
quale le due zone di svuotamento crescono tanto da toccarsi distruggendo
completamente il canale: questa tensione è detta tensione di pinch-off ed in
corrispondenza di essa la corrente ID diventa quasi costante e la
caratteristica diventa quasi orizzontale (in termini tecnici si dice che si
corca). Le vostre menti geniali diranno a questo punto: ma se si è distrutto il
canale è come se la resistenza fosse diventata infinita, cioè la corrente
dovrebbe annullarsi. Tenete presente che, da questo momento in poi ci troviamo
in una condizione di equilibrio dinamico. Se, infatti al corrente diminuisse
vorrebbe dire che la tensione nel canale dovrebbe diminuire: tenete presente che
vale la legge di ohm, per cui nel canale abbiamo una caduta di tensione pari
alla resistenza di ogni tratto del canale per la corrente che passa (vedi
figura)
se diminuisse la corrente diminuirebbe dunque la tensione
lungo il canale, ma poiché source e gate sono sempre cortocircuitati,
diminuirebbe anche la tensione fra punti del canale e gate, per cui le zone di
svuotamento si ridurrebbero e il canale si riaprirebbe. A questo punto la
corrente potrebbe aumentare di nuovo essendosi riaperto il canale, ma ciò
comporterebbe un aumento delle cadute di tensione nel canale, e quindi delle
tensioni fra canale e gate, con un nuovo aumento dello spessore delle zone di
svuotamento,ecc. Insomma la corrente ID non può né aumentare né
diminuire per cui diventa quasi costante e dipende debolmente dalla tensione
VDS.
Abbiamo spiegato dunque, perché la caratteristica che lega
ID e VDS, per VGS nulla, non è sempre
rettilinea. Ma cosa succede quando sono presenti entrambe le batterie?
Nulla di diverso. Si ha una sovrapposizione degli effetti
provocati singolarmente dalle batterie quando agiscono da sole. Si hanno zone di
svuotamento a cuneo che sono più ampie di quelle che provocherebbe la sola
VDS, poiché vi è anche il contributo della
VGS.
Notiamo esplicitamente che, come nel caso del BJT, anche il
JFET si può montare in più maniere differenti. Se lo montiamo nella maniera
seguente
abbiamo il montaggio a source comune che corrisponde al
montaggio ad emettitore comune del BJT, ed è utilizzato per fare del JFET un
amplificatore di segnali. Notiamo esplicitamente che, in questo montaggio, le
grandezze di uscita sono la tensione VDS e la corrente ID,
per cui quelle che abbiamo tracciate prima sono le caratteristiche di
uscita. Le grandezze di ingresso dovrebbero essere la VGS e la
IG. In tal caso, però, non abbiamo una caratteristica di ingresso
come nel caso del BJT, poiché la corrente di gate è nulla (per la precisione è
una piccolissima corrente dovuta ai portatori di carica minoritari che
attraversano la giunzione fra gate e canale), in quanto, come abbiamo
implicitamente dimostrato nel corso della trattazione, tale dispositivo va
utilizzato tenendo sempre le giunzioni di gate in polarizzazione inversa.