Cinque ore,
dalle otto alle tredici, ogni domenica mattina.
E proprio
quella si preannunciava piu' fredda del solito.
Era la vigilia,
e l'uomo solo gia' aveva preso posto al suo vecchio tavolo, in attesa che
il primo personaggio bussasse alla porta.
Lo chiamavano
proprio così: l'uomo solo.
Egli era solito
dare udienza ai personaggi di ipotetiche novelle, come aveva letto di uno
scrittore molto in voga.
Era il suo
mestiere.
Riempiva pagine
di quaderni con appunti, schizzi, scarabocchi al lume di candela che un
poco lo riscaldava e gli faceva in qualche modo compagnia.
Dalla strada
arrivava l'eco di un organetto che regalava musiche natalizie, mentre il
freddo pungente si burlava delle persone che, indaffarate, rischiavano
qualche scivolone nell'attraversare la strada maestra che pareva uno specchio
di ghiaccio, ingentilita da abbondanti fiocchi di neve che facevano a gara
in quella repentina discesa a terra.
Improvvisamente
prese a sbattere le mani una contro l'altra nel vano tentativo di riscaldarle.
"Nevichera'
ancora, me lo sento nelle ossa" disse alzandosi per buttar legna nel camino.
"Chissa' che
avranno mai da fare li' fuori, tutti quanti, a spender soldi.
E che sara'
mai il Natale: un giorno come tanti, per di piu' particolarmente freddo
quest'anno.
Me lo sento
nelle ossa".
Il pavimento
di legno scricchiolo' dolcemente sotto i piedi.
Si lascio'
sedere sulla panca, dando un colpo di tosse per il fumo che usciva da quel
vecchio e malandato camino.
Gli tornarono
alla mente le parole di suo padre, quando era ancora un "moccioso" -cosi'
lo chiamavano in casa- e non aveva voglia di studiare e andava dicendo
che da grande avrebbe fatto il "sognatore".
Non aveva
mai saputo dare un significato a quel termine, ma lo portava dentro al
cuore.
Bussarono alla
porta.
"E' aperto",
disse, alzandosi velocemente per raggiungere il tavolo.
"E' permesso?
E' qui che si tengono le udienze della domenica?" .
Quella voce
apparteneva ad un uomo dall'eta' di circa settant'anni, dall'aspetto curato,
sorridente e gentile che, senza attendere risposta, aveva gia' richiuso
l'uscio alle sue spalle, come fosse di casa.
"Avanti, avanti",
rispose l'uomo solo che, senza alzare lo sguardo, gia' stava componendo
sulla prima pagina bianca la frase <personaggio numero uno della vigilia
di natale>.
E riprese:
"Un attimo di pazienza, devo aprire la vostra pratica.
Favoritemi
nome, referenze, attitudini, esperienze e sogni.
Ed eventuali
difetti".
Il personaggio
inizio':
"Mi chiamo
Natale, semplicemente Natale.
Del resto
e' la sostanza che conta, come in tutte le cose, non vi pare?".
E prosegui':
"Comunque
c'e' poco da dire sul mio conto, non ho caratteristiche tali che lascino
il segno, a parte questa ornamentale barba bianca che mi porto appresso
da parecchio tempo, ormai".
"Riprende a
nevicare" lo interruppe l'uomo solo che, con fare annoiato, nel frattempo
aveva lanciato un'occhiata alla finestra, come a cercare una nota di colore,
una parvenza d'entusiasmo, qualsiasi cosa rompesse per un attimo quell'apparente
grigiore.
Natale, chiudendo
ben bene la giacca sul petto e stringendosi le spalle, riprese:
"Un'altra
Notte Santa.
E quanta neve,
proprio come quando e' nato il Bambino".
"Voi parlate,
parlate ed io non ho ancora capito in quale novella e con quale ruolo volete
partecipare.
Sbrigatevi,
non ho tempo da perdere".
"Avete ragione,
chiedo scusa", rispose Natale.
"Saro' breve.
Vorrei entrare in un presepe.
Un presepe
di qualsiasi tempo, in qualsiasi parte del mondo.
Un presepe
di cartone, di gesso, di terracotta, non ha importanza.
Ho voglia
di vivere un po' del mio tempo fuori dal mondo ed osservarlo da una prospettiva
diversa.
In un presepe,
appunto".
"Parlate troppo
velocemente, accidenti", sbotto improvvisamente l'uomo solo, battendo nervosamente
la penna sul tavolo.
Lo infastidiva
quel fare cordiale, sereno, sicuro.
Di solito
i suoi personaggi erano infelici, prepotenti, ottusi.
Si rivolgevano
a lui per raccontare le proprie disavventure, alla ricerca di una spalla
su cui piangere, come si dice, lagnandosi di tutto e di tutti.
"Va bene, va
bene ma ho bisogno di referenze, signore", lo apostrofò.
"Non posso
introdurvi in un presepe senza sapere nulla di voi, ammesso che si riesca
a trovarvi, poi, un ruolo su misura... Con quella barba..."
"Mi pare giusto",
rispose Natale sorridendo.
"Ma temo rimarrete
deluso, non ho conoscenze... ossia... tutti mi conoscono ma non di persona".
"Siete solo
come me, insomma, ora capisco", rispose l'uomo, abbandonando per un istante
il frettoloso scrivere.
"No, non sono
solo, non sono affatto solo, anzi: quando si ama l'umanita' non si e' mai
soli".
Cosi' dicendo,
Natale di alzo'.
"Questi maledetti
acciacchi, non mi abbandonano un attimo"
disse, mentre
una smorfia di dolore gli attraverso' il viso.
"A me la gente
piace poco", riprese l'uomo solo,
"ma se fosse
tutta come voi, potrei anche cambiare idea".
Natale, con
lo sguardo rapito dai fiocchi di neve, rispose:
"Esiste un
segreto ed oggi, sentendomi particolarmente buono, lo voglio svelare proprio
a voi. Il segreto e' concedere sempre una seconda possibilita'.
Vedete, nel
mio girovagare in lungo e in largo per il mondo
-un giorno
vi raccontero' storie incredibili se avro' modo di tornare da queste parti-
ho imparato
che l'umanita' non puo' vivere senza amore, anche se la realta' sembra
dire il contrario.
Vi assicuro
che, con quella seconda possibilita', l'uomo dimostrerebbe veramente come
e' dentro".
Natale sembrava
sapere il fatto suo.
Quel parlare
schietto e quel timbro pulito della voce avevano la capacita' di catturare
l'attenzione di chiunque.
Dalle sue
parole e dai suoi occhi traspariva, limpida, la sua anima.
"Insomma",
lo apostrofo' l'uomo solo, "se ho ben capito il sognatore, tra i due, siete
voi. Sicuro di voler ancora entrare nel presepe ?".
"Sicuro, e
credo vi portero' con me, potrebbe rivelarsi, per entrambi, un'esperienza
indimenticabile. Posso chiamarvi amico, adesso?".
Il sorriso
di Natale era irresistibile, caldo e rassicurante come una tazza di minestra
la sera e pulito come la neve di quel giorno, penso' l'uomo solo ed aggiunse:
"Avete un animo nobile, credo che con le vostre caratteristiche ne uscira'
una buona novella, non vi e' dubbio".
La penna sulla
carta riprese il suo graffiare da sinistra a destra.
Di li' a poco
si fermo' bruscamente: "No, no, non ci siamo: manca il difetto, non sono
ammessi personaggi senza difetti, non sembrerebbero veri".
"Vi accontento
subito: spesso pecco di presunzione pensando di poter salvare il mondo
ed ancor piu' di riuscirci da solo!
Inaudito,
non vi pare?
Le mie piccole
crociate quotidiane non si contano piu'.
Le delusioni,
poi, e le porte irrimediabilmente chiuse mi inducono a pensare che <questa
e' l'ultima volta>, ma ci ricasco sempre e sorrido di me stesso convincendomi
che la vita e' cosi' bella che vale sempre la pena di tentare.
La seconda
possibilita', ricordate?
A volte la
si deve concedere anche a se stessi, come si trattasse di un prezioso dono".
L'uomo solo
richiuse il quaderno. "Vi faro' recapitare al piu' presto il manoscritto
della novella nella quale vi inseriro'.
Mi auguro
la possiate ritenere adatta alla vostra persona: difficilmente sbaglio,
ma tutto puo' essere.
Ed ora, se
non vi e' troppo disturbo, vorrei congedarvi, ho troppe cose da fare: dare
una ripulita a questa stanza, ricevere altre persone, rivedere alcuni scritti.
Troppe cose, troppe cose".
Natale si alzo'
ed apri' l'uscio.
Fuori era
deserto.
"Non vorrei
deludervi ma non vi e' anima viva. In compenso ricordero' questa vigilia
come una giornata speciale.
L'unico aspirante
protagonista delle vostre novelle!
Sono fortunato
e lusingato, non e' cosa di tutti i giorni".
"Arrivano,
arrivano.
C'e' sempre
la fila davanti alla mia porta.
Ma in ogni
caso non sono affari che vi riguardano.
Ed ora vi
devo salutare: abbiate cura di voi e buona giornata".
Cosi' dicendo,
l'uomo solo apri' un altro quaderno, intinse la penna nell'inchiostro e
chino' il capo.
Improvvisamente
Natale si diresse verso l'uomo solo e lo strinse in un forte abbraccio.
"Andiamo, e' l'ora".
"Che state
dicendo?"
domando' l'uomo
solo, vistosamente turbato.
"Voglio condividere
con voi la magia del presepe.
Chiudete l'ufficio
e andiamo, non sono ammessi dinieghi".
L'uomo solo
soffio' sulla fiamma della candela.
La stanza
si oscuro' all'improvviso.
"Fatemi prendere
almeno gli appunti: come troveremo la strada, altrimenti ?
E devo mettere
il cartello alla porta, <torno subito>, non sono ancora suonate le tredici".
"Uomo di poca
fede: non la vedi?
Li', ad un
palmo dal tuo naso. La nostra, e di tutti".
Intendeva
dire la strada.
Cosi' dicendo,
Natale apri' l'uscio.
Una volata
di freddo intenso lo avvolse, facendogli chiudere gli occhi.
Amava l'inverno.
Amava il silenzio
della natura che dormiva, le sfumature marmoree del cielo che regalavano
struggenti emozioni, dall'alba al tramonto.
Sotto braccio,
stretti uno accanto all'altro, si incamminarono, due ombre tra il bianco
della neve.
Natale riprese
a parlare, con fare premuroso:
"Abbiate cura
di voi, mi raccomando.
E se poi decidete
di sorridere, qualche volta, non potra' che giovarvi !
Ah, dimenticavo:
non che sia indispensabile ma se fosse possibile prender posto accanto
al Bambin Gesu', nel presepe, ve ne sarei grato.
Ho tante di
quelle cose da sussurrargli all'orecchio!
Ed anche parecchie
idee circa il bene dell'umanita'.
E se ci fosse
per caso lì vicino un fuocherello acceso, gioverebbe alle mie ossa:
prevedo nottata gelida, quella di Natale.
Voi potete
prender nota, intervistare le comparse, materia nuova per le vostre future
novelle!
Ma ci pensate?
Una meraviglia!".
Non si seppe
mai se raggiunsero veramente il presepe.
Sull'uscio
della casa dell'uomo solo rimase per molto tempo quella scritta ingiallita,
"torno subito", finche' il vento, una notte, se lo porto' via.
In tanti si
chiesero dove fosse andato, l'uomo solo: in fondo, si ha sempre nostalgia
di chi, senza desiderare nulla in cambio, dispensa sogni.
Forse proprio
di un sogno si tratto':
un bellissimo,
semplice e meraviglioso sogno,
l'inizio di
una nuova avventura,
di una nuova
amicizia,
di una nuova
vita.
Una seconda
possibilita'.
Greta Blu