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l'acciuga tinteggiata

C'era una volta ...
in un piccolo mare
un grande branco d'acciughe.

Veniva a galla e andava a fondo con una velocità indescrivibile.

Si faceva a palla e poi a siluro, 
si disperdeva e si raggruppava immediatamente 
in apparenza senza un comando preciso.

Se tu lo guardavi attentamente dalla riva 
vedevi migliaia di piccoli aghi argentati 
che apparivano e scomparivano alla vista in un batter d'occhio.

Comandava quel branco la vecchia acciuga Celeste 
che sapeva dirigerlo tra i flutti più difficili da valicare 
e gli anfratti più sicuri.

Apparentemente lei non faceva nulla 
e tutto sembrava molto disordinato.

Invece i movimenti delle piccole acciughe 
riuscivano sempre ad essere in perfetta sincronia 
come gli accordi della migliore orchestra.

Certo non era facile organizzare quel mucchio di piccoli pesci: 
molti seguivano Anselmo perché attratti 
dal suo azzurro più acceso e dai suoi modi da capo, 
altre andavano dietro ad Amalia perché aveva quei tratti 
di grand'amica affidabile che alcune femmine riescono ad avere.

Così, mentre qualcuno aveva dei colpi di coda 
e rischiava di perdere il gruppo, 
la vecchia balia stava trasferendo lo sciame verso Acceglio,
la nota località di villeggiatura, dove le acciughe 
avrebbero fatto la loro settimana bianca.

Il viaggio sarebbe stato tranquillo se non fosse stato 
per Giosuè e Elena che riuscivano sempre a rimanere indietro.

Esploravano tutto quello che trovavano: 
un barattolone di tonno vuoto adagiato sul fondo 
avrebbe potuto essere un bellissima tana 
e loro rimanevano indietro per vedere da chi era abitato 
e una vecchia scarpa aperta sul davanti poteva essere 
un piccolo sommergibile con gli oblò 
e un bel posto d'osservazione per la loro curiosità.

E allora si rincorrevano tra uno scoglio e l'altro, 
si davano piccoli colpi di coda d'intesa 
e si precipitavano verso un oggetto misterioso, 
facevano le bolle per comunicare la loro allegria e il loro divertimento.

Così piccoli e così curiosi avrebbero potuto incorrere in qualsiasi pericolo 
e Celeste li controllava attentamente non perdendoli di vista.

Ma quella volta, mentre una bolla più grossa raggiungeva la balia
e insieme arrivava il grido di stupore di Elena, 
Celeste sottovalutò il richiamo.

Giosuè chiamò ancora con la sua voce 
e senza nemmeno aspettare risposta si portò nei pressi di Anselmo:
- Anselmo
ripetè ansimando - 
tu non sai cosa abbiamo trovato. 
Seguimi o sarà troppo tardi.

Così facendo ripartì a razzo 
proprio nella direzione dove l'aspettava Elena.
Un capo, sapete, deve mantenere un contegno razionale.

Non deve farsi prendere dalla fretta, 
dalla fregola di andare dietro a ogni piccola peste 
e per un po' rimase al suo posto attendendo gli eventi.

Il branco, ma soprattutto Celeste, 
si stava però spostando verso le due acciughine e lui, 
suo malgrado, mosse le pinne con risolutezza 
e in un attimo fu fra Giosuè e Elena.

Ciò che vide gli fece accapponare le squame 
e vibrare l'intera lisca: 
un piccolo pesce era rimasto chiuso in un sacchetto trasparente 
e a pancia all'aria stava finendo i suoi pochi giorni.

- Guarda
disse Elena a Celeste - 
un'acciuga del branco dell'Est che si è perduta e sta morendo. 
Bisogna fare in fretta o morirà ! 

Così dicendo cercò di aprire il sacchetto, ma era troppo pesante,
riprovò aiutata da Giosuè e Anselmo ma non ci riuscirono 
e allora chiamarono in coro tutto il branco 
che piombò sull'apertura e a colpi di coda alzò un lato del sacchetto 
da cui usci malconcio il piccolo pesce.

La velocità dell'operazione non aveva però distratto la balia 
che aveva ancora in testa le parole di Elena:
- Possibile - pensava - che un'acciuga del branco dell'Est capiti proprio qui !
E come mai ha quel colore diverso dal nostro. 
Noi non abbiamo tutto quel bruno sul dorso e quelle striature grigie. 
E poi il pancino bianco noi non l'abbiamo. 
Chissà di che branco sarà?-

Già il suo nome, Valfrido, 
non era un nome proprio dei mari caldi dell'Est, 
ma la cosa che più l'impressionò fu quella vocina 
e quei richiami che ogni tanto mandava al branco che aveva perso: 

- Non mi pare un'acciuga
disse a voce alta - 
penso che non sia giusto tenere con noi un altro pesce, 
magari la mamma lo sta cercando e il suo branco è qui vicino. 
Diamoci da fare e tutti voi guardate in giro se qualcuno lo conosce -

Non aveva ancora finito la frase che le acciughine si dispersero, 
come se quella decisione fosse un nuovo gioco 
o una nuova impresa da portare a termine.

Cercarono in ogni posto: chiesero a un grosso Mitilo, 
entrarono in una caverna e chiesero al Polpo, 

annusarono nella tana della Murena 
che per fortuna era uscita a caccia, 

domandarono a una colonia di Attinie 
e a una Cernia che nuotava placidamente nei dintorni,

ma del branco di Valfrido nessuna traccia.


Allora si riunirono attorno a Celeste,
ad Anselmo e ad Amalia per decidere sul da farsi.

E, come assemblea che si rispetti, si divisero in due gruppi: 
quelli che volevano tenere Valfrido 
e quelli che lo volevano accompagnare alla prima Stazione d'Aiuto Ittico 
perché qualcuno pensasse a dargli i primi soccorsi.

Della prima fazione facevano parte tutti  più piccoli 
che vedevano nello strano pesce tinteggiato 
un simpatico compagno di giochi. 

Vi facevano ovviamente parte Giosuè ed Elena 
che già sognavano nascondini e rincorse tra gli scogli, 
beffe ai pesci più grossi e fughe repentine verso anfratti inaccessibili.

I meno giovani erano con l'altra parte 
solo perché non si fidavano di quell'ospite così diverso.

Non avrebbero voluto portare Valfrido alla Stazione, 
ma gli sembrava il male minore e quando persero la votazione 
per pinna alzata , non si rattristarono più di tanto: 
anche loro erano attratti dalla curiosità e dalla novità.

Fu così che il pesce tinteggiato 
entrò a fare parte del branco di acciughe.

Imparò non senza difficoltà a fare la palla, 
a sfuggire alle reti, ad andare a fondo in un istante 
e a saettare davanti ai predatori.

Imparò il linguaggio del corpo, 
i cenni con le pinne
e a fare le bolle quando si avvicinava un pericolo.

Quel suo strano becco poi lo aiutava in modo particolare: 
dava una mano ad aprire le reti 
che si erano richiuse saldamente sul gruppo, 
teneva a distanza i grossi pesci 
per impedire loro di sfiorare i loro amici.

E quella sua allegria, 
quel suo modo di saltare fuori dall'acqua 
e di fare gridolini di felicità, 
facevano di quel piccolo sciame una sorta di piccola allegra brigata 
che non aveva paura di nulla e di nessuno.

La stessa Celeste, 
che si aspettava una crescita repentina del pesciolino 
che avrebbe rivelato la sua identità, 
adesso sperava che a Valfrido non spuntasse niente di diverso 
e che il suo strano colore rimanesse così, 
ormai accettato da tutti.

Passarono i giorni e mancava poco all'arrivo ad Acceglio 
e già le piccole acciughe cercavano di indovinare i loro giochi 
in quella roccia del divertimento:
il toboga in cui gettarsi a capofitto,
la giostra del Polpo di cui tutti parlavano 
e in cui prendere quelle paure che ancora pochi conoscevano 
e i giochi notturni rischiarati dai pesci-lampare 
che davano a tutto un non so che di romantico.

Anche Valfrido immaginava di precipitarsi giù dalle fontane,
di saltare tra uno zampillo e l'altro, 
di gridare a squarciagola la sua allegria, 
già integratosi perfettamente nel gruppo 
e nel sogno bellissimo di una vacanza con gli amici.

Ovviamente ad  Acceglio comandavano i grandi, 
e molti di loro avevano tanti anni ed esperienza 
che avrebbero riconosciuto un pesce non-acciuga 
anche in una foto in bianco e nero.

Così, al momento del riconoscimento, 
Valfrido non fu accettato a giocare con gli altri.

A nulla valsero i buoni uffici di Celeste 
che conosceva tutti i capi, ma proprio tutti.

E le rimostranze di Anselmo, Amalia 
e di tutto il gruppo incontrarono un muro:
- Valfrido non è un'acciuga, è un delfino e deve tornare con i suoi simili. -
disse il capo supremo.

Così Valfrido fu lasciato fuori dalla città
in un posto in cui attese mamma e papà richiamati con urgenza 
attraverso il telegrafo a bolle dei pesci.

Arrivarono e se lo portarono via.
Non vi dico la tristezza del branco di Celeste: 
non si divertirono neanche un istante in quella città 
che aveva mostrato di non gradire amicizia e spontaneità 
e ritornarono mestamente nel loro piccolo mare.

Ripresero con tristezza i loro studi nella Scuola dei Pesci,
ritrovarono i loro giochi e le loro amicizie
finché un giorno qualcosa successe.

Si sentì un grido lontano 
e si vide un cosa bruna e grigia
saltare più in alto delle acciughe.

Si vide un pesce grosso duemila acciughe 
e una risata allegra proprio vicino alla Scuola.

Valfrido era tornato.

Allora Anselmo richiamò tutti a un attimo di attenzione
e tutti insieme circondarono il delfino 
pronti a riprendere quella bellissima storia.

Ancora oggi i pescatori si chiedono 
come possa convivere un delfino con così tante acciughe, 
come possa essere così rispettoso nei loro confronti 
e come ci sia tanta grazia nei suoi movimenti.

Loro pero' non sanno nulla di Valfrido, Celeste, 
Giosuè ed Elena, Anselmo e Amalia.

Quello che invece sapete voi 
e forse non dimenticherete più.


Fallaninna
6.3.1998


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