LA SFIDA
"La speranza è la decisione militante di vivere con la certezza che noi non abbiamo esplorato tutti i possibili se non tentiamo l'impossibile" (R. Garaudy)
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Mia mamma ce l'ha per vizio. Arrivo finalmente a casa sua, dopo il solito pesante viaggio in treno, suono fremente il campanello e che succede? Niente di niente. Silenzio. Mi lascia lì qualche minuto in un'altra dimensione. Risuono. Una tortura per la mia impazienza congenita. Sento la sua voce potente nelle scale: "Mettete le ciabatte almeno!" Macchè, arrivano scalzi ad aprirmi il portoncino. F. ha voluto farmi trovare una rosa; si è raccomandato con sua nonna che fosse a gambo lungo.
Fin quando A. ha chiesto "Mamma che fai?" "Coccole. Ti mangio di baci bellissima." "Si ma ora basta, giochiamo." Donne, mai contente! Siamo passati alla rassegna degli infiniti regali che la nonna ha fatto loro in questo mese e mezzo. Avrò bisogno di una nuova cassettiera dei giochi per lo zoo di plastica. Ci sono tutti, dall'asino alla scimmia, passando per le diverse specie di dinosauri.
Una sposa in un piccolo paese del Sud è quasi come il tappeto rosso del festival del cinema a Venezia. Quella di sabato era addirittura la figlia della dirimpettaia. Come nelle migliori tradizioni paesane, e dire che sarei cittadina, eravamo tre "ziazine" sedute sul gradino d'ingresso ad attendere l'apparizione mistica della "zite". Era tutto così meravigliosamente kitch. Gli abiti allucinanti degli invitati, preziosità da star hollywoodiane su un metro e cinquanta di altezza tacchi compresi, improbabili snickers d'argento abbinate a giacche da gran sera e cravatte bianche degne del miglior remake de "Il padrino". L'abito dell'autista poi, non capivo se fosse di seta o di latex piuttosto, nero fosforescente. La passatoia blu di americana tradizione, gli arbusti fioriti all'ingresso e gli immancabili damigella e paggetto con il cuscino degli anelli in bella mostra. Dopo i rituali quarantacinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia, accolta dai clacson strombazzanti delle auto che non hanno gradito l'interruzione della circolazione, è comparsa finalmente. Un fiore delicato in tanta bruttezza. "F. ho incontrato la mamma del tuo amico Filippo. Sei contento che lo rivedi a scuola la prossima settimana?" "Si mamma, contentissimo", e gli brillano gli occhi. "E poi è venuta Laura con sua mamma a pranzo. Era dispiaciuta di non averti trovato. Ha detto che da grande vuole sposarti." Sorride emozionato: "Davvero mamma? E perché?" "E io che ne so perché, se non lo sai tu!" "E poi siamo andati con papà a casa di Giulia e anche lei si è dispiaciuta che non c'eri. Ha detto ma dov'è il mio fidanzato?" Nuovo sorriso:"Fidanzato? E perché dice così?" "Forse perché sei un bambino dolce, intelligente, simpatico e gentile." "Forse."
Sono nella vasca per il bagno. Istintivamente sono rimasta in pantaloncino e reggiseno. "F. ti lavo i capelli, fanno proprio schifo", e mentre comincio a insaponarglieli partono le urla. "NON FANNO SCHIFO, SONO PULITI, NON VOGLIO CHE LI LAVI." "Ma dai, fai il bravo, ora li sciacquo." "HO DETTO NO!" e batte forte i palmi aperti sull'acqua. Gli schizzi mi raggiungono. "Ma la pianti? Non mi bagnare che ho portato solo questi pantaloni." E' un attimo. Mi riempie di acqua, i pantaloni fradici, il pavimento allagato. "COSI' IMPARI A LAVARMI I CAPELLI." Potrei anche affogarlo in effetti, rimugino sul fatto che quel giorno avrei dovuto farmi venire un insopportabile mal di testa piuttosto. Poi mi tornano in mente le parole del mattino:"Mamma ti piace la rosa? Volevo che fossi contenta, mi sei mancata tanto" e gli istinti omicidi si stemperano in un rimprovero. Dopo il bagno la piccola appollaiata sul bracciolo del divano, mi cerca con lo sguardo: "Dov'è la mamma? Ah eccola!" E sorride felice. Poi viene a giocare con i miei capelli. Lei non cambia, lui non è cambiato. Una stellina lucente ed un principe solitario e cupo. E finisce quest'altra trasferta. "Dov'è tuo padre? Gli ho preparato la colazione ma è un'ora che non lo vedo." "Ma dove vuoi che sia mamma? Sarà in garage a fare i suoi soliti lavoretti. Chiamalo no!" Fa un'espressione strana: "Magari dopo." La guardo con attenzione e capisco: "Vuoi che vada io giù a vedere?" "Si vai tu per favore." In garage non c'è nessuno, cerco nel bagno, nella saletta degli attrezzi, nell'intercapedine. Mi affaccio alla porta di accesso al giardino e comincio a chiamare: "Papà?" Nulla. Un'ansia sottile. "Papà? Ma dove sei?" "Si, che c'è?" . . . sospiro . . . "Niente, la mamma ti chiama per la colazione."
"Sai che tra un po' ti chiameranno?" "Chi mi chiamerà mamma?" "La tua scuola, il liceo. Sta cercando le ragazze nate tra il '69 e il '73." "E perché le cerca?" "Andavi a fare educazione fisica alla caserma Rossani vero?" "Si, quell'orribile caserma, odiavo andarci, odiavo i militari che ci spiavano al passaggio, odiavo la ginnastica, la pallavolo soprattutto." "C'era amianto lì. Faranno uno screening su tutti quelli che ci sono stati. Possono aver respirato le polveri, soprattutto nella palestra pare." "Ah beh mamma, allora non mi faccio trovare. Non mi importa di sapere se devo morire." Certo sarebbe la mia più antica sensazione avverata.
Che divisi per i miei blog amici fa circa 500 dollari a testa. Se non vi dispiace intanto ne manterrei l'usufrutto Alla prossima! Quegli ulivi bruciati erano un pezzo del mio cuore . . .
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Il bello di mio figlio è che sono quasi due anni che si fa lavare i capelli senza problemi. E ovviamente con la nonna non ha fatto storie. Si è vendicato :) Controlla va, non si sa mai! Bacione!
il bello è che a Bari ci sono solo nata ma i miei sono tarantini, quindi non so da dove sorge :)
Va bene, ci provo, promesso! Bacione.
P.S.: Bello il post!
Grazie Carpe, detto da te (e pure da Marion sopra), un grandissimo complimento!!
500 dollari fanno sempre comodo ma meglio,molto meglio, poter continuare a leggerti. Un bacio
Un bacio!