E pensare che sono stata attivista del WWF per anni.
Avevo adottato anche un nido di albanella minore in quel periodo.
Di un campo estivo sul recupero dei rapaci ho un ricordo bellissimo.
Fatto di passeggiate all'alba nei boschi insieme ad una simpaticissima ragazza emiliana laureanda in biologia.
Ad ascoltare i canti degli uccelli per cercare di riconoscere a chi appartenessero.
E di dormite con il sacco a pelo sulla terrazza dell'antico convento che ci ospitava, a guardare lucciole e stelle per poi svegliarsi al lieve solletico delle formiche!
E pensare che la mia tesi di laurea ha riguardato la produzione di energia elettrica da generazione eolica.
E pensare che fin quando ho lavorato giù a Bari mi sono occupata anche di gestione ambientale: differenziazione, scarichi inquinanti, emissioni in atmosfera, progettazione di macchine a ridotto impatto ambientale.
Prima settimana di lavoro mi ritrovo all'improvviso a combattere con nuovi problemi ambientali.
E questo perché rientra nel mio lavoro assicurare la piena soddisfazione del cliente, a partire da ciò che richiede espressamente come requisito per arrivare a ciò che lui non ha chiesto ma di sicuro ha immaginato o posso fornirgli come servizio aggiuntivo.
Dovete sapere che il cliente principale dell'azienda per la quale lavoro ha una sua filosofia di mercato che punta ad utilizzare prodotti quanto più naturali e rispettosi dell'ambiente.
E fin qui mi fa piacere.
Però ragazzi, a tutto c'è un limite, verde si ma non tendente al blu!
Appena attivata la casella di posta aziendale, la stessa si è intasata di mail riguardanti due questioni: olio di palma ecosostenibile e materie prime non testate su animali.
L'allarme olio lo condivido, anche se mi complica di molto la vita lavorativa.
L'olio di palma è molto utilizzato un po' ovunque, nel settore chimico, cosmetico, alimentare.
Tanto per dirne una, è un ingrediente fondamentale della Nutella.
La resa delle piantagioni di palme da olio è elevatissima, così i grandi signori del business hanno pensato bene di sradicare intere torbiere indonesiane per piantarvi le palme.
Bruciando il residuo di biomassa derivante dal disboscamento, nonostante questa pratica sia espressamente vietata.
Producendo tonnellate e tonnellate di anidride carbonica emesse in atmosfera.
E distruggendo sempre più l'habitat naturale degli oranghi.
Greenpeace ha sollevato la questione con il rapporto "Come ti friggo il clima" e ha portato avanti una dura battaglia contro la produzione di olio di palma non sostenibile.
Accade che l'azienda in cui sono produca cosmetici a base di materie prime contenenti o derivanti da olio di palma.
E sia molto sensibile a tutte le segnalazioni delle associazioni ambientaliste.
Dobbiamo quindi assicurarci che le materie da noi utilizzate nella formulazione dei prodotti non provengano da coltivazioni indonesiane o comunque da zone deforestate.
Molti fornitori ci hanno assicurato della provenienza europea del loro olio.
Molti altri hanno dichiarato che è impossibile conoscere l'origine dell'olio poiché questo viene acquistato in grossi stock durante aste al miglior offerente.
Non si sa assolutamente cosa ci sia negli stock di prodotto, tanto meno chi lo produce e dove.
Il cliente vuole quella materia prima perché fornisce determinate caratteristiche prestazionali al prodotto finale e non la vuole per ragioni ambientaliste.
Che si fa?
Non ho alternative di sintesi per l'olio di palma e al mio cliente neanche piacerebbero tanto considerata la sua filosofia naturale.
Se faccio fuori un po' di fornitori dalla mia lista, tutti quelli che non mi danno garanzie, non ne ho altri in sostituzione.
Se cambio formulazione al prodotto non avete idea di che caos: significherebbe rifare un intero progetto, reindustrializzarlo, eliminare scorte di magazzino. Impensabile!
Il secondo problema non lo condivido per niente.
Divieto di test su animali.
Non stiamo parlando di cani, primati, neanche di uccisione di bestiole per soddisfare la stupida vanità di qualche signora che ama ricoprirsi di pellicce.
Stiamo parlando di topolini e conigli, vittime innocenti si, ma a scopo di sicurezza.
Con tutto l'amore che posso avere per gli animali, ne ho di più per i bambini.
Se mi si chiedono rassicurazioni sul divieto di test per un filtro solare, ultimo ritrovato, particolarmente efficace nella protezione, che non comporta la produzione di estrogeni come altri filtri, che permette una rapida distribuzione del prodotto senza impiastricciarvi tutti di bianco come succede con i normali solari contenenti filtri fisici, non posso darle.
Perché l'elemento in questione è considerato presidio medico ed è approvato dall'ente americano che si occupa di questo: il Food and Drug Administration. E i presidi medici vengono testati su animali.
Il cliente vuole il prodotto bello e innovativo così com'è. Ma non testato.
Esisterebbero alternative per il filtro ma troppo costose. Ed essendo il nostro un prodotto della grande distribuzione non può avere un prezzo elevato.
Fate voi.
La questione che voglio sollevare è la seguente: non è possibile secondo il mio modestissimo parere gestire questi argomenti complessi ed importanti solo sulla base delle proteste delle associazioni ambientaliste. Indubbiamente il loro contributo è fondamentale per svegliarci dal sonno e farci accorgere dei problemi.
Tuttavia non è pensabile che le cose vengano risolte dai singoli produttori più o meno attenti che come Don Chisciotte si trovano a combattere contro i mulini a vento rappresentati dagli interessi delle multinazionali.
E non è neanche accettabile ridurre i livelli di sicurezza della produzione per l'uomo.
Prima leggi nazionali e internazionali uniche, unificate ed univoche, e studi di settore alternativi, poi le imposizioni al mercato.
Prima di decidere ad esempio di eliminare i test sugli animali bisognerebbe averne approvati di altro genere.
Prima di impiantare palme a volontà, bisognerebbe capirne l'impatto: ecco una legge sulla valutazione di impatto ambientale anche in questi casi e non solo in quelli edilizi sarebbe utile.
Perché l'alternativa è di mettere in commercio prodotti non sicuri e testarli direttamente sul consumatore, magari un bambino.
O di uccidere animali, inquinare l'aria e peggiorare il clima, almeno stando agli studi sulle emissioni di anidride carbonica.
Certo in uno Stato in cui il problema sono le intercettazioni . . .
Sogno, troppi sogni, a lavorare!