LA SFIDA
"La speranza è la decisione militante di vivere con la certezza che noi non abbiamo esplorato tutti i possibili se non tentiamo l'impossibile" (R. Garaudy)
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Per fare un uomo ci voglion vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore, per una vita migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto, per il dolore è abbastanza un minuto. La musica di Guccini risuona alta. Che caldo atroce, eppure è ancora aprile. Sarà che questo stanzone con annessa piccola cucina lurida e bagno, è all'ultimo piano del vecchio palazzo senza riscaldamento, con i muri scrostati; deve essere disposto in modo da prendere sole tutto il giorno. E' una casa di studenti fuori sede in cui risuonano fino al pomeriggio gli echi del mercato settimanale che si svolge nella via sottostante. Beppe, accovacciato per terra, suona i tamburi africani che gli ho regalato per il suo compleanno. Io mi riposo buttata sul materasso del suo letto, di cui sento ogni molla lungo la schiena. "Mi sa che dobbiamo riprendere a studiare Beppe, pausa finita." "Sai al liceo da mio fratello sono passate delle ragazze di Scienze Politiche, hanno parlato di bambini, bambini non ho capito bene, del San Paolo." Mi alzo e gli passo le mani per aiutarlo a tirarsi su: "Giovane biondo sarà meglio che riprendiamo con gli integrali doppi o il tuo primitivo maschilismo mi farà arrabbiare." Lo spingo verso la cucina. Si siede al tavolo ricolmo di libri e appunti mentre io preparo meccanicamente la macchinetta per il caffè. "Ma dove sta scritto poi che lo devo preparare io il caffè qui?"
"Pronto? Buongiorno sono Chiara, vorrei parlare con Maria Cristina." Cavolo ci ho passato un sacco di tempo appoggiata su questi muri all'entrata e all'uscita di scuola. C'è una ragazza poco più grande di noi, jeans firmati, camicia bianca di seta, collanina d'oro con una croce, Clarks ai piedi. Non sarà quella Maria Cristina mi auguro. Miss perfezione. Si avvicina: "Siete Chiara e Beppe?" Non passiamo inosservati in effetti. Io indosso la mia solita micro minigonna di jeans scolorito, un gilet di panno rosso con specchietti e ricami che ho comprato allo stand ucraino del padiglione delle nazioni all'ultima Fiera del Levante; ho due treccine sottili che mi incorniciano il volto mescolate al resto dei capelli sciolti e una miriade di collanine di perline colorate lunghe fino alla vita. Beppe sembra appena tornato da Woodstock. E' un bravo ragazzo lui, sembra chissà cosa ma nella realtà è un grande. Figlio di un operaio dell'Ilva e di mamma casalinga sta continuando, nonostante la morte del padre, gli studi di ingegneria. Studia e lavora, non fuma, non beve, non si droga certo. Ha ottenuto il bollino blu di mia madre, quindi deve essere ok per forza. Mamma ha la mania di voler conoscere tutti i miei amici. Ha la sua tattica, li invita gentilmente a pranzo e dopo averli abboffati di paste al forno e bignè al cioccolato, comincia con il terzo grado facendosi raccontare vita, morte e miracoli di parenti fino alla settima generazione. Fidarsi semplicemente di sua figlia no eh? Maria Cristina ci dice dei bambini, ci invita ad andare a vedere di persona. Sono alla chiesa centrale del San Paolo, due pomeriggi a settimana. "Venite pure quando volete, vi aspetto." "Oh ma l'hai vista quella?"
Così ho deciso di riprovarci. Visto che non ho il dono della sintesi, ho pensato di lasciarvi un po' di suspense e proseguire con un'altra o con due altre parti. Per fare un uomo - F. Guccini & I Nomadi |
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giuro, domani lascerò un commento serio :)